• Non ci sono risultati.

Aspettative e speranze Realismo politico ed etica politica.

II. educazione del principe ereditario.

II.1 Aspettative e speranze Realismo politico ed etica politica.

Le nuove ideologie nate dagli avvenimenti allarmanti del secolo, in realtà riproposero, sotto mentite spoglie, autori di poco precedenti, con un richiamo alla cultura classica, quella cosiddetta illustre: da questa rivisitazione del passato si cercava di dar risposte per il presente così incerto ed oscuro.

La riflessione politica tra Cinque-Seicento si attuò nel segno del rifiuto al pensiero del Machiavelli. Il suo “realismo” politico, indipendente dalla morale, determinò la condanna all’Indice del Il Principe nel 1559. Malgrado ciò, l’opera dello scrittore fu costantemente presente nel pensiero politico del tardo Cinquecento e del Seicento. Anche se alcuni autori ne rifiutarono l’ideologia, in quanto contraria alla morale, di fatto ne trassero ispirazione e ne colsero suggerimenti; e in questa prospettiva “anti-machiavelliana” alcuni trattatisti politici velarono tematiche proprie dell’autore dietro un apparente richiamo a Tacito.64

Il cosiddetto tacitismo non fu che un aspetto della discussione sulla Ragion di Stato e per tanto rientrava nell’alveo di quella trattatistica di cui Botero fu il maggior esponente che tentò di conciliare l’autonomia della politica (punto fermo dal Machiavelli in poi col quale bisognava far i conti non foss’altro che per deplorarlo) con le esigenze morali e religiose del periodo post-riformistico. Se però Botero fu il primo che fermamente condannò l’opera di Tacito e del

64 Cfr. A. Feros, op. cit. p. 58; Inoltre: B. Antòn, El Tacitismo en el siglo XVII en Espana. El proceso de “receptio”. Valladolid 1991.

Machiavelli nel suo Della ragion di stato (1589), testo di dichiarato conservatorismo aristocratico,65 (e su questo bisogna riflettere attentamente perché se anche fu innovativo in realtà andava a riabilitare l’aristocrazia la quale, almeno in Spagna, Filippo II aveva tentato di tenere a freno durante il suo lungo regno) in realtà il continuo richiamo ai due storiografi, l’uno considerato “autore così empio”, e l’altro biografo di un “tiranno” tanto crudele quale fu Tiberio, segnò l’inizio di una produzione storiografica letteraria in cui la storia, magistra vitae, considerava l’analisi del passato come il solo modo possibile per comprendere ed individuare categorie di valore universale ed eterno, strumenti che potevano consentire all’uomo moderno di comprendere il presente così incerto ed oscuro.66 Ma le contraddizioni di chi vedeva ora solo nel Machiavelli, e ora anche in Tacito l’immoralismo, per cui agli occhi degli intellettuali della Controriforma nessuno dei due volle interrogarsi su come fosse possibile conciliare la politica con la morale, cioè la Ragion di Stato con l’etica, tali quesiti indussero gli storici del tempo a formulare le loro teorie: così il fiorentino Scipione Ammirato, con i suoi Discorsi sopra Cornelio Tacito del 1594, condannava al Machiavelli l’assenza dell’impegno morale, e assolveva Tacito il quale, vissuto in tempi tristi, simili a quelli contemporanei, raccontò le azioni dei sovrani malvagi, traendone però riflessioni buone;67 così Traiano Boccalini (1556-1613) nelle Osservazioni politiche sopra Cornelio Tacito esprimeva la sua grande ammirazione per l’opera tacitiana considerandola un perfetto trattato di arte politica ricco di precetti aventi valore assoluto.68 Non meno propositivi

65 Cfr. C. Segre, C. Martignoni, op. cit. p. 562. 66 Ibidem.

67 Ibidem. 68 Ibidem.

furono coloro che trassero, da entrambi gli storici, il principio sul sofferto interrogativo del rapporto tra politica e morale. Per Antonio Possevino, per Famiano Strada in Prolusiones academicae, e per Anton Giulio Brignole Sale nel Tacito abburattato l’inquisitoria non ebbe assoluzione. 69 Dunque fu Machiavelli mascherato da Tacito il compromesso alle nuove esigenze etico- religiose che andavano divulgandosi.70 Ma quali furono le applicazioni di queste teorie sulle riflessioni riguardanti la realtà spagnola? Le opere italiane di Botero e Tacito furono tradotte in spagnolo da Antonio de Herrera y Tordesillas il quale trasse il sunto che la storia è il mezzo essenziale per acquisire la prudenza, perché il suo fine è l’utilità pubblica: attraverso la narrazione di uomini saggi della storia si può insegnare a viver meglio perché Si no fuere por la fe y prudencia de los historiadores, nada supièramos de Dios, de los principios de la religiòn, de los orìgenes y naturaleza de las cosas, los inventores de las artes, grados, aumentos, imitadores: aùn apenas lo presente pareciera si no supièramos lo pasado y fuèramos como las bestias.71 Inoltre il suo tacitismo si risolvette ad assolvere i mezzi autocratici di Filippo II il quale, come nel caso della rivoluzione aragonese del 1591, non si fece altro, a suo giudizio, che difendere il potere assoluto sovrano. Se quell’ideologia nasceva dagli insegnamenti italiani, in effetti Giovanni Botero mai espresse giudizi sulle azioni politiche del re di Spagna, ma sostenne l’idea che l’obiettivo della monarchia dovesse essere prima di tutto la conservazione del territorio, e che garante di ciò fosse l’unità religiosa. Essenzialmente il suo impegno fu atto a ricercare le

69 Questi autori provenivano tutti dalla Compagnia di Gesù. Cfr. C. Segre, C. Martignoni. op. cit. p. 804.

70 Sull’argomento si veda anche il saggio di R. Garcìa Càrcel, La Historiografìa italiana del siglo XVII sobre Felipe II in B. Anatra, F. Manconi, op. cit. p. 23/26.

ragioni dei mali di Spagna adducendo alla eterogeneità fisica dei domini della corona: la causa maggiore fu considerata la distanza geografica tra gli stati quella che, a parer suo, aveva determinato, in primis, la malagevolezza del controllo sui Paesi Bassi. Fu inoltre l’antitesi geografica del re eretico considerata la grande barriera che aveva limitato ancor di più il governo su quelle popolazioni germaniche.72 Per quanto riguarda Traiano Boccalini, acerrimo nemico della Spagna, il suo tacitismo si mosse essenzialmente a giustificare, in termini puramente pragmatici, le vesti di un padre, quale Filippo II, nei confronti di un figlio, don Carlos: gli si riconobbe il merito del doveroso riguardo per la coscienza di principe piuttosto che per quella di genitore.73 Il tacitismo di Boccalini fu implacabile: La vida, para èl, es un perpetuo conflicto de intereses, de egoismos.74 Secondo Garcìa Càrcel, la preoccupazione maggiore dei cronisti italiano dell’epoca fu rivolta al governo dei Paesi Bassi. Tommaso Campanella, per risolvere i problemi della Spagna proponeva una maggior coesione tra i sudditi del re cattolico mediante i matrimoni misti e la diffusione della lingua e dei costumi iberici, nonché il trasferimento del re presso quei popoli. Naturalmente per Campanella el rey de España no tiene otras razones para

72 Cfr. G. Botero, La razòn de estado y otros escritos. Caracas 1962. inoltre: La distancia fisica explicaba los problemas para controlar el gobierno en los Paìses Bajos, tema sobre el que incidiò Botero con abundates reflexiones. Cfr. R. Garcìa Càrcel (coord.), Historia de España siglos XVI y XVII. La España de los Austrias. Madrid 2003. p. 15.

73 Per un’analisi approfondita sulla storiografia di quegli anni che riesaminava la questione “don Carlos” e le scelte del sovrano, si propone nuovamente R. Garcìa Càrcel, Historia de España…op. cit. pp. 137/146. La prima biografia su Filippo II è attribuita a Pierre Mathieu (1503-1621) protetto di Enrico IV e cronista ufficiale francese; il manoscritto, oggi conservato nella Biblioteca Nacional de Madrid, è un esempio di tacitismo a caballo de la razòn de Estado, toda la legitimidad al rey para el proprio parricidio.

conquistar el mundo que la propagaciòn de la religiòn y si perdiera èsta perderìa las conquistas.75