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3. I Comitati interministeriali e gli organi necessari del Governo, alla luce

3.2. I Comitati interministeriali ed il Presidente del Consiglio »

Proseguendo nell’analisi delle problematiche emergenti dai rapporti tra Comitati interministeriali ed organi endogovernativi, è necessario adesso passare alla figura del Presidente del Consiglio e, innanzitutto, cogliere la sua collocazione all’interno della struttura e del funzionamento del Governo. Anche in questo caso, come per il Consiglio dei Ministri, sarà poi necessario valutare i poteri che il Presidente è in grado di spendere per condizionare il funzionamento dei Comitati.

La dottrina costituzionalistica, sin dall’entrata in vigore della Costituzione, ha avvertito come il problema del ruolo del Presidente del Consiglio in seno al Gover- no sia essenziale per comprendere il vero volto della forma di governo. Si tratta, questo, di un profilo che riflette pienamente il nesso di dipendenza tra dinamiche politiche e ordinamento dell’esecutivo e che non poteva che suscitare divisioni nel- la riflessione teorica.

Secondo un certo orientamento, il Presidente del Consiglio non può essere con- siderato un Ministro o il primo dei Ministri, alla stregua di un primus inter pares200. Al Presidente, infatti, è attribuita una preminenza costituzionale che ne legittima

196 Così L. PALADIN, Governo italiano, cit., 707.

197 G. CUOMO, Unità ed omogeneità nel governo parlamentare, cit., 64

198 P. GIOCOLI NACCI, Comitati di Ministri e Comitati interministeriali, cit., 491. 199 P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 34 s. 200 G. CUOMO, Unità e omogeneità nel governo parlamentare, cit., 21 ss.

una eventuale preminenza materiale e nello stesso tempo fornisce al governo un centro effettivo di propulsione e di guida201. Sul piano giuridico, il Presidente del Consiglio sarebbe titolare di poteri di autonoma determinazione delle linee generali dell'attività del Governo, esercitate fin dal momento di formazione del Governo mediante la scelta dei Ministri, i quali accetterebbero di collaborare all'attuazione del "suo" programma. Secondo tale orientamento, si potrebbe affermare che il Pre- sidente del Consiglio «sia l'interprete autentico dell'indirizzo governativo ed in tale veste possa perciò emettere direttive che sono istituzionalmente vincolanti» nei confronti dei Ministri202.

All’opposto, vi è chi svaluta il principio monocratico e ritiene che «il Presidente del Consiglio abbia soltanto «forza» politica e debba precipuamente esplicare atti- vità di mediazione attraverso i tipici poteri di presidenza dell'organo collegiale Consiglio dei Ministri»203. La funzione presidenziale viene fatta coincidere sola- mente con una “influenza” che potrebbe essere esercitata per condizionare l’attività del Governo e dei Ministri, ma che si esaurisce solamente su di un piano politico.

Pur ritenendo prevalente il principio collegiale nella determinazione dell’indirizzo politico, tuttavia, i rapporti tra Premier e Ministri andrebbero meglio configurati secondo un modello intermedio tra quello fascista e quello statutario204. L’attribuzione dei poteri di direzione, coordinamento e promozione deve far rico- noscere al Presidente una posizione differenziata, anche se non di supremazia205. E, dunque, entro questi termini «ogni Presidente si distingue con nettezza dai rispetti- vi ministri, ed anzi conserva nei loro confronti una precisa preminenza, quali che siano il suo personale prestigio e la formula politica del suo Ministero»206.

Al di là dei modelli teorici tra i quali è possibile oscillare, per comprendere l’effettiva consistenza assunta dal principio monocratico può essere utile guardare al potere di direzione che l’art. 95, c. 1, Cost. affida al Presidente del Consiglio. Il problema dell'efficacia delle direttive presidenziali nei confronti dei Ministri desti- natari, infatti, appare prioritario per individuare concretamente il punto di equili- brio il momento monocratico ed il momento collegiale207. A partire da tale preroga-

201 Ivi, 22. A riprova, si invoca il fatto che le dimissione del Presidente del Consiglio provocano

le dimissioni dell’intero Gabinetto, mentre quelle di un Ministro possono anche solo provocare un semplice rimpasto. Tale preminenza, inoltre, si fonderebbe sulle prerogative costituzionali specifi- catamente accordategli, come le attribuzioni proprio di presidente di collegio, i rapporti con gli or- gani costituzionali, ecc. Per alcuni inquadramenti dell’organo Governo che esaltano il principio mo- nocratico, v. retro par. 3.

202 Ivi, 9. 203 Ibidem. 204 Ibidem.

205 P. CIARLO, Art. 95, cit., 376.

206 L. PALADIN, Governo italiano, cit., 700. Ciò deriva, tra l’altro, dalle sue funzioni nei proce-

dimenti di nomina, dal potere di dimissioni dell’interno Gabinetto o dal potere di direzione, quan- tomeno quale coordinamento dell'operato dei Ministri. Più in generale, i principali compiti esercita- bili dal Presidente del Consiglio, successivamente alla formazione del Governo, potrebbero venire suddivisi in tre categorie: il potere di agire per l'organo Governo nella sua interezza, ponendolo in rapporto con gli altri organi costituzionali dello Stato; il potere di regolare la concreta attività del Consiglio dei ministri; i poteri di coordinamento dell'operato di ogni componente del Governo, in quanto esso si svolga al di fuori del Consiglio (par. 14).

tiva e dalle forme con cui essa può estrinsecarsi, è possibile risalire alla posizione del Presidente del Consiglio e comprendere il carattere dei rapporti che intercorro- no tra questi e gli altri organi di governo, tra i quali, più in particolare, i Comitati interministeriali.

Innanzitutto, occorre premettere che il potere di direzione della politica generale del Governo si fonda sul presupposto per il quale, data la pluralità di soggetti che compongono l’esecutivo, sarebbe estremamente aleatoria la possibilità di attuare in modo organico ed unitario l’indirizzo politico senza la presenza di un soggetto che sia a questo subordinato, ma che abbia tuttavia un prestigio ed una sfera di poteri tali da assumere un’effettiva preminenza208.

Se, in base ad un argomento letterale, “dirigere” non vuol dire “determinare” la politica generale del Governo209, vi è, tuttavia, una certa difficoltà nell’inquadrare l’effettivo contenuto dell’espressione utilizzata dall’art. 95 della Costituzione210. Così, se “dirigere la politica generale del governo” può significare indirizzare l’attività dei Ministri e dello stesso Consiglio alla realizzazione di determinati fini, rimane aperto l’interrogativo sulla portata che questo potere può assumere. Astrat- tamente considerato, infatti, il potere di direzione può consistere tanto nell’individuazione dei fini211, quanto, più semplicemente, nel guidare alla loro rea- lizzazione l’attività di più organi e soggetti212.

Essere titolare del potere di direzione non rende il dominus del potere di indiriz- zo213, ma, quantomeno, conferisce un potere tale da rendere compartecipe della sua definizione214. Di fatto, ad esempio, è il Presidente del Consiglio che dispone dell'ordine del giorno del Consiglio, ed è lui a stabilire se una determinata questio- ne andrà sottoposta a deliberazione consiliare in quanto ricompresa nell'attuazione dell'indirizzo ovvero nella sua stessa determinazione215. Il Presidente del Consiglio, dunque, benché subordinato all’indirizzo precedentemente fissato dal collegio che egli presiede, si presenta come organo di propulsione di tutta l’attività politicamen- te rilevante compiuta dal Governo, e, di conseguenza, condiziona notevolmente sia

208 A.MANNINO, Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, cit., 94. 209 E. CHELI, Atto politico e funzione d’indirizzo politico, cit., 149.

210 Cfr. G. FERRARA, Il governo di coalizione, cit., 152, secondo cui «siamo nell’ambito delle re-

lazioni interorganiche che hanno connotazioni caratterizzate da linee che più che per il loro spessore collegano organi ad organi per la precisione e l’eleganza del loro disegno e per l’idoneità di questo disegno a costruire un ordito capace di esprimere compiutamente ed efficacemente la ragione del rapporto stesso».

211 Così V. CRISAFULLI, Per una teoria giuridica dell’indirizzo politico, cit., 82, secondo cui

«chi dice direzione dice necessariamente anche fine, al quale tende e si rivolge la direzione, in quan- to dirigere non si può se non, appunto, ad un fine determinato, ad uno piuttosto che ad un altro fi- ne»; di conseguenza, «in tale concetto è dunque già essenzialmente implicita [...] la predetermina- zione dei fini ai quali deve tendere di volta in volta l’azione statale».

212 A.MANNINO, Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, cit., 87. 213 Ibidem.

214 Ne deriva come non si possa condividere sino in fondo le considerazioni di A.MANNINO, In-

dirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, cit., 89, secondo cui «non avere

menzionato il potere di determinare significa escludere che esso spetti al presidente, mentre dalla direzione e dal coordinamento espressamente attribuiti, e finalizzati non alla sua elaborazione, bensì al suo mantenimento, si deduce al contempo che l’indirizzo preesiste rispetto all’attività del presi- dente, a questi spettando soltanto il compito di garantirne l’organica ed unitaria attuazione».

l’attività del Consiglio che quella posta in essere individualmente dai singolo Mini- stri216.

Per comprendere più specificatamente i confini del potere di direzione è neces- sario dare un’interpretazione globale ed unitaria ai due periodi che compongono il primo comma dell’art. 95 Cost. Potrebbe dirsi che “promozione” e “coordinamento” non sono che aspetti del più generale potere di “direzione” presidenziale. L’art. 95, dunque, non attribuisce poteri di indirizzo al Presidente, ma affida il compito di mantenere l’unità proprio attraverso la promozione ed il coordinamento, precisando così i termini dell’estensione dei suoi poteri217. In questo senso, in via approssima- tiva218, con il potere di promozione si possono intendere tutte quelle attività di sol- lecitazione e di stimolo che il Presidente può compiere per dare impulso agli atti d’iniziativa ministeriale, qualunque sbocco essi siano destinati ad avere: consiliare, parlamentare, di Comitati interministeriali. Il potere di coordinamento, diversamen- te, rende il Presidente il primo garante dell’attuazione degli indirizzi programmatici, abilitandolo a porre in essere tutte quelle iniziative necessarie per perseguire l’unità di indirizzo, nell’ambito di una struttura governativa articolata su una pluralità di soggetti ed uffici aventi competenze distinte219. In realtà, rimane pur sempre diffi- cile distinguere fino a che punto si tratti di un potere di indirizzo della politica ge- nerale di governo oppure si configuri un'attività di coordinamento o di promozione da parte del Presidente, presentandosi «estremamente sfuggente il limite fra queste due tipologie di funzioni»220.

A tali tipologie di attività, inoltre, devono aggiungersi il complesso dei poteri legati all’esplicarsi delle funzioni di presidente di collegio. Tali prerogative non si limitano solamente all’attività di direzione del Consiglio dei Ministri221; il Presi- dente del Consiglio può usufruire di un sistema di “collegialità funzionalizzata” ai suoi poteri di direzione e coordinamento, tanto nel Consiglio, quanto in altri organi, come il Consiglio di Gabinetto o i Comitati interministeriali222. Questo sistema, fra l’altro, conferisce al Presidente un considerevole potere di influenza, implicando il potere di scegliere quale sede decisionale privilegiare e quali Ministri associarvi.

L’oggetto stesso della “politica generale”, in definitiva, potrebbe individuarsi con l’attività presidenziale di promozione e coordinamento dell’attività dei Ministri

216 A.MANNINO, Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, cit., 93. Cfr.,

inoltre, G. PITRUZZELLA, Il Presidente del Consiglio dei Ministri e l’organizzazione del Governo, Cedam, Padova, 1986, 273, secondo cui, accogliendo una nozione ampia di indirizzo politico, che vada al di là dell’adozione del programma di governo e dei successivi aggiornamenti, problematizza l’affermazione secondo cui è il Consiglio dei Ministri il solo organo competente a determinare l’indirizzo politico, argomentando come anche il Presidente del Consiglio, attraverso il potere di di- rettiva ed i suoi poteri di influenza, concorra alla sua determinazione.

217 A.MANNINO, Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, cit., 88 s. 218 Sulla difficoltà di definire in termini generali i poteri di direzione e coordinamento, dovendo

sempre rapportarsi ai contesti istituzionali in cui essi si applicano, v. P. CIARLO, Art. 95, cit., 377 e ed i rimandi ivi contenuti.

219 P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 42 s. Più ampiamente,

v. E. CATELANI, Art. 95, cit., 1846 s.

220 E. CATELANI, Art. 95, cit., 1846.

221 L. PALADIN, Governo italiano, cit., 702 s.; A.MANNINO, Indirizzo politico e fiducia nei rap-

porti tra Governo e Parlamento, cit., 92 ss.; S. LABRIOLA, Il Governo della Repubblica, cit., 83 ss.; G. PITRUZZELLA, Art. 92-93, cit., 149 ss.

posta da loro in essere in ogni sede, tra cui i Comitati interministeriali, ed anche con i risultati prodotti da tale attività, che deve essere funzionalizzata rispetto all’indirizzo politico223.

Occorre poi interrogarsi sull’efficacia che l’attività di direzione del Presidente del Consiglio può esercitare nei confronti dei soggetti destinatari. Nell'attuale si- stema, non sembra vi siano sufficienti elementi per giustificare l'obbligatorietà del- le direttive224. Le direttive, innanzitutto, si inseriscono in rapporti organizzatori che certamente non sono di tipo gerarchico e, in generale, è opinione diffusa che non sussista tra Presidente del Consiglio e Ministri un rapporto di gerarchia225, bensì di direzione226. Al Presidente è quindi preclusa la possibilità di avocare, ordinare o sostituire227. In secondo luogo, la violazione delle direttive non può comportare sanzioni specifiche; l’atto ministeriale difforme alla direttiva, infatti, non può rite- nersi affetto da illegittimità228. In terzo luogo, le direttive sono di norma strumenta- li al conseguimento delle finalità previste nell'accordo di governo, la cui interpreta- zione “autentica” finisce con il rientrare sostanzialmente, se non formalmente, nell'area di competenza dei partiti della coalizione. Non è possibile pensare al pote- re di direzione come qualcosa da assimilare ad un rapporto in cui il potere si estrin- sechi con forza coattiva, poiché sono in gioco rapporti politici in cui Presidente e Ministri hanno alle spalle realtà partitiche e forze politiche che conferiscono un pe- so variabile e condizionante. Il potere di direzione, quindi, va costruito di volta in volta229.

Essendo privo di strumenti giuridici finalizzati ad imporre la propria volontà, deriva che la supremazia del Presidente del Consiglio all’interno del Governo deb- ba considerarsi effettivamente limitata230. Tuttavia, ammesso il carattere non co- gente delle direttive nell’attuale assetto della forma di governo, occorre adottare una prospettiva diacronica per comprendere come possa variare il vincolo “politico” imposto da tale manifestazioni di volontà presidenziale, sia in ragione degli inter- venti normativi che ne hanno dettato una disciplina, sia, altresì, del peso “politico” progressivamente guadagnato dal Presidente del Consiglio231.

L’art. 95 della Costituzione deve, innanzitutto, essere interpretato alla luce della legge n. 400/1988232. Ai fini della presente riflessione, occorre sottolineare come tale intervento legislativo cerchi di interpretare l’esigenza di frenare la ministeria- lizzazione del Governo stabilendo un asse privilegiato tra Consiglio dei Ministri e

223 G. FERRARA, Il governo di coalizione, cit., 144. 224 P.A. CAPOTOSTI, Governo, cit., 10.

225 Così G. FERRARA, Il governo di coalizione, cit., 151;

226 Cfr., su tutti, G. QUADRI, I Comitati di Ministri, cit., 342; L. PALADIN, Governo italiano, cit.,

693.

227 L. PALADIN, Governo italiano, cit., 693 s.; A. RUGGERI, Il Consiglio dei Ministri nella Costi-

tuzione italiana, cit., 267.

228 G. PITRUZZELLA, Art. 92-93, cit., 151 s. 229 G. FERRARA, Il governo di coalizione, cit., 153.

230 A.MANNINO, Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, cit., 90. 231 Secondo P. CIARLO, Art. 95, cit., 379, «la direttiva è lo strumento più esposto ai mutamenti

del sistema partitico: le sanzioni per la sua violazione sono, infatti, solo politiche e, quindi, la sua forza vincolante dipende direttamente dalla forza politica del Presidente».

Presidente del Consiglio, potenziando, in particolare, la funzione di coordinamento di quest’ultimo233. A questo proposito, l’art. 5, c. 2, lett. a), stabilisce che il Presi- dente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'art. 95, c. 1, Cost., «indirizza ai mini- stri le direttive politiche ed amministrative in attuazione delle deliberazioni del Consiglio dei ministri nonché quelle connesse alla propria responsabilità di dire- zione della politica generale del Governo».

Quanto alle direttive del primo tipo, viene innanzitutto confermato il principio dell’efficacia vincolante delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri rispetto all’esercizio delle funzioni di governo, nella presunzione che esse siano assunte nell’ambito dell‘indirizzo politico del Governo. In questo caso, le direttive presi- denziali hanno natura amministrativa e possono agire come ulteriore specificazione delle delibere consiliari, trovando in queste un limite234. Le previsioni della legge n. 400/1988, inoltre, hanno conferito alle direttive amministrative presidenziali una portata ampia, perché non solo limitate agli apparati ministeriali o ai Ministri; esse, più in generale, possono essere anche finalizzate ad «assicurare l'imparzialità, il buon andamento e l'efficienza degli uffici pubblici» (art. 5, c. 2, lett. e).

Diversamente, il Presidente può adottare le direttive connesse alla propria re- sponsabilità di direzione della politica generale ex art. 95 Cost., ma le direttive di questo tipo, a differenza dalle prime, hanno natura solamente politica. Viene così garantita l’indipendenza dei Ministri nell’esercizio dei propri poteri dicasteriali, ai quali viene imposto solamente il limite generale derivante dal carattere unitario dell’indirizzo governativo235.

La linea di demarcazione tra le due siffatte tipologie di direttive, rispettivamente amministrative e politiche, si presenta come molto labile e può essere molto diffici- le operare una netta distinzione236. Nonostante ciò, in linea teorica, dovrebbe poter- si distinguere un differente regime237: le direttive politiche sono caratterizzate da

scarsa reperibilità, sono rivolte a Ministri, senza intaccare sfera giuridica di terzi, e non pongono vincoli giuridicamente sanzionabili; viceversa, le direttive ammini- strative godono di una maggior pubblicità, sono rivolte agli apparati amministrativi ministeriali e coinvolgono indirettamente la sfera giuridica di terzi, oltre a condi- zionare la legittimità degli atti amministrativi attuativi.

Occorre inoltre sottolineare che in questo, come in altri casi, il Presidente agisce per la garanzia delle attribuzione del Consiglio e non per le proprie. A questa me- desima ratio può essere ricondotto il potere di coordinamento e promozione dell'at- tività ministeriale in ordine agli atti che riguardano la politica generale del Governo, ex art. 5, c. 2, lett. b), o il potere di sospensione degli atti ministeriali, allo scopo di

233 P. CIARLO, La legge sulla presidenza del consiglio e l’evoluzione della forma di governo, in

Il Foro italiano, V, 1989, col. 312.

234 S. LABRIOLA, Il Governo della Repubblica, cit., 98; G. PITRUZZELLA, Art. 92-93, cit., 151 s. 235 S. LABRIOLA, Il Governo della Repubblica, cit., 99; G. PITRUZZELLA, Art. 92-93, cit., 154 s. 236 Cfr. E. CATELANI, Direttiva (dir. amm.), in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di diritto pub-

blico, cit., III, 1856, secondo cui le direttive presidenziali possono comunque classificarsi come po-

litico-amministrative, «in quanto l’attività di indirizzo è strettamente connessa con le scelte di natu- ra amministrativa che consentono di attuare la politica generale». Più approfonditamente, sulla ten- sione fra politica/amministrazione che informa il potere di direttiva cfr. EA., Contributo allo studio delle direttive interorganiche, Giappichelli, Torino, 1999, 32 ss.

237 M. P. GENESIN, L’attività di alta amministrazione fra indirizzo politico e ordinaria attività

sottoporli al Consiglio ed eventualmente attivare le sue competenze, di cui alla suc- cessiva lett. c).

In ogni caso, rimane in capo al Ministro il potere deliberativo rispetto ai singoli provvedimenti, mentre al Presidente, si potrebbe dire, spetta il potere di coordina- mento o di rimozione dell’eventuale inerzia ministeriale238.

Infine, va ricordato come il Presidente possa «deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti» (art. 5, c. 2, lett. c-bis). Quando, quindi, l’attività dei Ministri non rimane limitata all’organizzazione e all’indirizzo del proprio dicastero, ma può in- fluire sulla politica generale del Governo, il Presidente assume il ruolo di garante e di responsabile dell’indirizzo politico derivante dal programma di governo, poten- do, ancora una volta, deferire al collegio la decisione ultima239.

Oltre al potere presidenziale di direzione in senso stretto, occorre citare, da ulti- mo, anche il potere di remissione al Consiglio dei Ministri. Questa prerogativa pre- sidenziale, infatti, viene storicamente ritenuta, se non l’unica, quantomeno la più efficace240. La parte essenziale dello sforzo del Presidente, infatti, deve tendere a far prevalere il principio collegiale; «giuridicamente, è questa la via per conservare, in ultima analisi, un significato all'art. 95 comma 1 cost.»241. Il potere di remissione a favore del Consiglio è stato formalizzato all’art. 3, c. 3, lett. f), della legge n. 400/1988, con il quale si specifica che sono sottoposti alla deliberazione del Consi- glio dei Ministri «gli altri provvedimenti per i quali [...] il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga opportuna la deliberazione consiliare». Non si tratta, questa, di una mera facoltà presidenziale, ma va contestualizzata con le coordinate costituzio- nali sul ruolo del Presidente242. Da una parte, infatti, il Presidente è "obbligato" ad