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Se si volesse porre a raffronto, su un piano generale, organi endogovernativi ne- cessari e Comitati interministeriali, allo scopo di fare emergere le problematiche di rilievo costituzionale, sarebbe prima necessario quantomeno inquadrare entrambi i termini in rapporto. È opportuno, dunque, dar conto delle principali classificazioni con cui, a livello descrittivo, vengono inquadrati i Comitati interministeriali per of- frirne una prima panoramica sistematica.

In generale, l’istituto dei Comitati non ha suscitato un interesse adeguato al suo rilievo, dando origine a riflessioni sostanzialmente non supportate da una piatta- forma di teoria generale sufficientemente approfondita32. Si potrebbe osservare come le classificazioni più risalenti rispondano essenzialmente a meri fini descritti- vi, senza la preoccupazione, fatta propria da altre riflessioni, di offrire una più di- retta giustificazione in termini di ammissibilità nel complessivo sistema costituzio- nale. Di seguito, verrà offerta una panoramica delle prime, riservando di richiamare le seconde - per quanto utile ai fini della presente indagine - al momento dell’analisi specifica dei rapporti tra Comitati interministeriali ed organi del Go- verno.

Nei primi anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione sono state elaborate diverse classificazioni sulla base di differenti criteri. A fini meramente descrittivi, si distingueva, in ragione dell’atto istitutivo, tra Comitati istituiti dal Governo stes- so con provvedimento del Presidente del Consiglio e Comitati istituiti con legge33. Questa distinzione trova eco anche nella legge n. 400/1988, ove si parla di «Comi- tati di Ministri» istituiti con d.P.C.M., con il compito «di esaminare in via prelimi- nare questioni di comune competenza, di esprimere parere su direttive dell'attività del Governo e su problemi di rilevante importanza da sottoporre al Consiglio dei ministri, eventualmente avvalendosi anche di esperti non appartenenti alla pubblica amministrazione» (art. 5, c. 2, lett. h), di «Comitati di ministri» in generale, «com- presi quelli non istituiti con legge» (art. 7, c. 1), e di «Comitati interministeriali previsti dalle leggi vigenti» (art. 6, c. 3, e art. 7, c. 1). I primi troverebbero fonda-

31 Secondo la prospettiva privilegiata anche da P.A. CAPOTOSTI, Governo, cit., 7 s.

32 Così, P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 93 ss., cui si

rinvia anche per il rilievo della bibliografia citata.

mento nelle prerogative costituzionalmente accordate al Presidente del Consiglio dall’art. 95 e dovrebbero limitare le loro funzioni proprio al mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo34. I secondi troverebbero implicito fondamento nella riserva di legge all’art. 95, c. 3, Cost. ed all’originario art. 97, c. 1, rientrando nell’ambito della determinazione delle attribuzioni e dell’organizzazione dei ministeri35.

Da questa prima distinzione se ne fa derivare un’altra, incentrata sul tipo di fun- zioni esercitate. A questo proposito, si suole distinguere tra Comitati che possiedo- no la natura di organi puramente interni ed organi con funzioni esterne36. Quanto ai primi, si dice che possiedono funzioni meramente preparatorie, consultive o esecu- tive rispetto alle altre competenze del Governo37, e dunque hanno un rilievo mera- mente “di fatto”38. La loro attività non potrebbe che essere preparatoria e ufficiosa, senza conseguenze giuridiche, rispondendo ad esigenze perlopiù temporanee in re- lazione all’esame di problemi particolarmente complessi e tecnici39. Da questi si distinguerebbero i Comitati con funzioni esterne, cui vengono attribuite specifiche competenze a deliberare singoli atti amministrativi o direttive generali da valere per soggetti estranei all’apparato amministrativo statale40.

In base alla formazione interna, invece, si distinguono poi Comitati a composi- zione rigida e Comitati a composizione elastica, a seconda che l’atto istitutivo pre- veda o meno l’integrabilità ad iniziativa del Comitato stesso41. Secondo questa lo- gica, per i Comitati istituiti con legge la rigidità rappresenterebbe garanzia di lega- lità per quelle competenze di immediata efficacia esterna.

Sempre secondo la composizione, dai Comitati a composizione ministeriale “pu- ra” si distinguono quelli a composizione “mista”, nei quali figurano in prevalenza Ministri e vengono consentite possibili integrazioni con soggetti esterni, quali esperti o funzionari42.

34 G. TREVES, Comitato interministeriale, cit., 595.

35 Ibidem; P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 66 ss.

36 G. TREVES, Comitato interministeriale, cit., 595; V. BACHELET, Comitati interministeriali, cit.,

766; P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 71 ss.

37 V. BACHELET, Comitati interministeriali, cit., 766.

38 Critico sulla qualificazione come “organi di fatto” 38 G. QUADRI, I Comitati di Ministri, cit.,

21, il quale osserva come un d.P.C.M. non sia «certo un fatto, ma un atto (volontario), politico e amministrativo».

39 G. TREVES, Comitato interministeriale, cit., 595.

40 Ivi, 596; V. BACHELET, Comitati interministeriali, cit., 766. Critico P. CIRIELLO, Ordinamento

di Governo e Comitati interministeriali, cit., 74 ss., il quale, richiamando le analisi teoriche sui con-

cetti di attività “interna” ed “esterna”, contesta simile distinzione e, ritenendo la riserva all’art. 95, u.c., di carattere assoluto ed estendibile anche ai Comitati, ritiene che l’istituzione di qualsiasi Co- mitato esiga l’intervento di una legge. Viceversa, per Quadri, nonostante vi sia differenza formale degli atti istitutivi, Comitati interni ed esterni «rispondono ad un’unica, identica ratio: inserire nell’organizzazione del Governo degli organi non prima conosciuti, che si affiancano agli organi tradizionali dell’esecutivo»; G. QUADRI, I Comitati di Ministri, cit., 21. Poca importanza assume anche la questione della riserva di legge per la creazione dei Comitati e la prospettiva della rilevan- za interna o esterna, in quanto peccano di un’impostazione da una prospettiva prettamente ammini- strativistica. Secondo l’Autore, i Comitati assumerebbero attualmente un rilievo di tipo politico e costituzionale. Conta l’individuazione sostanziale dell’organo decisionale (28 ss.).

41 V. BACHELET, Comitati interministeriali, cit., 766 s.

42 V. BACHELET, Comitati interministeriali, cit., 767; G. TREVES, Comitati interministeriali, cit.,

Quanto alla “missione” svolta, possono esser previsti Comitati temporanei ad hoc, la cui esistenza è legata ad una specifica ragione istitutiva, e Comitati per i quali non viene stabilito espressamente un termine, destinati a sopravvivere ai Go- verni che li istituiscono senza che vi sia bisogno di alcuna forma di “rinnovo”43.

Infine, un’ultima distinzione potrebbe essere tracciata tra Comitati “di Ministri” e Comitati “interministeriali”. La stessa legge n. 400/1988 sembrerebbe farvi rife- rimento, nelle disposizioni in cui - come visto - si parla di «Comitati di Ministri» istituiti con d.P.C.M. (art. art. 5, c. 2, lett. h) e di «Comitati di Ministri e quelli in- terministeriali istituiti per legge» (art. 6, c. 3), oltre a quelle in cui viene conferita delega al Governo per ridurre e riordinare «i Comitati di Ministri, compresi quelli non istituiti con legge, ed i Comitati interministeriali previsti dalle leggi vigenti» (art. 7, c. 1). Il dato letterale della disciplina richiamata, tuttavia, sembra non con- sentire di tracciare una chiara distinzione tra due tipologie di Comitati diverse sulla base dell'atto istitutivo. Per quanto riguarda i Comitati di Ministri, infatti, la legge prevede che il Presidente del Consiglio possa istituirne con proprio decreto, ma fa anche riferimento ai Comitati di Ministri «compresi quelli non istituiti con legge», lasciando intendere, a contrario, che essi possano essere istituiti anche con atto le- gislativo. Analoga conclusione si può trarre poiché, nel riferimento ai «Comitati di Ministri e quelli interministeriali istituiti per legge», la congiunzione "e" induce a ritenere che entrambi i tipi di Comitati possano essere istituiti con legge. Dunque, da una parte, sebbene si faccia riferimento esclusivamente ai Comitati interministe- riali istituiti con legge, non si esclude «la legittimità della loro istituzione con atto amministrativo»44, e, dall’altra, se l’art. 5 prevede la possibilità espressa di istituire Comitati di Ministri con d.P.C.M., si fa «salva la possibilità che altra legge ne pre- veda alcuno»45. In definitiva, sembrerebbe che non vi sia una rigorosa distinzione tra “Comitati di Ministri” e “Comitati interministeriali”, per cui le due espressioni pare possano essere utilizzate fungibilmente, dovendo invece guardare alla sostan- za dei poteri attribuiti all’organo caso per caso46.

Altre differenti classificazioni partono da un certo inquadramento teorico, ma si limitano a tracciare una possibile distinzione senza approfondire la riflessione sul fondamento, la legittimità o i limiti dell’attività dei Comitati.

nella sua composizione pure tre esperti nominati dal Presidente del Consiglio, oppure il Comitato per il credito e risparmio di cui al d.l. n. 691/1947, alle cui sedute partecipa anche il Governoatore della Banca d’Italia.

43 V. BACHELET, Comitati interministeriali, cit., 768.

44 P. GIOCOLI NACCI, Comitati di Ministri e Comitati interministeriali, in Studi in onore di Giu-

seppe Guarino, Cedam, Padova, 1998, 479.

45 Ibidem.

46 Ivi, 498. Contra S. LABRIOLA, Il Governo della Repubblica, cit., 153, secondo cui sembrereb-

be da accogliere «la concezione che configura il comitato interministeriale come organo collegiale del Governo, composto da Ministri, funzionari direttivi della pubblica amministrazione ed esperti ad essa estranei, dotato di competenza qualificata sul piano del coordinamento e/ o su quello della di- rettiva, i cui atti, di contenuto anche consultivo, hanno generalmente rilevanza esterna. I comitati di Ministri, invece, sono composti da Ministri, e svolgono compiti rivolti a realizzare l'intesa tra le se- zioni dicasteriali che vi sono rappresentate, e quindi sono destinati ad esplicare una attività di razio- nalizzazione dei rapporti intragovernativi».

A quest’ultime potrebbero essere innanzitutto ricondotte la classificazioni elabo- rate in termini di scienza dell’amministrazione47. Secondo altre ricostruzioni teori- che, la nascita dei Comitati interministeriali viene ancorata all'art. 5 Cost., nella parte in cui fonda il principio del decentramento funzionale48. Questa tesi, nata con riferimento a Comitati “a livello funzionari”, ovvero ad organi collegiali ammini- strativi, è stata successivamente estesa a livello di Comitati interministeriali in sen- so stretto, e forse in questo, nonostante gli interessanti spunti offerti, trova il suo principale limite teorico49.

Infine, meritano di essere ricordate le distinzioni che classificano i gruppi di de- finizioni dei Comitati in due categorie50: le definizioni “funzionali” e quelle “strut- turali”. Le prime, «per determinare il concetto di Comitato fanno leva sul “fine” o sulla “funzione” per i quali i nuovi organi di governo vengono istituiti»; le seconde, invece, «ricostruiscono la figura del Comitato in base alla posizione che questo viene ad assumere rispetto agli altri organi che compongono il Governo, e soprat- tutto rispetto al Consiglio dei Ministri»51.

47 U. POTOTSCHNIG, Gli organi dell'amministrazione statale. Profili generali, in Archivio ISAP,

1962, I, 75 ss., richiamata da P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., p. 94, nt. 6. L’Autore distingue fra: Comitati del tutto superflui perché sorti unicamente in conse- guenza della insoddisfacente ripartizione di competenze fra i diversi Ministeri (es. Comitato inter- ministeriale per la previdenza agli statali o Comitato di Ministri per il soccorso invernale); Comitati istituiti per l'integrazione di un ordinamento sezionale e perciò essenziali per l'organizzazione am- ministrativa di taluni settori della vita economica del paese (es. Comitato interministeriale per le PPSS, C.I.C.R.); Comitati preposti al coordinamento degli interventi previsti da leggi speciali, i quali sorgono, inizialmente, come organi temporanei, ma spesso tendono ad acquisire poi il caratte- re della stabilità {es. Comitato di Ministri per il Mezzogiorno e quello per le aree depresse del cen- tro-nord); Comitati con compiti unicamente istruttori rispetto alle deliberazioni di competenza del Consiglio dei Ministri {es. C.I.R.); e, infine, un'ultima categoria cui appartiene il C.I.P. (Comitato interministeriale prezzi). Il medesimo A. esprime altresì un'opinione largamente favorevole in ordi- ne all'introduzione dei Comitati interministeriali, ritenendo che «la presenza di tali Comitati ha rap- presentato forse l'unico vero punto di rottura, rispetto al passato, introdotto nell'ordinamento dell'amministrazione centrale da quindici anni ad oggi; sicché non v'è ragione per negare che pro- prio attraverso l'assestarsi di una struttura di tal fatta potrà forse maturare in futuro anche una rifor- ma più radicale dell'organizzazione amministrativa tuttora esistente in Italia» (ivi, 81).

48 V. SICA, Comitati governativi, gestioni autonome e personalità giuridica, in Rassegna di di-

ritto pubblico, 1956, 152 ss.; ID, Le associazioni nella costituzione italiana, Jovene, Napoli, 1957, 14, nt. 20, ove si specifica che «la rilevanza di tali Comitati va collegata nell’ordinamento italiano allo stesso adeguarsi dell’apparato organizzativo statale - per l’art. 5 della Costituzione - alle esi- genze funzionali dello Stato contemporaneo».

49 Così P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 101 ss., richia-

mato da D. CODUTI, I comitati interministeriali, cit., 65 ss.

50 G. QUADRI, I Comitati di Ministri, cit., 3 ss.

51 Nell'ambito delle prime, l’Autore colloca quelle definizioni che concepiscono i Comitati di

Ministri come «organi di coordinamento» (Zanobini, Sandulli), come «organi di coordinamento nel campo dell'economia » (Bachelet), come «organi di istituzionalizzazione dell'istituto del concerto» (Barile e Bachelet), infine, come organi competenti per le decisioni politiche di minore importanza (secondo alcuni autori inglesi). Nell’ambito delle seconde, vengono collocate le definizioni che concepiscono i Comitati come organi sostitutivi dei singoli Ministri a capo di particolari settori del Governo che rientrerebbero nella competenza di vari Ministeri, o addirittura come organi che sosti- tuiscono i Ministri nella direzione di singoli dicasteri (Alessi), come organi ausiliari del Presidente del Consiglio dei Ministri che svolgono, in sua sostituzione o sotto il suo immediato controllo, una analoga funzione di direzione e di coordinamento dell'attività del Governo (Treves), come organi ausiliario o secondario del Gabinetto (Tesauro), vuoi in funzione «preparatoria» (Treves e Cuomo)

In definitiva, è possibile fare riferimento ad un complesso «sistema dei Comita- ti» di carattere eterogeneo, per struttura e fini, tale da rendere impossibile una vera reductio ad unum52. Al di là delle possibili distinzioni, che guardano alla genesi, alla struttura o alle funzioni, la prospettiva migliore dalla quale guardare ai Comita- ti - e più specificatamente al CIPE - per risolvere i problemi di compatibilità con il sistema costituzionale, dipende soprattutto dalle funzioni svolte53. È questa la dire-

zione, dunque, nella quale si svilupperà l’indagine, in rapporto a ciascun organo endogovernativo.

3. I Comitati interministeriali e gli organi necessari del Governo, alla luce