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CAPITOLO 2. ARTI E MESTIERI ATTRAVERSO LE FONTI BIBLIOGRAFICHE E

2.1 ARTI EDILIZIE

2.1.6 L'arte dei Fabbri

2.1.6.2 Il ferro

L'uomo aumentò nel corso dei secoli la sua capacità di lavorare il ferro. In età romana infatti ci si serviva di forni rudimentali riscaldati con carbone di legna e venivano impiegati mantici azionati a braccia. Il riscaldamento del minerale di ferro mescolato al carbone (e talvolta con un fondente) provocava una riduzione che condensava una massa di ferro spugnosa molto ricca di scorie che poi doveva essere riscaldata e battuta più volte. In epoca medievale viene invece utilizzato il carbone fossile e nel processo di lavorazione viene sfruttata l'energia idraulica per azionare i mantici e i magli. Con queste innovazioni si poterono ottenere temperature più elevate per la fusione del metallo135. Infatti in un primo tempo si otteneva una prima fusione del ferro che si trasformava in

ghisa (massa composta da ferro e carbonio) e veniva poi lavorata al fine di farle perdere le scorie, le impurità e parte del carbonio contenuto.

Con questo procedimento si otteneva l'acciaio che veniva confezionato in verghe dalle quali si ottenevano diversi oggetti tra cui chiodi, attrezzi agricoli e armi. Tramite il processo di forgiatura il fabbro amalgamava diversi strati tra cui ferro dolce e acciaio ottenendo durezza ma nello stesso tempo malleabilità. Infine c'era la “tempra”, un trattamento termico che permetteva al ferro di diventare incandescente e poi veniva raffreddato in un primo tempo in una miscela particolare e successivamente in acqua fredda. In questa operazione, vista l'impossibilità di tenere sotto controllo la temperatura, bisogna essere piuttosto esperti per ottenere il giusto equilibro tra durezza e fragilità136.

Fig. 2.59. Campo San Trovaso – Bassorilievo del dio vulcano nella sua officina fabbrile 135 L'altoforno viene perfezionato nel Cinquecento

Fig. 2.60. Fucina del XVI secolo (da Agricola): da notare l'utilizzo del mantice che veniva utilizzato per alimentare il fuoco della fucina (BRUNELLO 1981, Fig. 22)

Fig. 2.61. L'arte dei fabbri rappresentata nei capitelli di palazzo Ducale (Porticato inferiore)137.

Nel caso specifico dell'edilizia, Venezia aveva un'ingente necessità di carpenterie metalliche (grappe, perni, zanche) e anche di chiodi. I semilavorati (lingotti di ferro o di ghisa) inizialmente provenivano dal Nord Europa ma, dopo le conquiste in terraferma, la Serenissima riuscì a sfruttare alcune miniere presenti nei propri domini.

II fabbro, nell'esercizio della propria attività, aveva bisogno dell'incudine dove "batteva" il ferro, pinze e tenaglie per gestire l'elemento metallico e il martello e le mazze per dare forma al proprio manufatto (vedi Fig. 2.62).

L'alternanza tra le braci o il forno, dove l'elemento in ferro era portato ad incandescenza, e l'incudine dove veniva esercitata la battitura, era alla base del mestiere del fabbro che spesso utilizzava anche l'acqua per raffreddare l'elemento in lavorazione. “Per questa operazione e le successive la fucina deve essere corredata da un focolare aperto, su cui si accende uno o due fuochi e da una cappa a lungo camino per un buon tiraggio. Per favorire la combustione del carbone ed accrescere la temperatura, il focolare (forgia) è collegato, sotto la sua conca o di lato, mediante il mantice o la tromba idraulica (vedi Fig. 2.63)”138.

Fig. 2.62. (a sinistra) XIII secolo. Coppia di fabbri all'opera. Arcone dei mestieri, Portale maggiore della Basilica di San Marco (ARCHEO VENEZIA 2005, p. 1)

Fig. 2.63. (a destra) 1678. Tromba idraulica per soffiare sul fuoco del forno. In primo piano è visibile un maglio a leva. (DELLA FRATTA e MONTALBANO 1678)

Piazzetta San Marco

Fig. 2.64. Maglio con testa d'asino azionato da ruota idraulica (acquerello) (CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 301)

Fig. 2.65. Fucina da fabbro, specializzata in chioderia. Forme diversificate di chiodi ed attrezzi utilizzati per la loro fattura. (Incisione di Francesco Griselini) (CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 302)

I chiodi che, come detto, nel campo dell'edilizia erano tra i prodotti metallici più richiesti, venivano di solito prodotti in fucine di grande portata che trattavano anche ferro vecchio e, attraverso il lavoro di uno o più magli, la massa incandescente veniva ridotta dapprima a “verzelle” e successivamente in chiodi139. Altri prodotti particolarmente utilizzati e derivanti dalla fucinatura a

mano con martelli e magli erano gli organi di collegamento e di fissaggio delle parti lignee, i tiranti, gli arpesi e le grappe di unione degli elementi lapidei, le cancellate e le inferriate delle finestre ed infine tutti gli elementi di minor entità come cardini, serrature e paletti utilizzati nelle porte e nelle finestre140.

Fig. 2.66. Incisione raffigurante un maglio all'interno di un'officina fabbrile (CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 22)

Come succedeva spesso, le corporazioni tendevano a svolgere le loro assemblee in sedi provvisorie in attesa di predisporre ed organizzare una propria scuola. Non fanno eccezione i Fabbri che tennero inizialmente le loro riunioni capitolari nella Chiesa dei Frari, poi in quella di San Vidal ed infine in quella San Moisè, dove fecero erigere un loro altare (ed avevano anche diritto di sepoltura).

Agli inizi del '400 i confratelli dell'arte dei Fabbri acquistarono degli edifici nei pressi della chiesa di San Moisè con lo scopo di costruire la loro sede, ma i lavori si protrassero e la costruzione fu ultimata solo nel XVI secolo e successivamente riedificata in epoca barocca.

La scuola era articolata in un deposito di carbone a piano terra, una piccola sala molto preziosa al mezzanino per le adunanze (rivestita di cuoi d’oro e dipinti) e al piano superiore c'era la Sala 139 CANIATO-DAL BORGO 1990, p. 304

Capitolare vera e propria con un altare ligneo dorato (con pala raffigurante i santi protettori dell'Arte) mentre al secondo piano era collocato l'archivio.

In epoca napoleonica la Scuola venne soppressa e divenne in successione un ricovero per mendicanti, un teatro di marionette ed infine un’abitazione privata. Attualmente lo stabile è stato “inglobato nell’Hotel Bauer, rimanendo riconoscibile ancor oggi l’originale ingresso contrassegnato dal numero civico 1455”141.

Fig. 2.67. Fucina, da Osvaldo Monti, Album dei Disegni (Belluno Museo Civico) (CORTELLAZZO 1989, p. 21)

2.2 ARTE DEI METALLI PREZIOSI