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L’art 13, d.l n 223/2006 tra tutela della concorrenza e del vincolo funzionale.

Le società locali negli anni ’90 tra la proliferazione del modello e l’affermazione del problema del fine.

IL TORTUOSO PERCORSO DELLE SOCETÀ LOCALI TRA SERVIZI PUBBLICI E SERVIZI STRUMENTALI: CONSIDERAZIONI DI SISTEMA

3. Un primo tentativo di contenimento della proliferazione delle società pubbliche locali: la distinzione tra attività amministrativa in forma privatistica ed attività di impresa d

3.1. L’art 13, d.l n 223/2006 tra tutela della concorrenza e del vincolo funzionale.

La logica di fondo dell’art. 13 del decreto Bersani è stata rinvenuta nella protezione dell’assetto concorrenziale del mercato. Una differente conclusione, o perlomeno una rivisitazione dell’assunto, sembra inutile alla luce dell’incipit della norma.

Tuttavia, ad un più approfondito esame, i dubbi e le incertezze aumentano, considerate anche alcune posizioni sia del giudice amministrativo sia degli esponenti della migliore dottrina. Nel primo caso, le granitiche certezze del testo di legge sono state incrinate da un parere del Consiglio di Stato, che ha richiamato, aldilà della tutela della concorrenza, ulteriori beni giuridici salvaguardati. Su tutti, il principio di efficienza e trasparenza dell’agire amministrativo che, declinati sulle società in house, enfatizzano il suo ruolo funzionale al perseguimento di interessi generali, distinti da quelli industriali e commerciali450.

Circa la dottrina, il deciso richiamo del legislatore alla salvaguardia della competizione economica non ha inibito delle critiche incentrate sul contrasto tra alcuni aspetti dell’art. 13 con le dichiarate finalità.

I dubbi sono stati sollevati sotto diversi profili. Vi era chi non comprendeva le ragioni della chiusura del mercato per le sole società locali e non quelle nazionali o comunque partecipate da enti pubblici, con l’effetto di un distinto regime giuridico anche per i soci privati451; oppure chi non era convinto dell’obbligo di operare esclusivamente con gli enti costituenti, partecipanti, affidanti, laddove le richieste europee circa la tutela dell’assetto concorrenziale del mercato si fermano alla pretesa di prevalenza452; o ancora chi intravedeva

450 Cons. St., sez. III, parere 25 settembre 2007, n. 322, in Urb. e app., 2007, 12, 1515 ss, con nota di S. MUSOLINO, L’art. 13 del decreto-Bersani: quale futuro per il modello della società mista?, in cui si legge che ‹‹la finalità dell’intervento […] è quella di porre rigidi paletti all’appalto in house allo scopo di eliminare le

alterazioni e distorsioni della concorrenza che questo strumento ha determinato negli ultimi anni, ma anche – e soprattutto – dell’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Esso è in linea con la recente giurisprudenza della Corte di giustizia europea che negli ultimi anni […] ha ripetutamente sottolineato che la vera natura della società in house è quella di un soggetto che opera dentro la pubblica amministrazione, ed è funzionale al perseguimento di interessi generali, ben diversi da quelli industriali e commerciali››.

451 M.C

AMMELLI, M.DUGATO, ult. op. cit., 349-350, benché comunque i due A., p. 352, non ignorano, ed anzi

richiamano, anche l’intenzione letterale del legislatore. 452

A. BARTOLINI, ult. op. cit., 743, secondo cui, e la dichiarazione è sostenuta da un richiamo alla sentenza

Carbotermo, non convince l’obiettivo della tutela della concorrenza perché l’esclusività della attività con l’ente

di riferimento non è del tutto conforme ai parametri europei. Stando a questi ultimi, infatti, sarebbe sufficiente nel modello in house la semplice prevalenza dell’attività. Il rinvio all’esclusività non si concilia perfettamente con l’imprinting concorrenziale e, riproponendo le parole dell’A., non sembra giustificato alla luce dei principi comunitari in tema di salvaguardia della competizione nel mercato.

Sempre con riguardo alle critiche al fattore dell’esclusività, in termini analoghi, si veda B. CARAVITA, È

veramente pro-concorrenziale l’art. 13 del decreto Bersani I, cit.

Simili considerazioni sono state, inoltre, riproposte anche dalla Regione Valle d’Aosta nel ricorso promosso innanzi alla Corte costituzionale, poi pronunciatasi con sentenza n. 326/2008, in cui la stessa denunciava una logica anticoncorrenziale nell’impedire a società a capitale pubblico totalitario o misto di operare sul mercato, anche tramite gara.

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nel decreto Bersani un primo apprezzabile tentativo di impedire la creazione ed il mantenimento di partecipazioni societarie lontane dalle finalità istituzionali453; ovvero chi dubitava della compatibilità con la disciplina europea della limitazione della capacità imprenditoriale causata dalla natura giuridica dell’ente454

. Tanto è vero che alcuni hanno ipotizzato un richiamo di mera opportunità al tema della concorrenza al fine di aggirare problematiche costituzionali sul riparto della potestà legislativa455, dato che sin dalla nota sentenza della Corte costituzionale n. 272/2004 tale materia rappresenta un efficace richiamo per giustificare l’invasività delle norme statali.

Ciò considerato, si dubita che la tutela dell’assetto concorrenziale – fine che comunque non vuole ora essere negato456 – sia il solo scopo raggiunto, più o meno consapevolmente, dal legislatore457.

La rigida delimitazione territoriale dell’attività ha delineato una evidente soluzione di continuità se confrontata con il regime allora vigente in tema di servizi pubblici locali458, se non altro perché il Consiglio di Stato continuava a sostenere, in sintonia con il passato, che le società per la gestione dei servizi a favore della collettività – in special modo le miste – potevano operare liberamente a livello extramoenia. A condizione che ciò non distogliesse le risorse necessarie per lo svolgimento della propria missione istituzionale; e che vi fosse il

Non sembra del tutto corretto tacciare l’art. 13 di incompatibilità con la disciplina europea di deroga alla concorrenza. La norma legittima l’affidamento diretto in favore di società a capitale totalmente pubblico, che tuttavia non necessariamente coincidono con il modello in house. La mancata coincidenza non è solo dovuta alla pretesa di esclusività dell’attività anziché di prevalenza. Infatti, stando agli orientamenti della Corte di giustizia, ed in particolare alla sentenza Carbotermo, la totalità del capitale in mano pubblica non configura necessariamente il controllo analogo. In altre parole, la società a capitale interamente pubblico di cui all’art. 13 può essere, ma non necessariamente è, in house. Dunque, perde di consistenza la critica secondo cui l’art. 13 detta una disciplina contrastante con i dettami europei in tema di concorrenza, poiché non sembra volerne ripercorrere le tracce. La riflessione induce a ritenere che in realtà, il legislatore nazionale abbia voluto regolare

in primis non la tutela della concorrenza, ma un distinto bene giuridico, quale è il principio di

funzionalizzazione, come si tenterà di specificare nel prosieguo della ricerca.

Per ora, basti considerare che la società in house “all’italiana” è in se uno strumento utilizzato spesso utilizzato in modo distorto rispetto alle regole comunitarie: limitarne l’utilizzo non significa necessariamente tutelare la concorrenza: al contrario, può significare segnare i confini entro cui questa può agire, così da predefinirne l’operato.

453 Osserva C. V

ITALE, Modelli privatistici di collaborazione stabile tra amministrazioni: le società a

partecipazione integralmente pubblica nel sistema locale, in M.CAMMELLI, M.DUGATO, (a cura di), ult. op. cit, 117, che la ratio dell’art. 13 del decreto Bersani è quella di frenare l’esercizio di attività imprenditoriali da parte delle amministrazioni impedendo la creazione ed il mantenimento di partecipazioni in società lontane dalle finalità istituzionali

454 M.L

IPARI, Le società pubbliche nell’art. 13 del decreto legge n. 223/2006, in Il corriere del merito, 2007, 1, 112.

455 I

D, ult. op. cit, 112-113. 456 D. F

LORENZANO, Le società delle amministrazioni regionali e locali, cit., 25, sottolinea, nonostante le perplessità sull’effettivo conseguimento del fine dichiarato, che sia difficile negare un collegamento tra la tutela della concorrenza e l’art. 13 del decreto Bersani.

457 Contra, Tar Piemonte, sez. I, 24 ottobre 2008, n. 2676, in Foro amm. TAR 2008, 10, 2678, secondo cui ‹‹esclusivamente in tale prospettiva [al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità tra gli operatori…] la medesima [art. 13] deve essere interpretata››.

458

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tangibile riscontro di una utilità, non risolta in un mero ritorno di carattere economico459. Nulla di nuovo, dunque.

Questa conferma, però, rimarca l’importanza della riforma dei servizi strumentali, in special modo con riguardo alla chiusura del mercato per le società affidatarie in via diretta. Il che poteva dare luogo a scomodi problemi. Infatti, vi era timore che la delimitazione dell’operato, benché rivolta ad agevolare l’imprenditoria privata, potesse generare un rimprovero da parte della Corte di giustizia460 per una sproporzionata compressione della capacità di agire degli enti locali. In altre parole, si è dubitato della compatibilità della disposizione con i principi in tema di libertà di iniziativa economica e di parità tra gli operatori economici461.

A ben vedere, le incertezze sulla compatibilità con l’ordinamento europeo potevano facilmente risolversi ammettendo – come del resto fatto anche dal Giudice delle leggi nella pronuncia n. 326/2008 – che le società strumentali, sia in house sia miste, fossero moduli organizzativi interni delle amministrazioni462, piuttosto che dei moduli imprenditoriali. Questa sembrava una intelligente scappatoia per legittimare l’affidamento diretto del servizio dopo che la Corte di giustizia nell’anno precedente (2005) aveva inaugurato il nuovo orientamento giurisprudenziale di cui al leading case Stadt Halle.

Il passo successivo, a questo punto, è valutare se la soluzione suggerita dalla Consulta sia condivisibile o meno.

Alcuni elementi contrastavano con questa lettura. Ad esempio, il solo affidamento diretto non poteva di per sé risultare sufficiente per qualificare le società strumentali come

459 Per tutte, Cons. St., sez. V, 25 agosto 2008, n. 4080, in Foro amm. CDS 2008, 12, 3389. 460 G.S

TANCARELLI, I.MOSCARDI, R.DE NICTOLIS, Gli affidamenti in house, in Trattato sui contratti pubblici, cit., 340, sottolineano che la Corte di giustizia, nella nota sentenza Carbotermo, 11 maggio 2006, C-340/04 aveva in realtà legittimato lo svolgimento di attività societaria al di fuori del territorio degli enti di riferimento, ipotizzando dunque che il divieto sancito dall’art. 13 sia di dubbia compatibilità con gli orientamenti della giurisprudenza comunitaria.

In termini analoghi, mostra perplessità anche S.ROSTAGNO, Criticità delle soluzioni e prospettive del decreto

Bersani in tema di modello in house, affidamenti diretti e contratti a valle, cit., §7, non convinta della bontà di

limitare la capacità imprenditoriale delle società miste. 461 S. R

OSTAGNO, Criticità delle soluzioni e prospettive del decreto Bersani in tema di modello in house ,

affidamenti diretti e contratti a valle, in www.giustamm.it, §. 7; A.BARTOLINI, ult. op. cit., 743, secondo cui è anticoncorrenziale, e cioè in contrasto con i dettami comunitari, escludete del tutto dal mercato la società dirette affidatarie del servizio.

462 Sulla considerazione delle società in house e miste di cui all’art. 13 come strutture inserite nell’ambito dell’ordinamento ed organizzazione amministrativa, G.CAIA, Norme per la riduzione dei costi degli apparati

pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza, cit, 714.

Aveva, inoltre, denunciato la natura delle società strumentali quale modulo di organizzazione dell’attività amministrativa, ben prima della pronuncia della Corte costituzionale n. 326/2008, D. MASETTI, Le società a

partecipazione pubblica nella concorrenza: le condizioni legittimanti per l’ammissione alle gare amministrative (dopo l’art. 13 del “decreto Bersani”, cit., 111-112.

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moduli di organizzazione interna463, in quanto ne beneficiavano anche le società per la gestione dei servizi pubblici locali (miste e in house) che, come si confida di aver dimostrato, avevano oramai assunto da qualche tempo le vesti di vere e proprie realtà imprenditoriali. Ancora, secondo l’ottica comunitaria464

per entrambe le tipologie societarie, nonostante qualche presa di posizione in senso contrario465, era preferibile che il socio privato fosse socio operativo466 selezionato a seguito di apposita gara467, valutazione poi confermata anche in sede nazionale dalla celebre sentenza dell’Adunanza plenaria 3 marzo 2008, n. 1468

. E poco importa che nella prassi questo fattore non sempre fosse rispettato469. In via di principio, la

463

Si deve comunque ammettere che autorevole dottrina ha in realtà sostenuto che l’affidamento diretto del servizio sia un elemento centrale nel definire la società pubblica quale modulo di organizzazione interna. A riguardo, G.CAIA, Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della

concorrenza, cit, 708-713, secondo cui le società strumentali sono tali per il solo fatto che ottengono

l’aggiudicazione del servizio in assenza di un confronto competitivo.

464 Il modello delineato per la società mista dalla giurisprudenza e comunitaria e nazionale, in cui il socio privato deve essere scelto con gara e cui devono essere attribuiti compiti operativi, non dipende dall’oggetto sociale, ovvero dal fatto che la società gestisca servizi pubblici o servizi strumentali. Questa interpretazione trova conforto, oltre che nella lettura del Libro verde in seguito annotato, anche nella presa di posizione del giudice amministrativo. Si veda, ad esempio, Cons. St., sez. VI, 23 settembre 2008, n. 4603, in Foro amm. CDS, 2008, 9, 2506 ss, in cui si sostiene che ‹‹il modello delle società miste è previsto in via generale dall’art. 113 comma 5,

lett. b) d.lg. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 14 d.l. n. 269 del 2003 […] tale modello vale anche al di fuori dei servizi pubblici locali››; con ciò lasciando intendere che la gara per la scelta del socio privato, e la

contestuale attribuzione di compiti operativi, dovrebbero valere anche con riferimento alle società miste strumentali.

465 S. R

OSTAGNO, Verso la discriminazione delle società a partecipazione pubblica …, cit., 45, sottolinea secondo il regime di cui all’art. 13 è indifferente che i soci privati vengano scelti senza gara. L’affermazione, benché l’A. non lo specifichi, si spiega probabilmente alla luce del fatto che l’art. 14, d.l. 269/2003, allora vigente ed applicabile alle sole società per la gestione dei servizi pubblici, prevedeva tale obbligo nella selezione del partner privato. Ne è stato dedotto, dunque, che la mancata previsione nell’art. 13 del decreto Bersani suggerisce di ritenere questo adempimento facoltativo. La stessa tesi è formulata in ID, Criticità delle soluzioni e

prospettive del decreto Bersani in tema di modello in house, affidamenti diretti e contratti a valle, cit., § 1.

Un pensiero simile è sviluppato da G.BASSI, Le società strumentali delle regioni e degli enti locali: qualche

puntualizzazione a due anni dalla disciplina speciale (I parte), in App. e contr., 2009, 1-2, 67, il quale ritiene che

nelle società strumentali non è ammessa la presenza di soci, amministrazioni pubbliche regionali o locali, meri finanziatori.

466 Sui compiti operativi che il socio privato è chiamato a svolgere, S. V

ALAGUZZA, Società miste a

partecipazione comunale, Milano, Giuffré, 2012, 158 ss.

467

Commissione dell’Unione europea, Libro verde sul partenariato pubblico-privato, 30 aprile 2004, COM (2004), § 58. Il Libro verde, per espressa ammissione dello stesso, si applica sia agli appalti sia alle concessioni di servizi, ragion per cui queste deduzioni sembrano riferibili anche ai soci privati all’interno delle società strumentali.

E così anche Commissione CE, COM (2005), 569, Comunicazione sui partenariati pubblico privati e sul diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni.

Favorevole alla gara per la scelta del partner privato nelle società strumentali anche A.BARTOLINI, ult. op. cit., 743, in Urb e app ., secondo cui, questi deve essere sempre scelto con gara e deve rivestire il carattere di socio industriale. A queste condizioni, la società miste, anche laddove svolga servizi strumentali alle esigenze dell’amministrazione, non può considerarsi distorsiva della concorrenza.

468 Cons. St., Ad. plen., 3 marzo 2008, n. 1, in Foro amm. CDS, 2009, 1, 93 ss., con nota di M.G.P

ULVIRENTI,

Recenti orientamenti in tema di affidamenti in house.

Per un altro commento sulla sentenza, si rinvia a R. ROTIGLIANO, Le società miste secondo la Plenaria e

l’Unione europea, in Urb. e app., 2008, 8, 1017 ss.

469 R. U

RSI, Le società per la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica tra outsourcing e in house providing, in Dir. amm. 2005, 1, 188-189, evidenzia che la società mista, secondo i dettami europei, attribuirebbe al partner privato il ruolo di socio operativo, al fine di fornire un know how adeguato. Ursi, tuttavia,

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doverosa attribuzione al partner di compiti gestionali470 scoraggiava la considerazione delle società strumentali quali moduli di organizzazione interna.

Di contraltare, vi sono alcuni aspetti dell’art. 13 che stonavano con la qualifica societaria.

Innanzitutto, l’esclusività dell’oggetto sociale è stata additata come elemento di per sé contrastante con le finalità pro-concorrenziali471, chiaramente caratterizzanti il modello societario. Inoltre, la netta limitazione territoriale disincentivava il socio privato ad abbandonarsi alle sue naturali pulsioni imprenditoriali472, anestetizzando così il timore di inquinamento dell’interesse pubblico a causa della sua partecipazione473

.

A maggior ragione, questa evenienza era esclusa laddove – e nei fatti questa situazione talvolta si verificava474 – il socio privato vantava il ruolo di mero finanziatore: la gestione dell’attività sotto il profilo squisitamente tecnico in capo all’ente locale escludeva giocoforza qualsiasi distorsione dell’interesse pubblico475

. Difficilmente poteva richiedersi uno sforzo gestionale così marcato al socio pubblico nelle società miste per la gestione dei servizi pubblici locali visti i profili di extraterritorialità; al contrario, l’onere non sembrava insormontabile nell’ambito delle società strumentali vista la costrizione ad operare in un ambito territorialmente ridotto. Né si rilevano contrasti decisivi con la lettura della Consulta nella sentenza n. 326/2008: l’attività amministrativa in forma privatistica eseguita dalla società strumentale non precludeva lo svolgimento dei compiti operativi da parte del socio pubblico476.

rileva che nel nostro ordinamento la società mista è stata spesso strutturata in altro modo, escludendo tale obbligo. Ragion per cui, il socio privato si presentava talora quale mero finanziatore.

470

M.DUGATO, Le società a partecipazione pubblica, in Giorn. dir. amm., 2013, 8-9, 860 qualifica il socio privato della società mista quale un appaltatore vero e proprio prima che un partner dell’amministrazione. 471 A. B

ARTOLINI, ult. op. cit., 745, secondo cui l’oggetto sociale esclusivo non risulta conforme allo spirito

concorrenziale ma anzi cagiona uno spreco di risorse pubbliche.

Contra, Cons. St., sez. III, parere 25 settembre 2007, n. 322, in Urb. e app., 2007, 12, 1516, con nota di S.

MUSOLINO, L’art. 13 del decreto Bersani, cit., in cui i giudici di Palazzo Spada sostengono che, stando all’evoluzione giurisprudenziale della Corte di giustizia, il concetto di prevalenza è stato interpretato in modo crescentemente restrittivo. Tanto è vero che, secondo la previsione resa nel parere, la tutela della concorrenza pretenderà in futuro un’attività dal carattere sostanzialmente esclusivo. Il richiamo è alla sentenza Carbotermo dell’11 maggio 2006, C-340/04, in cui al punto 62 viene utilizzata l’espressione ‹‹sostanzialmente destinata in

via esclusiva all’ente locale in questione››.

472 M.C

AMMELLI, M. DUGATO, ult. op. cit., 350, denunciano la penuria di incentivi del socio privato nella partecipazione alla società.

473 Il rimando è ancora al leading case di Stadt Halle. 474 Il rimando è ancora a R.U

RSI, ult. op. cit., 188-189, già sopra annotata.

475 Si ricorda, inoltre, che, richiamando quanto sostenuto nel precedente capitolo, il discorso circa la distorsione dell’interesse pubblico da parte del socio privato non convince, per una semplice ragione. Di frequente, un simile interesse caratterizzava gli stessi soci di natura pubblica.

476 Qualche incertezza sul vero ruolo del socio privato, inoltre, può emergere anche confrontando il dettato dell’art. 13 con quello dell’art. 23bis, co. 2, lett. b), d.l. 23 giugno 2008, n. 112, che sarebbe stato di lì a breve promulgato. La specificazione della gara a doppio oggetto per le società miste nello svolgimento dei servizi

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Considerate le diverse letture, la qualifica delle società strumentali come modulo di organizzazione interna trova la più efficace conferma nei limiti all’extraterritorialità477

, specialmente se si confronta questo impedimento con la disciplina delle società per la gestione dei servizi pubblici locali, legittimate ad operare oltre i confini478. Del resto, anche autorevole dottrina ha escluso elementi di incostituzionalità nella compressione della capacità di agire degli enti locali479, rinvenendo nell’art. 13 del decreto Bersani una disposizione di stampo organizzativo, e non di valorizzazione imprenditoriale.

Inoltre il focus sul profilo organizzatorio pare confermato anche dalle modalità di pagamento. La ratio dell’esclusione dei servizi pubblici dall’art. 13 è stata individuata nelle forme di retribuzione: la previsione di importi versati dagli utenti ha determinato l’assunzione del rischio del servizio da parte del prestatore, a differenza di quanto è stato stabilito, anche secondo copiosa giurisprudenza, nei servizi strumentali in cui il corrispettivo è versato direttamente dall’ente480

.

L’obbligo di non operare se non con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti ha rafforzato, attraverso una interpretazione a contrario, l’extraterritorialità per le società per la gestione dei servizi pubblici, scavando un solco decisivo tra i due modelli societari,

pubblici locali, non accompagnata da modifiche legislative all’art. 13 del decreto Bersani, insinua più di qualche dubbio circa l’individuazione del soggetto destinato allo svolgimento concreto dell’attività.

477 Sul punto, M.A

TELLI, Società pubbliche locali: no all’extramoenia, in Guida al diritto, 2006, 29, 96-97. Nel lavoro, l’A. evidenzia che la società mista pubblico-privata è innanzitutto un soggetto imprenditoriale, non sottoposto alle limitazioni di attività cui soggiacciono le aziende speciali. E, dato che queste ultime – per le relative osservazioni si rinvia al capitolo precedente – subivano in special modo l’impossibilità di agire