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Art 9 D.P.R 448/1988: acquisizione del patrimonio probatorio utilizzabile dal giudice

Il particolare caso della giurisdizione penale minorile

4.2 Il principio di individualizzazione

4.2.1 Art 9 D.P.R 448/1988: acquisizione del patrimonio probatorio utilizzabile dal giudice

Come preannunciato nel paragrafo precedente il principio di individualizzazione, per trovare effettivo compimento nel corso dell'iter processuale, necessita un concreto ampliamento dei poteri del Magistrato in sede di raccolta degli elementi probatori utili a ricostruire non solo i tratti salienti del fatto reato, ma anche la personalità del giovane, inglobando in essa anche un'indagine circa l'ambiente socio-familiare di formazione, risultanze le quali andranno a sostenere le decisioni del giudice in merito ai provvedimenti da porre in essere nei confronti del minore. Soffermarsi sull'importanza dell'"ottica fenomenologica-osservativa"11 risulta la chiave di lettura

giusta per comprendere al meglio le interazioni che vengono a crearsi fra i tratti distintivi della personalità del reo e il modo in cui su di essa ha inciso il contesto sociale in cui il giovane si è formato: attraverso l'indagine personologica condotta è infatti possibile esaltare la connessione sussistente fra il compimento di un fatto penalmente rilevante e lo status di disagio mostrato dal minore.

Addentrandosi nell'analisi tecnica dell'art. 9 D.P.R. 448/1988, istituto che disciplina in materia di acquisizone di elementi probatori, si riscontra un'interpretazione pacifica e lineare per ciò che concerne la raccolta di risultanze probatorie finalizzate alla definizione dell'imputabilità del soggetto, indagando quindi rispetto alla sua capacità di intendere e di volere, o ancora nella valutazione della

rilevanza sociale del fatto compiuto per disporre una risposta punitiva

adeguata alla gravità del fatto; ma stessa linearità interpretativa certo

11 Di Nuovo-Grasso, Diritto di procedura penale minorile, Giuffré, Milano, 2005 p. 121

non si riscontra nell'interpretazione del dato testuale "grado di

responsabilità". Se si trascura l'esegesi tipicamente psicologica

dell'inciso, si è portati ad adottare una prospettiva strettamente giuridica tramite la quale l'accertamento in questione andrebbe ricollegato al più prossimo dato testuale che si trova nella medesima norma, ovvero l'imputabilità del giovane reo, utile in tal senso anche alla definizione dell'"intensità dell'elemento soggettivo e la capacità di

delinquere"12. Altro dubbio interpretativo rispetto al testo dell'art. 9

D.P.R 448/1988 lo si riscontra nell'espressione perentoria utilizzata per definire la modalità di intervento del giudice nell'acquisizione delle risultanze cognitive per la ricostruzione del reato e della personalità del reo. L'incertezza si risolve però grazie ad un'analisi dell'espressione

"acquisiscono", la quale non lascia indugi ad interpretazioni diverse

dall'imposizione nell'acquisizione di elementi probatori: il giudice non sembra avere in questo frangente alcun margine di decisione rispetto all'attivazione dei propri poteri di indagine, mentre gli viene riservata discrezionalità nella scelta degli strumenti con cui realizzarla. Il fatto che tali accertamenti siano doverosi per il giudice determina la sussitenza di una forte garanzia in capo al minore, il quale se non vedesse effettuate le indagini d'obbligo perderebbe automaticamente il proprio diritto all'adozione nei suoi confronti di un provvedimento che dovrebbe essere corroborato dal principio di individualizzazione. Per tale motivo è possibile appellarsi all'art. 125 comma 3 c.p.p.13 per

evidente difetto di motivazione nel provvedimento finale: una falla in questo sistema è riscontrabile nella mancata copertura in termini di garanzia che verrebbe a crearsi per tutti quegli atti adottati dal giudice prima del decisum finale, quali provvedimenti temporanei come quelli

civili o a protezione del minore.

Ma qual è la modalità di acquisizione degli elementi conoscitivi che il giudice deve provvedere a ricercare "circa le condizioni e le risorse

personali, familiari, scociali e ambientali del minorenne"14? Il dato

testuale dell'art. 9 D.P.R. 448/1988 dimostra una certa vaghezza sul punto, tale da far propendere per la concessione di discrezionalità nelle scelte del giudice circa "i canali acquisitivi"15 attraverso i quali reperire

le informazioni ritenute più utili in relazione al caso di specie: egli può quindi spaziare dal materiale probatorio previsto da codice di rito, alle prove atipiche, rispettando pur sempre il criterio di idoneità enunciato all'art. 189 c.p.p., o ancora può disporre un'attività di esame sia diretto, dinnanzi all'autorità giudiziaria, sia indiretto dell'imputato, ricorrendo in tal caso ai servizi minorili, entrambi comunque volti a fornire un quadro di elementi che permettano di compiere una valutazione comportamentale del giovane durante l'iter procedimentale. Il dubbio di compatibilità col dettato costituzionale sorge spontaneo di fronte alla lettura del secondo comma dell'art. 9 D.P.R. 448/1988 in cui si rinviene una peculiare possibilità di acquisizione degli elementi probatori disposta dal Legislatore, il quale puntualizza il modus procedendi sia a livello temporale asserendo che "pubblico ministero e

giudice possono sempre assumere informazioni", sia in riferimento al

quomodo, ovvero "anche senza alcuna formalità". Oltre a questi due profili desta qualche perplessità in merito alla correttezza delle acquisizioni previste ex art. 9 D.P.R. 448/1988 anche la qualità delle informazioni che vengono reperite, le quali dovrebbero provenire da soggetti che abbiano intrattenuto rapporti col minore, ma che de facto derivano dal bagaglio informativo di cui sono in possesso gli operatori

14 Sic ex art. 9 D.P.R. 448/1988 15 C. Cesari, op. cit., p. 181

dei servizi minorili risalenti al momento delle indagni preliminari. Ciò che lascia perlessi nella disamina di questo peculiare articolo è la promiscuità che viene ad instuararsi fra le risultanze delle indagini fino all'espletamento dell'udienza preliminare e il bagaglio informativo che confluisce nel fascicolo del dibattimento, in ossequio a quanto previsto ex art. 341 lett. g c.p.p., il quale richiama a sua volta i documenti relativi al giudizio sulla personalità di cui all'art. 236 c.p.p.. Questa commistione determina una contaminazione delle informazioni sulle quali il gudice baserà il proprio giudizio di merito, contaminazione riscontrabile nel completo bypassare la modalità di formazione dialettica della prova, criterio per cui la prova su cui si fonda il decisum finale può realmente dirsi genuina. Il dato testuale "anche

senza alcuna formalità" è stato comunque ridimensionato rispetto ad

una lettura che prima facie sembrerebbe essere per lo più estensiva: è l'interprete a divenire, in questo frangente, vero e proprio protagonista della scelta interpretativa da attuare in corrispondenza con le esigenze dettate dal caso di specie, a seconda che risulti necessaria l'osservanza delle formalità procedurali o viceversa.

Gli elementi introdotti dall'art. 9 del D.P.R 448/1988 non possono ad ogni modo prescindere dall'applicazione dell'insieme di garanzie poste a fondamento della genuina formazione della prova, specialmente nel caso in cui gli apporti informativi in questione si rivelino balisari per contribuire alla formazione del convincimento dell'organo giudicante. Le informazioni, risultato dell'apporto conoscitivo da parte di soggetti che abbiano, in qualsiasi circostanza intrattenuto rapporti col minore, non vengono ad essere diversificate in informazioni acquisite in fase di indagine preliminare per mano del Pubblico Ministero e informazioni acquisite invece dal giudice in un secondo momento, ma nonostante questa vaghezza del dettato normativo, è possibile riscontrare uno spiccato parallelismo con gli istituti previsti rispettivamente all'art. 362

c.p.p.16 e all'art. 194 e ss. c.p.p. disciplinante "Oggetto e limiti della

testimonianza": in tal senso quindi facendo ricorso alle disposizioni appena enunciate saranno facilmente individuabili gli obblighi e i limiti in capo alla fonte e anche le garanzie di cui gode l'imputato. Per quanto concerne la perizia personologica condotta per favorire l'individualizzazione dei provvedimenti da prendere, essa risulta ancora in parte ambigua riguardo alla comminstione che verrebbe a crearsi fra gli elementi conoscitivi acquisiti in fase di indagine e la loro valutazione, condotta anche con l'ausilio di tecniche interpretative proprie di scienze non prettamente giuridiche, in tal modo si andrebbe infatti a creare il rischio che il materiale probatorio, sulla base del quale il giudice dovrà pervenire al decisum finale, sia contaminato da intepretazioni faziose, già volte a dare una possibile definizione del grado di responabilità del reo.

L'acquisizione di elementi conoscitivi della personalità del reo, realizzabile "anche senza alcuna formalità", come specificato nell'ultimo inciso del secondo comma dell'art. 9 D.P.R 448/1988, risulta ad ogni modo di fondamentale importanza, in particolare per la fase preliminare delle indagini al solo fine di poter raccogliere tutto quel materiale che il Pubblico Ministero reputa indispensiabile per poter pervenire ad una decisione in merito all'esercizio dell'azione penale, o addirituttra per dare una salda impostazione alla sua ipotesi accusatoria, o ancora per poter giusitificare l'adozione di determinati provvedimenti nei confronti del reo. L'applicazione di questa norma così controversa trova quindi una giustificazione all'interno del quadro costituzionale proprio perchè l'assenza della formalità nell'assunzione degli elementi probatori trova un bilanciamento nella sanzione di

16 "Il pubblico ministero assume informazioni dalle persone che possono riferire

inutilizzabilità di tali elementi ai fini della decisione: non si può parlare infatti di prova a tutti gli effetti se l'elemento acquisito non sia passato al vaglio delle parti nell'espletamento della dialettica in ossequio al principio del contraddittorio.