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La “volgarizzazione” del significato di servizio pubblico locale e l’atipicità delle forme di gestione: un evidente favor per la capacità imprenditoriale degli enti locali.

Le società locali negli anni ’90 tra la proliferazione del modello e l’affermazione del problema del fine.

3. La “volgarizzazione” del significato di servizio pubblico locale e l’atipicità delle forme di gestione: un evidente favor per la capacità imprenditoriale degli enti locali.

A ben vedere, le ragioni della proliferazione non devono ricercarsi solamente nel fatto che gli enti locali, potendo acquisire partecipazioni a prescindere dalla fruizione di compiti operativi, abbiano talora stipulato il contratto associativo mossi dalla sola finalità lucrativa. Certamente, la fungibilità tra finalità istituzionali ed il rischio imprenditoriale è stato uno dei fattori che ha determinato il frequente utilizzo della società locale, ma non l’unico. Questa ricostruzione non valuta, dando ciò per presupposto, se l’attività societaria posta in essere identificasse effettivamente un servizio pubblico: più semplicemente, denuncia come la sua erogazione non fosse prerogativa di tutti gli enti locali soci, ragion per cui occorreva individuare un altro motivo per giustificare l’attività contrattuale associativa. Il risultato è il medesimo anche con riguardo alle ipotesi di utilizzo di società holding. Pur non attuando direttamente la prestazione, si è dato per sottinteso che la funzione organizzativa fosse rivolta a garantire una miglior efficienza nella gestione dell’attività finale, ovvero un servizio pubblico. Alcuni dei Comuni soci, pur partecipando alla capogruppo, potevano non fruire dei materiali benefici che le imprese controllate assicuravano alla popolazione.

In parole più semplici, in entrambi i casi considerati si è presunto che l’oggetto sociale (delle società che erogavano direttamente la prestazione) o comunque lo sforzo organizzativo (delle società holding) coincidesse indubitabilmente – o perlomeno nel secondo caso fosse rivolto a garantire – un servizio pubblico (locale). La defunzionalizzazione dell’attività societaria, pertanto, si manifestava sul profilo soggettivo, nel senso che, come già detto, gli enti locali soci erano più stimolati dalla prospettiva di lucro che non dalla fruizione delle prestazioni materiali, corrispondenti all’ambito ritagliato dal legislatore del ’90.

Una simile lettura, benché ritenuta corretta, è però parziale, in quanto l’allontanamento dalle finalità istituzionali non poteva ridursi alla sola eventualità che il godimento del servizio

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fosse superfluo per alcuni Comuni soci, incentivati a partecipare dalla preminente prospettiva di arricchimento. Al contrario, devono individuarsi ulteriori concause.

Le ragioni del diffondersi della società locale non possono trascurare l’analisi delle vicende riguardanti l’oggetto sociale. La defunzionalizzazione dell’attività societaria poteva spiegarsi anche alla luce della manipolazione e distorsione del concetto di servizio pubblico locale197 che si è verificata nel corso degli anni. Gli enti locali costituivano spesso società le

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Non è chiaramente questa la sede in cui approfondire il discorso sulla definizione di servizio pubblico locale che, pur centrale, deve essere data per scontata. È, pertanto, preferibile rinviare alle più celebri opere della dottrina sull’argomento.

Sulla nozione di servizio pubblico locale: AA.VV., Servizi pubblici locali e nuove forme di amministrazione

(Varenna, 21-23 settembre 1995), Milano, Giuffrè, 1997, 125 ss; L. AMMANNATI, Servizi pubblici locali, società

per azioni a partecipazione pubblica locale e concorrenza, in L. AMMANNATI, M.A.CABIDDU, P.DE CARLI (a cura di), Servizi pubblici, concorrenza, diritti, Milano, Giuffrè, 2001, 59 ss; G.E. BERLINGERIO, Studi sul pubblico servizio, Milano, Giuffrè, 2003; G.CAIA, Organizzazione dei servizi pubblici locali. Figure, regime e

caratteristiche, in Foro amm., 1991, 3168., ID,I servizi pubblici, in L.MAZZAROLLI, A.PERICU, A.ROMANO, F.A. ROVERSI MONACO, F.G.SCOCA (a cura di), Diritto amministrativo, Bologna, Monduzzi, 2005, vol. II, 131 ss;ID, Assunzione e gestione dei servizi pubblici locali di carattere industriale e commerciale: profili generali, in Studi in onore di Vittorio Ottaviano, cit., 806; ID, (a cura di), I servizi pubblici locali, Rimini, Maggioli, 1995; M. CAMMELLI, I servizi pubblici nell’amministrazione locale, in Le Regioni, 1992, 6 ss; M. CAMMELLI, A. ZIROLDI, Le società a partecipazione pubblica, cit., 85 ss; S. CATTANEO, Servizi pubblici, in Enc. dir., XLII, Milano, Giuffrè, 1990, 355 ss; R. CAVALLO PERIN, Comuni e province nella gestione dei servizi pubblici, Napoli, Jovene, 1993, 29 ss; P.CIRIELLO, Servizi pubblici, in Enc. giur., XXVIII, Roma, 1992; A.DE VALLES, I

servizi pubblici, Milano, Società editrice libraria, 1924; M.DUGATO, I servizi pubblici locali, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Tomo III, Milan, Giuffè, 2003, 2581 ss, ID, Le società per la gestione

dei servizi pubblici locali, cit., 55; F.FRACCHIA, Servizi pubblici e scelta del concessionario, in Dir. amm., 1993, 367 ss; R. GAROFOLI, I servizi pubblici, in R. GAROFOLI, F. CARINGELLA (a cura di), Trattato di giustizia

amministrativa, I, Il riparto di giurisdizione, 316 ss; M.S. GIANNINI, Profili giuridici della municipalizzazione

con particolare riguardo alle aziende, in Riv. amm. Rep. it., 1953, 611 ss; B. MAMELI, Servizio pubblico e

concessione, Milano, Giuffrè, 1998; F. LIGUORI, Servizi pubblici locali, Torino, Giappichelli, 2007; I.MARINO,

Servizi pubblici e sistema autonomistico, Milano, Giuffrè, 1987; V. MARTELLI, Servizi pubblici e società per

azioni, Milano, Giuffè, 1997; F. MERUSI, Servizi pubblici instabili, Bologna, Il Mulino, 1990, passim; ID,

Servizio pubblico, in Noviss. Dig. it., vol. XVII, Torino, 1970, 215 ss; G. MONTEMARTINI, Municipalizzazione

dei publici servigi, Milano, Società editrice libraria, 1902; G. NAPOLITANO, Servizi pubblici e rapporti di utenza, Padova, Cedam, 2001; V.PARISIO, Servizi pubblici, e monopoli, in E.PICOZZA (a cura di), Dizionario di diritto

pubblico dell’economia, Rimini, Maggioli, 1996; G.PASTORI, Servizi pubblici nazionali e modelli di gestione fra

pubblico e privato, in Quad. reg., 1991, 941 ss; L.R.PERFETTI, Pubblico servizio, capacità di diritto privato e

tutela della concorrenza. Il caso del facility management, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2002, 187 ss; G.PIPERATA,

Tipicità e autonomia nei servizi pubblici locali, Milano, Giuffrè, 2005; P. PIRAS, Servizi pubblici e società a

partecipazione comunale, Milano, Giuffrè, 1994, 23 ss; N.RANGONE, I servizi pubblici, Bologna, Il Mulino,

1999; A.ROMANO, Profili della concessione di pubblici servizi, in Dir. amm., 1994, 462; S.ROMANO, Il diritto pubblico italiano, Milano, Giuffrè, 1998, 331; G.ROSSI, I servizi pubblici locali, in Scritti in onore di Giuseppe

Guarino, III, Padova, Cedam, 491 ss; G.SANVITI (a cura di), I modelli di gestione dei servizi pubblici locali, Bologna, Il Mulino, 1995; D. SORACE, Note sui ‹‹servizi pubblici locali›› dalla prospettiva della libertà di

iniziativa economica e non, dei privati, in Studi in onore di Vittorio Ottaviano, II, Milano, Giuffrè, 1993, 1141

ss;VASQUES, I servizi pubblici locali nella prospettiva dei principi di libera concorrenza, Torino, Giappichelli, 1999; S. VARONE, Servizi pubblici locali e concorrenza, Torino, Giappichelli, 2004; R. VILLATA, Pubblici

servizi. Discussioni e problemi, Milano, Giuffrè, 2008; G.ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1959, V, 346 ss, il quale sottolinea la difficile riduzione ad unità delle diverse teorie dottrinali sul tema.

Con specifico riferimento al dibattito sulla lettura soggettiva ed oggettiva del servizio pubblico, favorevoli alla prima, D.SORACE, Pubblico e privato nella gestione dei servizi pubblici locali mediante società per azioni, in

Riv. it dir. pubbl. com., 1997, fasc. 1n. 53, 54; R. VILLATA, Pubblici servizi, cit., 1; M. DUGATO,Le società per la gestione dei servizi pubblici locali, cit., 58; ID, I servizi pubblici locali, in S.CASSESE (a cura di), Trattato di

diritto amministrativo, 2003, Milano, Giuffrè, 2581 ss; G.D.FALCON, Lezioni di diritto amministrativo, Padova, Cedam, 187 ss; G. PIPERATA, Tipicità ed autonomia nei servizi pubblici locali, cit., 219; A.POLICE, ult op. cit., 84 ss; E. SCOTTI, Il pubblico servizio, Padova, Cedam, 2003. Favorevoli alla visione oggettiva G. PASTORI,

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cui prestazioni erano formalmente considerate servizi pubblici, mentre nella sostanza si confondevano con attività puramente economiche o, comunque, strumentali ai bisogni dell’amministrazione e non della comunità di riferimento198

. La volgarizzazione del

Servizi pubblici nazionali e modelli di gestione fra pubblico e privato, in V. CERULLI, G. MORBIDELLI, Ente

pubblico ed enti pubblici, cit., 311 ss, in cui è riportato ‹‹la più recente evoluzione legislativa […] ha visto emergere in modo sempre più esplicito e ricorrente la considerazione del servizio pubblico in senso oggettivo››;

e così pure R.GAROFOLI, Le privatizzazioni degli enti dell’economia, Milano, Giuffrè, 1998; U. POTOTSCHNIG, I

pubblici servizi, Padova, Cedam, 1964; in tempi più recenti L.R.PERFETTI, Contributo ad una teoria dei pubblici

servizi, Padova, Cedam, 2001.

Con riguardo alla distinzione tra servizio pubblico locale ed attività di impresa, A.BARDUSCO, Servizi locali e

libertà di mercato, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1994, 27 ss; E. CAPACCIOLI, Servizio pubblico e impresa (a

proposito della posizione finanziaria delle Regioni), in Impresa, ambiente e pubblica amministrazione, 1976; G.

CORSO, I servizi pubblici nell’ordinamento comunitario, in Riv. giur. quad. pubbl. serv., 1999, 7 ss; E.FERRARI,

Servizio pubblico ed attività economica dell’amministrazione: il caso di una tipografia comunale, in Le Regioni,

1987, 3, 575; V. MARTELLI, Servizi pubblici locali e società per azioni, Milano, Giuffrè,. 1997, 184 ss, L.R. PERFETTI, Pubblico servizio, capacità di diritto privato e tutela della concorrenza. Il caso del facility management, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2002, 187 ss; F. ZUELLI, Servizi pubblici ed attività imprenditoriale, Milano, Giuffrè, 1973.

Il dato economico assume importanza centrale in entrambe le fattispecie. Tuttavia, come più volte riportato, non è possibile prescindere dal fatto che l’attività amministrativa in forma privatistica – e dunque anche l’attività di impresa di enti pubblici – debba sempre individuare un interesse pubblico come motivazione dell’agire. Occorre, però, intendersi sul significato da attribuire a tale interesse: questo è il punto che rappresenta le maggiori difficoltà nella legittimazione dell’attività economica e, di riflesso, nell’opera di distinzione con l’ambito dei servizi pubblici, date le molteplici letture rese dalla dottrina. Come sottolineava M.S. GIANNINI, Diritto

amministrativo, Milano, Giuffrè, 1970, 662, l’interesse pubblico può assumere varie forme, a seconda delle

singole finalità dell’attività amministrativa. Per esempio, E. FERRARI, ult. op. cit., 575, riteneva sufficiente un

motivo di mero arricchimento per giustificare l’attività economica degli enti pubblici. Visioni parzialmente diverse si rinvenivano in I. MARINO, Servizi pubblici e sistema autonomistico, cit., 46 ss, che riscontrava le

ragioni di pubblico interesse nel fatto che l’impresa pubblica fosse presente in un determinato settore produttivo; V. OTTAVIANO, Sulla sottoposizione dell’impresa pubblica alla medesima regolamentazione di quella privata, in

Riv. trim. dir. pubbl., 1962, 267 ss, evidenziava che lo scopo di lucro, pur dovendo rimanere compatibile con i

fini pubblici perseguiti, dovesse intendersi non solo quale copertura delle spese, ma anche come un’occasione di guadagno, se non altro in termini di competizione sul mercato con le imprese private. Ancora, G. ROSSI I criteri

di economicità nella gestione delle imprese pubbliche, in Riv. trim. dir. pubbl., 1970, 237 ss, ed in special modo

245, affermava che le ragioni di pubblico interesse sottese all’attività di un’impresa pubblica potessero ritenersi soddisfatte dalla sola esistenza dell’attività produttiva; in termini leggermente diversi V. Martelli, I servizi pubblici, cit., 176, la quale esclude esplicitamente che l’attività meramente economica possa giustificarsi a fronte del solo scopo di un generico aumento della produzione e della ricchezza, perché ciò prescinderebbe da esplicite domande della collettività.

198 Il tema cui si fa cenno è classico e, come noto, consiste nella crescente assimilazione, emersa a causa delle indicazioni europee sul punto, tra servizi pubblici e servizi strumentali. La letteratura è ricchissima. Tra i tanti, M. CAMMELLI, Gli appalti pubblici di servizi, in F.MASTRAGOSTINO (a cura di), Appalti pubblici di servizi e

concessioni di servizio pubblico, Padova, Cedam, 1998, 40; F.MASTRAGOSTINO, Le concessioni di servizi, in M.A. SANDULLI, R.DE NICTOLIS, R.GAROFOLI, (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Milano, Giuffrè,

2008, vol. I, 277 ss; G.GRECO, Gli appalti pubblici di servizi e le concessioni di servizio pubblico, in Appalti

pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico, cit., 14 ss; ID, Gli appalti pubblici di servizi, in Riv. it. dir.

pubbl. com., 1995, 2, 1289; ID, Le concessioni di pubblici servizi tra provvedimenti e contratto, in Dir. amm., 1999, 390; ID, Gli appalti di servizi e le concessioni di pubblico servizio, cit., 13 ss; E.PICOZZA, I pubblici

servizi locali e le loro forme di gestione, con riguardo al regime di diritto comunitario, nazionale e regionale, in Nuova rass., 1995, 1005 ss; U.POTOTSCHNIG, Concessione e appalto nell’esercizio di pubblici servizi, in Jus, 1955, 394 ss; L.RIGHI, Ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo del d. lgs. n. 157/1995; amministrazioni

aggiudicatrici ed appalti pubblici di servizi, in Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico, cit.

83 ss; R. VILLATA, Pubblici servizi. Discussioni e problemi., cit., 99 ss.

Il tema ha avuto grande fortuna anche in giurisprudenza, la quale ha recepito, nel corso degli anni, gli insegnamenti della Corte di giustizia nella distinzione tra servizi pubblici e servizi strumentali da effettuarsi sulla base dei criteri economici del rischio di gestione e delle modalità di retribuzione (oggi, del resto, ripresi anche dalle relative norme europee, su tutte la recente direttiva n. 2014/23). Tra le tante, anche recenti, che confermano il trend affermatosi sin dalla fine degli anni ’90, Tar Lombardia, Brescia, sez. 26 febbraio 2003, n. 292; Tar

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significato della categoria ha ampliato la gamma di attività da svolgersi mediante lo strumento societario, consentendo a Comuni e Province la possibilità di gestire un servizio dai contorni piuttosto flessibili199; è evidente, dunque, che l’estensione dell’oggetto sociale sia stata ulteriore causa dell’ipertrofico utilizzo dello strumento societario, utilizzato per finalità (anche) differenti da quelle cui la disciplina legislativa originariamente si ispirava. La connotazione in senso economico che andava crescentemente caratterizzando il servizio pubblico non consentiva certamente, sommata alla già descritta tendenza speculativa delle amministrazioni, di contenere la diffusione delle società locali; al contrario era un ulteriore incentivo poiché obblighi di servizio pubblico si andavano a confondere con attività esclusivamente imprenditoriali. In questo senso, si assisteva ad un processo di defunzionalizzazione delle partecipazioni societarie anche da un punto di vista oggettivo. Vi erano, dunque, le premesse per la creazione di un modello societario ibrido, diretto affidatario del servizio, non da intendersi secondo la nozione della tradizione giuridica nazionale, ma come attività in cui la componente economica veniva fortemente valorizzata, a discapito dell’attenzione per la cura dei bisogni della collettività.

L’art. 12, l. n. 498/1992, era una conferma della tendenza. Dalla semplice lettura della norma200, si nota che il legislatore volle ampliare l’oggetto sociale, consentendo all’ente

Lombardia Milano, sez. III, 4 settembre 2004, n. 3242; Tar Lazio, sez. II, 6 settembre 2005, n. 6581; Consiglio di Stato, sez. VI, 15 novembre 2005, n. 6581 Tar Liguria, 7 aprile 2006, n. 343; Consiglio di Stato, sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3333 Consiglio di Stato, sez. V, 5 dicembre 2008, n. 6049, Consiglio di Stato, sez. V, 11 agosto 2010, n. 5620; Tar Abruzzo 25 maggio 2011, n. 293; Consiglio di Stato, 24 marzo 2011, n. 1784; Tar Campania, sez. I, 3 maggio 2012, n. 2014; Tar Puglia, sez. I, 4 aprile 2012, n. 665; Cons. St., sez. VI, 4 settembre 2012, n. 4682; Tar Lazio, Roma, sez. II, 13 febbraio 2013, n. 1555; Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 18 aprile 2013, n. 363;Tar Marche, sez. I, 8 novembre 2013, n. 808.

199 Sulla dilatazione del significato di servizio pubblico locale, tra i tanti, M.C

AMMELLI, Enti pubblici, società ed

istituzioni: modelli di gestione dei servizi pubblici locali, in V. CERULLI IRELLI,G.MORBIDELLI (a cura di), Ente

pubblici ed enti pubblici, 1994, 328-331, in cui l’A. ricorda che, contrariamente a quanto era avvenuto con il r.d.

n. 2578/1925, descrivente in modo tipico quelle categorie da far rientrare nell’ambito in questione, la tecnica di enumerazione dei medesimi diviene desueta, ragion per cui è necessario desumere quali attività possano definirsi tali. A ciò si aggiunga il fatto che l’abbattimento dei limiti territoriali determina la perdita del carattere di eccezionalità delle prestazioni in questione.

Premesse queste considerazioni, Cammelli riconosce come logica conseguenza la dilatazione del concetto di servizio pubblico locale, da cui derivano anche alcuni problemi in tema di distinzione con le attività strumentali. Sull’utilizzo dello schema societario dettato dall’art. 22, co. 3, lett. e), l. n. 142/90 per svolgere attività il cui oggetto sociale non era compatibile con il concetto di servizio pubblico locale, ID, La società per azioni a

partecipazione pubblica locale, cit., 126; sulla proliferazione di società che non svolgono servizi pubblici locali

ma attività economica, L.GIAMPAOLINO, La costituzione delle società a partecipazione pubblica locale per la

gestione dei servizi pubblici e l’autonomia privata degli enti pubblici territoriali, in Giur. comm., I, 1995, 1014.

200 Si riporta qui, integralmente, il comma 1 dell’art. 12: ‹‹Le province ed i comuni possono, per l’esercizio dei

servizi pubblici e per la realizzazione delle opere necessarie al corretto svolgimento del servizio nonché per la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico, che non rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e regionale, nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite società per azioni, anche mediante gli accordi di programma di cui al comma 9, senza il vincolo della proprietà maggioritaria di cui al comma 3, lettera e), dell’articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e anche in deroga a quanto previsto dall’art. 9, primo comma, lettera d), della legge 2 aprile 1968, n. 475, come sostituita dall’art. 10 della legge 8 novembre 1991, n. 362. Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e all’eventuale

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costitutore di creare una società ‹‹a vocazione doppia201››, in cui la conduzione del servizio integrava solo una parte dei compiti che essa poteva effettivamente svolgere. L’altra parte era di fatto rappresentata da tutte quelle “opere necessarie al corretto svolgimento del servizio”, che riguardavano attività accessorie e serventi rispetto a quest’ultimo. La legittimazione allo svolgimento di differenti, seppur connesse, attività in capo alla società minoritaria – aldilà delle preoccupanti derive in tema di tutela della concorrenza202 – non ha certamente contribuito a chiarire gli effettivi contorni che il servizio pubblico locale andava assumendo203. La norma, pertanto, ammetteva la presenza sul mercato di società dirette affidatarie del servizio, in cui il dispendio maggiore di risorse poteva teoricamente essere impegnato, anziché per la sua gestione, per la costruzione delle opere accessorie204. Con la conseguenza che la facoltà di costituire una società cui affidare direttamente, e perciò senza gara205, non solo la gestione del servizio pubblico, ma anche altre opere non specificamente individuate, di matrice imprenditoriale, rappresentava un’invitante prospettiva di lucro per gli enti locali. Inoltre, si osservi, sarebbe stato arduo contestare la legittimità della costituzione della società, lamentando la sproporzionata preponderanza dell’attività imprenditoriale rispetto alla minor rilevanza del servizio pubblico, se non altro perché il venir meno della rigida linea di separazione tra i due istituti contrastava con l’auspicio di una rigida distinzione.

In definitiva, l’art. 12, ampliando l’oggetto delle società minoritarie, ed ammettendo lo

collocazione dei titoli azionari sul mercato con procedura ad evidenza pubblica. L’atto costitutivo della società deve prevedere l’obbligo dell’ente pubblico di nominare uno o più amministratori o sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata all’azionariato diffuso e resta comunque sul mercato››.

201

M.DUGATO, Le società per la gestione dei servizi pubblici locali, cit., 23. 202 M. C

AMMELLI, A. ZIROLDI, Le società a partecipazione pubblica nel sistema locale, cit., 343, rivolgono alcune significative critiche nei confronti della scelta legislativa così come descritta. Tali critiche non sono tanto dovute alla decisione di legittimare una società per la gestione dei servizi pubblici controllata da privati, quanto alla prevista possibilità per le stesse di costituire opere accessorie al servizio pubblico. In particolare, gli autori ritengono che l’affidamento diretto dell’attività costituisca un importante vulnus alla normativa in tema di appalti pubblici di opere, con la conseguente elusione dei principi di imparzialità di derivazione europea.

203 F. F

RACCHIA, Servizi pubblici e scelta del concessionario, in Dir. amm., 1993, 372-373, evidenzia la confusione, ovvero le difficoltà nel distinguere in concreto, tra gestione del servizio pubblico e concessione comprendente l’esercizio di un’opera ad esso accessoria, differenziando al contempo le finalità e le caratteristiche dei due istituti, ritenuti non assimilabili.

204 Critico nei confronti della disposizione, in quanto limitativa della concorrenza, anche M.D

UGATO, I servizi pubblici locali, cit., 2587-2588.

205 È bene ricordare che l’affidamento diretto del servizio alle società per azioni a capitale pubblico minoritario è stata scelta accettata e condivisa dalla quasi totalità della dottrina. Tuttavia, per dovere di onestà intellettuale, è opportuno segnalare l’esistenza di qualche opinione in senso contrario. Infatti, propende per il doveroso svolgimento della gara per l’affidamento del servizio alle società locali costituite ex art. 12, l. n. 498/1992, sulla base della motivazione per cui altrimenti l’ente non avrebbe mantenuto alcun tipo di controllo sull’attività, L. BOCCHI, Società per azioni a prevalente capitale pubblico locale: affidamento diretto del servizio e procedura

ad evidenza pubblica, in Foro amm., 1996, 1, 46, secondo cui in tali società non si può prescindere dall’atto di

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svolgimento di attività puramente strumentali206, costituiva non solo uno stimolo nel ricorso alla s.p.a. da parte degli enti locali207, ma anche la dimostrazione della graduale assimilazione, per via legislativa, di attività eterogenee.

Inoltre, è interessante notare che le diverse attività subivano una tendenziale equiparazione non solo da punto di vista concettuale, ma anche da quello procedurale, in quanto erano oggetto di un’unica aggiudicazione. Il che, pur garantendo certamente esigenze di economia procedimentale, contribuiva a rendere ancor più netta la tendenziale assimilazione dei due istituti, legittimando l’affidamento di attività diverse tramite un un’unica procedura. Anche da questo punto di vista emergevano delle problematiche. La costituzione di società per la gestione dei servizi pubblici imponeva adempimenti più gravosi in capo al Comune rispetto all’ipotesi di creazione di società imprenditoriali208

. Nel primo caso l’obbligo di motivazione della preferenza di tale strumento doveva essere puntualmente descritto nell’apposita delibera209, mentre nel secondo la dimostrazione dell’interesse – che tra