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CAPITOLO 2. ARTI E MESTIERI ATTRAVERSO LE FONTI BIBLIOGRAFICHE E

2.3 ACQUA

2.3.2 Il problema della mancanza d'acqua a Venezia nel corso dei secoli

I pozzi a Venezia ebbero delle evoluzioni costruttive nel corso dei secoli: in un primo tempo erano delle semplici cisterne167 in cui veniva convogliata l'acqua piovana poi questi semplici contenitori si

trasformarono in un impluvio rivestito di argilla con canna circolare al centro che la raccoglieva; essa veniva convogliata nel serbatoio (con il fondo selciato per impedire le infiltrazioni delle acque marine) alla base della canna ed era purificata da sabbie marine168. Dal punto di vista

dell'approvvigionamento dell'acqua potabile, i piovani (parroci) svolgevano ulteriori controlli atti a tenere sotto controllo le esigenze della popolazione mentre i responsabili del quartiere (capicontrada) erano incaricati di custodire le chiavi per aprirli due sole volte al giorno (al suono 163 PALEOCAPA 1844, p. 27: Secondo il Paleocapa, in tempi remoti all'interno della laguna, essendo più profonda rispetto ai tempi successivi, si erano create delle isolette composte da materiali impermeabili che proteggevano grandi masse di sabbia e quindi si erano creare delle cisterne naturali di raccolta di acqua piovana. Il livello medio del mare, a quel tempo, era più basso rispetto ai tempi moderni pertanto è da ritenersi quasi impossibile, che le alte maree invadessero con le loro acque marine questi serbatoi naturali d'acqua dolce.

164 Vedi paragrafo 2.3.4 in cui è spiegata la "macchina da pozzo" nel dettaglio

165 MARANGONI 1974, pp. 53-54 e GRAMIGNA-PERISSA 1981, p. 65: questo servizio era particolarmente durante le stagioni secche e venne gestito dal governo in modo prioritario nei confronti della popolazione in caso di siccità 166 MARANGONI 1974, pp. 53-54 e GRAMIGNA-PERISSA 1981, p. 65: vedi paragrafo 4.3 per una descrizione della

Corporazione degli Acquaroli

167 GOBBO 2005, p. 50: Ad esempio nel caso dello scavo di emergenza del cortile occidentale di Ca’ Vendramin Calergi, è stata rinvenuta una cisterna con canna a sezione longitudinale “a bottiglia” impermeabilizzata esternamente con uno strato di argilla che presumibilmente riceveva acqua dalle falde più profonde o più probabilmente era riempita da acque meteoriche o, al bisogno, con acqua dolce proveniente dalla terraferma. 168 MARANGONI 1974, p. 54 (nota n. 3) e BORTOLETTO 2011, pp. 193-194: Da queste semplici caratteristiche del

pozzo si arriva con il tempo alla cosiddetta "macchina da pozzo alla veneziana" concepita come insieme di elementi funzionali che avevano il compito di raccogliere la maggior quantità possibile di acqua piovana (in base all'ampiezza della superficie circostante) e soprattutto depurarla attraverso un sistema di filtraggio mediante sabbie selezionate

della campana). Le famiglie facoltose di Venezia per evitare la spesa del trasporto e per essere indipendenti rispetto alla fornitura d’acqua, si facevano costruire una o più "cisterne" nei propri cortili privati o nei pressi della propria abitazione le cui cosiddette "vere da pozzo169" (sponde di

pietra dette anche "pozzali") erano in molti casi "opere d'arte scolpite con fregi, stemmi, simboli e iscrizioni morali"170.

Fig. 2.84. Esempio di vera da pozzo scolpita in marmo (da GREVEMBROCH 1761, tavola acquerellata)

Lo Stato, invece, pensando alle necessità della collettività, provvedeva a far predisporre cisterne d'uso pubblico nei campi, o in qualsiasi altro spazio pubblico. Ai primi del '300 nel cortile di Palazzo Ducale furono restaurati i pozzi e venne disposta inoltre la costruzione di 50 nuovi pozzi (1322) e altri trenta distribuiti in vari punti della città e nei cortili degli edifici pubblici. I pozzi, sia pubblici che privati, venivano periodicamente manutenzionati ed erano oggetto, vista la loro importanza nella vita quotidiana di Venezia, di una supervisione molto accurata. Le corporazioni religiose, in questa ottica della messa a disposizione a tutto il popolo dell'acqua potabile, ebbero un ruolo importante perché spesso costruivano pozzi o cisterne accessibili a tutti gli abitanti della città all'interno dei conventi (con sovvenzioni statali)171. Nonostante il governo propendesse

preferenzialmente per la costruzione di pozzi, alla fine del XV secolo, questi non erano in grado di soddisfare il fabbisogno della popolazione, anche se la città soffriva in particolar modo nei periodi di siccità straordinari172. Il governo allora decise per lo scavo del Canale Seriola con lo scopo di

169 CALABI-GALEAZZO 2015, p. 257: Il nome vera in dialetto veneziano indica sia la forma di cerchio, anello intorno alla bocca della canna del pozzo ma ha anche il significato di fede nuziale a suggellare il legame e l'importanza che avevano questi manufatti per la città.

170 GIANIGHIAN 2011, p. 180 e GRAMIGNA-PERISSA 1981, p. 65: di solito queste opere venivano eseguite dai "pozzeri"che erano un colonnello specializzato dei mureri. Le famiglie facoltose si facevano costruire questi pozzi con le vere decorate riccamente anche per ostentare la loro ricchezza e per prestigio.

171 GIANIGHIAN 2011, p. 175: Il numero di pozzi a Venezia sembra superi le seimila unità 172 Come accadde in seguito, nel 1540

deviare le sue acque che provenivano dal fiume Brenta fino alla zona di Fusina e così rendere più agevole il trasporto dell'acqua a Venezia173.

Fig. 2.85. (a sinistra). Acquaroli che stanno effettuando un travaso dalla propria imbarcazione probabilmente filtrando l’acqua (da GREVEMBROCH 1753, disegno con colorazioni ad acquerello)

Fig. 2.86. (a destra). Operazioni di risanamento di un pozzo dalle infiltrazioni di acqua salmastra che avvenivano attraverso uno svuotamento della canna e una revisione dell’impermeabilità di tutti i componenti della “macchina da pozzo”, eventualmente sostituendoli (ad esempio il banco di sabbia) (da GREVEMBROCH 1753, disegno con colorazioni ad acquerello)

La popolazione di Venezia aumentava sempre più e con essa la richiesta di acqua potabile; nel 1536 infatti, il governo decise di vietare a tutte le corporazioni di servirsi dell'acqua dei pozzi pubblici e che si sarebbero dovute riferire agli Acquaroli per delle forniture ad hoc. Come si vedrà in seguito, questa corporazione non si occupava solamente del trasporto ma anche della vendita d'acqua probabilmente all'ingrosso (specie per le attività artigianali e commerciali) oppure riforniva i venditori al minuto.

Nel 1703 addirittura venne proibito di prendere l'acqua dei pozzi tramite mastelli: chi avesse contravvenuto a tale norma rischiava sanzioni economicamente molto onerose: l'acqua potabile era talmente un bene prezioso che era permesso il prelevamento solamente di piccole quantità strettamente necessarie.

173 MARANGONI 1974, pp. 53-54-55 e GRAMIGNA-PERISSA 1981, p. 65, CALABI-GALEAZZO 2015, p. 248: Viene scelto il Brenta rispetto ad altri corsi d'acqua sfocianti in laguna per la sua portata e fin dal XIV secolo viene considerato una fonte di approvvigionamento complementare rispetto ai pozzi urbani. In precedenza si utilizzavano le acque dolci del Bottenigo che in prossimità di Mestre cambiava nome in Musone.