2.3.1 La tutela del lavoro tout court (art. 35, comma 1 Cost.)
Se l’art. 1 Cost. fonda la nostra Repubblica democratica sul lavoro, il principio protezionistico,
di tutela del lavoro, è espresso in modo esplicito, innovativo e dirompente dall’art. 35, comma 1
224
Cfr. G. LOY, La professionalità, cit., pp. 776-777, secondo il quale “non può esservi lavoro senza professionalità”, professionalità che si consegue “oltre che con l’esperienza di lavoro […] mediante l’istruzione e la formazione
professionale”, da qui la “coessenzialità” del diritto alla formazione e del diritto al lavoro.
225
Cfr. M. PERSIANI, G. PROIA, Contratto e rapporto di lavoro, Cedam, Padova, 2001, p. 21. Sul “problema” dell’origine contrattuale del rapporto di lavoro cfr. Cap. III, par. nn. …
226
In passato un simile diritto era negato con veemenza in ragione della considerazione – secondo alcuni in realtà “pregiudizio” che l’unico interesse del lavoratore dedotto nel contratto di lavoro e, quindi, giuridicamente rilevante sarebbe quello economico legato alla retribuzione, cfr. C. ALESSI, Professionalità e contratto di lavoro, Giuffrè, Milano, 2004, p. 3.
227
Risale a Francesco Santoro Passarelli il riconoscimento dell’implicazione della persona del lavoratore nel lavoro (cfr. F. SANTORO PASSARELLI, Spirito del diritto del lavoro, in Il diritto del lavoro, 1948, I, pp. 273 e ss.). L’Autore fa derivare tale implicazione della persona nel lavoro da una serie di circostanze, in particolare: a) dalla subordinazione e dall’immissione del lavoratore nell’impresa; b) dalla dipendenza dalla retribuzione (di regola, il solo mezzo di sostentamento del lavoratore e, talvolta, anche della sua famiglia), cfr. F. SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del
lavoro, Jovene, Napoli, 1987, 35 ed., p. 17.
228
Nel codice genetico del contratto di lavoro, infatti, comparirebbe anche il diritto allo sviluppo della professionalità che comporterebbe “il riconoscimento del diritto allo svolgimento della prestazione”, cfr. G. GIUGNI, Qualifica, cit., p. 14; cfr. anche P. ICHINO,Il contratto di lavoro, cit., p. 97 e C. ALESSI, La professionalità, cit., p. 7.
229 Cfr., fra le altre, Corte Cost., sent. n. 45 del 1965; n. 194 del 1970; n. 129 del 1976; n. 189 del 1980; n. 2 del 1986; n.
Cost.: «La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni»
230.
Tale principio è stato tradizionalmente identificato nella disciplina protettiva del lavoratore
quale “contraente debole”, secondo i più, risalente alle origini del diritto del lavoro
231. Tuttavia, il
disegno costituzionale sembrerebbe andare oltre tale (parziale) ambito di protezione
232. Ed infatti, è
stato evidenziato che le garanzie riconosciute dalla nostra Costituzione vanno al di là della mera
protezione equitativa di interessi deboli a causa dello status economico e sociale dei loro titolari
233.
L’art. 35, comma 1 Cost. va, pertanto, letto insieme alle altre disposizioni della Costituzione in
materia di lavoro e non, in particolare insieme all’art. 4, comma 1 Cost., che – come sopra visto –
riveste una posizione centrale nel sistema, nonché insieme all’art. 3, comma 2 Cost., che impone di
individuare la giustificazione della tutela del lavoro nel compito della Repubblica di rimuovere gli
ostacoli esistenti nei fatti all’eguaglianza sostanziale dei lavoratori
234.
Senonché, questa direttiva di massima sarebbe stata, secondo i più, tradita dalla legislazione in
materia di lavoro successiva all’entrata in vigore della Carta costituzionale in quanto essa è parsa,
per lo meno sino all’avvento del c.d. diritto dell’emergenza, ispirarsi esclusivamente alla logica
protettiva tradizionale
235.
Nel corso della seconda metà del Novecento si è imposta, pertanto, l’esigenza di riequilibrare il
sistema delle garanzie attivando politiche di tutela e di promozione del lavoro su un piano
qualitativamente diverso e più ampio rispetto a quello tradizionale: dopo lo Statuto dei lavoratori le
frontiere del diritto del lavoro si sono allargate dal rapporto individuale al mercato del lavoro,
dall’azienda all’impresa, dalla organizzazione intra-aziendale alle politiche economiche e
occupazionali
236. La dottrina ha così espresso il bisogno di cercare nuove forme di garanzia che
siano adeguate ai tempi ed effettive, tutto ciò richiederebbe interventi combinati (normativi e di
autotutela collettiva) aventi ad oggetto il rapporto individuale del lavoro ma anche aspetti più
generali che riguardano la collettività (c.d. diritto dell’economia)
237.
2.3.2. La “cura” della formazione e dell’elevazione professionale (art. 35, comma 2 Cost.)
Come già visto, l’art. 35 Cost., che apre il Titolo III dedicato ai rapporti economici, sancisce la
tutela del lavoro «in tutte le sue forme ed applicazioni» (comma 1) e, subito dopo, afferma che la
230
È stato, infatti, sottolineato che lo Statuto albertino non solo non sancisce alcun diritto sociale ma non contiene neanche qualsivoglia riferimento ai contenuti propri dell’art. 35 Cost., cfr. D. BIFULCO, Art. 35, in R. BIFULCO, A. CELOTTO,M.OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, Utet, Milano, 2006, p. 720, la quale riporta altresì le parole di Ghidini, presidente della III sottocommissione sul lavoro in seno all’Assemblea costituente, che ne evidenziava la “importantissima specificazione” del principio lavorista e la sua autonomia rispetto all’art. 1 Cost.: l’art. 35, comma 1 Cost., infatti, “non costituisce una vana ripetizione” dell’art. 1 ma esprime un “concetto […]
indubbiamente diverso” essendo la prima “una disposizione di carattere generale, che consenta al legislatore di domani altre forme di tutela” (cfr. il discorso tenuto dall’on. Ghidini nella seduta dell’8 maggio 1947, in A.C., II, p. 1501).
231
Per un’analisi critica di tale visione, cfr. M.G. GAROFALO, Un profilo ideologico del diritto del lavoro, in AA.VV.,
Studi in onore di Gino Giugni, Cacucci, Bari, 1999, Tomo I, pp. 453 e ss.
232
Cfr. T. TREU, Il I° comma dell’art. 35, in AA.VV., Rapporti economici, Tomo I, in G. BRANCA (a cura di),
Commentario della Costituzione, Zanichelli, ed. Foro Italiano, 1979, p. 4.
233
Cfr. U. ROMAGNOLI,Art. 3, 2° comma, in Commentario della Costituzione, cit., p. 185.
234
Cfr. C. MORTATI, sub art. 1, in Commentario della Costituzione, cit., n. 11, pp. 17-19.
235 Cfr. T. T
REU, Il I° comma dell’art. 35, cit., p. 5.
236 Cfr. T. T
REU, Il I° comma dell’art. 35, p. 9. Per l’Autore sono dunque necessarie politiche del diritto che governino la mobilità e, più in generale, il mercato del lavoro con interventi in materia di politica industriale (investimenti), oltre che in materia di collocamento e formazione professionale.
237 Cfr. T. T
Repubblica «cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori» (comma 2).
La storia della formulazione del secondo comma dell’art. 35 Cost. è del tutto particolare e, per
questo, merita di essere brevemente ripercorsa anche per capire meglio il contenuto (esiguo) della
disposizione in commento attraverso i lavori dell’Assemblea costituente e il “non detto”, ossia gli
emendamenti non approvati
238.
Dall’analisi dei lavori preparatori e della discussione in seno all’Assemblea costituente emerge
che la formazione professionale era, già all’epoca, sovraccaricata di funzioni ed aspettative
239, da
taluni finanche vista come uno strumento per superare la lotta di classe
240.
In particolare, la scelta del termine “formazione” – benché non meglio definito e specificato
dall’art. 35 Cost. – invece che “istruzione” è stata giustificata dal fatto che “quest’ultima ha
carattere ristretto, mentre qui si vuole mettere in luce che la Repubblica assume il compito, non
solo d’istruire in senso tecnico, ma anche di formare la mentalità e la tecnica per il lavoro
professionale”
241. La terza sottocommissione (che si occupava della riforma agraria) e poi
l’Assemblea costituente, infatti, sembravano aver compreso che per stabilire equi rapporti sociali
fosse necessario promuovere la formazione e, quindi, l’elevazione professionale dei lavoratori
242.
La genesi e la collocazione topografica non casuale (a completamento ed integrazione degli
artt. 33 e 34 Cost. ma all’interno di due diversi titoli
243, sebbene prima della parte dedicata ai
rapporti economici in senso stretto) dell’art. 35, comma 2 Cost. rendono, invero, palese l’aspetto
centrale ed ambivalente della formazione professionale: l’appartenere al mondo dell’istruzione
244e,
238 La genesi del comma 2 dell’art. 35 Cost. è stata una delle più complesse tra le norme lavoristiche: la disposizione
iniziò ad assumere i connotati attuali in Assemblea costituente molto tardi (il 13 maggio 1947) soltanto dopo che le lunghe discussioni svolte nella terza sottocommissione in ordine alla riforma agraria che doveva essere abbinata ad una elevazione professionale, morale e sociale dei lavoratori agricoli si incrociarono con le valutazioni fatte in seno alla prima sottocommissione dove si discuteva del futuro dell’istruzione professionale in Italia e si esprimevano esigenze di collegarla al mondo del lavoro, cfr. A. LOFREDDO, La formazione dei lavoratori: una tutela per caso, in L. GAETA (a cura di), Prima di tutto il lavoro. La costituzione di un diritto all’Assemblea costituente, Ediesse, Roma, 2014, pp. 133- 135.
239 La più attenta dottrina, infatti, ha evidenziato che “l’istruzione e la formazione non sono panacea capace di risolvere
da sola la crisi occupazionale della società postindustriale”, cfr. G. LOY, Formazione e rapporti di lavoro, cit., p. 10.
240 Si rinvia, in particolare, al discorso del repubblicano Della Seta del 7 maggio 1947 e a quello del democristiano
Franceschini (“La scuola serve l’industria, l’industria serve il lavoro […] C’è solo da desiderare che l’unione del
capitale e del lavoro, questa unione che tutti auspichiamo, protesi verso la rinascita della nostra Patria, debba incominciare proprio qui, proprio nella scuola professionale, come un’alba di promesse”) entrambi riportati in A.
LOFREDDO, La formazione dei lavoratori, cit., pp. 139-140. Su posizioni più moderate si attestavano, invece, altri esponenti della DC: “Una repubblica che dichiara suo fondamento il lavoro, non può non affermare nella sua Carta
costituzionale il proposito di voler dare alla scuola del lavoro il suo massimo impulso. Alla classe lavoratrice, che chiede di partecipare più intensamente alla vita del Paese dobbiamo guardare con fiducia e dobbiamo preparare nella scuola i mezzi per la sua ascesa” (on. Bosco Lucarelli, DC, intervento del 17 aprile 1947), era evidente la prospettiva di
collegare la formazione ad una crescita sociale della classe operaia e non ad un mero ed eventuale sviluppo dell’occupazione, cfr. A. LOFREDDO, La formazione dei lavoratori, cit., p. 138.
241 Sono queste le parole spese dal Aldo Moro, il quale proponeva all’Assemblea costituente di approvare una norma
che impegnasse lo Stato a “preparare dal punto di vista professionale i lavoratori, tanto che il rendimento del loro lavoro sia il massimo possibile” e sancisse, allo stesso tempo, l’elevazione professionale dei lavoratori quale “indicazione
sintetica di un complesso di provvedimenti tendenti ad ottenere un livello più alto di vita professionale, culturale e tecnica dei lavoratori”, Ass. cost., seduta pomeridiana di martedì 13 maggio 1947, in Costituzione della Repubblica, II,
pp. 1703-1705.
242 Cfr. M. N
APOLI, Il 2° comma dell’art. 35, in AA.VV., Rapporti economici, Tomo I, in G. BRANCA (a cura di),
Commentario della Costituzione, Zanichelli, ed. Foro Italiano, 1979, pp. 19-22.
243 Sul punto, cfr. G. L
OY, Formazione e rapporto di lavoro, cit., pp. 16-17, dove si trova un’analisi congiunta degli artt. 34 e 35, comma 2 Cost. e la relativa bibliografia. L’Autore evidenzia altresì che i costituenti optarono per l’attuale collocazione al fine di sottolineare lo stretto collegamento con la materia del lavoro, ciononostante non sarebbe venuto meno l’altro collegamento, quello con il diritto all’istruzione.
244 Contrariamente a quanto espresso dall’on. Moro, la Corte costituzionale ha avuto modo di definire la formazione
professionale individuandone i confini con l’“istruzione”: “Il nucleo essenziale di tale concetto emerge, con sufficiente
al contempo, il suo essere strumentale allo svolgimento dell’attività lavorativa
245. Ed infatti, la
formazione professionale risulta essere una materia di confine tra lavoro e impresa (tant’è che è
durante la discussione sui limiti del diritto di proprietà che la disposizione in commento viene
approvata), presentando questioni e problematiche ancora oggi aperte quali il rapporto tra utenti e
operatori, tra domanda e offerta di formazione
246.
Seconda alcuni commentatori, la peculiarità dell’art. 35 Cost., che la contraddistingue dalle
altre Carte costituzionali (che riconoscono soltanto la libertà di scelta o accesso alla formazione),
consisterebbe nell’obbligare la Repubblica a predisporre le misure necessarie affinché i lavoratori
possano conseguire i più alti livelli di vita professionale
247. Onde, secondo questa ricostruzione,
l’art. 35 stabilirebbe un binomio inscindibile tra formazione ed elevazione professionale (vi è
elevazione quando vi è formazione, anche se vi possono essere interventi differenziati volti a
perseguire separatamente i due obiettivi), che rappresenta la novità della norma nonché una grande
meta civile
248.
I non molti autori che hanno analizzato la materia hanno ricondotto l’art. 35, comma 2 Cost. tra
le norme generatrici di obblighi sociali o tra quelle di attuazione o, meglio, specificazione dei
principi e delle direttive contenute negli artt. 1-4 Cost.
249.
Più nello specifico, la formazione professionale, secondo parte della dottrina, avrebbe assunto
valore di diritto sociale di prestazione (o pretensivo) a cui corrisponderebbe specularmente un
obbligo in capo ai pubblici poteri di attivarsi al fine di realizzare gli obiettivi della disposizione in
commento, in particolare un sistema o, comunque, delle strutture deputate all’erogazione di
formazione professionale
250.
Di contro, secondo un’altra opinione che parrebbe “svalutare” la portata della disposizione,
l’art. 35, comma 2 Cost. sarebbe una norma meramente programmatica inidonea a far sorgere un
diritto soggettivo alla formazione in capo al lavoratore
251.
Sebbene non sorga dal nulla
252, l’articolo in commento ha un ulteriore carattere innovativo:
esso non solo, come sopra visto, abbozzerebbe un disegno di lungo periodo ma darebbe luogo ad un
deve ritenersi che l’istruzione in parola [n.d.r.: istruzione/formazione professionale] superi l'ambito del concetto comunemente accolto in precedenza, in quanto ora si caratterizza per la diretta finalizzazione all'acquisizione di nozioni necessarie sul piano operativo per l'immediato esercizio di attività tecnico-pratiche, anche se non riconducibili ai concetti tradizionali di arti e mestieri”; di contro, l’“istruzione in senso lato, attinente all'ordinamento scolastico e
[…] di competenza statale […], pur se impartisce conoscenze tecniche utili per l'esercizio di una o più professioni, ha
come scopo la complessiva formazione della personalità” (cfr. Corte cost., sent. n. 89/1977).
245 Cfr. M. N
APOLI, Il 2° comma dell’art. 35, cit., p. 20.
246 In tal senso D. B
IFULCO, Art. 35, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla
Costituzione, Utet, Milano, 2006, p. 721.
247 Cfr. M. N
APOLI,Il 2° comma dell’art. 35, cit. p. 20.
248 Cfr. M. N
APOLI,Il 2° comma dell’art. 35, cit., p. 52.
249 La formazione professionale costituisce uno degli strumenti principali attraverso cui l’ordinamento intende realizzare
il diritto al lavoro di cui all’art. 4 Cost., sul punto cfr. F. MANCINI, sub art. 4, in op. cit., pp. 220-221. In senso analogo, anche se più incentrato sulla connessione tra istruzione professionale ed intervento dello Stato mediante la politica dell’occupazione, cfr. C. MORTATI, Il lavoro nella Costituzione, p. 165. È stato, tuttavia, osservato che l’art. 35, comma 2 Cost. completa l’art. 4, ma non lo esaurisce, cfr. G. LOY, Formazione e rapporto di lavoro, cit., p. 21.
250 Diritto che sembra azionabile in caso di illegittima esclusione del lavoratore per ragioni discriminatorie, cfr. D.
BIFULCO, Art. 35, cit., pp. 728-729, la quale richiama una pronuncia del Tribunale di Teramo (Trib. Teramo, decreto del 3 dicembre 1999 con cui è stato riconosciuto il diritto di una lavoratrice in stato di gravidanza a partecipare a un corso di formazione professionale.
251 Sul punto, cfr. C. A
LESSI, Professionalità e contratto di lavoro, cit., pp. 8-9. L’Autrice, in particolare, rileva criticamente che la formazione professionale è sia stata vista esclusivamente come uno strumento del mercato del lavoro, volto a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, non avente alcuna rilevanza all’interno del rapporto di lavoro.
cambiamento d’ottica in quanto i destinatari del precetto sarebbero, sul versante dei beneficiari, tutti
i lavoratori, a prescindere dall’età anagrafica (rompendo così il nesso strumentale tra formazione
professionale e primo avviamento al lavoro) e secondo alcuni anche indipendentemente dal
carattere subordinato o autonomo della prestazione
253; sul versante dei soggetti tenuti a prendersi
“cura” della formazione, l’intera Repubblica (tra cui le Regioni, gli enti locali, i sindacati, ma anche
i privati sulla base del principio di sussidiarietà) anche grazie all’adesione a o al supporto di
organismi internazionali ai sensi degli artt. 11, 35, comma 4 e 117 Cost.
Senonché, la disposizione in commento è molto asciutta, per non dire laconica. Essa, infatti, da
un lato, non chiarisce la nozione di “formazione professionale”, dall’altro lato, nella sua struttura
difetta, diversamente da altri articoli della nostra Carta costituzionale, degli strumenti necessari a
realizzare gli obietti posti dalla stessa (la “cura” della formazione e l’elevazione professionale).
Tant’è che in letteratura si è parlato di contenuto precettivo limitato al profilo teleologico in quanto
l’art. 35, comma 2 Cost. indica soltanto gli obiettivi che devono essere perseguiti a più livelli
rimettendo ai destinatari la scelta dei relativi mezzi
254. Peraltro, la dimensione teleologica della
disposizione in commento condizionerebbe anche i contenuti del diritto: i cittadini, infatti, debbono
ricevere una prestazione “formativa” variabile a seconda delle circostanze socio-economiche
(innovazione tecnologica, mutamenti organizzativi e produttivi, ecc.) nonché a seconda delle scelte
professionali liberamente intraprese dalla singola persona
255.
Dall’art. 35, comma 2 Cost. non è possibile ricavare ulteriore contenuto normativo, se non
analizzando la norma in una prospettiva diacronica attraverso l’analisi delle modalità e della misura
con cui la Repubblica, e quindi anche l’iniziativa dei privati
256, ha ottemperato in concreto
all’obbligo in questione
257.
252 Nel periodo corporativo vi erano stati, infatti, interventi in materia sia da parte dell’attore pubblico che della
contrattazione collettiva.
253 Tale questione si riconnette, in realtà, al più generale problema se le disposizioni costituzionali in materia di lavoro
si riferiscano soltanto ai lavoratori subordinati o anche a quelli autonomi, cfr. sul punto G. LOY, Formazione e rapporto
di lavoro, cit., pp. 24-25, il quale adotta una posizione intermedia distinguendo i casi in cui l’art. 35, comma 2 Cost.
venga utilizzato al fine di realizzare gli obiettivi di cui all’art. 3 Cost. (lavoratori subordinati) e quelli in cui tende a realizzare condizioni generali di progresso (anche autonomi). Lo stesso Autore in un altro saggio ha posto in evidenza che sino all’instaurazione del rapporto di lavoro tutti i cittadini possono beneficiare dello stesso diritto con modalità uguali (ad eccezione delle norme speciali destinati a soggetti svantaggiati), però a seguito dell’instaurazione del rapporto sorgono delle differenze in ordine al contenuto delle prestazioni a seconda dello status del lavoratore (subordinato, autonomo, ecc.), cfr. G. LOY, La professionalità, cit., p. 781. Oltre all’art. 17 della legge n.196/1997, giova richiamare il recente art. 7 del D.P.R. n. 137/2012, recante la riforma degli ordinamenti professionali emanata ai sensi dell’art. 3, comma 5 del d.l. n. 138/2011, conv. in l. n. 148/2011, che impone a tutti coloro che esercitano una professione “regolamentata” l’«obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale» secondo i regolamenti adottati dall’ordine professionale di appartenenza, a pena di commettere un «illecito disciplinare». Per quanto riguarda le professioni non ordinistiche, vd. l’art. 2, comma 3 della legge n. 4/2013 che prevede soltanto la promozione della formazione permanente dei lavoratori da parte delle associazioni professionali (privatistiche) liberamente costituite dagli stessi.
254 Cfr. M. N
APOLI, Il 2° comma dell’art. 35, cit., p. 23. In altri termini, la formazione professionale costituisce un compito costante per la Repubblica, la quale è chiamata ad individuare in concreto i destinatari, i livelli formativi ed i contenuti della stessa nonché i soggetti, le strutture e i mezzi per la gestione del processo formativo.
255 È questa l’ulteriore specificazione della dimensione teleologica del diritto alla formazione (anche detto “diritto
all’adeguamento della propria professionalità”) elaborata da G. LOY, La professionalità, cit., p. 778.
256 Analogamente a quanto avviene per il primo comma dell’art. 35, il richiamo alla «Repubblica» va letto alla luce
dell’art. 118, ultimo comma Cost. che afferma il principio di sussidiarietà orizzontale e, quindi, la possibilità di intervento anche dei privati, cfr. tal senso D. BIFULCO, Art. 35, cit., p. 723.
257 Dall’analisi svolta a fine anni ’70, il dato desumibile dalla legislazione del tempo è che la formazione professionale
aveva già allora acquisito il valore di un vero e proprio strumento di politica economico-sociale che si collocava all’interno della più ampio ambito del governo del mercato del lavoro, cfr. M. NAPOLI,Il 2° comma dell’art. 35, cit., p. 39. L’Autore evidenziava, però, la totale assenza nella legislazione italiana dell’epoca della realizzazione della seconda direttiva contenuta nell’art. 35, comma 2 Cost., e cioè la funzionalizzazione della formazione all’elevazione professionale, mancanza, questa, ritenuta “incomprensibile” nonostante fosse prioritario, in un sistema affetto da una