1.4 L’analisi giuslavoristica del fenomeno
1.4.2 Competenze, conoscenze, abilità e attitudini professionali
Nozione distinta, anche se legata in qualche modo e, per questa ragione, spesso confusa nel
linguaggio comune con quella di professionalità, è quella relativa alle competenze (anche utilizzata
al singolare: competenza).
Anche qui è difficile rinvenire nella letteratura diversa da quella giuridica (scienze
pedagogiche, psicologia, sociologia, scienze relative all’organizzazione e alle risorse umane, ecc.),
una nozione unanimemente accolta di competenze
151.
È più facile imbattersi in numerose definizioni
152, il cui comun denominatore sembra però
consistere in un “saper fare”, ossia un “sapere in azione”, un “bagaglio di conoscenze, attitudini,
esperienze concretamente agite o agibili in un determinato contesto lavorativo”
153.
Tuttavia, occorre far presente che la nozione ormai definitivamente accolta nel nostro
ordinamento e, quindi, “positivizzata” è quella di cui all’art. 2, comma 1, lett. e) del d.lgs. n.
13/2013 a mente del quale per competenza deve intendersi la «comprovata capacità di utilizzare, in
situazioni di lavoro, di studio o nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di
conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale o
informale»
154.
151 Tant’è che il dibattito in dottrina sembra ancora aperto sul punto, cfr. F.D.L. D
EIST, J. WINTERTON, What Is
Competence?, in Human Res. Dev. Int., 2005, n. 8, pp. 27-46.
152 Una prima definizione – molto legata e funzionale alla qualità e produttività della prestazione lavorativa – è stata
data, già negli anni ’70, da McClelland secondo il quale per competenza bisogna intendere “a personal trait or set of
habits that leads to more effective or superior job performance”, cfr. D. MCCLELLAND, Testing for Competence Rather
Than for "Intelligence" in America Psychologyst, 1973, n. 28, pp. 1-28. Anche le definizioni successive ponevano
l’attenzione sul tratto “personale”, “lavoristico” e “qualitativo” della competenza (“an underlying characteristic of a
person, which results in effective and/or superior performance on the job”, cfr. G. KLEMP, The assessment of
occupational competence, in Report. Nat. Inst. of Edu, 1980). Tuttavia, col passare degli anni, la dottrina ha proposto
una nozione più ampia di competenze, pensate semplicemente come un generico “saper fare” adattabile a qualsiasi cosa e dimensione della vita umana, e concentrando l’attenzione anche sul momento (e contesto) di acquisizione e apprendimento delle stesse (“competencies are skills and abilities; things you can do; acquired through work
experience, life experience, study or training”, cfr., fra gli altri, L SPENCER, S.SPENCER, Competence at Work: Model
for Superior Performance, John Wiley & Sons, New York, 1993), tutti gli Autori citati sono stati richiamati in L.
PRIFTI, M. KNIGGE, H. KIENEGGER, H. KRCMAR, A Competency Model for "Industrie 4.0" Employees, in J.M. LEIMEISTER,W.BRENNER (a cura di), Proceedings der 13. Internationalen Tagung Wirtschaftsinformatik (WI 2017), St. Gallen, 2017, p. 48.
153 Cfr. F. G
UARRIELLO, Per un approccio giudico al tema delle competenze, cit., p. 115. Altri Autori hanno evidenziato gli elementi in comune e le somiglianze tra i concetti di know-how (l’“insieme di informazioni tecniche, descrizioni di
processi produttivi, composizioni, formlule, progetti, disegni e dimostrazioni pratiche per la produzione di prodotti”
ovvero “conoscenze pratiche derivanti da esperienze e prove, anche di carattere organizzativo, amministrativo e
gestionale riguardante i servizi”, cfr. L. SORDELLI, voce Know-how, in Enc. giur. Treccani, vol. XVIII, 1990, p. 1 dell’estratto) e professionalità che ha molto in comune con l’accezione di know-how come “saper come fare” (“the
know-how to do it”), cfr. C. ALESSI, Professionalità e contratto di lavoro, cit., p. 100, nota 73.
154 Definizione, questa, per lo più mutuata da quella contenuta nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del
Consiglio del 23 aprile 2008 (2008/C 111/01) istitutiva del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento
permanente (EQF) dove la competenza è espressamente definita come «comprovata capacità di utilizzare conoscenze,
abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale», con la peculiarità che, nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche, le competenze sono descritte «in termini di responsabilità e autonomia» (Allegato I, Definizioni, lett. i). Bisogna anche ricordare che altre nozioni di
competenza – in parte simili in parte sensibilmente diverse sotto alcuni aspetti – erano già presenti nell’art. 15 del
regolamento di attuazione dei principi e dei criteri in materia di riordino del sistema di formazione ex art. 17 della legge n. 197/1996 («patrimonio conoscitivo ed operativo degli individui il cui insieme organico costituisce una qualifica o
figura professionale») e nel successivo art. 2 del d.m. n. 174/2001 («insieme strutturato di conoscenze e di abilità, di
norma riferibili a specifiche figure professionali, acquisibili attraverso percorsi di formazione professionale, e/o esperienze lavorative, e/o autoformazione, valutabili anche come crediti formativi»). Il dato da evidenziare è che nelle varie nozioni che si sono succedute nel tempo si è andato progressivamente attenuando, se non azzerando, (prima) l’identificazione con e (poi) il riferimento alla qualifica o figura professionale: nel d.lgs. n. 13/2013, infatti, le
Ciò posto, le competenze possono ritenersi una sorta di sineddoche, una parte del tutto, o, se si
preferisce dare rilievo alla dimensione qualitativa, una metonimia della professionalità, termine che
– come visto al par. n. …. – è più ampio in quanto raccoglie al suo interno significati e aspetti
diversi dal “saper fare” (come, ad esempio, l’abitualità dell’esercizio dell’attività lavorativa o la sua
onerosità).
Il legislatore italiano non ha però elaborato una definizione di conoscenza e abilità, circostanza
questa che potrebbe far sorgere dei dubbi su ciò che può assurgere a oggetto concreto di
certificazione
155.
Tuttavia, un referente normativo (seppur di soft law) che può risultare utile ed attendibile è
quello offerto dalla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008,
istitutiva del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF).
Ai sensi della citata Raccomandazione per conoscenze deve intendersi il «risultato
dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento», in particolare esse costituiscono
«un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di lavoro o di studio» che
possono essere descritte (come avviene nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche) come
«teoriche e/o pratiche» (cfr. Allegato 1, Definizioni, lett. g).
Di contro, le abilità indicherebbero «le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-
how per portare a termine compiti e risolvere problemi» che possono essere «cognitive
(comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo)» o «pratiche (comprendenti l’abilità
manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti)» (cfr. Allegato 1, Definizioni, della citata
Raccomandazione, lett. h).
Interessante anche rilevare che la legge n. 300 del 1970 (c.d. Statuto dei lavoratori) ha fatto
riferimento e dato rilevanza, all’interno del rapporto di lavoro e nel mercato del lavoro (e cioè nella
fase di selezione e assunzione del personale, quando non è stato ancora instaurato il rapporto), alla
nozione – anche qui non meglio specificata – di «attitudine professionale» del lavoratore, la cui
valutazione (meritevole di tutela per l’ordinamento) funge da limite al divieto di indagini sulle
opinioni politiche, religiose e/o sindacali del lavoratore e su qualsiasi altro fatto non rilevante (art. 8
St. lav.)
156.
Una volta chiarite tali nozioni, preme, sin da subito, evidenziare che il tema delle competenze,
venuto alla ribalta nelle pratiche manageriali e oggetto di attenzioni da parte delle istituzioni sin dai
primi anni ’90, è stato per lo più ignorato dalla prevalente dottrina giuslavoristica, salvo rari e
rilevanti eccezioni. In particolare, quella dottrina che si è occupata dell’argomento già in tempi non
sospetti ha posto la fondamentale questione se la nozione di “competenza” rileva soltanto sul
terreno della formazione professionale o anche in campo giuridico incidendo sulla disciplina del
quelli di istruzione e formazione professionale, o di qualificazione professionale rilasciati da un ente pubblico titolato) contenute nel Repertorio nazionale di cui all’art. 8 del medesimo decreto legislativo.
155 Va però precisato che il legislatore si è preoccupato di specificare quali siano le “competenze” certificabili (cfr. sul
punto cap. III, par. n. …).
156 La giurisprudenza, però, ha avuto modo di chiarire la locuzione affermando che per «attitudine professionale»
bisogna intendere l’“obiettiva capacità, intellettiva o manuale, di svolgere un’attività lavorativa” (cfr., fra le altre, Cons. St., Sez. IV, n. 1671/1999). Tuttavia, tale nozione è da intendere elasticamente – estendendosi talvolta anche a fatti inerenti alla sfera privata del lavoratore, assumendo così più i tratti di una “idoneità” (piuttosto che “capacità”) – a seconda del tipo di mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere (cfr., ad es., Corte Cost., sent. n. 218/1994, che ha ritenuto legittimi le indagini sulla sieropositività del lavoratore nei casi in cui tale stato di salute sia rilevante ai fini dell’attività lavorativa a causa del rischio di contagio).