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Prima di analizzare i termini con cui il CIPE possa collocarsi all’interno del cir- cuito testé richiamato, occorre ancora chiarire alcuni aspetti dell’“energia” veicola- ta al suo interno, ovvero dell’indirizzo politico in sé. In particolare, occorre interro- garsi sul grado di specificità che gli atti espressivi dell’indirizzo politico possono raggiungere. Tale punto è fondamentale perché, per comprendere se sul piano delle dinamiche costituzionali il CIPE possa essere ritenuto compartecipe dell’attività di indirizzo politico, occorre capire se le pronunce adottate da questo organo, di per sé, siano compatibili con la nozione di indirizzo politico e possano rientrarvi. In base alla dottrina maggioritaria il Comitato adotta atti qualificabili come di “alta ammi- nistrazione”281, ovvero atti che sul piano giuridico hanno natura amministrativa, pur se dotati - come si vedrà - di un notevole peso politico. Occorre a questo punto interrogarsi su cosa si intenda per atti di “alta amministrazione”, quale sia la natura di quelli che vengono comunemente definiti “indirizzo politico-amministrativo” e “indirizzo amministrativo”, e quale rapporto intercorra tra essi e l’indirizzo politico.

Comunemente, con “alta amministrazione” si intende quella parte dell’attività amministrativa che segna il punto di raccordo fra politica e amministrazione, ovve- ro «che più direttamente partecipa delle scelte di indirizzo e nella quale, dunque, si esprime in misura rilevante la politica del Governo»282.

La dottrina è stata spinta progressivamente ad individuare un’autonoma catego- ria entro la quale raggruppare tali atti, distinguendoli, da una parte, dagli atti politi- ci che sono sottratti al controllo giurisdizionale283, e, dall’altra, dai provvedimenti di amministrazione attiva.

Comune denominatore dell’alta amministrazione è la provenienza dalle autorità di vertice dell’esecutivo ed il grado di discrezionalità più elevato rispetto ai comuni atti di amministrativi284. L’alta amministrazione, dunque, ricomprenderebbe una serie eterogenea di atti dotati di amplissima discrezionalità, e non propriamente di mera attuazione, attraverso i quali si esprimono scelte di notevole rilievo politico circa i modi e i mezzi, i fini posti dalla legge, ma anche scelte di indirizzo, coordi- namento, di impulso e di programmazione dell’attività dell’esecutivo285.

281 Cfr., su tutti, V. BACHELET, Comitati interministeriali, cit., 763. 282 F. CUOCOLO, Alta amministrazione, Enc. Giur., I, 1991, 3.

283 L’art. 31 del Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato (r.d. n. 1054/1924) recitava: «Il ri-

corso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non è ammesso se trattasi di atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico», abrogato dal d.lgs. n. 104/2010 (c.d. Codice del processo amministrativo), che all’art. 7, c. 1, stabilisce che «non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico». Più in generale, sulla nozio- ne di atto politico, oltre alle considerazioni di E. CHELI, Atto politico e funzione di indirizzo politico, cit., cfr. anche P. BARILE, Atto di governo (e atto politico), in Enc. dir., IV, 1959, 220 ss.; G.GROT- TANELLI DE’SANTI, Atto politico e atto di governo, in Enc. giur., IV, 1988, ad vocem; C. TUBERTINI,

Atti politici e di alta amministrazione, in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, cit., I, 517 ss.; C.DELL’ACQUA, Atto politico ed esercizio di poteri sovrani, Cedam, Padova, 1983.

284 C. TUBERTINI, Atti politici e di alta amministrazione, in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di

diritto pubblico, cit., I, 516.

285 G.B. GARRONE, Atto di alta amministrazione, in Dig. disc. pubbl., I, 1987, 539. Cfr., inoltre,

Queste indicazioni colgono gli elementi essenziali del concetto, quali derivanti dalla sua origine storica, segnata dall’«intendimento di riportare alla decisione dell'esecutivo, o nella sua massima espressione collegiale o comunque a livello mi- nisteriale, questioni che partecipano di scelte politiche e che dunque si inquadrano (o meglio debbono inquadrarsi) nell'indirizzo amministrativo che - al pari dell'indi- rizzo politico - va deciso dal Consiglio dei ministri e attuato dai ministri»286.

Nella prima dottrina e nella normativa italiana del XIX secolo, infatti, si registra all’interno della nozione di alta amministrazione una commistione tra funzioni di indirizzo di natura politica e amministrativa, tale da giustificarne l’originaria attri- buzione esclusiva al Consiglio dei Ministri287.

Nell’evoluzione successiva, la legge n. 400/1988 rappresenta lo spartiacque che elimina il riferimento all’”alta amministrazione” dalla disciplina delle attribuzioni del Consiglio dei Ministri288. Tutto il cammino giurisprudenziale e la riflessione dottrinale segna il progressivo distacco dell’alta amministrazione dall’attività poli- tica del Governo e la riconduzione di essa alle questioni di natura amministrativa dotate di rilevo politico289.

La rilevanza politica della questione di alta amministrazione non si riverbera sul profilo strutturale dell’atto, che rimane assoggettato al regime degli atti ammini- strativi. Gli atti di alta amministrazione, infatti, «ineriscono all’attività amministra-

l’alta amministrazione in una «parte fissa», ovvero quell'attività amministrativa che la stessa legge rimette al Consiglio dei Ministri o a Comitati interministeriali, e in una «parte variabile», che ri- comprende «quell'attività amministrativa, essenzialmente direttiva, in ordine alla quale sia la situa- zione contingente a suggerire al Governo di assumere un impegno collegiale», su richiesta del Pre- sidente del Consiglio. Nella “parte fissa” sono da ricomprendere, ad esempio, i regolamenti da ema- nare con d.P.R., le direttive di settore per le quali sia richiesta dalla legge una formulazione gover- nativa collegiale, i provvedimenti da emanare in dissenso dal parere del Consiglio di Stato, o per i quali si ritenga necessaria l'esecuzione nonostante il rifiuto di registrazione da parte della Corte dei conti, la nomina ad alcune altissime cariche amministrative, la composizione di divergenze tra i Mi- nistri, ecc.

286 Cfr. F. CUOCOLO, Alta amministrazione, cit., 2 s.

287 Cfr., più ampiamente, M.P. GENESIN, L’attività di alta amministrazione fra indirizzo politico

e ordinaria attività amministrativa. Riflessioni critiche su un sistema di governo multilivello, Jove-

ne, Napoli, 2009, 13.

288 L’espressione “alta amministrazione” compare già all'art. 11 del regolamento sulle attribu-

zioni dei vari dipartimenti ministeriali annesso al r.d. 21 dicembre 1850, n. 1122, che rimetteva alla deliberazione del Consiglio dei Ministri «le questioni di ordine pubblico e di alta amministrazione». Formula identica era introdotta nell'art. l del r.d. 27 marzo 1867, n. 3629 (sulle “Attribuzioni della presidenza del Consiglio dei Ministri”, c.d. decreto Ricasoli), anche se tale testo, venne revocato dopo appena un mese con il r.d. 28 aprile 1867, n. 3664, da parte del nuovo Presidente del Consiglio Rattazzi. Il successivo r.d. 25 agosto 1876, n. 3289 (c.d. decreto Depretis), riprendeva in maniera immutata, all'art. l, la formula del r.d. n. 1122/1850. Infine, con il r.d. 14 novembre 1901, n. 466 (c.d. decreto Zanardelli), venne ribadita la sottoposizione al Consiglio dei Ministri delle «questioni di ordine pubblico e di alta amministrazione». Il punto finale di questo percorso è rappresentato dal- la l. 23 agosto 1988, n. 400, il cui art. 2 non ricomprende più fra le competenze espressamente attri- buite al Consiglio dei Ministri le «questioni di alta amministrazione».

289 È già stato fatto riferimento (retro par. 1) allo studio di Carlo Lavagna sui rapporti tra Capo

del Governo e Ministri per i termini con cui veniva delineata la nozione di indirizzo politico. L’Autore mette bene in luce anche il distacco e l’autonomia guadagnata dall’alta amministrazione rispetto all’attività politica. L’attività di governo, secondo Lavagna, deve infatti distinguersi tra «at- tività politica di governo» e attività di «alta amministrazione», nella quale va ricompresa l’attività normativa generale e l’attività di direzione generale; v. C. LAVAGNA, Contributo alla determinazio-

tiva e sono soggetti al regime giuridico proprio degli atti amministrativi. Essi sono perciò sottoposti al sindacato dei giudici, non diversamente dagli altri atti ammini- strativi; e diversamente dagli atti politici, non sono liberi nella scelta dei fini, ma sono legati - pur nell’ampia discrezionalità che caratterizza l’alta amministrazione - ai fini segnati dalla legge»290. L'attività di alta amministrazione, dunque, nonostan- te rappresenti l'indispensabile saldatura fra gli indirizzi espressi a livello politico ed i provvedimenti di amministrazione attiva, condivide molti aspetti del regime degli altri provvedimenti amministrativi291.

In questa posizione “intermedia”, l’alta amministrazione consterebbe di atti che esprimono come dato qualificante una funzione di indirizzo. A questo proposito, si è sostenuto che l’alta amministrazione ricomprenda «tutti quegli orientamenti e quegli atti che in un certo momento storico siano considerati, dalla legge o dalle autorità preposte alla direzione dell'azione amministrativa, fondamentali e decisivi per il buon andamento della pubblica amministrazione, sì da impegnare su di essi la stessa sorte del Governo». Concepita in tal modo, «l'alta amministrazione esprime, in sostanza, il momento unitario dell'amministrazione statale»292. L’alta ammini-

strazione dovrebbe, dunque, essere ricondotta nell’ambito della funzione di «indi- rizzo politico-amministrativo», da tener distinta da attività politica, da una parte, e dall’attività amministrativa in senso stretto, dall’altra293.

Tale funzione, inoltre, si pone in rapporto tale con l’attività politica da dover es- sere concepita come «l’attività amministrativa strettamente collegata a quella costi- tuzionale, e che attua immediatamente l’indirizzo politico»294. Gli organi politici di vertice preposti alla definizione dell’indirizzo politico, dunque, si occuperebbero primariamente anche della sua attuazione, imprimendo un’azione unitaria agli ap- parati burocratici che ad essi fanno capo. L’alta amministrazione sarebbe così espressione di una funzione di direzione, indirizzo, programmazione, pianificazio- ne dell’attività amministrativa in senso stretto295.

In definitiva, gli atti di alta amministrazione rappresenterebbero il primo grado di attuazione dell'indirizzo politico nel campo amministrativo e costituirebbero essi stessi funzione di indirizzo amministrativo per le successive scelte discrezionali della pubblica amministrazione296.

In questo contesto, tuttavia, merita ricordare l’autorevole rilievo espresso da chi, pur riconoscendo l’esistenza di una fascia di attività amministrativa di rango più elevato immediatamente connessa all'indirizzo politico, ha preferito attribuire alla

290 A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, I, Jovene, Napoli, 1984, 19.

291 Per una disamina recente sulle differenze di regime tra provvedimenti amministrazione attiva

e atti di alta amministrazione, con particolare riguardo all’obbligo di motivazione, cfr. M.P. GENE- SIN, L’attività di alta amministrazione fra indirizzo politico e ordinaria attività amministrativa, cit., 127 ss.

292 A.M.SANDULLI, Governo e amministrazione, cit., 749 s. Contra, A.MANNINO, Indirizzo po-

litico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, cit., 57, che critica come entro tale defini-

zione si insinua «una parte volitiva (gli orientamenti per l’appunto), che appare invece più corretto isolare concettualmente facendola confluire in quella di indirizzo amministrativo».

293 C. LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, cit., 681.

294 M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, I, Giuffrè, Milano, 1950, 117. In senso con-

forme M. NIGRO, Lineamenti generali, in G.AMATO,A.BARBERA (a cura di), Manuale di diritto pubblico, Il Mulino, Bologna, 1984, 818.

295 M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, cit., 117. 296 A.M. SANDULLI, cit., 19.

nozione di alta amministrazione un significato più ristretto. Questa impostazione viene sostenuta da Mario Nigro, sulla base del grado di specificazione che può as- sumere l’indirizzo politico e della distinzione rispetto all’«indirizzo politico- amministrativo».

Mentre l’indirizzo politico investirebbe lo Stato nella sua unità, dettando princi- pi o creando situazioni organizzative o sostanziali che hanno rilievo per l'intero ap- parato dei pubblici poteri e per l'intera comunità, la funzione di indirizzo politico- amministrativo ricade in un settore dell’amministrazione ed ha come scopo prima- rio quello di fissare i criteri di azione amministrativa relativi a quel settore297. Per- tanto, entro la categoria dell’alta amministrazione dovrebbero ricomprendersi solo gli atti che non impartiscono un indirizzo, ma che viceversa li rivelano, in quanto li attuano ed inverano un disegno politico che sta a monte298. Di converso, gli atti che solitamente sono classificati come di alta amministrazione, ma che esprimono un indirizzo e la predeterminazione di regole per la successiva azione amministrativa, andrebbero più propriamente collocati nella funzione di indirizzo politico- amministrativo. Quest'ultima, resta sempre attività politica e possiede i requisiti di novità e di libertà che invece mancano all'alta amministrazione, la quale è, almeno tendenzialmente, funzione applicativa299.

Posto questo assunto, l’Autore, tuttavia, non ne dà un applicazione del tutto coe- rente, perché ricomprende nell’alta amministrazione anche «atti di vero e proprio indirizzo operanti nei confronti della pubblica amministrazione»; tra essi vi sono anche «le direttive del CIPE»300. Così facendo, riprendendo un giudizio comune, si

297 M. NIGRO, Lineamenti generali, cit., 816. L’Autore osserva opportunamente come «vi è ov-

viamente una notevole difficoltà di distinzione fra i due tipi di attività politica (si pensi all'attività di manovra della spesa pubblica che può riguardare l'intera spesa o singoli settori di essa), anche per- ché la seconda attività sempre si collega direttamente alla prima e talvolta la «contiene» ed «espo- ne», e perché l'una e l'altra promanano dagli stessi soggetti e sono espresse dagli stessi (tipi di) atti».

298 M. NIGRO, Lineamenti generali, cit., 817. Il tipico caso è la nomina degli alti funzionari.

Questa impostazione ha suscitato l’opinione contraria di chi invece ritiene che «gli atti di alta am- ministrazione sono essi stessi atti di indirizzo (politico)-amministrativo», a motivo dalla tendenza in giurisprudenza ad operare una progressiva erosione della sfera dell'azione politica nell'intento di sottoporre a controllo anche provvedimenti a contenuto amministrativo ma connotati da una forte motivazione politica; G.B. GARRONE, Atto di alta amministrazione, cit., 540.

299 L’impostazione che tende ad isolare, o quantomeno ad esaltare, la funzione di indirizzo poli-

tico, o politico-amministrativo, espressa da alcuni atti riconducibili alla categoria di alta ammini- strazione non è certo isolata. Anche di recente, si propone di distinguere all’interno dell’alta ammi- nistrazione, da un lato, gli «atti che hanno un notevole contenuto di indirizzo politico, anche se sub- legislativo (come, per esempio, le direttive), così che l'ambito del sindacato giurisdizionale non può che essere più limitato di quello che riguarda un atto amministrativo concreto, tenuto al rispetto an- che degli atti di indirizzo sub-legislativo»; dall’altro, ci si riferisce ad «atti che condizionano in ma- niera determinante la realizzazione di un certo indirizzo politico», come, ad esempio, alcune nomine o revoche di titolari di organi con competenze di particolare importanza, e «che vengono pertanto trattati anch'essi alla stregua di atti di indirizzo»; v. D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pub- bliche. Una introduzione, Il Mulino, Bologna, 2012, 341.

300 Come le delibere CIPE, sarebbero impropriamente ricomprese nell’alta amministrazione an-

che l'approvazione di piani di coordinamento e di intervento da parte del Consiglio dei Ministri e alcune direttive di singoli Ministri (per esempio, le direttive del Ministro delle partecipazioni agli enti di gestione). Per coerenza, rileva l’Autore, andrebbero quindi qualificati come alta amministra- zione anche molti altri atti, come ad esempio le intese fra lo Stato e le Regioni; M. NIGRO, Linea-

ammette che «la categoria viene, oltre che probabilmente snaturata, ampliata oltre misura»301.

L’intero dibattito viene successivamente segnato dall’abolizione dell’esplicito riferimento alle competenze di alta amministrazione del Consiglio dei Ministri da parte della legge n. 400/1988, che ha sostanzialmente provocato una perdita di inte- resse nei confronti di tale nozione302.

Ci si interroga dunque se «possa correttamente parlarsi ancora di alta ammini- strazione o se non sia più corretto - tecnicamente - abbandonare un'espressione senza dubbio obsoleta»303. Si ritiene infatti che «nel contesto giuridico costituzio- nale vigente, l'attività definita di alta amministrazione, perdute le sue motivazioni originarie, è venuta assumendo una connotazione parzialmente diversa, esprimendo l'indirizzo politico (o di governo) nei confronti dell'amministrazione»304.

Questo declino della nozione determina una “polarizzazione” dell’alta ammini- strazione tra gli atti politici e gli atti amministrativi strictu sensu, ai quali vengono via via ricondotti. L’imposizione di vincoli a livello costituzionale e l’ampliamento dei soggetti titolari di indirizzo politico creano «una serie di spinte e controspinte tali che le due figure dell’atto politico e del provvedimento amministrativo, al di là di alcune fattispecie limite [...], danno vita ad un continuum in cui acquistano pre- gnante rilievo fasce intermedie di atti di indirizzo politico-amministrativo», tra cui potevano essere collocati gli atti di alta amministrazione, che rimangono comunque «di difficile attribuzione all’uno o all’altro»305.

Venuto meno il riferimento normativo agli atti di alta amministrazione, diviene sempre più necessario mettere a fuoco questa zona grigia nella quale si realizza questo continuum tra politica ed amministrazione e che viene denominato “indiriz- zo politico-amministrativo”. Questo permetterà anche di comprendere meglio, in astratto, quale posizione potrebbero occupare le pronunce del CIPE che, se nella forma sono amministrative, nella sostanza hanno un notevole rilievo politico vale- vole a distinguerle dagli altri provvedimenti amministrativi. È necessario, dunque, guardare al peso politico ed alla funzione “di indirizzo” che è sempre stata ricono- sciuta propria degli atti di alta amministrazione, nella particolare prospettiva del rapporto che si viene ad instaurare tra indirizzo politico e indirizzo amministrativo, nel quale, come si vedrà, si risolverebbero gli atti di alta amministrazione.

301 M. NIGRO, Lineamenti generali, cit., 820.

302 A tal proposito, si vedano le considerazioni di M.P. GENESIN, L’attività di alta amministra-

zione fra indirizzo politico e ordinaria attività amministrativa, cit., 58 ss. ed i richiami bibliografici.

303 F. CUOCOLO, Alta amministrazione, cit., 5.

304 Ibidem. Ciò sul presupposto che sia il Consiglio dei Ministri competente ad adottare l'indiriz-

zo amministrativo del Governo, «deliberando sulle questioni che esprimono, nel campo dell'ammi- nistrazione, quelle scelte che concretano la politica generale del Governo e che a buon diritto si ri- comprendono nell'alta amministrazione». Cfr. anche G. MARONGIU, L’attività direttiva nella teoria

giuridica dell'organizzazione, Cedam, Padova, 1988, 197, nt., 107, il quale, pur riconoscendo l'esi-

genza di individuare, tra la fase determinativa dell'indirizzo politico e quella attuativa, una fase in- termedia di indirizzo dell'azione amministrativa, esclude che si possa parlare in proposito di alta amministrazione, relegando tale nozione «ad una fase superata del rapporto tra politica e ammini- strazione».

7. (segue) la tensione tra indirizzo politico e indirizzo amministrativo

Mentre l’indirizzo politico è stato oggetto di ampi studi nella riflessione della giuspubblicistica, l’indirizzo amministrativo ha occupato uno spazio marginale306. Quanto allo specifico profilo dei rapporti tra indirizzo politico ed indirizzo ammi- nistrativo, in dottrina si ravvisano atteggiamenti sostanzialmente antitetici. Da una parte, si ritrova chi ha operato una ricostruzione in termini dicotomici, ovvero sepa- rando le due nozioni, anche in relazione al principio di legalità e imparzialità. Dall’altra, invece, vi è chi le ha congiunte, cogliendo forse più il profilo dell’interferenza del potere politico nell’amministrazione che non il fenomeno del ruolo “politico” dell’amministrazione307.

Può essere utile, dunque, richiamare alcune posizioni che esprimono in maniera paradigmatica queste due impostazioni, per cogliere gli elementi più utili che servi- ranno ad inquadrare, in via generale, la natura delle pronunce del CIPE.

La prospettiva assunta da chi sostiene la tesi dell’identità sostanziale tra indiriz- zo politico ed amministrativo è l’unità, intesa come mancanza - ovvero impossibili- tà - di divisione dell’attività di governo, che mantiene natura squisitamente politi- ca308. Tra le due forme di indirizzo non vi è differenza strutturale, poiché la sfera della politicità permea di sé l’attività di indirizzo in ogni aspetto, tanto quello pro- priamente politico che quello amministrativo. L’indirizzo promanante dal Governo è reputato esclusivamente politico, potendosi, al limite, distinguere tra indirizzo po- litico tout court, concernente l’azione dello Stato nella sua unità, e l’indirizzo poli- tico-amministrativo, volto ad unificare l’azione dei singoli apparati amministrati- vi309.

È questa l’impostazione privilegiata innanzitutto da Costantino Mortati, che, nell’ambito della sua più ampia riflessione sull’indirizzo politico310, sembrerebbe distinguere tra un indirizzo politico generale, «che presiede alla vita dello stato nel suo apparato centralizzato e supremo», ed un «indirizzo politico minore», o co- munque «subordinato all’altro ed esecutivo del medesimo (com’è l’attività direttiva dei Comitati di ministri, o di singoli ministri nell’ambito dei rispettivi dicasteri)»311. Tale distinzione, tuttavia, risulterebbe utile solamente a fini espositivi, perché l’indirizzo politico va comunque concepito «nel suo significato più comprensivo includente qualsiasi manifestazione riguardante la politica generale dello stato, o singoli suoi settori [...]; tanto quelle che si limitano a tracciare delle linee pro- grammatiche ed a dare impulso primario, quanto le altre che di essi costituiscono la prima e più diretta attuazione, esplicandosi o attraverso la via della legge oppure

306 E. PICOZZA, L’attività di indirizzo della pubblica amministrazione, cit., 75.