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Una lettura costituzionalmente orientata della nuova impostazione Un’autorevole conferma: Corte costituzionale, 2 febbraio 1990, n 51.

4. Il modello imprenditoriale pubblico locale Verso una effettiva capacità giuridica di diritto privato per gli enti locali.

4.1.3. Una lettura costituzionalmente orientata della nuova impostazione Un’autorevole conferma: Corte costituzionale, 2 febbraio 1990, n 51.

La maturazione del nuovo indirizzo suggerisce uno spunto di riflessione circa il buon andamento dell’attività amministrativa.

La capacità negoziale degli enti locali, legata a dei parametri puramente geografici, implicava il rischio che l’attenzione fosse distolta dall’effettiva soddisfazione dei bisogni della collettività. In altre parole, il limite territoriale rappresentava una preoccupazione così profonda da indurre a rivolgere maggiore considerazione ai confini entro cui l’attività si svolgeva, anziché alle modalità in cui essa veniva resa ed a quali interessi doveva assolvere. Un’interpretazione di tal genere non rende del tutto omaggio all’art. 97 Cost., in quanto eccessivamente rigida: essa, negando a priori che le esigenze della collettività possano essere curate anche in modo trasversale rispetto ai confini dell’ente locale, non coglie che sul piano pratico una siffatta impostazione potrebbe condurre ad una politica economica grossolana, non compatibile con le economie di scala né adatta alla razionalizzazione delle risorse e della spesa pubblica110.

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Sia consentito un piccolo esempio per rendere più chiaro quanto appena affermato. Non è logico impedire ad un Comune di 100.000 abitanti, che ha costituito una società a partecipazione pubblica per la gestione di servizi pubblici locali, di andare a servire anche le zone limitrofe in cui sono situate piccole realtà comunali, che messe assieme non superano la metà della popolazione del predetto ente. È evidente che una scelta di tal genere contrasta in modo evidente con una efficiente investimento delle risorse pubbliche.

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Al contrario, grazie all’operato congiunto di legislatore e Consiglio di Stato muta il concetto di funzionalizzazione, non più inteso come rispetto necessario dei vincoli spaziali: il cambio di prospettiva regala una maggiore propensione ad esaltare i criteri di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, la qualità del servizio reso, le aree da esso coperte. Dunque, ipotizzando una lettura costituzionalmente orientata della nuova impostazione, si ritiene che il mutamento di prospettiva sia stato benevolo: esso ha consentito di tutelare in modo più proficuo le esigenze della collettività, e di conseguenza assicurare più correttamente il buon andamento, attuando le scelte organizzative senza sottostare a tanto illogici quante inutili obblighi di coincidenza tra finalità istituzionali e territorio111.

La scelta giurisprudenziale è dunque felice perché dal punto di vista costituzionale nulla osta a che l’interesse pubblico sia salvaguardato pur laddove sia superato il limite territoriale112. Anzi, sembra che tale superamento sia la chiave di lettura più adeguata per mirare, nell’ottica di una buona amministrazione, ad una vera utilità dello strumento societario.

La conquista è stata graduale, ma ha un merito evidente: aver condotto ad una reale considerazione del buon andamento, svincolato da logiche campanilistiche ed incentrato sulle esigenze della collettività. In questo senso, la capacità negoziale degli enti locali di costituire s.p.a. che operino anche al di fuori del territorio non costituisce affatto una minaccia al vincolo del fine.

La presente lettura è avallata da una pronuncia del Giudice delle leggi del 2 febbraio 1990, n. 51.

Attraverso quest’ultima, la Corte costituzionale, chiamata a dirimere un conflitto di competenze legislative tra Stato e Regione Valle d’Aosta, avviato a seguito di un ricorso dell’amministrazione statale, si è pronunciata sulla infondatezza del medesimo.

L’amministrazione regionale aveva approvato con legge l’assunzione di partecipazioni azionarie in una s.p.a. che garantiva trasporti aerei, per finalità turistiche, con il territorio valdostano. Senonché il Presidente del Consiglio dei Ministri sollevava questione di

111 Osserva a riguardo C.M

ARZUOLI, Le aziende speciali e le istituzioni, comunicazione al 41° convegno di Varenna, 21-23 settembre 1995, che la compatibilità tra extraterritorialità e finalità istituzionali deve essere valutato in concreto, in riferimento alle esigenze del bacino di riferimento.

V. BUONOCORE, Autonomia degli enti locali e autonomia privata: il caso delle società di capitali a

partecipazione comunale, in Giur. comm., 1994, 1, 13, afferma che occorre dimostrare nel caso concreto che il

travalicamento dei confini territoriali sia effettivamente utile, e riesca a garantire le esigenze delle comunità interessate.

112 Già Consiglio di Stato, sez. VI, 29 novembre 1988, sez. VI, n. 1291, richiamata anche da Consiglio di Stato, 12 marzo 1990, sez. VI, n. 374, ricordava che <<… la circostanza che sia superato il limite territoriale non

toglie che le esigenze alle quali si fa fronte con il servizio pubblico siano pur sempre riferibili alla comunità locale>>.

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legittimità costituzionale poiché l’oggetto sociale non rientrava tra le materie attribuite alla Regione. Quest’ultima, a sua volta, si difendeva sostenendo che la disposizione normativa non regolasse le modalità di svolgimento di dati servizi di trasporto (che effettivamente rientravano nella competenza statale e che continuavano ad essere sottoposti alla sua legislazione), ma configurasse esclusivamente una forma di intervento finanziario in materia turistica, di spettanza regionale.

La Corte, come già preannunciato, ha propeso per l’infondatezza del ricorso, avendo ritenuto di dover scindere tra l’attività amministrativa in senso stretto e l’attività amministrativa di diritto privato. Se l’intera questione fosse inquadrabile nella prima tipologia, l’amministrazione statale avrebbe avuto ben motivo di dolersi di una violazione del sistema di riparto della competenza legislativa. Tuttavia, era chiaro che la norma in questione si limitasse a decretare l’acquisizione di una partecipazione societaria, configurante una attività privatistica da parte della pubblica amministrazione, rispetto alla quale non aveva senso scomodare la suddivisione delle competenze legislative. Tale riparto non può limitare la capacità imprenditoriale degli enti pubblici territoriali in quanto esso si afferma sull’esclusivo versante dell’attività amministrativa in senso stretto. È, invece, doveroso che l’oggetto sociale della s.p.a. descriva un’attività strumentale rispetto alle finalità proprie della Regione: dopodiché l’amministrazione sarà libera di scegliere se partecipare ad una società per azioni per la gestione di un servizio, indipendentemente dal fatto che il suo oggetto sociale ricada all’interno di competenze legislative di un altro livello di governo.

La Corte costituzionale conferma, quindi, il percorso già intrapreso.

Essa traccia un profondo solco113 tra le due tipologie di attività, pubblicistica e privatistica, al fine di favorire una autonoma rilevanza della seconda, impedendo delle sue ingiustificate compressioni. Se rispetto alla prima il riparto delle competenze ex art. 117 Cost. preclude la regolazione di una certa attività, tale riparto perde di significato con riferimento alla attività di diritto privato: esso infatti non può essere (ab)usato per limitare la capacità

113 M. C

AMMELLI, S.p.a. a partecipazione regionale: la Corte chiude un problema, ma se ne aprono altri, in Le

Regioni, 1991, 1, 210, nota a commento della predetta Corte cost. 51/1990, compie una lucida analisi della

predetta pronuncia, sottolineando la consacrazione dell’asimmetria tra l’attività di stampo pubblicistico e quella di stampo privatistico. Ne è diretta conseguenza che lo strumento di diritto privato sia sfuggente alle misurazioni dello spazio territoriale che, al contrario, vincolano il versante pubblico dell’attività amministrativa. L’autore sostiene, inoltre, che un altro limite eliminato dal Giudice costituzionale è quello delle materie, inteso come ostacolo all’utilizzo di forme contrattuali. in effetti l'innovazione apportata dalla sentenza è evidente, laddove si pensi all’art. 10 legge 16 maggio 1970, n. 281, il quale vietava alle amministrazioni regionali la possibilità di assumere partecipazioni in società finanziarie regionali che operassero in ambiti differenti rispetto a quelli di competenza regionali ex art. 117 Cost., o comunque delegati ex art. 118 co. 2 Cost.

Sul tema del rifiuto dei limiti territoriali con richiamo a questa stessa pronuncia, si veda anche M.CAMMELLI,A. ZIROLDI, Le società a partecipazione pubblica nel sistema locale, cit., 39-40, secondo cui i limiti territoriali all’utilizzo della s.p.a. comunale divengono definitivamente illogici a seguito dell’intervento della Corte costituzionale.

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negoziale degli enti pubblici. Dunque, non sussistono particolari limiti nei confronti della capacità negoziale dell’amministrazione regionale, la quale anzi deve essere incentivata e non soffocata. Ne deriva che la Corte, pur continuando a riconoscere i doverosi limiti funzionali, avalla indirettamente l’abolizione dei limiti territoriali che costituirebbero un’inutile frizione all’affermazione della forma di impresa pubblica.

È vero che la sentenza in commento si riferisce ad un’amministrazione regionale: tuttavia, mutatis mutandis, non sembra sussistere nessun elemento contrario ad una estensione della sua logica nei confronti degli enti locali, in quanto essa riguarda l’attività di diritto privato degli enti territoriali in genere. Pertanto, si ha un ulteriore conferma del fatto che Comuni e Province, nel momento in cui acquisiscano delle partecipazioni in società, debbano tenere in considerazione un solo limite, ossia quello della strumentalità dell’oggetto sociale rispetto ai propri compiti istituzionali114. Altre barriere sono superflue e, dunque, da eliminare.

La dottrina che si è pronunciata sul tema dell’extraterritorialità delle società per la gestione dei servizi pubblici locali a metà anni ’90 ha, da un lato, avallato la presente lettura, giustificando la possibilità per la società di gestione dei servizi pubblici locali di operare a livello extraterritoriale115; dall’altro, ha denunciato un aspetto non trascurabile, per cui l’abbattimento del predetto limite non può essere compatibile con l’affidamento diretto del servizio. Ciò significa che la società a partecipazione pubblica potrà legittimamente operare oltre i propri confini geo-politici, ma non potrà svolgervi la propria attività se non a seguito di rilascio dell’apposita concessione, da ottenere a seguito di un confronto concorrenziale con altri potenziali operatori116.

Questa è un ulteriore conferma del fatto che gli enti locali, nell’ottica di una parità di trattamento nel libero mercato, godono di una capacità di agire sempre più simile a quella privatistica: la preclusione ad operare in una dimensione extraterritoriale in assenza di una gara impedisce che la società pubblica vanti una posizione dominante, che falsi l’equilibrio concorrenziale. Tuttavia, tale assetto, ritenuto quello vigente all’epoca, ha causato anche una

114 Mi sembra che in termini analoghi si esprima anche, nel suo lavoro di ricostruzione sull’evoluzione del vincolo funzionale, M. ROVERSI MONACO, I limiti operativi delle società partecipate per i servizi pubblici locali, in Munus, 2013, 1, 89 ss (in special modo pp. 95 e 104).

115 M.D

UGATO, Sul tema delle società a partecipazione pubblica per la gestione dei servizi locali. Costituzione

della società, dismissioni, affidamento del servizio, rapporto tra ente e società, in Riv. trim. app., 1996, 2, 261,

sottolinea che ‹‹il limite territoriale dovrebbe riguardare unicamente le funzioni amministrative››. Lo stesso ricorda, inoltre, che stando agli insegnamenti di questo orientamento ormai consolidato, ‹‹la condizione delle

società è parzialmente diversa da quella delle aziende speciali, con riferimento alle quali una parte di giurisprudenza amministrativa (anche se la tendenza sembra recentemente invertita) ritiene applicabile il limite territoriale proprio delle vecchie aziende municipalizzate)››.

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serie di problematiche di non poco conto dovuto all’equiparazione delle capacità negoziali: la legittimazione della società pubblica ha condotto ad un suo sempre più frequente utilizzo da parte degli enti locali, spesso rivelatosi improprio.

4.2. Verso la proliferazione di società a partecipazione pubblica locale: il progressivo