• Non ci sono risultati.

Tensioni e rallentamenti.

VIII. La questione di Saluzzo.

VIII.1 Tensioni e rallentamenti.

La celerità con cui Filippo II firmò, nel 1598, la Pace di Vervins dimostrò la necessità di risolvere quanto prima il conflitto con la Francia così dispendioso e deleterio, ma lasciò irrisolta la questione di Saluzzo tra Enrico IV e Carlo Emanuele I di Savoia. In realtà tale scelta fu una manovra frazionata: la necessità per la Spagna di interrompere quanto prima i conflitti per motivi finanziari, e per motivi strategici, non le impedì di appoggiare successivamente, con discrezione, il Savoia per il recupero del marchesato. Tale prudenza fu ponderata considerando il fermento che in Italia si stava sollevando a favore della Francia e contro la Spagna egemone. Lo stesso granduca di Toscana, anche se “clandestinamente” aveva avviato un avvicinamento alla Francia, quando si trattò la questione di Ferrara occupata dal Papa segretamente appoggiato dalla Francia, non esitò a portarne notizia in Spagna perché preoccupato dei possibili risvolti e delle conseguenze che un potere papale troppo arrogante avrebbe apportato in Italia. Se, com’è stato affermato, il granduca non colse nella loro interezza le manovre dei regni e del Papa, i suggerimenti che gli proponevano di rimettersi in vecchia carreggiata erano forse i soli consigli sensati da seguire in quel momento; esortazioni quasi premonitrici di ciò che di lì a poco sarebbe avvenuto nella penisola: fu infatti la questione di Saluzzo a sancire il primato del Savoia in Italia quale interlocutore internazionale, ma prima di arrivare a ciò le contese e mediazioni sollevarono il polverone italiano filofrancese e filospagnolo.

Nel 1599 le contese sul Delfinato tra Francia e Savoia richiamarono l’attenzione di giuristi e studiosi di diritto antiqui et moderni, d’ambo le parti, affinché si stabilisse la validità e la legittimità delle rivendicazioni sulla donazione, risalente al 1390, che sanciva il possesso del marchesato di Saluzzo a favore della Francia.435 La questione dell’acquisto di Saluzzo, oltre che del Monferrato e di Ginevra, era stata oggetto della perseverante politica di Emanuele Filiberto,436 e ora ereditata dal figlio infiammato della stessa animosità del padre. Quel territorio costituiva per la Francia un arsenale di munizioni e armi in caso di invasioni esterne, oltre che passaggio importante sull’Italia.437 Alla stessa maniera il ducato dei Savoia rappresentava per Filippo III il più importante presidio della penisola ossequiente alla Spagna e pertanto andava supportato.438 D’altra parte, Saluzzo in mano alla Francia, avrebbe costituito una minaccia sul ducato di Milano e di conseguenza su tutta l’Italia spagnola. Il dibattito si protrasse animosamente per lungo periodo.

La questione legittimò l’opinione di alcuni uomini impegnati in gran maneggi sulla pericolosità per l’Italia di un conflitto che andava minacciando quel versante della penisola, e mosse a denunciare il duca di Savoia di aver disposto per tempo la contesa allorquando si imparentò col re di Spagna affinché lo appoggiasse nell’impresa ambiziosa di espandere i suoi possedimenti verso il Delfinato e porsi come maggiore principe italiano, nonché crearse un reino a

435 A.S.T. Marchesato di Saluzzo, 4^ categoria, mazzo 10, n°12, anno 1599. “Discorso sopra le ragioni di S.A. sopra il Marchesato”.

436 Cfr. R. Bergadani, Carlo Emanuele I, Torino 1929, p. 7.

437 Cfr. J, Baux, Histoire de la rèunion à la France des provinces de Bresse, Bugey et Gex. Bourg- en-Bresse, 1852, p. 129.

caballo de los Alpes.439 Le accuse verosimilmente presumevano un complotto contro il francese ordito proprio dal Savoia e dal re di Spagna. Ma la preoccupazione ora doveva essere quella di scagionare da tali accuse Filippo III ché non poteva apertamente troncare con la Francia perché ciò avrebbe significato l’inizio di un nuovo conflitto che non sarebbe piaciuto in primis al nuovo regime lermista: todo antes que la guerra;440 e questo perché avrebbe esasperato e spinto allo scoperto quei principi italiani animati di fervore filofrancese che in una situazione siffatta vi avrebbero intravisto la speranza di affrancarsi dalla stringente morsa spagnola. Inoltre, con l’intento di voler scagionare le dicerie sul presunto supporto, si dichiarava che non solo il re cattolico non avesse appoggiato il duca in quest’impresa, ma che addirittura si conturbò non approvando che Savoia provocasse Francia.441 Ma una posizione del genere non poteva essere sostenuta ragionevolmente ad oltranza: gli stessi ministri dello Stato di Milano, e in particolare il Contestabile di Castiglia442 governatore dello stesso, si diceva appoggiassero il duca, e la ragione fu: imperversando Arrigo et congiugnendosi con gl’heretici non v’era ragion alcuna che persuadeva al Duca di doverglielo render, né che Spagna lo consentisse, per non veder guastar i Stati del Genero dalla pratica heretica et per non correr rischio del suo proprio di Milano.443 Enrico di Francia, alleatosi segretamente con gli eretici del Delfinato, per il mantenimento di esso, doveva essere il giusto

439 Cfr. J. L. Cano de Gardoqui, op. cit. p. 58.

440 Ibidem, p. 28. Frase attribuita al Tassis ambasciatore spagnolo a Parigi.

441 A.S.T. Marchesato di Saluzzo, 4^ categoria, mazzo 10, n°12, anno 1599. “Risposta a quei che calunniano il Duca di Savoia”.

442 E’ importante sottolineare la posizione del Contestabile Velasco: dai documenti fiorentini emerge una condotta equivoca nonché d’opposizione al governo centrale. Come il Fuentes anche il Contestabile propendeva per una soluzione aggressiva delle ostilità. Cfr. A.S.F. Mediceo del Principato, Legaz. Spagnola, f. 4928.

appiglio che avrebbe strappato all’unanime il pubblico consenso all’intromissione da parte della Spagna senza che vi fosse manifesta dichiarazione d’ostilità. Il timore, verso il re cristianissimo, crebbe: anni prima Enrico aveva sì abiurato il calvinismo perché allarmato dalla disgregazione del suo regno devastato dagli eserciti di Filippo II, ma in realtà ancora si avvaleva dell’appoggio dei suoi vecchi sostenitori “eretici” per difendere quella parte del suo regno, tanto che lo stesso Papa non approva la sua conversione, anzi declara apertamente stimarla finta.444Le ragioni a sostegno dell’impresa del duca, quindi, versavano, apparentemente, soprattutto su questioni religiose e andavano a legittimare la grandezza del casato e delle sue imprese a favore della pace e della Santa Sede così come era stato nei secoli passati: L’Italia […]Reina delle Province, antica domatrice del mondo, sede della religione Christiana et fonte inessicabile delle virtù delle scienze et delle armi, dall’anno 1559 in qua se ne stà riposando quietissima et fiorisce nelle arti della pace; la quale riconosce dalla valorosa mano del Duca Emanuele Filiberto Vostro Padre di gloriosa memoria, che con la Vittoria di S. Quintino, sotto gli auspici dell’invittissimo Filippo Re di Spagna vostro suocero, partorì la salute à tutta la Christianità et à se stesso la restituzione delli suoi Stati, con il felicissimo matrimonio della Serenissima Margherita di Francia vostra honorata madre.445 Chi scorgeva nella Francia un pericoloso nemico per l’incolumità dell’Italia, puntava tutto, senza riserve, sul duca attraverso la persuasione e l’incitamento: V’ha dato finalmente Iddio […]la spada ignuda in mano, non perché nascondiate nella guaina, ma acciò riconoscendo i tanti et tali celesti favori à servitio suo

444 Ibidem.

445 A.S.T. Marchesato di Saluzzo, 4^ categoria, mazzo 10, n°12, anno 1599. “Discorso sopra l’Impresa del Marchesato di Saluzzo”. Anonimo.

indefessamente la maneggiate et adoperiate sin a tanto che quietato il Regno di Francia, spente l’heresie et le ambitiose sedizioni.446

Il baluardo della difesa dell’Italia e della Santa Sede si affidava ora al duca così come era stato nei tempi gloriosi di Costantino Imperatore […]contra Massentio in virtù della sua Santissima Croce […], di Clodoveo ch’è stato il primo di quei Rè da Dio chiamato alla fede […]contra Germani, di Pipino […]per la difesa del pontefice dalle ingiurie de’ longobardi […] e di Carlo Magno al quale Dio consegnò la corona dell’Impero d’Occidente […]con infinite vittorie havute sopra suoi nemici per haver castigato la tirannide et levato l’armi et il regno dalle mani di Desiderio ultimo Rè de’ Longobardi inimico implacabile et ostinato della sede Apostolica.447