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All’istituzione del CIPE si giunge con la legge 27 febbraio 1967, n. 48, recante “Attribuzioni e ordinamento del Ministero del bilancio e della programmazione economica e istituzione del Comitato dei Ministri per la programmazione economi- ca”. L’introduzione del CIPE rappresenta la «tappa più significativa fra quelle ca- ratterizzanti l’intera vicenda dei Comitati interministeriali»41, in quanto sostanzia il tentativo di porre ordine nel settore dei Comitati con competenze di carattere eco- nomico-finanziario, in concomitanza con il primo esperimento di programmazione globale intrapreso nel nostro Paese.

L’istituzione del CIPE «segna una vera e propria svolta nella tematica dei Comi- tati interministeriali»42, poiché si contrappone a quella proliferazione dei Comitati cui si era giunti all’inizio degli anni ’60, della quale si è citato solamente qualche esempio tra i più significativi43. Si era venuta progressivamente creando, in sostan- za, una vera e propria «pluralità di centri di imputazione dell’indirizzo politico economico governativo»44, che era stata identificata come una delle cause delle di- sfunzioni prodottesi nell’apparato di governo45. Allo stato, i Comitati non rappre- sentavano affatto centri di determinazione dell’indirizzo politico governativo, ma soltanto «la legittimazione formale di amministrazioni separate nell’ambito delle quali la distribuzione del potere decisionale reale era ed è diversamente organizza- ta»46.

Se, dunque, con la creazione del CIPE si cerca di dare avvio ad una fase di con- centrazione e razionalizzazione del sistema dei Comitati, ciò non determina una netta cesura rispetto al passato, poiché si conserva pur sempre la consapevolezza che i Comitati interministeriali rappresentano l’«organizzazione alternativa e coesi- stente con quella costituita dal Consiglio dei Ministri»47. Complessivamente, il si- gnificato di questo riordino va ricercato nella necessità che il CIPE sia messo al centro degli indirizzi generali di politica economica48. Da una parte, infatti, bisogna constatare che alcuni dei Comitati soppressi erano stati dotati di funzioni origina- riamente collegate alle ragioni contingenti del contesto storico in cui erano sorti,

41 P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 205. 42 F. PIZZETTI, Comitati interministeriali, cit., 56.

43 Per altre indicazioni su ulteriori Comitati interministeriali, fra cui quello istituito dalla legge 6

dicembre 1962, n. 1643, e preposto alla direzione politica dell’Ente Nazionale dell’Energia Elettrica, cfr. G. QUADRI, I Comitati di Ministri, cit., 243 ss.; V. BACHELET, Comitati interministeriali, cit., 776 ss.

44 F. MERUSI, I Comitati interministeriali nella struttura di governo, cit., 164. 45 P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 205. 46 F. MERUSI, I Comitati interministeriali nella struttura di governo, cit., 165. 47 F. PIZZETTI, Comitati interministeriali, cit., 56.

ma, ben presto, erano venuti assumendo funzioni di politica economica. Dall’altra, l'accorpamento di funzioni di certi Comitati soppressi è accompagnato da un rior- dino del settore relativo, così che l'insieme delle operazioni risulta finalizzato a so- stenere nuove forme di programmazione economica.

Come anticipato, dunque, l’istituzione del CIPE va di pari passo con il tentativo di dare efficacia operativa a quella nuova forma di “cultura” nell’intervento pubbli- co nell’economica rappresentata dalla programmazione economica globale49. Ben- ché in Italia fossero state già avviate in passato esperienze di programmazione “set- toriali” 50, solamente negli anni ’60 maturano le condizioni, soprattutto a livello po- litico, per intraprendere politiche di programmazione che abbraccino unitariamente l’intero quadro delle variabili economiche51. Da una parte, prende campo l’interesse della sinistra democristiana per il problema della programmazione eco- nomica, con il progressivo convergere verso questo tema di tutto il partito, anche nella sua rappresentanza governativa e parlamentare52. Dall’altra, la componente socialista si era riservata fin dall’inizio «il ruolo di protagonista nella politica di programmazione», chiedendo (ed ottenendo) per sé, fin dagli inizi della nuova esperienza di coalizione, il Ministero del bilancio nella sua nuova configurazione, nel tentativo di erodere il potere di indirizzo e coordinamento del Presidente del

49 Di «cultura della programmazione e del pluralismo attorno ad un nuovo equilibrio fra piano-

accordo e mercato» parla M. CARABBA, Programmazione economica, in Enc. dir., XXXVI, 1987, 1128, cui si rinvia anche a proposito delle influenze esercitate dall'esperienza collettivistica e di pia- nificazione avviata dall'Unione Sovietica e dalla discussione teorica che si pone al centro dell'atten- zione culturale e politica negli anni Trenta, (1115 ss.). Sulla “cultura “ della programmazione del primo centro-sinistra, cfr. una narrazione d’insieme in G. RUFFOLO, Rapporto sulla programmazio- ne, Laterza, Roma-Bari, 1973; M. CARABBA, Un ventennio di programmazione, 1954-1974, Later- za, Roma-Bari, 1977.

In termini generali, per il soggetto pubblico «la pianificazione ha da sempre costituito una delle tecniche fondamentali di azione» e risulta difficile dare una definizione giuridica ed economica di “pianificazione” o “programmazione”, potendo fare riferimento solamente ad una «nozionizzazione logica»; così M.S. GIANNINI, Pianificazione, in Enc. dir., XXXIII, 1983, 630, secondo cui, esisten- do un'attività di durata proiettata nel futuro, è pianificazione la determinazione: a) dell'ordinata tem- porale o di quella spaziale o di ambedue; b) dell'oggetto; c) dell'obiettivo. La pianificazione quindi richiede sempre che si elabori un progetto, che lo si verifichi quanto alla realizzabilità, indi che si stabiliscano risorse, tempi, spazi, eventuali modi, per la realizzazione». Cfr., inoltre, M. CARABBA,

Programmazione economica, cit., 1114, secondo cui, in prospettiva “sequenziale”, “programma” o

“piano” «è caratterizzato, nel linguaggio delle scienze sociali, da un contenuto schematico ricondu- cibile alla sequenza: determinazione di uno o più obiettivi (fra loro compatibili); indicazione dei mezzi, delle procedure, dei tempi necessari per il raggiungimento degli obiettivi; controllo dei risul- tati conseguiti. Questa struttura (obiettivi; modi e mezzi; controlli) indica sia la formulazione pre- scrittiva del piano (come «dover essere») sia il processo di decisioni, la sequenza di azioni, i risultati effettivi oggetto del piano».

50 Riferimenti in P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 206. 51 Comunemente, il primo Governo di centro-sinistra viene identificato con il Governo Fanfani

IV (febbraio 1962-giugno 1963). Tuttavia, cfr. L. PALADIN, Per una storia costituzionale dell’Italia repubblicana, Il Mulino, Bologna, 2004, 177 s., che identifica nell’estate del ’60 la cesura rispetto

alle formule di neo-centrismo, con la caduta del Governo Tambroni e la nascita del Governo Fanfa- ni III, delle c.d. “convergenze parallele”

Consiglio e conquistare progressivamente lo Stato nella logica della programma- zione economica53.

La sensibilità verso questo nuovo modello comincia ad emergere ufficialmente grazie all’elaborazione di due documenti, quali lo “Schema di sviluppo dell’occupazione e del reddito in Italia nel decennio 1955-1964” (c.d. Schema Va- noni) e la “Nota aggiuntiva” alla “Relazione generale sulla situazione economica del Paese per il 1961”, redatta dal Ministro del Bilancio La Malfa54. Questi docu- menti segnano l’inserimento organico del tema della pianificazione nella politica economica italiana; pianificazione che, d’allora in avanti, «avrebbe costituito il no- do centrale dei programmi assunti a base delle diverse coalizioni governative via via susseguitesi»55. Tratto comune di entrambi, tuttavia, è il relativo disinteresse nei confronti delle modifiche istituzionali e nell’approntamento delle strutture che si renderebbero necessarie per condurre politiche di pianificazione così minuziose56. Quantomeno in un primo periodo, dunque, la politica di programmazione veniva considerata ancora come un mero «atto di volontà politica» nella semplice disponi- bilità dei partiti, quando invece lo Stato e la sua organizzazione «avrebbe dovuto costituire il primo, ed il più importante, fra gli obbiettivi di riforma della program- mazione economica»57.

Nonostante ciò, seppur a livello sotterraneo, accanto all’idea della programma- zione globale cominciava a diffondersi la consapevolezza circa l’opportunità dell’istituzione di un Comitato interministeriale, ulteriore rispetto al CIR. Tale or- gano avrebbe dovuto costituire il centro unitario di riferimento per la politica di programmazione o, comunque, per la politica economica governativa, ed avrebbe riunificato le competenze precedentemente frazionate tra una pluralità di organi collegiali di governo, sia ereditando le funzioni dei Comitati che sarebbero stati soppressi, sia dettando le direttive d’azione per quelli che, invece, venivano mante- nuti in vita58.

Al momento di intraprendere la collaborazione organica di centro-sinistra, dun- que, si è così realizzato, a livello politico, una sorta di compromesso sul modello di distribuzione del potere fondato su tre soggetti fondamentali: il Ministro del Bilan- cio, il Comitato dei Ministri, il Ministro del Tesoro, anche in quanto presidente del CICR59. Quanto al Ministro del bilancio, si realizzava l’aspirazione socialista all’individuazione di un soggetto in grado di operare, più che la gestione della nuo- va politica economica, la sua catalizzazione attraverso il principio della program-

53 Ivi, 242 ss.; E. D’ANIELLO, Il Comitato interministeriale per la programmazione economica

(CIPE), in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 96.

54 Sulle quali, analiticamente, S. MERLINI, Struttura del governo e intervento pubblico

nell’economia, cit., 217 ss.; A. PREDIERI, Pianificazione e costituzione, cit., 460 ss.; M. STIPO, Pro-

grammazione statale e programmazione regionale, in Enc. giur., XXIV, 1991, 5 ss.

55 P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit., 207 s.

56 Ivi, 209; S. MERLINI, Struttura del governo e intervento pubblico nell’economia, cit., 230 ss. e

247 ss.

57 S. MERLINI, Struttura del governo e intervento pubblico nell’economia, cit., 247.

58 Ivi, 221 ss. Cfr. anche P. CIRIELLO, Ordinamento di Governo e Comitati interministeriali, cit.,

210 ss., a proposito, fra l’altro, dello “schema Tambroni” e del “progetto Pella”, circa la riforma ed il potenziamento del Ministero del Bilancio e l’istituzione di un Comitato di ministri responsabile dell’indirizzo politico collegiale della nuova programmazione economica.

mazione; quanto al nuovo Comitato di Ministri della programmazione economica, si consentiva alla DC un’adeguata rappresentanza di consolidati centri di influenza; gli ambienti ministeriali del Tesoro e della Banca d’Italia, da parte loro, avrebbero garantito che la politica monetaria avrebbe prevalso sugli indirizzi della program- mazione. Questo compromesso, tuttavia, conteneva già in sé alcuni elementi che ne avrebbero determinato il fallimento, quali l’eccessiva frammentazione di compe- tenze e di centri di potere, dal quale rimaneva fuori il Presidente del Consiglio, che aveva gradualmente perduto i suoi poteri di indirizzo e coordinamento in settori decisivi della politica economica60.

Tracce significative sul modo di intendere il CIPE, quanto a funzioni e rapporto con gli altri Comitati preesistenti, si ritrovano proprio nei due documenti politici più importanti elaborati nella fase immediatamente precedente alla legge n. 48/1967, ovvero nelle bozze del programma economico nazionale predisposte pri- ma dal Ministro Giolitti e poi dal Ministro Pieraccini61.

Quanto al “Piano Giolitti”, veniva riservata una sezione alle future riforme isti- tuzionali, dedicando una parte al “Comitato interministeriale per la programmazio- ne economica” che, sostituendosi agli altri Comitati interministeriali economici, avrebbe dovuto assumere funzioni di approvazione e di controllo sui programmi di investimento della grande impresa, pubblica e privata62. La complessa “strategia della programmazione” ivi contenuta ha successivamente preso forma nella presen- tazione di tre distinti disegni di legge: il primo, presentato il 16 giugno 1965, rela- tivo al programma economico 1966-1970; il secondo, del 23 settembre 1965, ri- guardante gli organi della programmazione economica; il terzo, presentato sola- mente il 23 febbraio 1967, sulle “procedure” della programmazione economica. Si è deciso, così, di capovolgere l’ordine logico che avrebbe voluto prima l’approvazione delle strutture della programmazione e poi l’elaborazione del pro- gramma, sulla base delle prime63. È necessario osservare, inoltre, che il rinvio della definizione dell’assetto di governo - in cui il CIPE doveva inserirsi e che la sua stessa creazione doveva modificare - ad un momento successivo alla legge, ha rap- presentato pure un «risultato obiettivamente favorevole a quanti, nell’ambito delle forze politiche governative, erano interessati a che l’equilibrio complessivo della distribuzione dei poteri non subisse alterazioni di rilievo»64.

Il “Piano Pieraccini”, ovvero il “Programma economico nazionale per il quin- quennio 1966-1970” 65, è stato infine approvato in allegato alla legge 27 luglio 1967, n. 685, in formale rispetto della riserva di legge di cui all’art. 41, c. 3, Cost, che vuole sia la legge a determinare «i programmi e i controlli opportuni perché

60 S. MERLINI, Struttura del governo e intervento pubblico nell’economia, cit., 242.

61 Riferimenti in E. D’ANIELLO, Il Comitato interministeriale per la programmazione economi-

ca (CIPE), cit., 94 ss.

62 S. MERLINI, Struttura del governo e intervento pubblico nell’economia, cit., 250 ss.

63 Cfr. ivi, 252 ss. anche per una spiegazione delle motivazioni politiche alla base di questa deci-

sione. Il medesimo ordine logico, per cui «la predisposizione dev’essere normativamente posta co- me legge di organizzazione della pianificazione prima della elaborazione del piano», dovrebbe esse- re rispettato anche per A. PREDIERI, Pianificazione e costituzione, cit., 427.

64 E. D’ANIELLO, Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), cit.,

97.

65 Su cui, più approfonditamente, cfr. A.PREDIERI,P.BARUCCI,M.BARTOLI,G.GIOLI, Il pro-

l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali» 66 . L’approvazione nella forma dell’allegato, differentemente dall’approvazione delle leggi ordinarie tipiche, da condurre articolo per articolo e con votazione finale, ha consentito di utilizzare un iter parlamentare più spedito, trattandosi di un programma che in gran parte non era traducibile in “norme giuri- diche concrete”67. Nonostante ciò, i giudizi complessivi sull’operazione non sono

stati affatto positivi, arrivando a sostenere che «l’impressione complessiva è quella di un pasticcio senza precedenti nell’intera storia costituzionale italiana»68.

Se, però, la legge n. 685/1967, frutto del primo dei citati d.d.l., «non risolveva in alcun modo il problema giuridico della “forza” del piano, né quello politico del rapporto Governo-Parlamento nella programmazione», la citata legge n. 48/1967, sviluppo del secondo d.d.l., «dava risposte assolutamente insoddisfacenti sul ver- sante della struttura del governo»69.

Fra gli organi ivi previsti, quello su cui bisogna ovviamente concentrare l’attenzione è il “Comitato interministeriale per la programmazione economica”. Tale organo, che prima della sua formale istituzione con legge operava già in seno al CIR, in forza della delibera del Consiglio dei Ministri del 4 agosto del 196570, assume la fisionomia delineata dagli articoli 16 e 18 della legge n. 48/1967.

66 La riserva di legge che l’art. 41, c. 3, della Costituzione impone in tema di pianificazione non

avrebbe solo il fine di determinare la forma e l’efficacia dell’atto di pianificazione, ma varrebbe ad introdurre una ripartizione di competenze in tema di determinazione dell’indirizzo politico- economico; essa condizionerebbe la ripartizione di competenze di indirizzo fra gli organi costitu- zionali, introducendo, per l’indirizzo pianificatorio, un regime diverso da quello della determinazio- ne dell’indirizzo politico governativo generale; così A. PREDIERI, Pianificazione e costituzione, cit., 294 ss. Sul dibattito circa la necessità di utilizzare o meno la fonte legislativa per approvare gli strumenti di programmazione, cfr. M. CARABBA, Programmazione economica, cit., 1137 ss.

67 Cfr. P. BARILE, Aspetti giuridici del «Progetto di programma di sviluppo economico per il

quinquennio 1965-69», in Scritti di diritto costituzionale, Cedam, Padova, 1967, 587. Di legge di

piano come “legge di indirizzo politico” parla A. BARBERA, Leggi di piano e sistema delle fonti, Giuffrè, Milano, 1968, 52 ss., il quale, peraltro, riconosce ad essa la capacità di vincolare anche la legislazione successiva (56 ss.).

68 Così L. PALADIN, Per una storia costituzionale dell’Italia repubblicana, cit., 205 s., il quale,

per sottolineare i limiti dell’operazione, rileva come l’esordio del Piano sia già indicativo «di enor- mi ambizioni e di colossali ingenuità», figurando «l'eliminazione delle lacune tuttora esistenti in do- tazione e servizi di primario interesse sociale», quali la scuola, l'abitazione, la sanità, la sicurezza sociale, la formazione professionale, i trasporti, l'assetto urbanistico, la difesa del suolo». Il seguito del discorso, poi, «è costellato dall'uso del verbo dovere, coniugato al futuro; dai passi meramente esortativi, sul tipo dell'appello rivolto «a tutto il Paese, a tutti i cittadini, ciascuno nell'ambito delle proprie responsabilità e delle proprie possibilità»; dal bassissimo grado di precettività dei paragrafi (e non degli articoli) nei quali il programma è suddiviso; dall'uso atecnico delle parole e dei concetti, non corrispondente ai criteri di redazione d'una legge (o di un allegato legislativo); dalle previsioni macroeconomiche, intese come «schema logico di riferimento »; dalle note a piè di pagina e dalle tabelle; dal preannuncio di riforme delle quali non vengono indicati né i contenuti né le linee diret- trici, a cominciare dall'indispensabile riordino della pubblica amministrazione; dalle incongrue di- gressioni, quanto mai palesi nelle parti riguardanti i problemi della giustizia e la revisione dei Codi- ci; dai veri e propri vertici d'inconcludenza, un ottimo esempio dei quali è il paragrafo in cui si pro- clama - senza ulteriori specificazioni che «il programma intende porre in atto mezzi e strumenti ca- paci di realizzare una politica della gioventù»; dai circoli viziosi impliciti nei molti passaggi che impegnano il Governo a presentare determinati disegni di legge».

69 Cfr. S. MERLINI, Struttura del governo e intervento pubblico nell’economia, cit., 257.

70 Su cui, più ampiamente, G. QUADRI, Gabinetto economico (C.I.P.E.) e indirizzo politico eco-

Quanto alla sua composizione, si prevede originariamente che «Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed è costituito in via permanen- te dal Ministro per il bilancio e per la programmazione economica, che ne è Vice- presidente, e dai Ministri per gli affari esteri, per il tesoro, per le finanze, per l'in- dustria e commercio, per l'agricoltura e foreste, per il commercio con l'estero, per le partecipazioni statali, per i lavori pubblici, per il lavoro e la previdenza sociale, per i trasporti e l'aviazione civile, per la marina mercantile e per il turismo e lo spetta- colo nonché dal Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e nelle zo- ne depresse del Centro-Nord» (art. 16, comma 2).

Il CIPE presenta una composizione elastica, poiché «sono chiamati a partecipare alle riunioni del Comitato altri Ministri, quando vengano trattate questioni riguar- danti i settori di rispettiva competenza», nonché «i Presidenti delle Giunte regionali, i Presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano, quando vengano trattati problemi che interessino i rispettivi Enti» (art. 16, comma 5)71.

In qualità di esperti, «alle sedute del Comitato interministeriale per la program- mazione economica possono essere invitati ad intervenire il Governatore della Banca d'Italia, il Presidente dell'Istituto centrale di statistica, il segretario della pro- grammazione» (comma 7).

Alle riunioni del Comitato partecipa, con le funzioni di segretario, il Sottosegre- tario di Stato per il bilancio e la programmazione economica (comma 6), mentre i servizi di segreteria sono affidati alla Direzione generale per l'attuazione della pro- grammazione economica del Ministero del bilancio e della programmazione eco- nomica (comma 9).

Se si volesse spendere qualche preliminare considerazione sulla composizione del CIPE, potrebbe subito notarsi come, in linea astratta, un Comitato che coinvol- ga un numero così ampio di Ministri potrebbe dare adito a qualche perplessità, per- ché tale composizione, da una parte, rischia di compromettere la funzionalità dell’organo, e, dall’altra, rischia inutilmente di duplicare il Consiglio dei Ministri stesso72. Di per sé, la formazione di un Comitato interministeriale presuppone che solo alcuni Ministri vantino interessi istituzionali connessi alla materia, ma «per ciò che concerne la programmazione questo presupposto manca, poiché in realtà non vi è Ministro che possa considerarsi estraneo ai suoi problemi»73. Nel contesto politi- co-istituzionale in cui venne adottata la legge, inoltre, simile composizione indebo- liva la stessa posizione del Ministro del Bilancio, in contrapposizione alle mire ori- ginarie della componente socialista di governo74.

Sempre in ordine alla composizione, occorre notare anche che, sin dai primi an- ni di attività del CIPE, sia invalsa la prassi dei Ministri membri del Comitato di far-

71 Quando il CIPE si trovi ad esercitare le funzioni del soppresso CIR, ovvero nell’accertamento

delle condizioni e delle esigenze della ricerca scientifica, la fissazione delle direttive generali per il suo potenziamento, la promozione della formulazione e del coordinamento di programmi di ricerca, la sua composizione è integrata dal Ministro incaricato del coordinamento della, ricerca scientifica e dai Ministri per la pubblica istruzione e per la difesa; alle sedute partecipa il Presidente del Consi- glio nazionale delle ricerche (art. 18, comma 2).

72 Così criticamente A. PREDIERI, Pianificazione e costituzione, cit., 497.

73 G. GUARINO, Programmazione economica ed imprese pubbliche: aspetti giuridici, in ID.,

Scritti di diritto pubblico dell’economia, Giuffrè, Milano, 1970, 286.

74 E. D’ANIELLO, Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), cit.,

si sostituire da sottosegretari muniti di delega, senza che ciò venisse censurato da parte della stessa giurisprudenza amministrativa, che, anzi, ha qualificato l’organo come “collegio virtuale” o “imperfetto”75. Una soluzione simile pare già