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L’art 167 TFUE come tentativo degli Stati membri a limitare gli intervent

Nel documento La politica culturale dell'Unione Europea (pagine 129-132)

SEZIONE II. La competenza culturale dell’UE tra Maastricht e Lisbona

B) L’art 167 TFUE come tentativo degli Stati membri a limitare gli intervent

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Nel gennaio 1990, Jacques Delors, l’allora presidente della Commissione europea proponeva una Conferenza internazionale sull’Unione politica. Un fattore d’importanza decisiva per l’avvio verso un’Unione politica europea era la riconciliazione tra Francia e Germania a seguito dell’opposizione di Mitterand all’unificazione della Germania. Il Consiglio accettava formalmente la CIG sull’Unione politica il 25-26 giugno a Dublino, che si aggiungeva alla CIG precedentemente fissata sull’Unione monetaria europea.

279

Formal Opinion of 21 October 1990 persuant to article 236 of the EEC Treaty on the proposal for amendment

of the Treaty establishing the European Economic Community with a view to a political union, in Bull. EC (199)

Supplement 2/91. 280

The European Council, Rome Summit 1990, Rome, 14-15 December 1990 in Bull. EC 12/1990 281

Risoluzione sugli orientamenti del Parlamento europeo relativi a un progetto di costituzione per l' Unione europea in GU C 231 del 17.9.1990 p. 91. A titolo esemplificativo si può nominare una delle proposte del Parlamento, che proponeva l’emendamento dell’art 117 affinché includesse tra gli obiettivi l’accesso alla cultura e all’educazione.

282

Vedi CORBETT R. The Treaty of Maastricht from Conception to Ratification: A Comprehensive Reference

Guide, The High, Harlow, Longman, 1993, p.51. In una discussione sulla cittadinanza europea il governo

spagnolo aveva dato specifica conferma che la competenza sulla politica culturale sarebbe stata trasferita alla CE. 283

Dannish Government Memorandum, approvato dal Market Committee of the Folketing in CORBETT R. The

Treaty of Maastricht…,cit. p.161. La Danimarca aveva altrettanto avanzato la proposta della stesura di un capitolo

concernente la cooperazione culturale tra gli stati della Comunità e con paesi terzi con lo scopo di promuovere gli scambi culturali trans-frontalieri. Il governo olandese aveva suggerito l’aggiunta di un provvedimento che permettesse di prendere in considerazione i fattori culturali piuttosto che lo sviluppo di una specifica politica culturale europea. Vedi Dutch Government Policy Document on European Political Union, in CORBETT R. The

dell’Unione nella cultura?

La conferenza intergovernativa si tenne a Roma il 14 e 15 dicembre 1990. Sebbene alla fine della disputa sull’introduzione di una competenza culturale europea prevalesse la volontà dei governi che erano stati a favore dello sviluppo di una politica culturale comunitaria, data la capacità dell’azione dell’Unione di disturbare antiche pratiche culturali è plausibile domandarsi se l’introduzione dell’art. 128 TCE (167 TFUE) non fosse un tentativo indirizzato a dissuadere o limitare ulteriori interventi comunitari nella cultura. A conferma di questo sospetto parrebbe giovare il linguaggio usato accuratamente nella formulazione dell’articolo, cercando di evitare il riferimento a una “cultura europea”. L’iniziale proposta per l’attuale art. 167, par. 1, poneva l’obbligo alla Comunità di contribuire allo sviluppo delle culture di ogni Stato membro evidenziando nel contempo l’identità europea e la dimensione culturale

europea. Le modifiche apportate alla stesura iniziale mutuavano il linguaggio originale

tralasciando i termini che richiamavano la dimensione europea e sostituendoli con retaggio

culturale comune.

Altre disposizioni presenti nell’art. 167 TFUE possono essere visti alla luce della tesi che ipotizza l’introduzione di tale norma nel Trattato CE come intento a circoscrivere l’azione comunitaria nell’ambito culturale. Il primo paragrafo sancisce l’obbligo dell’Unione di contribuire al pieno sviluppo della cultura degli Stati membri, ma sottolinea che tale azione deve essere svolta nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali. Anche il paragrafo 4 pare andare nella stessa direzione, soprattutto a seguito alla modifica avvenuta con il Trattato di Amsterdam, secondo cui l’Unione deve tener conto degli aspetti culturali nell’azione che svolge a norma di altre disposizioni dei trattati, in particolare ai fini di rispettare e

promuovere la diversità delle sue culture. Entrambe le disposizioni indicano che alla diversità

culturale deve essere accordata la dovuta importanza, specialmente se letti in corrispondenza con l’art.4, par 2 TUE secondo cui «L’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri», ma soprattutto con l’art. 3, par 3, u.c TUE inserito tra i principi generali in cui si dispone che l’Unione «rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo». 284

Il par. 2 dell’art. 167 è il provvedimento che esplicita la natura sussidiaria del ruolo dell’Unione, la cui azione deve essere intesa a incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri svolgendo attività di appoggio e di integrazione dell’azione da quest’ultimi condotta in determinati settori. Ciò sembrerebbe escludere iniziative autonome dell’Unione che non

284

L’art. 3, inserito nel Titolo I TUE dedicato alle disposizioni comuni, ha sostituito l’art. 3 TCE che alla lett. q includeva nell’azione comunitaria un contributo al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri.

siano inserite in un programma più ampio dell’azione degli Stati. Il paragrafo si potrebbe intendere come limite al coinvolgimento dell’Unione alle quattro attività ivi specificate, tuttavia bisogna notare che esse sono espresse in termini aperti e suscettibili a più interpretazioni che possono comprendere una vasta gamma di iniziative culturali.285 L’aspetto più limitativo di questa lista potrebbe consistere nell’enfasi che la prima e la seconda categoria pongono su una dimensione europea.

Una lettura alternativa vuole il secondo paragrafo progettato per sottolineare i vantaggi della coordinazione tra l’Unione e gli SM nell’ambito culturale, identificando le aree particolari dove tale coordinazione potrebbe risultare vantaggiosa. Visto in questa luce, il paragrafo 2 fornisce indicazioni sulla direzione da seguire piuttosto che un obbligo formale. Infine non c’è nessun atto ufficiale che traccia i limiti estremi della competenza dell’Unione alle attività elencate nel paragrafo in questione.

Il paragrafo finale della norma (par. 5) restringe gli strumenti legislativi di cui l’Unione si può avvalere nello sviluppo delle politiche culturali. Possono essere adottate azioni di incentivazione a esclusione di «qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri.» Al momento dell’introduzione della norma nel Trattato CE, il par. 5 prevedeva che le misure fossero adottate con la procedura di codecisione e richiedevano l’unanimità del Consiglio. Questo permetteva agli SM di porre il veto su ogni misura che minacciava le loro identità nazionali, anche nel caso di raccomandazioni. Tale limitazione viene modificata a seguito del Trattato di Lisbona che riconduce l’adozione degli atti in matteria alla procedura legislativa ordinaria, escludendo in questo modo il requisito dell’unanimità.

L’esamina della norma culturale come limite, rende evidente i numerosi interessi che concorrono in questa materia. Gli Stati hanno sicuramente usato l’introduzione dell’art. 167 per stabilire zone specifiche di esclusione dell’azione dell’Unione, cercando di porre l’accento sul rispetto della diversità culturale e precludendo i tentativi di armonizzazione. Naturalmente non si può ignorare che con l’art. 167 per la prima volta viene esplicitamente stabilita una competenza dell’Unione in ambito culturale. Considerare quindi l’art. 167 solamente come un tentativo degli SM a ristabilire il controllo sull’ambito culturale, soprattutto con la coscienza degli sviluppi che questo ha avuto con le recenti modifiche, vorrebbe dire concentrarsi solo su un aspetto di questo complesso provvedimento, e sposare una visione limitativa.

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I settori elencati nell’art.167, par. 2 comprendono: il miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura e della storia dei popoli europei; la conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea; scambi culturali non commerciali; creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo.

Nel documento La politica culturale dell'Unione Europea (pagine 129-132)