II. educazione del principe ereditario.
II.2 La retta via della virtù.
L’idealizzazione dell’umano, che nasce sul sistema di canoni fondato sull’imitazione della natura e sulla sua assunzione come ideale attraverso il senso dell’armonia classica, che ebbe maggior visibilità nell’arte visiva76, non di meno, tale sublimazione, si riscontrò nelle humanae litterae e in special modo in Erasmo da Rotterdam protagonista indiscusso di questa fase che avanzava l’ideale di un cristianesimo rinnovato e caratterizzato da una forte tensione etica e civile.77 Prestigiosa figura di intellettuale del suo tempo, fu conteso da monarchi e principi e nel 1516, in Institutio principis christiani, che dedicò al prossimo Carlo V imperatore, assicurava come una buona educazione fosse l’unica garanzia possibile che una monarchia ereditaria potesse offrire al suo popolo;78 solo nella gestione politica e nell’educazione del principe si potevano perseguire quegli alti ideali così celebrati dalle nuove prospettive: la sapienza, la giustizia, la temperanza, la preveggenza, l’amore per il bene pubblico; inoltre
75 Cfr. R. Garcìa Carcel, op. cit. p. 143.
76 Per quanto riguarda l’influenza artistica Toscana in Spagna durante il periodo rinascimentale si veda R. Pane, Gli scambi con la Spagna: scultori e architetti. In AA.VV., Il potere e lo spazio. La scena del principe. In Firenze e la Toscana dei Medici nell’Europa del Cinquecento. Firenze 1980, p. 105.
77 Sull’influenza di Erasmo in Spagna si veda: M. Bataillon, Erasmo y Espana, 2 voll., Mexico 1950.
78 A. Feros, op. cit. p. 47. L’educazione di un principe cristiano fu l’opera che Erasmo da Rotterdam dedicò, come modello pedagogico, all’imperatore Carlo; inoltre un programma pedagogico fu proposto da un frate: Juan De Mariana, in De rege et regis institutione e prodotto appositamente per il tutore del principe: Garcia de Loaysa. Cfr. J. de Mariana, De rege et regis insitutione (la dignidad real y la educaciòn del principe). Madrid 1981. pp. 39/51. Sul trattato di Mariana si veda inoltre: D. Ferraro, Tradizione e ragione in Juan de Mariana. Milano 1989. Inoltre sull’educazione del principe Filippo: M. A. Galino Carrillo, Los tratados sobre educaciòn de principes, siglo XVI y XVII. Madrid 1948; inoltre: C. Perez Bustamante, La España de Felipe III. Madrid 1983.
sono le critiche mosse contro la pessima distribuzione delle cariche pubbliche, lo spreco del denaro, ma soprattutto la disapprovazione nei confronti della violenza e della guerra che a principi e sovrani poteva assurgere a strumento demistificatore in termini di “economia politica”.79 Dato che Erasmo fu una figura centrale dell’Umanesimo e del Rinascimento, si può senz’altro affermare che le sue idee ebbero una dimensione europea e una connotazione ben precisa sul piano del confronto con le nuove contingenze culturali, sociali, politiche, educative, religiose. A questo punto si fa riferimento essenzialmente a quell’ondata rivoluzionaria che fu la Riforma, cosicché di fronte alla contesa tra Lutero e la Chiesa di Roma ciò che pare abbia rilevanza in lui è la questione della libertà dell’individuo da ogni forma di sopraffazione, di dogmatismo, di ignoranza; e dato che gli assetti politici europei furono scompigliati e rimessi in discussione dallo sconvolgimento della Riforma, ecco l’importanza dell’educazione del principe: un principe nuovo di fronte ad un mondo che cambia: Si deve in primo luogo ammonire il principe che si accinge ad assumere il timone dello Stato che la principale speranza di uno Stato è riposta nella corretta educazione dei fanciulli, come ha giustamente insegnato Senofonte nella sua Educazione di Ciro. Occorre pertanto fin dall’inizio avere cura dei giochi[…]sotto la guida dei migliori e più integri maestri assorbano contemporaneamente Cristo e le belle lettere che sono salutari allo Stato.80 Erasmo quindi riprendeva ed ampliava il modello educativo classico insistendo in modo particolare sull’opportunità di un’educazione liberale come unica arma
79 Cfr. R. Fornaca, Storia della pedagogia. Firenze 1996. p. 73.
80 Cfr. Erasmo da Rotterdam, Institutio principis christiani (1516), in La formazione cristiana dell’uomo (a cura di E. Orlandini Traverso), Milano 1989, pp. 311-426.
possibile per formare l’uomo nuovo.81 Gli autori del Cinquecento consideravano il monarca come colui che avrebbe potuto generare tanto il bene quanto il male nel destino del suo regno; così l’unica speranza di limitare il più possibile gli errori scaturiti dalle imperfezioni umane, si riponeva in una buona educazione, cosicché se gli antichi sceglievano il loro sovrano tra una rosa composta dai loro più saggi e virtuosi uomini, nel 1598 Bartolomè Villalba motivava in un suo memoriale inviato a Filippo III, come nel moderno sistema ereditario, dal padre si può certamente ricevere il trono ma non certo la virtù, quella era necessario indurla.82 Allo stesso modo altri memorialisti del periodo acuivano, con riferimenti alle antiche scritture, come tutti siamo discendenti di Adamo, e quindi tutti nasciamo nel peccato, siamo malvagi, deboli, ignoranti: è solo in una retta educazione la speranza della salvezza. Quando Mariana invitò il tutore di Filippo III di servirsi del suo trattato pedagogico, De Rege et Regis Institutione, l’intento era sempre lo stesso: formare il “principe ideale”.83 In primo luogo, sottolineava Mariana, il tutore doveva studiare la personalità del suo pupillo, e le sue inclinazioni, perché solo in questo modo lo si poteva incamminare verso la retta via della virtù. Plasmare la cera quando ancora fosse stato possibile, era il principio pedagogico del demiurgo che utilizza la creta a cui cerca di far corrispondere una copia più somigliante possibile all’ideale; 84 e questa similitudine platonica alla quale si faceva riferimento, motivava l’importanza del maestro, quale causa efficiente nella consacrazione del bene, che poteva riuscire,
81 L’accezione “liberale” indica, quale obiettivo, la formazione di un uomo libero, economicamente e politicamente autonomo attraverso un’educazione non costrittiva, non autoritaria, non dogmatica. Cfr. R. Fornaca, op. cit. p. 65.
82 Ibidem.
83 Cfr. A. Feros, op. cit. 84 Cfr. R. Fornaca, op. cit.
attraverso sani precetti, a sviluppare le virtù nel suo allievo; come diceva però San Tommaso85 in epoca medievale, non esistono ragioni seminali, non c’è trasmissione di sapere, di conoscenza dal maestro all’allievo, ma mediante l’insegnamento passa nel discepolo una scienza simile a quella che è nel maestro, recata dalla potenza all’atto,86 niente può formare la mente tranne Dio. Da qui l’importanza dell’educazione cattolica. Questa rielaborazione umanistica del pensiero filosofico e pedagogico germinò nei dibattiti di quegli anni che cercavano, a seguito degli avvenimenti politici allarmanti, di dar risposte consistenti a fronte di una realtà incerta e che nulla prometteva per il futuro.