2.4 Il diritto al lavoro e alla formazione nelle fonti sovranazionali
3.1.3. La nozione di contratto di lavoro subordinato e le sue “funzioni”
Com’è noto, il Codice civile del 1942 non definisce il contratto di lavoro ma soltanto il
«prestatore di lavoro subordinato» (art. 2094 c.c.) e non lo regola all’interno del Libro IV, dedicato
alle «obbligazioni», dove sono disciplinati i contratti di scambio, ma nel Libro V («del lavoro»),
Titolo II (incentrato sul concetto di «impresa»), Sezione II dedicata, appunto, ai «collaboratori
dell’impresa».
L’enfasi del diritto del lavoro, come uscito dal Codice civile, sembra così spostata dal contratto
alla posizione del prestatore di lavoro come collaboratore (subordinato) dell’imprenditore
all’interno dell’organizzazione produttiva
301.
Tuttavia, secondo un’autorevole dottrina, tale impostazione (distacco del rapporto di lavoro
dalla categoria dei contratti di scambio) non è da sopravvalutare in quanto per il Codice civile del
1942 il contratto di lavoro è e rimane contratto di scambio nonché fonte (genetica e regolativa di
autoregolamentazione degli interessi) del rapporto di lavoro
302. Non a caso, potremmo aggiungere,
299 Cfr., per tutti in quanto uno dei primi e più autorevoli autori che hanno sostenuto tale tesi, R. S
COGNAMIGLIO,La natura non contrattuale del lavoro subordinato, cit., p. 10 dell’estratto. In particolare, per Scognamiglio, contrariamente
a quanto avviene nel contratto, l’“essenza” e la “funzione” del lavoro subordinato consisterebbero nella possibilità del lavoratore di “soddisfare mediante l'attività lavorativa i bisogni essenziali di vita suoi e della famiglia” (interessi patrimoniali) ma anche di “realizzare la sua professionalità e personalità” (interessi non patrimoniali) a fronte della
“facoltà esclusiva del datore di offrire e gestire la prestazione lavorativa e l'assoggettamento del prestatore, per un'insopprimibile esigenza di funzionalità dell'organizzazione aziendale, ai poteri di direzione e controllo del datore”.
Ciò porta l’Autore a concludere che il lavoro subordinato “si colloca su un versante ben diverso da quello del
contratto” in quanto “non si presta ad essere configurato e disciplinato come un contratto di scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione”, come dimostrerebbe la configurazione della retribuzione contenuta nell’art. 36, comma 1
Cost. Peraltro, “tutto il diritto del lavoro - le norme del codice civile, la legislazione speciale e la contrattazione
collettiva - si volge […] all'obiettivo di riscattare il lavoratore dalla condizione di debolezza in cui versa nei confronti del datore e nella realtà socio-economica”. Tale tesi era già elaborata in Id., Lezioni di diritto del lavoro. Parte generale, …, Bari, 1963, pp. 15, 113 e 116, dove comunque non si metteva in discussione l’origine contrattuale del
rapporto di lavoro.
300 È questa l’espressione utilizzata in L. N
OGLER, Contratto di lavoro e organizzazione al tempo del post-fordismo, in
ADL, 2014, n. 4-5, pp. 884 e ss. (p. 2 dell’estratto).
301 È la stessa relazione ministeriale (n. 806) a spiegare che questa nuova impostazione è tesa a sviluppare sul piano
giuridico un principio che fino a quel momento era rimasto semplice postulato politico «il lavoro non più oggetto, ma
soggetto dell'economia», cfr. L. MENGONI, Il contratto di lavoro, cit., p. 419.
302 Cfr. L. M
ENGONI, Il contratto di lavoro, cit., p. 419. Lo stesso Mengoni, però, in altro scritto ha ricordato che “nel
la sezione successiva a quella in cui è posto l’art. 2094 (Sezione III del Titolo II del Libro V del
Codice civile) è dedicata al «rapporto di lavoro» che, pertanto, sembra inequivocabilmente scaturire
dal momento genetico dell’obbligazione di lavorare, la stipula del contratto di lavoro.
Tale conclusione non è pregiudicata dalla circostanza che il lavoro subordinato possa essere
prestato, indifferentemente, dentro o fuori dall’impresa. Ed infatti, oltre all’ineludibile dato
topografico della collocazione dell’art. 2094 c.c. all’interno del Titolo II del Libro V dedicato al
«lavoro nell’impresa», vi è un ulteriore elemento che dovrebbe far venire meno quella che è stata
definita da Giugni una “discutibile limitazione d’orizzonte”
303: l’art. 2239 c.c., stabilendo
l’applicabilità della disciplina di cui agli artt. 2094-2134 c.c., nei limiti della sua compatibilità, ai
«rapporti di lavoro subordinato che non sono inerenti all’esercizio di un’impresa», elabora una
categoria negoziale del contratto di lavoro svincolata dal collegamento con l’impresa (quest’ultima
categoria rimane, comunque, anche sul piano economico, la manifestazione di gran lunga più
importante) e, perciò, più ampia di quella risultante dall’art. 2094 c.c.
304.
Altra successiva dottrina ha sostenuto l’esistenza di una “categoria unificante” del contratto di
lavoro subordinato: in altri termini il contratto è unico ma i rapporti che scaturiscono da esso sono
tanti e diversi per contenuto ma non per questo “speciali”
305.
Chiarito questo aspetto, è stato, però, giustamente fatto notare che, a differenza di quanto
avviene nella maggior parte degli altri contratti nominati
306, l’individuazione del contratto di lavoro
subordinato, in particolare del “bene” giuridico tipico dedotto all’interno dello stesso, non risulta
immediata: se la retribuzione costituisce un “bene” analogo, sotto questo profilo, a quello garantito
da numerosi altri contratti (obbligazione di pagare un compenso), la prestazione di lavoro sembra
risolversi in una generica attività umana non qualificata da determinati caratteri obiettivi
307.
In altri termini, il lavoro umano non sarebbe entità per sé giuridicamente definibile
308, potendo
essere oggetto del contratto di lavoro qualsiasi attività economicamente utile secondo la valutazione
delle parti compresa quella che consiste in un’inerzia
309.
negoziale […] nel diritto del lavoro, invece,il contratto impegna la prestazione di lavoro, crea l’obbligazione di lavorare, ma non la governa: essa è regolata prevalentemente da fonti eteronome, norme legali e norme di contratto collettivo. Il rapporto di lavoro nasce dal contratto, ma non si identifica col contratto”, da qui la vocazione
anticontrattualista a ridurre la funzione del contratto di lavoro a mero fatto costitutivo del rapporto e non riconoscendo alla stessa funzioni regolative, cfr. L. MENGONI, L’influenza del diritto del lavoro sul diritto civile, cit., p. 7.
303 Cfr. G. G
IUGNI, Mansioni, cit., p. 17.
304 Cfr. S. M
AGRINI, Lavoro (contratto individuale di), cit., par. 2. Non a caso parte della dottrina ha sostenuto che anche il lavoro nell’impresa sia un sottotipo di un genus (lavoro subordinato) non esistente nell’ordinamento positivo ma da costruire in sede di teoria generale del diritto del lavoro: è questa la proposta di PEDRAZZOLI, Democrazia
industriale e subordinazione, Giuffrè, Milano, 1985, come sintetizzata da M. NAPOLI, Contratto e rapporti di lavoro, cit., p. 1096.
305 La vera peculiarità del Codice civile sarebbe, allora, che per gli altri contratti la nominatività coincide con la tipicità
di disciplina (ogni contratto tipico avrebbe una propria disciplina), invece per il lavoro subordinato varrebbe il motto “un contratto per più rapporti”, cfr. M. NAPOLI, Contratto e rapporti di lavoro, in AA.VV., Le ragioni del diritto.
Scritti in onore di Luigi Mengoni, Giuffrè, Milano, 1995, Tomo II, pp. 1057 e ss. Lo stesso Mengoni ha aderito a tale
ricostruzione, pur evidenziando però che “sul piano dell’esperienza giuridica concreta non si può disconoscere che la
tenuta della categoria unificante del contratto di lavoro si è indebolita”, cfr. L. MENGONI, Il contratto individuale di
lavoro, cit., p. 194, nota 44.
306 Ad esempio, nella locazione il bene giuridico garantito è il godimento di un bene mobile o immobile, nella vendita il
trasferimento della proprietà di una cosa o di un altro diritto.
307 Cfr. S. M
AGRINI, Lavoro (contratto individuale di), cit., par. 4.
308 In tal senso, U. P
ROSPERETTI, La posizione professionale del lavoratore subordinato, Milano, 1958, pp. 58 ss.; F. SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, Jovene, Napoli, 1972, p. 19. Anche Giugni sosteneva che l’attività
Di conseguenza, ciò che distingue il contratto di lavoro subordinato rispetto ad altri contratti,
tra tutti quelli di lavoro autonomo, è la modalità di espletamento dell’attività lavorativa ma anche la
“posizione” del lavoratore, che risultano dalla formula – da valorizzare appieno non trattandosi di
un’endiadi – «alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore» (art. 2094 c.c.), definizione,
seppur tautologica
310, della subordinazione
311.
Secondo alcuni, infatti, il fattore distintivo del contratto di lavoro subordinato, come delineato
dal nuovo Codice civile del 1942, sarebbe quello che “il lavoratore si obbliga (mediante
retribuzione) a svolgere un’attività di lavoro genericamente determinata (in relazione a una
qualifica professionale o in relazione a un posto di lavoro), rimettendo all’altra parte il potere di
specificare l’attività dovuta nel suo contenuto e nelle sue modalità e di indirizzarla verso un
risultato sul quale il lavoratore non ha alcun controllo e che rimane estraneo al rapporto
obbligatorio derivante dal contratto; in breve il lavoratore promette, nei limiti di una data qualifica
professionale o della descrizione di un dato posto di lavoro, di esplicare le sue energie alle
dipendenze e sotto la direzione dell’altra parte (datore di lavoro)”
312.
Così ricostruita, la subordinazione è il “connotato essenziale” del comportamento dedotto in
obbligazione, il “fattore tipizzante” dello stesso contratto di lavoro, la “sintesi dei suoi effetti
giuridici essenziali” nonché “dato qualificante” l’assetto di interessi risultante e ritenuto meritevole
di tutela da parte dell’ordinamento giuridico (artt. 1322-1323 c.c.)
313.
Non è mancato chi ha ritenuto quale elemento distintivo rispetto al contratto d’opera e ai
contratti i lavoro autonomo il potere di etero-organizzazione ed etero-direzione della prestazione da
parte del creditore (datore di lavoro)
314, riconducibile a quello che è stato definito il potere direttivo
volto a dettare le «disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro» (art. 2104, comma 2
c.c.) e, sul piano fattuale, come mancanza di autogestione dell’attività lavorativa
315, che, a ben
vedere, non è altro che l’altra faccia della stessa medaglia vista dalla prospettiva della situazione
lavorativa non può essere definita come un a priori rispetto al rapporto in cui è dedotta e che i tentativi di definire il lavoro in sé e per sé deducendone la nozione dalle scienze naturali o socio-economiche erano insoddisfacenti, cfr. G. GIUGNI, Mansioni e qualifica nel rapporto di lavoro, cit., p. 9.
309 Cfr. sempre S. M
AGRINI, Lavoro (contratto individuale di), cit., par. 4
310
L. SPAGNUOLO VIGORITA, Subordinazione e diritto del lavoro, cit., p. 137.
311 In tal senso S. M
AGRINI, Lavoro (contratto individuale di), cit., par. 4, il quale sottolinea che la valutazione non dovrebbe guardare alle modalità di esecuzione dell'obbligazione contrattuale, benché questa operazione è, sul piano pratico, il punto di riferimento nell'esame delle fattispecie concrete da parte della giurisprudenza, ma all’assetto di interessi attuato dalle parti nel momento dell'esercizio della loro autonomia negoziale.
312 Cfr. L. M
ENGONI, Il contratto di lavoro, cit., p. 415.
313 Sono tutte espressioni contenute in S. Magrini, Lavoro (contratto individuale di), cit., par. 4, secondo il quale
l’assetto di interessi risultante dal contratto di lavoro subordinato è soltanto il contemperamento fra l’“interesse alla
disponibilità del comportamento altrui” e l'“interesse alla retribuzione”, rimanendo così fuori l'(ulteriore) interesse alla
migliore utilizzazione del comportamento in coordinazione con altri analoghi comportamenti lavorativi scaturente dal requisito (ad avviso di Magrini inesistente nella struttura del contratto di lavoro) dell’inserzione del lavoratore nell’organizzazione dell’impresa. Più nello specifico, questa tesi ritiene che la struttura organizzativa del datore di lavoro, pur ricoprendo un ruolo di grande rilevanza ai fini della disciplina delle posizioni soggettive delle parti, è estranea allo schema causale del contratto di lavoro che, pertanto, risulta perfetto ed efficace anche senza il collegamento fra prestazione lavorativa e organizzazione aziendale.
314 È questa la posizione di L. N
OGLER, Contratto di lavoro e organizzazione al tempo del post-fordismo, in ADL, 2014, n. 4-5, pp. 884 e ss. (p. 9 dell’estratto), il quale rileva anche che tale potere, invero fattualmente più rarefatto nell’era del
post-fordismo, assume un ruolo “strumentale” rispetto al risultato atteso dal datore di lavoro (realizzazione
dell’organizzazione complessiva del lavoro).
315 Cfr. L. M