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3. I Comitati interministeriali e gli organi necessari del Governo, alla luce

3.3. I Comitati interministeriali ed i Ministri »

Nell’analisi dei rapporti tra Comitati interministeriali ed organi necessari del Governo rimane da verificare le problematiche sollevate, sul piano costituzionale, con riguardo alla figura del singolo Ministro.

Quest’ultimo può essere definito come «quell'organo monocratico al quale è istituzionalmente attribuita, nell'àmbito del potere esecutivo, la cura di una deter- minata serie di interessi pubblici, cui provvede in via esclusiva e definitiva, sia par- tecipando all'elaborazione dell'indirizzo politico del Governo, sia dirigendo l'appa- rato di settore della pubblica amministrazione che gli venga eventualmente affidato, sia rappresentando quella serie di interessi in altre sedi anche esterne al Gover- no»278. Già da questo sommario inquadramento emerge come la figura del Ministro sia attraversata da molteplici tensioni, sostanzialmente riconducibili alla posizione occupata dall’organo nel sistema quale titolare di un Ministero e, contestualmente, quale componente di collegi a livello governativo279. La Costituzione conferma la relazione di stretta continuità fra posizione del Ministro nel Consiglio dei Ministri e posizione del Ministro all’interno del Ministero280. Nel Ministro «si realizza infatti una unione organica di funzioni politico-costituzionali e di funzioni amministrative, che costituisce la caratteristica più felice di quel tipo di organizzazione dell'attività del Governo - oggi generalmente adottata - che è l'”organizzazione per ministe- ri”»281. Tali funzioni, in via di principio, sarebbero chiaramente distinte dalla Costi- tuzione anche sotto il profilo della responsabilità, ove all’art. 95, c. 2, si parla di re- sponsabilità collegiale per gli atti del Consiglio dei ministri e di responsabilità in- dividuale per gli atti dei rispettivi dicasteri, pur se non sempre facilmente scindibili nella pratica.

Le funzioni politico-costituzionali cui si fa riferimento «attengono soprattutto alla formazione dell'indirizzo politico del Governo, cui dovrebbero partecipare, ai sensi degli art. 93 e 95 cost., tutti i ministri in posizione di equiordinazione, come membri dell'organo collegiale Consiglio dei ministri»282. Per i Ministri che parteci-

277 A. RUGGERI, Il Consiglio dei Ministri nella Costituzione italiana, cit., 213. 278 G.F. CIAURRO, Ministro, cit., 513.

279 Cfr. anche C.cost. sent. n.7/1996, punto 11 del cons. dir., secondo cui il Ministro è, al con-

tempo, «organo politico e vertice del dicastero», cui è affidato il suo compito «di raccordare l'ambi- to delle scelte politiche con i tempi e i modi di attuazione delle stesse da parte dell'amministrazio- ne». Su tale pronuncia, v. più approfonditamente infra par. 2.

280 Cfr. G. CUOMO, Unità ed omogeneità nel governo parlamentare, cit., 47 ss. Secondo F. BER-

TOLINI, Ministri e Vice Ministri, in Enc. Giur., XXII, 2008, 5, la Costituzione non distinguerebbe fra attività di governo e attività di amministrazione, ma ricorrerebbe alla nozione di “politica generale del Governo”.

281 G.F. CIAURRO, Ministro, cit., 513.

282 Ivi, 519, che, fra l’altro, considera il Presidente del Consiglio in posizione sovraordinata, li-

pano alle decisioni del Consiglio, se da una parte vige principio della composizione collegiale, da cui deriva una astratta posizione di parità dei componenti, dall’altra vale il principio di unità, in ragione della quale l’attività consiliare viene sottoposta a direttrici di azione determinate dal Presidente del Consiglio283.

Viceversa, le funzioni amministrative sono legate alla figura del Ministro in quanto capo di un dicastero, per il quale è responsabile individualmente, compie atti direttamente riferibili allo Stato che, secondo l’ordinamento amministrativo, sono atti definitivi, ed è preposto a strutture improntate, quantomeno tradizional- mente, al principio della gerarchia284.

Le tensioni derivanti dalla duplice natura di organo politico-costituzionale, ana- logamente ad altri organi ministeriali posti sullo stesso piano, e di organo ammini- strativo, posto al vertice di strutture burocratiche, si scaricano sulla partecipazione del Ministro ad organi collegiali, siano essi il Consiglio dei Ministri o - per quanto qui di maggiore interesse - i Comitati interministeriali. Dalla partecipazione dei Ministri ai Comitati interministeriali conseguono problematiche che, come si vedrà, sono tali da ripercuotersi sulla stessa posizione costituzionale dei Ministri nel Go- verno.

Una prima questione derivante dalla partecipazione dei Ministri ai Comitati in- terministeriali attiene alla asserita lesione della par condicio ministeriale285, a se- conda che questi facciano o meno parte di un Comitato.

La portata del problema varia a seconda dei termini con cui viene concepito il principio di parità tra Ministri. Coloro che ne sostengono la costituzionalizzazione, ritengono che la partecipazione ai Comitati solamente di alcuni Ministri, ad esclu- sione di altri, sia lesiva della «par condicio di tutti i membri (eccetto il Presidente) del Consiglio»286. All’opposto, chi non riconosce a tale principio rango costituzio-

nale, ritiene che l’istituzione dei Comitati «corrode il dogma ottocentesco della pa- rità giuridica dei ministri»287, svelandone l’insostenibilità nell’attuale sistema.

Perché possa sostenersi che la Costituzione preveda un principio di par condicio tra Ministri, si potrebbe attribuire a tali organi la qualifica di “organi costituzionali”, con il corollario riconoscimento della loro reciproca indipendenza e parità288. An- che su questo profilo, tuttavia, si registra una netta divisione della dottrina. Secon- do una parte, i Ministri dovrebbero essere considerati organi costituzionali uti sin- guli289. Questa opinione, come autorevolmente sostenuto, è avvalorata da alcuni dati significativi del nostro ordinamento: la posizione dei Ministri nelle Camere, la

283 F. BERTOLINI, Ministri e Vice Ministri, cit., 6.

284 C. ROMANELLI GRIMALDI, Ministro, in Enc. giur., XX, 1990, 4. Per la necessità di fare rife-

rimento all’evoluzione del principio gerarchico nell’organizzazione ministeriale, v. F.S. SEVERI,

Ministro e Ministero, in Dig. disc. pubbl., IX, 1994, 540.

285 Per alcune prime considerazioni sulla par condicio fra Ministri cfr. F. CUOCOLO, Consiglio

dei Ministri, cit., 242.

286 A. RUGGERI, Il Consiglio dei Ministri, cit., 211 s. G. CUOMO, Unità ed omogeneità nel go-

verno parlamentare, cit., 49.

287 G. PITRUZZELLA, Il ministro in comitato interministeriale, in G. D’AURIA, P. BELLUCCI (a

cura di), Politici e burocrati al governo dell’amministrazione, Il Mulino, Bologna, 1995, 208.

288 Ibidem.

289 P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 81; P.A. CAPOTOSTI,

responsabilità politica individuale nei confronti delle assemblee rappresentative proprio per gli atti dei loro dicasteri, la possibilità di messa in stato d’accusa - rife- rendosi al regime precedente alle modifiche dell’art. 96 Cost. - anche al di fuori dell’esercizio di funzioni collegiali290. Di contro, vi è chi sostiene che i Ministri non dovrebbero rientrare nella categoria degli organi costituzionali291, o chi, ancor più radicalmente, considera la categoria degli “organi costituzionali” di per sé con- troversa ed ambigua, reputando di dover meglio parlare di sola “autonomia” dei Ministri292.

In definitiva, al di là dei nominalismi, bisognerebbe forse adottare una prospet- tiva che valorizzi complessivamente il “duplice volto” dei Ministri. Da una parte, va considerato che al Ministro sono attribuite «talune funzioni in ordine alle quali egli non può considerarsi come un organo costituzionale autonomo, bensì come or- gano di un organo costituzionale complesso (il Governo) o come componente di al- tri organi costituzionali a carattere collegiale (Consiglio dei ministri, Gabinetto)»

293. Da questo punto di vista, ricorrono frequentemente certi principi e schemi or-

ganizzativi - come la responsabilità collegiale e solidale dei membri del Governo, la “sovraordinazione” del Capo del Governo nei confronti dei Ministri, la fungibili- tà dei Ministri in permanenza di uno stesso Governo, ecc. - in base ai quali si do- vrebbe ritenere che il carattere di organo costituzionale spetti soltanto al Governo nel suo complesso, e non ai singoli organi ministeriali. Come componente del Con- siglio, dunque, il Ministro non potrebbe essere qualificato come organo costituzio- nale, perché, in generale, i componenti di un organo collegiale non sono, come tali, singolarmente considerati organi; «organo è il collegio, non i suoi singoli mem- bri»294.

Sull’altro versante, giustapposte a queste funzioni, ve ne sono altre, soprattutto connesse alla cura di una determinata serie di interessi pubblici, «attribuite a cia- scun ministro su un piano di parità e indipendenza rispetto agli altri ministri e a qualsiasi organo costituzionale, senza vincoli gerarchici e con la soggezione soltan- to a congegni di responsabilità e di reciproco controllo, che non portano mai all'im- posizione di attività altrui rispetto a quelle istituzionalmente assegnategli»295. In questo caso si riscontrano, in genere, anche tutti i requisiti riconosciuti come criteri differenziali degli organi costituzionali, ovvero la derivazione diretta della Costitu- zione, la coessenzialità e l'indefettibilità rispetto al tipo di ordinamento in essa san- cito, la posizione di supremazia e di reciproca parità ed indipendenza nell'esercizio delle proprie funzioni296.

290 L. ELIA, Problemi costituzionali dell'amministrazione centrale, cit., 564 ss.

291 V. E. CHELI, Organi costituzionali e organi di rilievo costituzionale (appunti per una defini-

zione), cit., 73 ss., la cui posizione è stata ribadita da L. VENTURA, Il Governo a multipolarità dise- guale, cit., 142 ss.

292 Così S. BARTOLE, Governo italiano, cit., 655, il quale osserva come tale autonomia sia stata

guadagnata in via di fatto, peraltro, sul versante delle funzioni amministrative e non di quelle politi- co-costituzionali.

293 G. F. CIAURRO, Ministro, cit., 514.

294 C. ROMANELLI GRIMALDI, Ministro, cit., 3. 295 G.F. CIAURRO, Ministro, cit., 514.

Al di là della qualifica o meno di organo costituzionale, sarebbe comunque so- stenibile una distinzione fra Ministri basata non sulla gerarchia giuridica, bensì sul- la gerarchia politica.

Sotto il profilo giuridico, i Ministri si collocherebbero tutti sul medesimo livello, poiché «tutti partecipano, nell’ambito delle rispettive competenze, all’esercizio di funzioni sovrane»297. La parità giuridica, però, non esclude che fra Ministri possa

esservi «una diversa gradazione di dignità formale (quale si rispecchi, ad esempio nell’ordine delle precedenze) o di forza politica»298. In questo senso, sarebbero ammissibili strutture e procedimenti che alterino il modulo paritario tra Ministri, realizzando una gerarchia politica, fintantoché ciò non implichi poteri di intervento di un Ministro nella sfera di altro Ministro, creando così una gerarchia giuridica299. Anche la realtà politico-istituzionale attesta come il “peso politico” dei singoli Ministri non sia sempre il medesimo300. Nella compagine governativa, ad esempio, vi sono categorie differenziate in ragione del diverso indice di “prestigio” politico, per il quale spiccano il Ministero degli esteri, dell’interno, della difesa e, soprattut- to, dell’economia. Ad influire sul peso politico, inoltre, possono influire anche l’entità dei mezzi finanziari amministrati e del personale dipendente301. In tutto ciò, la partecipazione ai Comitati concorre indubbiamente a consolidare il ruolo politico di alcuni Ministri in danno agli esclusi, e ciò anche qualora si ritenga che i Comitati operino nell’ambito delle linee di indirizzo politico previamente tracciate dal Con- siglio dei Ministri302.

Infine, si potrebbe osservare come il superamento del modulo paritario sia stato da tempo appuntato dalla dottrina, che ha ricollegato tale tendenza alla prassi dei governi di coalizione. Nella compagine governativa, infatti, sono presenti Ministri qualificabili come “capi della delegazioni dei partiti al Governo”303 che assumono una preminenza rispetto agli altri, facendosi portatori di indirizzi elaborati dalle forze politiche cui appartengono e dalle quali dipende la tenuta del Governo stes- so304. A partire da tali constatazioni di tipo politico, taluno è addirittura giunto ad affermare - forse svalutando troppo il dato costituzionale ed appiattendosi sulla realtà politica contingente - che «se un ministro assume un particolare peso politico per le funzioni che svolge, soprattutto di carattere amministrativo, la sua posizione diversa rispetto a quella di altri ministri appare tale anche sotto il profilo giuridi- co»305.

Ragionare in questi termini, inoltre, comporta anche che le diseguaglianze tra Ministri possano avere cause contingenti e legate ad una particolare fase storica, in

297 P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 82.

298 E. CHELI, Organi costituzionali e organi di rilievo costituzionale (appunti per una definizio-

ne), cit., 73.

299 G. PITRUZZELLA, Il ministro in comitato interministeriale, cit., 208. 300 P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 84. 301 Ivi, 85.

302 G. QUADRI, I Comitati di Ministri, cit., 17; P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati

interministeriali, cit., 87. Secondo G.F. CIAURRO, Ministro, cit., 520, ai Comitati interministeriali «non partecipano paritariamente tutti i ministri, ma soltanto alcuni di essi, talora in posizione so- vrordinata in quanto chiamati a presiederli».

303 G.F. CIAURRO, Ministro, cit., 520.

304 G. PITRUZZELLA, Il ministro in comitato interministeriale, cit., 208. 305 L. VENTURA, Il governo a multipolarità diseguale, cit., 140.

dipendenza di indirizzi che valorizzino una certa branca politico-amministrativa dell'attività di governo. Si pensi - anticipando quanto si approfondirà nel prose- guo306 - alle vicende del Ministero del Bilancio, che già nasceva nel 1947 per con- sentire a Luigi Einaudi di assumere il ruolo di “super-ministro” dell'economia, e che nella stagione della programmazione economica ha acquisito una valenza di gran lunga maggiore di quella che lo contraddistingueva in precedenza, tanto che il capo di quel dicastero era paragonato, per la somma ed il peso dei suoi poteri, ad un Presidente del Consiglio307. Una volta fallita ogni politica di programmazione economica globale, si è giunti addirittura a porre il problema della sua abolizione e di un accorpamento delle relative funzioni a quelle di altri Ministeri.

Per porre rimedio a questo aggiramento formale della par condicio dei Ministri, infine, si è osservato come non vi sarebbe una sostanziale violazione in quei casi - come avviene con il CIPE - in cui il Comitato «è un collegio a composizione ela- stica, alle cui sedute possono intervenire i ministri volta per volta interessati, com- presi quei pochi che non ne fanno di regola parte»308. Si è ribadito, però, che una cosa è che i Ministri vengano “invitati”, altra cosa è che vi facciano parte istituzio- nalmente; se si vuole adottare una prospettiva di analisi giuridica e non meramente politologica, è necessario «limitare lo sguardo solo a come appare il fenomeno in via istituzionale»309.

Un’ulteriore problematica, parzialmente connessa alla condizione di par condi- cio giuridica entro cui dovrebbero collocarsi i Ministri, è legata alla presidenza del Comitato interministeriale.

Il presidente del Comitato gode generalmente del potere di convocare le riunioni, di decidere l’ordine del giorno, di mettere in discussione i vari argomenti, di dirige- re le discussioni, di indire eventuali votazioni o di rinviare le questioni, di esternare le decisioni del Comitato, nonché di curare che le decisioni ricevano attuazione310. Nei Comitati a composizione “elastica”, inoltre, il presidente godrebbe del potere di invitare alle riunioni Ministri esterni in ragione delle materie da trattare, con la conseguenza di rendere tale soggetto «il dominus della composizione del Comita- to»311 e di conferirgli un rilevante potere di influenza sullo svolgimento dei lavori.

Chi valorizza l’attività di governo dei Comitati, denota l’importanza del loro presidente arrivando a qualificarlo alla stregua del «trait d’union fra l’indirizzo po- litico del Governo nel suo insieme e l’indirizzo politico del settore in cui opera il Comitato»312. Per questo motivo, molto spesso è il Presidente del Consiglio l’organo cui viene affidata la presidenza del Comitato, attraverso la quale egli ha la possibilità di esercitare più efficacemente le proprie prerogative in ordine all’unità di indirizzo politico ed amministrativo ex art. 95 Cost. Tuttavia, dal momento che

306 V. infra Cap. III, par. 3. 307 Ivi, 141 s.

308 L. PALADIN, Lezioni di diritto costituzionale, Cedam, Padova, 1989, 428.

309 A. RUGGERI, Il Consiglio dei Ministri nella Costituzione italiana, cit., 212, nt. 104. 310 G. QUADRI, I Comitati di Ministri, cit., 293.

311 Ibidem.

312 Così ivi, 290, secondo cui è il presidente «il garante dell’unità dell’azione politica del Comi-

tato e del Governo; è il presidente che deve assicurare la perfetta omogeneità fra le decisioni del Comitato e quelle più generali del Consiglio dei Ministri; è il presidente [...] che porta gran parte della responsabilità per l’operato politico del Comitato».

la mole degli impegni del Presidente del Consiglio non consente di presiedere i Comitati con continuità, lo stesso atto istitutivo dell’organo prevede spesso la pos- sibilità che il Presidente possa delegare alla presidenza del Comitato un suo fidu- ciario313, o che sia il Consiglio dei Ministri a designare il delegato314. In molti casi, è l’atto istitutivo stesso ad indicare un Ministro delegato alla presidenza315, salvo la possibilità, che comunque dovrebbe essere sempre garantita, di consentire al Presi- dente del Consiglio di riassumere in qualunque momento la presidenza del Comita- to. Il Ministro delegato, verosimilmente, sarà il componente del Governo più stret- tamente competente nel settore in cui il Comitato esercita la propria attività, quand’anche un Ministro senza portafoglio; solitamente, si ritiene che nel primo caso il Ministro goda di una maggiore autonomia rispetto al Presidente del Consi- glio316.

Diversamente, qualora la legge attribuisca direttamente ed esclusivamente la presidenza ad un Ministro di settore, potrebbero sorgere problemi rispetto alle pre- rogative del Presidente del Consiglio, come alle volte avviene nei confronti del Ministro dell’Economia317. In ogni caso, tutte le volte che si verifica l’assenza del

Presidente del Consiglio da un Comitato, perché la presidenza viene affidata dalla legge ad altro Ministro o perché il meccanismo della delega rende presidente “di fatto” un altro soggetto, si rende problematico il necessario coordinamento settoria- le con la politica condotta dal Governo nel suo insieme, oltre a rendere più difficol- toso l’esercizio delle prerogative costituzionalmente affidate al Presidente del Con- siglio318.

Di converso, il Ministro che andrà a presiedere il Comitato non sarà eguale a tutti gli altri membri, ma, oltre ad essere spesso il soggetto istituzionalmente com- petente nel settore di attività del Comitato, potrà avvantaggiarsi anche della sua po- sizione all’interno del collegio. Per questo motivo si è detto che i presidenti dei Comitati siano da considerare dei «superministri» competenti a sovrintendere all’attività del Governo in un determinato settore319. Sono queste le ragioni per cui, come si vedrà, la presidenza dei principali Comitati con competenze in materia economica ha fatto del Ministro dell’Economia un «attore» necessario in grado di condizionare il processo decisionale di tale materia320.

La partecipazione ai Comitati interministeriali, oltre al problema della par con- dicio tra Ministri, pone ulteriormente interrogativi in ordine all’autonomia dei Mi-

313 Come avveniva nel caso del Comitato interministeriale prezzi ex art. 1, d.lgs.lgt. n. 347/1944. 314 Es. il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno ex art. 1, legge n. 646/1950.

315 Come nel caso del Comitato permanente di Ministri per le partecipazioni statali ex art. 4, leg-

ge n. 1589/1956.

316 G. QUADRI, I Comitati di Ministri, cit., 291.

317 All’allora Ministro del Tesoro veniva affidata, ad esempio, la presidenza del Comitato inter-

ministeriale per il credito ed il risparmio ex art. 1, d.lgs.lgt. 691/1947; cfr. ivi, 292. In queste ipotesi, tuttavia, a fugare ogni dubbio di costituzionalità non sembra decisivo il fatto che, come si è detto, il Presidente del Consiglio godrebbe comunque di uno stretto rapporto di fiducia con tale Ministro, né varrebbe il rilievo dell’autorità e della competenza di questo Ministro nel settore in cui opera il Co- mitato stesso

318 P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 90. 319 G. CUOMO, Unità ed omogeneità nel governo parlamentare, cit., 49. 320 G. PITRUZZELLA, Il ministro in comitato interministeriale, cit., 193.

nistri nella direzione dei dicasteri di riferimento321. Si è già osservato come, in pas- sato, vi sia già stato chi ha scorto in atto «un processo tendente a trasformare la di- rezione dei singoli dicasteri, almeno dei più importanti, da personale in collegia- le»322. Al di là dell’effettiva conferma di questa intuizione, il sistema dei Comitati ha comportato lo spostamento della titolarità di certe competenze dal Ministro di settore ad un collegio di cui fanno parte altri Ministri, con la possibilità «di una partecipazione alla decisione da parte degli altri ministri»323. Inoltre, nelle ipotesi in cui i Comitati adottino direttive rivolte alle componenti ministeriali o decisioni che comunque condizionano l’operato di singoli Ministri, è emerso chiaramente come un Ministro non dovrebbe essere «legalmente vincolato nella sua azione dalle deci- sioni di altri ministri, anche se vi prende parte»324. In questi casi, si dovrebbe tut- talpiù parlare di una relazione di natura politica, in termini analoghi a quella dei Comitati e dei Ministri stessi nei confronti delle direttive del Consiglio dei Ministri. Le decisioni dei Comitati, tuttavia, possono assumere una valenza talmente strin- gente, o magari una portata addirittura normativa, tale da obbligare il Ministro ad