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Filippo III e ascesa del Denia.

VI. Fine di un regno; vecchio e nuovo regime.

VI.4 Filippo III e ascesa del Denia.

Le tensioni che rilevarono lo stato di malessere della monarchia spagnola, e che furono in quei momenti valvola di sfogo nei calcoli e nelle previsioni circa il futuro, in realtà palesarono quanto fino a quel momento, durante il regno di Filippo II, la sua politica aveva prodotto e fatto in relazione agli accadimenti riguardanti la penisola iberica, e in riferimento essenzialmente alle conseguenze delle guerre che sul continente, più che mai, stavano ripercuotendosi sui precari equilibri finanziari della Spagna. Ciò che una parte del regno chiedeva e si aspettava dal nuovo monarca era, in quel momento più che mai, la prudenza;308 e ciò che si chiedeva oltremodo era la rottura col passato, quello che aveva procurato la guerra nei Paesi Bassi, e che molti consideravano perciò estranea alla Spagna e oltremisura dispendiosa, e semmai poco proficua per alcuni. Se le critiche mosse contro Filippo II furono essenzialmente quelle che lo consideravano come un re “invisibile”309, poco presente oltre i confini della sua regale dimora, quest’impopolarità fu sostenuta e strumentalizzata principalmente da quella rappresentanza nobiliare scontenta su come le cose, fin a quel momento, erano state condotte: infatti se si chiedevano loro maggiori finanziamenti per le guerre, la controparte quale fu l’esclusione dal governo imposta loro dalla politica del vecchio re, non poteva certo essere considerata l’incentivo che

308 Luisa de Carvajal indirizzava a Isabel de Velasco, il 15 settembre del 1598, una lettera in cui esprimeva la necessità che la nuova monarchia agisse con cautela. Cfr. Luisa de Carvajal y Mendoza, Epistolario y poesias, Madrid 1965, p. 98. Vedi anche A. Feros, op. cit. p. 112.

309 Manrique creìa que […]Felipe II se habia convertido en un rey invisible, no sòlo al mas comun de sus subditos, sino incluso a aquellos ministros que debian ayudarle a gobernar sus reinos en circunstancias tan criticas como las que estaba viviendo la monarquia. Inoltre tali critiche dallo stesso gli furono mosse perché si dice che mai assistette alle riunioni del Consiglio di Stato, considerato uno degli obblighi più sacri del monarca il quale habia decidido gobernar a travès de billetes escritos y no a boca. Le denuncie contro il comportamento e la politica di Filippo II erano giunte anche dal frate Pedro de Ribadeneira, nel 1580, a proposito della conquista del Portogallo considerata una guerra di cristianos contra cristianos, cathòlicos contra cathòlicos, espanol contra espanol. Cfr. A. Feros, op. cit. p. 114.

l’avrebbe spinta a sostenere il vecchio regime. Non a caso i maggiori partigiani del cambiamento furono proprio loro, i nobili di Spagna speranzosi di ottenere nuove ed adeguate cariche confacenti il loro rango. E tali speranze parvero ottenere risposta quando il marchese di Denia, […]uno della loro classe, è stato immediatamente dopo la morte del re dichiarato, dal successore, del Consiglio di Stato grado al quale pareva che da un pezzo in qua fusse interamente serrata la porta alli Grandi, li quali con il vedersela ri aprire si vanno nutrendo di speranza di potercisi introdurre […].310 Inoltre il favore popolare nei confronti del nuovo sovrano, ora considerato […]in opinione di più misericordioso et liberale del padre […]311 infondeva nell’opinione pubblica la speranza che egli sarebbe riuscito ad ottenere dai suoi popoli più denari per le occorrenze del regno. Solo dopo appena sei ore dalla morte del padre, il nuovo re diede subito l’impronta che avrebbe caratterizzato il domani della sua linea politica: l’elevazione del Denia (quale prima mossa fra le più significative e incisive) e inoltre […]ha resoluto il nuovo re che domani si deve sepellire suo padre In la Chiesa di San Lorenzo dell’Escurial […] affermano universalmente che il nuovo re tratti et comandi con tanta restritione et autorità come se havesse tenuto il governo già molti anni, onde si comincia à tenere per fermo che la modestia usata in tempo del padre procedesse più da considerata elettione et volontà che da naturale remissione d’animo et di spirito […].312 Quell’immagine del principe sottomesso e soggiogato dalle ingerenze paterne venne quindi a ritrattarsi. Non più nell’ombra, il nuovo re riordinava con fermezza, e a suo piacimento, il suo seguito, non curante delle conseguenze che le sue

310 A.S.F. Mediceo del Principato, Legazione spagnola, f. 4926, 14 settembre 1598. 311 Ibidem.

probabilmente inaspettate disposizioni avrebbero suscitato nei confronti dei vecchi ministri, ma anzi, in ottemperanza con le nuove linee che in quel momento andavano profilandosi, dovute essenzialmente alle numerose critiche nei confronti del precedente governo, furono queste l’esplicita richiesta del cambiamento: coloro i quali percepirono quella crisi ormai conclamata e annunciata anni prima, ora vedevano nel nuovo sovrano la possibilità e la speranza in una svolta, e non fu dunque inatteso l’entusiasmo manifesto di molti sudditi nei confronti del nuovo re.

Forti della richiesta di cambiamento, il nuovo sovrano e il Denia, fin dall’inizio lanciarono una serie di riforme che, in effetti, avevano lo scopo di passare per la restaurazione del vecchio governo: quello tradizionale degli antichi splendori, e fra le iniziali disposizioni fu eliminata, prima fra tutte, la odiata e discussa Junta de Noche. Lo scopo di Filippo III era quello di procurarsi il rispetto e l’amore del suo popolo e per arrivare a ciò era necessario dare la prima grande impronta: quella che lo avrebbe designato come monarca liberale, giusto e, a differenza del padre, più […]a preocuparse màs de recuperar el amor de sus sùbditos, que de extender el poder territorial de la monarquia.313

Così il senso di vera giustizia, ad imitazione di Dio, quale similitudine ciceroniana del padre sui suoi figli, stava nella clemenza, cioè nel perdono e reintegrazione del “figliol prodigo”. Non a caso Filippo III, per promuovere quest’immagine di sé, decise di condonare coloro i quali furono dal padre condannati per aver partecipato alle sollevazioni aragonesi del 91-92. Ma la vera liberalità del re, cioè la sua capacità di premiare i suoi sudditi, non fu considerata

meno importante della virtù dell’indulgenza, tanto che alcuni autori in voga, come Botero, sostenevano quanto fosse importante premiare, a mezzo di mercedes, i sudditi con l’effetto di ottenerne lealtà e virtù.314