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204 A questo proposito, il CIPET adotta direttive per l'elaborazione e l'adeguamento dei piani re-

gionali dei trasporti al Piano generale dei trasporti (art. 2, c. 1, lett. h); provvede con cadenza trien- nale, sentite le regioni, all'aggiornamento del Piano generale dei trasporti che dovrà indicare per il triennio di riferimento l'ammontare di risorse pubbliche da destinare al finanziamento di interventi nel settore del trasporto rispettivamente di parte corrente e di parte capitale (lett. i). Il CIPET, inol- tre, esercita su delega del Consiglio dei Ministri e con riferimento ad esigenze di carattere unitario attinenti alla programmazione economica nel trasporto, nonché ad impegni derivanti da obblighi in- ternazionali e comunitari, le funzioni di cui agli articoli 4, 5 e 6 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, limitatamente agli interventi di attuazione degli obiettivi previsti dal Piano generale dei trasporti (lett. l).

205 S. MERLINI, Il governo, in G. AMATO, A. BARBERA, Manuale di diritto pubblico, II,

L’organizzazione costituzionale, Il Mulino, Bologna, 1991, 436.

206 A. RUGGERI, Il Consiglio dei Ministri nella Costituzione italiana, cit., 223.

207 S. MERLINI, Il governo, in G. AMATO,A.BARBERA, Manuale di diritto pubblico, cit., 1991,

438.

208 S. MERLINI, Il governo, cit., 1991, 438. 209 S. MERLINI, Il governo, cit., 1991, 437.

210 D. SORACE, Introduzione, in D. SORACE (a cura di), I Comitati interministeriali economici.

Quella politica istituzionale che tende, ciclicamente, a privilegiare la centralità del CIPE in ordine alla politica economica trova un momento di riaffermazione nella legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante “Interventi correttivi di finanza pub- blica”.

L’art. 1, c. 21, sopprime una serie di Comitati interministeriali allora operanti, fra i quali il Comitato interministeriale per il coordinamento della politica indu- striale (CIPI), il Comitato interministeriale per la politica economica estera (CI- PES), il Comitato interministeriale prezzi (CIP), il Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (CIPET), nonché gli altri comitati inter- ministeriali «che prevedano per legge la partecipazione di più Ministri o di loro de- legati»211. Si decide, invece, per il mantenimento in vita, fra l’altro, del CIPE e del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR)212

Con regolamenti di delegificazione, da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988, si dispone che entro novanta giorni dall’entrata in vigo- re della legge si proceda «a definire le funzioni dei soppressi Comitati e a riordina- re organicamente la disciplina della normativa nelle relative materie, anche attra- verso le modifiche, le integrazioni e le abrogazioni normative necessarie» (art. 1, c. 24). A questo proposito, vengono dettati una serie di «criteri e principi», quali: at- tribuzione al CIPE «delle funzioni in materia di programmazione e di politica eco- nomica nazionale, nonché di coordinamento della politica economica nazionale con le politiche economiche comunitarie» (lett. a); utilizzazione della Conferenza Sta- to-Regioni «a fini di coordinamento delle attività regionali» (lett. b); attribuzione «alla responsabilità individuale dei Ministri con competenza prevalente delle fun- zioni e dei compiti settoriali» (lett. c); attribuzione alle Regioni «della potestà legi- slativa o regolamentare nelle materie esercitate dai soppressi Comitati, che rientri- no nella sfera di competenza delle Regioni stesse» (lett. d)213.

La volontà di valorizzare nuovamente il ruolo del CIPE sembrerebbe suffragata, dunque, non soltanto dall’eliminazione di molti dei Comitati che avevano perso la loro carica innovativa e forza propulsiva, con un conseguente riaccentramento al CIPE delle funzioni di programmazione, ma anche dal passaggio di molte attività amministrative specifiche ai singoli Ministeri, dimostrando anche per questa via

211 Vengono altresì soppressi il Comitato interministeriale per la cinematografia, il Comitato in-

terministeriale per la protezione civile, il Comitato interministeriale per l'emigrazione (CIEM), il Comitato interministeriale per la tutela delle acque dall'inquinamento, il Comitato interministeriale per la lotta all'AIDS, il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD), il Comitato interministeriale gestione fondo interventi educazione e informazione sanitaria.

212 Assieme al Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, il Comitato dei mi-

nistri per i servizi tecnici nazionali e gli interventi nel settore della difesa del suolo, il Comitato in- terministeriale per l'indirizzo, il coordinamento e il controllo degli interventi per la salvaguardia di Venezia.

213 Un ulteriore principio consiste nella «semplificazione e snellimento delle procedure, anche in

funzione della prevalente natura delle attività e dei provvedimenti, razionalizzando le competenze ed i controlli, eliminando i concerti e le intese non indispensabili, ed attribuendo competenza esclu- siva ai singoli Ministri per l'emanazione e la modifica di disposizioni tecnico-esecutive, al fine di rendere l'azione amministrativa sollecita, efficace ed aderente alle relazioni economiche internazio- nali nei relativi settori» (lett. e).

come al CIPE debbano essere riservate soltanto quelle funzioni di indirizzo genera- le214.

I successivi commi 25 e 26, inoltre, prevedono l’adozione di un ulteriore rego- lamento di delegificazione, da emanarsi entro centottanta giorni dall’entrata in vi- gore della legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, con cui definire, fra l’altro, «l'organizzazione e le funzioni del CIPE».

In attuazione del menzionato art. 1, c. 24, della legge n. 537/1993, è stato adotta- to il d.P.R. 20 aprile 1994, n. 373, “Regolamento recante definizione delle funzioni dei Comitati interministeriali soppressi e per il riordino della relativa disciplina”, con cui, fra l’altro, vengono ripartite le funzioni una volta appartenenti a CIPI (art. 2), CIPET (art. 3), CIPES (art. 4) e CIP (art. 5), distinguendo, rispettivamente, tra quanto spetti al CIPE e quanto ai Ministri di settore competenti. L’art. 13, c. 1, qua- le norma di chiusura, dispone che spettano in ogni caso al CIPE «tutte le funzioni in materia di programmazione, di politica economica nazionale e di coordinamento di quest'ultima con le politiche economiche comunitarie, già attribuite ai comitati interministeriali soppressi e concernenti direttive, indirizzi, criteri generali, piani e programmi e ripartizioni di fondi a carattere intersettoriale, nonché i criteri per la ripartizione di fondi a carattere interregionale». Alla Conferenza Stato-Regioni, in- vece, vengono devolute «le funzioni dei soppressi comitati interministeriali con- cernenti la ripartizione di fondi a carattere interregionale», con l’obbligo, in capo al Presidente della medesima Conferenza, di riferire periodicamente al CIPE «sullo stato di attuazione da parte delle regioni degli obiettivi previsti da disposizioni sta- tali» (comma 3).

In sostanza, volendo esplicitare alcune linee di tendenza, potrebbe sostenersi che i Ministri abbiano assorbito le funzioni di amministrazione attiva in senso proprio; che quest’ultimi siano divenuti titolari anche di altre funzioni di indirizzo con rife- rimento ad attività specifiche, sotto forma di autorizzazione e di approvazione, spettando però al CIPE le funzioni di indirizzo generale e relative ad obiettivi pro- grammati; che si vadano ad instaurare nuovi rapporti tra CIPE e Ministri, i quali sono chiamati spesso a presentare al Comitato relazioni sull'attività svolta215.

Alla nuova definizione delle funzioni e dell’organizzazione del CIPE non si è provveduto con regolamento di delegificazione, secondo le modalità stabilite dall’art. 1, commi 25 e 26, della legge n. 537/1993. A questo proposito è successi- vamente intervenuta la legge 3 aprile 1997, n. 94, la quale, all’art. 7, ha disposto l'accorpamento del Ministero del tesoro e del Ministero del bilancio e della pro- grammazione economica in un'unica amministrazione, delegando il Governo a riordinare le competenze e la organizzazione del nuovo Ministero. Tra i principi e criteri direttivi - per quanto qui di interesse - viene demandata la «ridefinizione del- le attribuzioni del Comitato interministeriale della programmazione economica (CIPE), con eliminazione dei compiti di gestione finanziaria, tecnica e amministra- tiva ed attribuzione degli stessi alle competenti amministrazioni, nonché riordino,

214 A. MATTIONI, Comitati interministeriali, cit., 15. 215 A. MATTIONI, Comitati interministeriali, cit., 16.

con eventuale unificazione o soppressione, degli attuali organi della programma- zione economica» (lett. e).

Tale delega è stata esercitata con il d.lgs. 5 dicembre 1997, n. 430, recante “Uni- ficazione dei Ministeri del tesoro e del bilancio e della programmazione economica e riordino delle competenze del CIPE”, dando corso a quella riunificazione scritta «nel codice generico» dei due dicasteri sino ad allora separati216. In particolare,

l’articolo 1, rubricato “Attribuzioni del CIPE”, rappresenta la tappa finale di un’evoluzione legislativa che è partita dalla lontana legge n. 48/1967, alla quale, in combinato disposto, bisogna ancora fare riferimento per individuare le principali coordinate normative di rango primario sull’organizzazione ed il funzionamento del CIPE217.

Si prevede, qui, che «nell'ambito degli indirizzi fissati dal Governo», il CIPE, sulla base «di proposte delle amministrazioni competenti per materia», svolge «funzioni di coordinamento in materia di programmazione e di politica economica nazionale, nonché di coordinamento della politica economica nazionale con le poli- tiche comunitarie» (comma 1)218.

Il successivo comma 2 stabilisce che «i compiti di gestione tecnica, amministra- tiva e finanziaria attualmente attribuiti al CIPE sono trasferiti alle amministrazioni competenti per materia, tenuto conto dei settori ai quali si riferiscono le relative funzioni». Con regolamento di delegificazione, da adottare entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo, devono essere individuate «le tipolo- gie dei provvedimenti oggetto del trasferimento e le amministrazioni rispettiva- mente competenti» e «le attribuzioni, non concernenti compiti di gestione tecnica,

216 Così, e più approfonditamente, D. MARCHETTA, L’unificazione dei Ministeri del tesoro e del

bilancio e della Programmazione economica, in Giornale di Diritto Amministrativo, 1998, 505 ss.

217 Per un’analisi più specifica dell’organizzazione interna e del procedimento decisionale, v. in-

fra par. 8.

218 Il CIPE provvede, in particolare, a: definire le linee di politica economica da perseguire in

ambito nazionale, comunitario ed internazionale, individuando gli specifici indirizzi e gli obiettivi prioritari di sviluppo economico e sociale, delineando le azioni necessarie per il conseguimento de- gli obiettivi prefissati, tenuto conto anche dell'esigenza di perseguire uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale, ed emanando le conseguenti direttive per la loro attuazione e per la verifica dei risultati (lett. a); definire gli indirizzi generali di politica economica per la valorizzazione dei processi di sviluppo delle diverse aree del Paese, con particolare riguardo alle aree depresse, e veri- ficarne l'attuazione, attraverso una stretta cooperazione con le Regioni, le Province autonome e gli enti locali interessati, con le modalità previste dal d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281. A tale fine approva, fra l'altro, piani e programmi di intervento settoriale e ripartisce, su proposta delle amministrazioni interessate, le risorse finanziarie dello Stato da destinare, anche attraverso le intese istituzionali di programma, allo sviluppo territoriale (lett. b); svolgere funzioni di coordinamento ed indirizzo gene- rale in materia di intese istituzionali di programma e di altri strumenti di programmazione negozia- ta, al fine del raggiungimento degli obiettivi generali di sviluppo fissati dal Governo e del pieno uti- lizzo delle risorse destinate allo sviluppo regionale, territoriale e settoriale, nonché approvare le sin- gole intese istituzionali di programma e la disciplina per l'approvazione ed il finanziamento dei con- tratti di programma, dei patti territoriali e dei contratti di area, nonché definire ulteriori tipologie della contrattazione programmata, disciplinandone le modalità di proposta, di approvazione, di at- tuazione, di verifica e controllo (lett. c); rideterminare periodicamente obiettivi ed indirizzi sulla ba- se di valutazioni sull'efficacia degli interventi, riallocando, ove necessario, le risorse finanziarie as- segnate e non adeguatamente utilizzate e prospettando se del caso al Presidente del Consiglio le op- portune iniziative, anche legislative (lett. d); definire le linee guida ed i principi comuni per le am- ministrazioni che esercitano funzioni in materia di regolazione dei servizi di pubblica utilità, ferme restando le competenze delle autorità di settore (lett. e).

amministrativa e finanziaria, previste da norme vigenti, che il CIPE continua ad esercitare». A decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto regolamento de- vono considerarsi abrogate tutte le norme che attribuiscono al CIPE «poteri di auto- rizzazione, revoca, concessione di contributi e, in genere, competenze tecniche, amministrative o gestionali». Simili previsioni, tuttavia, destano alcune perplessità, soprattutto in ordine al rapporto con quanto disposto dal precedente d.P.R. n. 373/1994. Le operazioni di trasferimento delle funzioni di amministrazione attiva, a vantaggio delle amministrazioni competenti ed ipotizzate dal nuovo decreto legi- slativo, infatti, dovrebbero considerarsi sostanzialmente già esaurite con il citato regolamento di delegificazione219.

L'art. 3, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144, nel frattempo, ha modifi- cato la formulazione del comma 2, facendo salva tanto la previsione del trasferi- mento ai Ministeri competenti e lo speculare mantenimento di funzioni in capo al CIPE, quanto lo strumento della delegificazione. Tuttavia, invece che tramite rego- lamento, viene previsto che debba essere una delibera dello stesso CIPE ad assol- vere tale compito, da adottare previo parere della Conferenza Stato-Regioni e delle competenti Commissioni parlamentari permanenti. Viene introdotta, quindi, un’ipotesi di delegificazione assolutamente atipica, ben lontana dal figurino di cui all’art. 17 della legge n. 400/1988220, e per giunta a favore dello stesso soggetto de- stinatario delle attribuzioni in questione.

In attuazione, il CIPE ha adottato, secondo la procedura stabilita a livello legi- slativo, la delibera 6 agosto 1999, n. 141. Il Comitato, mentre devolve alle ammini- strazioni competenti per materia un elenco di funzioni di gestione tecnica, ammini- strativa e finanziaria, trattiene presso di sé una serie di prerogative, quali: la defini- zione delle linee generali di politica economico-finanziaria per la predisposizione degli strumenti di programmazione finanziaria e di bilancio e dei documenti pro- grammatici; l’approvazione della relazione previsionale e programmatica; l’elaborazione degli indirizzi generali da adottare per l'azione italiana in sede co- munitaria e per il raccordo della politica economica nazionale con le politiche co- munitarie; il coordinamento, nell'ambito delle linee generali di cui sopra, delle di- verse politiche di settore e dei relativi piani e programmi, assicurandone, da un lato, la coerenza con gli obiettivi occupazionali, di sviluppo e ambientali, e verificando- ne, dall'altro, la coerenza con le politiche comunitarie; la valutazione degli obiettivi conseguiti e dei risultati raggiunti da tali piani e programmi, in particolare da quelli finanziati dal Comitato stesso; l’esame, su proposta del Ministro competente, delle altre questioni ritenute meritevoli di valutazione collegiale; ogni altra funzione pre- vista da leggi o regolamenti (art. 1). Il CIPE, inoltre, si riserva di adottare successi- ve deliberazioni con cui determinare la titolarità di proprie funzioni non espressa- mente previste con la prima pronuncia (art. 14).

Questo nuovo processo di riduzione e riunificazione dei Comitati interministe- riali ubbidisce ad esigenze ben diverse rispetto a quelle di programmazione setto-

219 A. MATTIONI, Comitati interministeriali, cit., 16.

220 Il fenomeno di “fuga” dal modello di delegificazione che in quegli anni si stava verificando è

stato oggetto di attenta analisi, anche nei suoi profili teorici generali; cfr., al proposito, G. TARLI BARBIERI, Le delegificazioni (1989-1995). La difficile attuazione dell’art. 17, secondo comma, della

riale avviate negli anni ’70. Le riforme degli anni ’90 rispondono, innanzitutto, ad esigenze di conduzione di politiche economiche e finanziarie, in un contesto di riassetto della finanza pubblica e della revisione della istituzione dell'economia mi- sta; non è casuale, infatti, che sia un collegato alle legge finanziaria del 1994 ad avviare il piano di riaccorpamento delle funzioni dei Comitati soppressi intorno al CIPE221.

Altro fattore che sta alla base di questa svolta è, senza dubbio, il sempre più marcato processo di integrazione comunitaria, che, nel condizionare le politiche economiche degli Stati membri dell'Unione europea, ha limitato i margini per un intervento pubblico nell'economia, rendendo necessario anche un ridimensiona- mento della relativa organizzazione statale e rendendo meno giustificabile la pre- senza di buona parte dei Comitati interministeriali economici222.

Ancora, l’esigenza di una riduzione delle sedi collegiali di governo rappresenta il riflesso delle condizioni politico-istituzionali dei primi anni ’90. L'evoluzione della forma di governo e le riforme elettorali in senso maggioritario, di cui si è già accennato223, hanno favorito il rafforzamento del ruolo del Presidente del Consiglio

ed il ridimensionamento del principio dell’indipendenza dei singoli Ministri all'in- terno del Governo, tanto da rendere meno sostenibile la richiesta da parte di singoli Ministri di istituire un Comitato da presiedere. Inoltre, si consideri anche che la ri- duzione del numero di Ministeri ha consentito di accorpare le competenze prima distribuite tra molteplici Dicasteri, rendendo meno impellente la necessità di istitui- re organi all'interno dei quali comporre i vari interessi in gioco224.

Infine, la tendenza alla progressiva cessione delle competenze di amministrazio- ne attiva dei Comitati a favore dei singoli Ministeri può trovare una spiegazione, più generale, nel nuovo modo di concepire i rapporti tra politica ed amministrazio- ne. Si assiste, infatti, ad un tentativo di ridefinizione dei compiti da attribuire alla politica ed alla burocrazia, assegnando alla prima - della quale i Comitati intermini- steriali sono espressione - funzioni di indirizzo e controllo, ed alla seconda la con- creta gestione finanziaria, tecnica e amministrativa225.

Quello che, invece, è stato trascurato dal legislatore nell’ultima fase di evolu- zione del sistema dei Comitati - e che non è stato neppure oggetto di considerazio- ne da parte della dottrina - è il fatto che la fisionomia dei Comitati interministeriali non sia affatto mutata, perlomeno in termini adeguati, rispetto ai processi che han- no reso protagonisti gli altri livelli di governo di forti trasformazioni e che progres- sivamente hanno mutato i termini dei rapporti con lo Stato centrale. Si pensi sola- mente alla riforma costituzionale del Titolo V, conclusasi nel 2001, oppure agli ul- timi Trattati che hanno impresso una sensibile accelerazione al processo di integra- zione europea. Basti qui anticipare che, per quanto riguarda il CIPE, tale adatta- mento è avvenuto in via di prassi, rivelando taluni elementi di estremo interesse per

221 A. MATTIONI, Comitati interministeriali, cit., 15.

222 Sul punto, cfr. ampiamente R. CARANTA, Intervento pubblico nell'economia, in Dig. disc.

pubbl., Agg., 2000, 371 ss.; D. SORACE, Il governo dell’economia, in G. AMATO,A.BARBERA (a cura di), Manuale di diritto pubblico, III, L’azione dei pubblici poteri, Il Mulino, Bologna, 1997, 118 ss. e 143 ss.

223 Cfr. retro Cap. II, par. 3.2.

224 Cfr. D. CODUTI, I comitati interministeriali, cit., 120.

225 Cfr. anche le considerazioni di A. RAVALLI, I comitati interministeriali, in P. JARICCI (a cura

la ricostruzione della posizione costituzionale del Comitato che qui si sta indagan- do.