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CAPITOLO 2. ARTI E MESTIERI ATTRAVERSO LE FONTI BIBLIOGRAFICHE E

2.8 PELLI E PELLICCE

2.8.5 L'Arte dei Calegheri e dei Zavateri

All'Arte dei “Calegheri” era spesso abbinata a quella degli Scorzeri o Conciapelli, fornitori della materia prima ai calzolai. Come detto in precedenza, la materia prima veniva venduta a queste due categorie a Rialto presso il cosiddetto “fondaco del curame”. Il calzolaio era un mestiere molto diffuso a Venezia; c’erano moltissime botteghe rette da un maestro che aveva al suo servizio lavoranti e garzoni come in altre arti342. Questi lavoratori era importanti nella vita della città infatti

sono rappresentati sia nell'arcone dei Mestieri della Basilica di San Marco sia sul capitello dei mestieri presso il portico inferiore di palazzo Ducale343 (è rappresentato un calzolaio).

Tutt’oggi la toponomastica ci ricorda la presenza di tali attività in varie zone della città ma in particolar modo a S. Polo, S. Maria del Giglio, S. Marcuola, San Marco e Rialto. Secondo la loro mariegola (1260), riformata nel 1271 dalla Giustizia Vecchia, non potevano utilizzare cuoio già 341 ARTI E MESTIERI NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA 1980, p. 31 e LE INSEGNE DELLE ARTI

VENEZIANE AL MUSEO CORRER 1982, p. 38

342 ARTI E MESTIERI NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA 1980, p. 41 343 GIURIATO FAOTTO 1999, p. 11

usato per altre calzature mentre i zavateri (appartenenti sempre allo stesso sodalizio) dovevano utilizzare cuoio usato per produrre ciabatte e zoccoli. Questa disposizione era fatta in modo da evitare sovrapposizione nella fornitura della materia prima per lo svolgimento del proprio lavoro. Non c'era concorrenza anche dal punto di vista della clientela che risultava essere più raffinata per i calegheri mentre i zavatteri invece producevano per clienti più "popolari".

Fig. 2.141. Particolare del Capitello dedicato ai mestieri. Secolo XV. Calzolaio seduto. Venezia - Palazzo Ducale

Fig. 2.142. Particolare dell'Arcone dei Mestieri della Basilica di San Marco. Calzolai al lavoro con attrezzi tipici della loro professione (da TIGLER 1995, p. 569)

Durante le fiere in Piazza San Marco, i due mestieri avevano la loro postazione con tanto di liste di marmo a definire lo spazio di una o dell'altra arte: a seconda dei vari aspetti dipendevano da una serie di magistrature statali.

Fig. 2.143. Piazza San Marco. Postazione dei Calegheri 1625

L'arte dei calegheri era riservata solamente agli uomini, si poteva essere assunti come garzoni a partire dall'età di 14 anni, mentre per essere maestro bisogna aver più di 18 anni ma bisognava aver svolto prima 7 anni (5 di garzonato e 2 di lavoranzia) alle dipendenze di un maestro iscritto alla corporazione (cosa che non valeva nel caso dei figli del maestro stesso). Gli stranieri erano ammessi ma avevano una tassa d'ingresso più alta e un periodo più lungo di apprendistato. Più tardi, nel XVIII secolo, è fatto invece obbligo di essere cittadini della Repubblica di Venezia.

Se in possesso dei requisiti c'era la cosiddetta prova di ingresso per dimostrare le proprie capacità nella professione; se la prova aveva esito positivo il candidato diventava maestro a tutti gli effetti, doveva versare la tassa di benintrada e poteva aprire una bottega.

Dopo aver lavorato 5 anni nella propria bottega ed aver versato regolarmente i contributi richiesti il calzolaio poteva partecipare alla vita associativa e poter eleggere annualmente il gastaldo e le altre cariche minori in seno alla corporazione (tra cui un masser e tre sindici). Il gastaldo garantiva la qualità dei prodotti dei confratelli dell'arte e teneva i rapporti con le magistrature deputate dallo stato al controllo sulla corporazione. L'arte era suddivisa in tre categorie: i “solarii” (che fabbricavano le suole utilizzando apposite forme), i “patiti” (fabbricatori di zoccoli), i “zavateri” (che acquistavano e riparavano scarpe vecchie e fabbricavano ciabatte) che esercitavano il loro mestiere anche come ambulanti. La bravura dei calegheri era quella di avere la capacità di

soddisfare i desideri anche più stravaganti del cliente e nel contempo seguire la moda344. Gli

strumenti dei calegheri sono utilizzati ancora oggi dai moderni artigiani e per progettare la calzatura viene ancora utilizzato il disegno e anche il modello di cartone.

Fig. 2.144. Antico sigillo dell'arte dei calegheri di Venezia (da ARTI E MESTIERI IN VENEZIA 1991, p. 26)

Ci furono sempre contrasti tra calegheri e zavateri per quanto concerne le proprie competenze e si protrassero per secoli345. Altresì diffuso era il fenomeno dell'abusivismo in cui molti lavoranti

esercitavano l'attività a casa confezionando scarpe senza autorizzazione e spesso con garzoni alle proprie dipendenze.

Fig. 2.145. Insegna dell'arte dei Calegheri (da ARTI E MESTIERI NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA 1980, p. 40)

344 DAVANZO POLI 1988, pp. 31-37

345 Per garantire l'equilibrio all'interno della corporazione veniva eletto un gastaldo per la categoria dei "calegheri" e uno per gli "zavateri" ad anni alterni

Fig. 2.146. (a sinistra) Scuola dei Calegheri a San Tomà (da ARTI E MESTIERI NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA 1980, p. 106)

Fig. 2.147. (a destra) Pietro Lombardo, San Marco che guarisce Sant'Aniano. Rilievo sulla facciata della Scuola dei Calegheri a San Tomà (da ARTI E MESTIERI NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA 1980, p. 107)

Come detto in precedenza il settore del pellame era regolato da norme molto restrittive che garantivano la qualità, le importazioni e l'immigrazione di artigiani da paesi stranieri.

Con la Germania però la Serenissima aveva dei rapporti commerciali molto stretti (la presenza del Fondaco dei Tedeschi ne è una prova) ed infatti immigrarono molti calzolai tedeschi che erano indipendenti in tutto (altare, chiesa, sede e addirittura avevano un proprio ospizio); fin dal XIV secolo si stabilirono nella zona di San Samuele, e costituirono la loro corporazione nel 1383 in primis nella Chiesa di Santa Maria della Carità e successivamente si spostarono in quella di Santo Stefano dove costruirono un proprio altare ed avevano l'autorizzazione ad essere sepolti.

Figg. 2.148. e 2.149. (a sinistra) Scuola dei Calegheri tedeschi (rilievo sulla facciata) e (a destra) pilastro con il simbolo della confraternita (da ARTI E MESTIERI NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA 1980, p. 99)

Nel 1482 mediante donazione, questa corporazione entrò in possesso di un edificio in calle delle Botteghe al n. 3127-33 del Sestiere di San Marco e ne fece la propria sede; la costruzione è riconoscibile da un bassorilievo con rappresentata l'Annunciazione con iscrizione inerente e nella zona vi sono alcuni pilastri d'angolo o stipiti in pietra d'Istria con scolpite calzature. Nel retro dell'edificio della scuola c'è una corte detta "della pelle" (accessibile da Salizzada San Samuele) il cui nome deriva dalla consuetudine da parte dei calegheri di depositare i pellami per calzature in quel luogo. I calegheri veneziani invece nel 1446 si trasferirono definitivamente in Campo San Tomà dove esiste la cosiddetta "Scola dei Calegheri" e sulla cui facciata c'è il bassorilievo (attribuito a Pietro Lombardo) rappresentante San Marco che guarisce il calzolaio San Aniano, patrono dell'arte, nella sala superiore vi erano dipinti attribuiti a pittori muranesi: fisicamente vicini essi ebbero anche un altare presso la chiesa di San Tomà. Dal punto di vista statistico, alla fine della Serenissima (fine '700) i calegheri con i zavatteri contavano 350 botteghe impiegando circa 1.200 persone. Sulle tipologie e le mode seguite nel campo calzaturiero nel corso dei secoli a Venezia abbiamo testimonianze interessanti, a partire dagli stessi mosaici di San Marco ma anche nei dipinti di Vivarini e Carpaccio fino ad arrivare agli acquerelli di Giovanni Grevenbroch: si fabbricavano varie tipologie di scarpe dai saldali fino a quelle con il tacco o senza. Nel ‘700 cominciò una crisi con declino della qualità dei prodotti: questa era dovuta ad un numero troppo elevato di botteghe e alla concorrenza straniera dovuta a nuove mode (anche se il governo cercò di proteggere i calegheri veneziani)346.

Fig. 2.150. Jost Amman "il Calzolaio". Incisione (da ARTI E MESTIERI IN VENEZIA 1991, p. 43)

346 ARTI E MESTIERI NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA 1980, pp. 41-98-105, VIANELLO 1993, pp. 8-9-10-17- 18-19-78-101, LE INSEGNE DELLE ARTI VENEZIANE AL MUSEO CORRER 1982, pp. 40-41, MANNO 1995, p. 78-79, GRAMIGNA-PERISSA 1981, pp. 56-57-80-81 e ARTI E MESTIERI IN VENEZIA 1991, pp. 41-42-43

2.9 TESSUTI