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CAPITOLO 2. ARTI E MESTIERI ATTRAVERSO LE FONTI BIBLIOGRAFICHE E

2.1 ARTI EDILIZIE

2.1.5 Produzione e trasporto delle materie prime per l'edilizia

2.1.5.3 Arte dei Calcineri

I Calcineri erano una corporazione che si occupava del trasporto di calce, di mattoni, coppi, tavelle e altri materiali fabbricati a Venezia o in Terraferma. Non si hanno notizie certe riguardo alla mariegola di quest’arte ma probabilmente riconoscimento giuridico della corporazione avvenne verso la metà del XVI secolo (anche se tale attività veniva svolta da molto tempo)106. “I calcineri

svolgevano la loro attività esclusivamente per mezzo dei burchi — imbarcazioni da carico a fondo piatto, di lunghezza a volte superiore i trenta metri, condotte a remi o a vela — utilizzati per i trasporti”107. Di solito ogni capo-maestro poteva possedere solo una imbarcazione e i burchi

ormeggiavano alle Zattere108 anche se successivamente lo stazio venne trasferito in zona limitrofa

(riva dello Spirito Santo); secondo una disposizione del 1445, essi erano obbligati a prelevare la calcina dai magazzini delle Zattere e portarla direttamente presso il cantiere dove serviva senza soste intermedie. L’attività era concessa solo a veneziani o agli abitanti dei domini di terraferma mentre era proibita agli stranieri. Non esisteva la figura, che invece era consueta in altre corporazioni, del garzone o del lavorante.

Fig. 2.49. Maestranze intente a mescolare la calce mediante zappe a manico lungo (marre) (CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 87)

Oltre al capomaestro, lavoravano i figli dello stesso e poteva essere assunto chiunque avesse un’esperienza certificata di almeno due anni su un’imbarcazione da calcinaio. L’organizzazione interna della corporazione era simile alle altre con l’assemblea generale che avveniva una volta all’anno in cui venivano elette tutte le cariche: gastaldi, sindici, scrivano ed altre. Nel corso dei secoli i calcineri, nonostante la protezione da parte dello Stato, furono vittime di numerose frodi perché alcuni mercanti facevano recapitare agli acquirenti il materiale su barche di loro proprietà, eludendo il servizio della corporazione. Ci furono molte diatribe tra calcineri e mercanti che 106 CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 86 e LE INSEGNE DELLE ARTI VENEZIANE AL MUSEO CORRER 1982,

p.78

107 CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 86

108 SQUASSINA 2011, p. 254: a testimoniare queste attività si può ricordare la presenza dell’Hotel “LA CALCINA” presso le Zattere allo Spirito Santo sulla cui area era collocato un deposito di calce

chiamarono in causa lo Stato come arbitro, ma alla fine nel XVIII i calcineri ebbero la peggio e furono sciolti come corporazione nel 1773109. I calcineri, essendo una corporazione tra le più

povere, non ebbero mai una sede stabile per le loro assemblee, che furono tenute, a partire dal 1598, presso la chiesa di san Vio dove era eretto l'altare dei loro santi protettori (Sant'Antonio abate e San Liberale) ed avevano l'autorizzazione alla sepoltura110.

Fig. 2.50. Insegna dei calcineri. Questa tavola è risalente all'inizio del XVII secolo e vi sono rappresentati gli stemmi dei Giustizieri mentre il più piccolo, retto dal Leone di S. Marco, è quello del Doge Marino Grimani, in carica in quel periodo. Il dipinto, che mostra due dei grossi burchi che servivano per il trasporto della calce dai depositi posti sulla fondamenta dello Spirito Santo, fino ai cantieri. Sull'imbarcazione di destra si nota la sagoma di un mastello da calcina (CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 86 e LE INSEGNE DELLE ARTI VENEZIANE AL MUSEO CORRER 1982, p.79)

Fig. 2.51. Metà secolo XVIII. Mastello da calcina in marmo; unità di misura ufficiale per la vendita del prodotto. Acquerello di Giovanni Grevembroch (CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 89)

109 CANIATO-DAL BORGO 1990, pp. 87-89 e LE INSEGNE DELLE ARTI VENEZIANE AL MUSEO CORRER 1982, p.78

Calce

La calce fin dai tempi più antichi è stato un prodotto fondamentale, derivato dalla "cottura" ad alta temperatura di pietre calcaree (che di solito si trovano in cava o in riva ai fiumi).

Questa procedura viene di solito effettuata in fornaci costruite in mattoni con pareti intonacate con avanforni111. Le fornaci potevano essere di due tipologie: a fuoco discontinuo e a fuoco continuo112.

Di solito i calcari non sono costituiti da carbonato di calcio puro (CaCO3); essi infatti contengono

quantità più o meno rilevanti di carbonato di magnesio (calcari dolomitici) oppure di argilla (calcari marnosi) oltre a varie impurità. La "calce viva" ovvero l'ossido di calcio (CaO) deriva dalla destrutturazione delle pietre calcaree per l'alta temperatura in cui viene persa l'acqua e si sprigiona l'anidride carbonica113. La calce comune viene detta aerea ed ha una alta percentuale di calcare

mentre la cosiddetta calce idraulica che fa presa sott'acqua contiene anche una percentuale di argilla che può variare dal 10 al 30%. Se la calce proviene da pietra di natura dura e compatta è adatta alle costruzioni mentre invece se deriva da pietra porose risulta più adatta per l'intonaco.

Per essere utilizzata in edilizia la calce deve essere estinta o spenta mediante acqua in cui essa mediante reazione chimica si idrata, riducendosi ad una massa densa ed uniforme ("calce spenta").

Fig. 2.52. Sezione e pianta del bagnolo e della contigua fossa predisposti per lo spegnimento della calce. Incisione di Francesco Griselini. (CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 276)

111 CANIATO-DAL BORGO 1990, pp. 273-274

112 QUARNETI, p. 19: In quelle a fuoco discontinuo bisognava attendere il raffreddamento della cotta, al fine di poterla scaricare e sostituire con calcari per la nuova cottura, mentre in quelle a fuoco continuo si versavano in continuazione pietre e combustibile (la cottura e l'estrazione della calce avvenivano in modo non intermittente). Le fornaci a fuoco continuo potevano essere a focolare separato dai calcari in cottura, oppure in esse le pietre ed il combustibile si versavano dall'alto a strati alternati.

113 QUARNETI, p. 16-17-18: La cottura delle pietre calcaree avviene in fornaci che hanno un'apertura superiore per dare sfogo all'anidride carbonica e al vapore acqueo.

Le calci, dopo che sono state estinte tendono ad addensarsi e formare una crosta secca in superficie, la quale è il segno dell'iniziato processo di carbonatazione dovuto all'evaporazione dell'acqua di spegnimento ed il successivo contatto con l'anidride carbonica presente nell'aria; bisogna allora ricoprirle con uno strato di sabbia di almeno 20 cm, mantenuto costantemente umido, per preservarle dalla disidratazione superficiale, il che le ridurrebbe di nuovo allo stato di carbonato114.

Nel XVII secolo si utilizzavano per questa procedura due vasche: una sopra il livello del terreno ed una scavata nella terra. La prima serviva per contenere la calce viva (bagnolo) ed aveva un setaccio per filtrare eventuali pezzi di pietra troppo grossi e uniformare la pezzatura dei frammenti.

Queste due vasche potevano essere ricavate o nei pressi della fornace da calce e nei pressi dell'edificio in costruzione, in particolare, presumibilmente la seconda.

Nella prima vasca (quella sulla superficie del terreno) si coprivano i frammenti di calce viva con acqua; avveniva una reazione e a poco a poco, mescolando e versando altra acqua, si otteneva una massa plastica che poi veniva fatta defluire nella fossa (la seconda vasca detta vasca da calce o calcinaia). Tale procedura115 avveniva fino al riempimento della seconda vasca di calce spenta116 in

cui mediante una stagionatura più o meno lunga si formava il cosiddetto grassello di calce (pasta di colore bianco, di consistenza morbida ed untuosa, con proprietà adesive)117. Un'altra procedura

(denominata per "aspersione") consisteva nel mettere la calce viva in una fossa e coprirla con uno strato di sabbia che veniva periodicamente bagnato. Si continuava a mantenere tale situazione per circa tre anni e si otteneva così una calce "grassa" molto adatta per stucchi e malta da intonaci118.

Fig. 2.53. 1771. Operai addetti alla preparazione della calcina. Incisione di Francesco Griselini (CANIATO-DAL BORGO 1990, pp. 277)

114 QUARNETI, p. 28

115 Chiamata per "fusione", il metodo più diffuso.

116 Questa fossa era rivestita in muratura e intonaco al fine di impedire che il grassello di calce venisse assorbito dal terreno circostante.

117 QUARNETI, pp. 28-29 e MENICALI 1992, pp. 112-113-114

118 CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 277: esistevano altri due metodi per lo spegnimento della calce ma erano meno usati ed erano denominati per "immersione" e "a grande acqua"