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Sonettessa di schema metrico ABBA ABBA CDC DCD dEE eFF fGG gHH. Moderato l’investimento sui rapporti di assonanza e consonanza tra le varie rime: assuonano perfettamente le rime A e C (-EntE, -EdE) e imperfettamente le rime D ed E (-AtA, -AbbiA); in assonanza tonica e parzialmente consonanti le rime F e H (-Anti, -ANno). Hanno rima ricca i vv. 1 : 5 : 8 (pïuolo : assïuolo : lusignïuolo) e derivativa i vv. 2 : 7 (veramente : veracemente).

La riproposizione di un animale come soggetto di poesia costituisce un elemento di coesione strutturale in questa sezione dedicata allo Stradino. Non è possibile dirlo con certezza, ma l’inscenamento dell’uccisione dell’uccello destinato ad essere donato allo Stradino (v. 17) sembra essere una volontaria parodia del diffuso genere del compianto per la morte di un animale (più precisamente sugli epitaffi volgari, soprattutto in morte del cane, cfr. da ultimo Decaria, Dintorni machiavelliani) di larga fortuna nella poesia cortigiana. Più apertamente parodiche erano già il tetrastico del Berni, Giace sepolto in questa oscura buca (Rime, ed. Romei, LXIX) e la canzone in morte della civetta (ed. Maestri, 105) del Firenzuola (civetta che è animale parodico a più livelli, per la sciocchezza proverbiale dell’animale e per essere traslato del membro virile).

1-2. L’espressione ʻporre/piantare come zughi a piuoloʼ significa ʻfar attendere invanoʼ (cfr. GDLI, s.v. ʻPiuoloʼ 9 e ʻZugoʼ 4 e Gloss. Pataffio, II, pp. 27-28): cfr. Machiavelli, Mandragola, a. III, sc. VII «Or m’hanno qui posto come uno zugo a piuolo» e, per lo stesso

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Lasca, La Sibilla, a. V, sc. V «Párti che me l’avessino appiccata? e’ mi avevano piantato come un zugo a piuolo». ʻPiuoloʼ indica un «legno fitto in terra (anche fittone) a cui i contadini legavano le bestie» (Della Corte, Gloss. Pataffio, II, p. 27). Di origine incerta la voce ʻzugoʼ, che ha come primo significato quello di ʻscioccoʼ (GDLI, s.v. 1); Zaccarello (I sonetti ddel Burchiello, ed. critica, comm. a CXVII, 7) spiega lalocuz. in esame chiosando questa voce: «propriamente una frittella avvolta sopra un fuscello, che per la sua forma di baccello diede luogo al modo di dire ʻrimanere come un zugoʼ». La rima pïuolo : duolo è già in I sonetti del Burchiello (ed. Zaccarello), XXVIII, 5-8 «e non credo che avesse tanto duolo | […] perché un frate l’avea posto a pïuolo» (vd. anche Giovan Matteo di Meglio, Rime, ed. Brincat, XVII, 42-44). Cfr. anche Cecchi, Dichiarazione, ed. Ferraro, 47, p. 264. La medesima espressione usa il Lasca in O27, II 3 «Ridolfo nostro m’ha posto a pïuolo» e S146, 6 «e come un zugo m’ha posto a pïuolo». 1. ci: si riferisce alla non meglio precisata brigata del v. 10, vale a dire a un gruppo di amici comuni dello Stradino e del Lasca (non è opportuno pensare senz’altro al consesso degli Umidi). 2. come… veramente: zeppa mnemonica forse debitrice del Berni (Rime, ed. Romei, XLVIII, 33: «come voi fate tutti veramente»). fussimo: per questa forma argentea di origine toscana occidentale cfr. comm. a VIII, 3. 3. ei non ne fu nïente: ʻnon se ne fece nienteʼ. Costrutto colloquiale impiegato anche nella lingua del teatro, cfr. Aretino, Marescalco, ed. D’Onghia, a. III, sc. III, 71 «[…] e ho udito, da non saprei dir chi, che non è niente de la moglie». 4. fusse: cfr. comm. a VIII, 3. 5. preso: ʻcatturatoʼ. assïuolo: piccolo uccello rapace notturno (Opus scops nella classificazione linneiana). Come la gran parte degli uccelli dell’ordine degli strigiformi (si pensi all’allocco) è usato spesso come termine di paragone per indicare persona sciocca. La volontà del dono potrebbe dunque avere intento bonariamente derisorio (ma si ricordino comunque le strambe passioni collezionistiche del destinatario). 6. presente: ʻdonoʼ. 7. parea: per questa forma cfr. supra, comm. a I, XV 4. veracemente: ʻdavveroʼ. 8-9. Il paragone con il pavone (aspetto esteriore) e con l’usignolo (qualità canora) è iperbolico, e vale per similitudine a sottolineare le portentose qualità dell’animale. 8. pagone: forma con consonante «di transizione» (Rohlfs, I, 339) dovuta alla lenizione e successivo dileguo della labiodentale intervocaliva (pavone > paone > pagone). lusigniuolo: forma etimologica da *LUSCINIŎLU(M) (l’odierna usignolo deriva dalla discrezione dell’articolo). 9. La scansione verso richiede una dialefe, che può essere tuttavia collocata sia dopo la 5a sillaba, in corrispondenza dell’incontro tra due vocali identiche e ponendo gli accenti principali sulla quarta e l’ottava (tal che veniva˅a cavallo˄e˄a piede), oppure dopo un accento secondario di settima, dando luogo a un endecasillabo dattilico (tal che veniva˄a cavallo˅e˄a piede). veniva a cavallo e a piede: espressione formulare (cfr. ad es. Brunetto Latini, Tesoretto, 1645 «a piede ed a cavallo»; Folgore, Corona dei mesi, XI, 4 «come vi piace, a piede ed a cavallo», e i numerosi altri

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esempî ricavabili dal CORPUS OVI). Qui vale per ʻaccorrevaʼ. Il sing. di a piede è normale (e leggermente maggioritario negli esempî più antichi, soprattutto fiorentini: il CORPUS OVI dà 390 occorrenze contro meno di 200 attestazioni della forma pl., preferita, ma concorrente dell’altra, nel resto della Toscana: dati verificati il 25 luglio 2017) nell’italiano antico e ancora nel Cinquecento. 10. per vederlo e udirlo: si noti la disposizione simmetrica rispetto alla similitudine del v. 8 (ʻvedereʼ l’aspetto di pagone; ʻudireʼ la voce di lusignïuolo). la brigata: cfr. comm. a X, 51. 11. al tutto: ʻdel tuttoʼ. Andrà rilevato che questo nesso risulta nettamente preferito negli scrittori fiorentini del Cinquecento più aperti alle forme del parlato: nei Discorsi e nelle Istorie del Machiavelli gli spogli BIBIT registrano rispettivamente 65 e 40 occorrenze, contro 3 sole di ʻdel tuttoʼ nelle Istorie; meno estrema, ma comunque netta la testimonianza del Commento alla Commedia del Gelli, con 63 occorrenze contro 30. Nella lingua poetica del Lasca si conferma questa preferenza con 7 attestazioni contro 5. ogni credenza eccede: locuzione formulare (e zeppa rimica), cfr. Orl. fur., IX, LXXX 4: «Lo séguita sì ratto, ch'ogni stima | di chi nol vide, ogni credenza eccede»; B. Tasso, Amadigi, X, LV 8 «[…] tu, che il mio sincero | amor conosci; e’l dolor empio e rio, | ch’io sopporto per lei, faraile fede, | che l’uno e l’altro ogni credenza eccede». Per credenza ʻcredibilitàʼ, ʻpersuasioneʼ cfr. GDLI, s.v. 3. 12. spensierata: ʻnegligenteʼ (GDLI, s.v. ʻSpensieratoʼ 1). 13. ʻTraditoreʼ, dittologia sinonimica. ʻMarranoʼ era più esattamente un epiteto dispregiativo (di etimologia discussa, cfr. DELI, s.v.) rivolto in Spagna, dopo la Reconquista, ai conversos, ebrei o musulmani di recente conversione. Analoga invettiva in B. Giambullari, Canzona per una maritata, 1: «Crudel giudea, o mancator di fé». 14. imbeccata: ʻbuona occasioneʼ (questa attestazione è uno dei primi esempî con simile significato fig.: il primo secondo GDLI, s.v. 6; il DEI, s.v. BECCUS 2.a.α, 717 attribuisce al Doni e data al 1552 ca. le prime testimonianze: questi versi del Lasca, tuttavia, non possono essere posteriori al 1549). Consagrata: per questo nomignolo dello Stradino cfr. supra, comm. a Iep, [7]. 18. or chi vuol mal, mal abbia: cfr. Pulci, Morg., XXIV, XLVI 8: «[…] chi pensa mal, mal abbia!» (: rabbia). 19. Gli: clitico prolettico, cfr. supra, comm. a III, 5. 20. Tra gli oggetti collezionati dallo Stradino si trovavano anche presunti denti di giganti, coccodrilli o altri animali: cfr. XXI, 100-102 «i grifi, gli occhi, le mascella e i denti, | le corna, i becchi, gli ugnoni e la pelle | di pesci, orsi, lupi, aquile, e serpenti» e il cappello introduttivo di IX. 21. galanti: ʻprobiʼ (GDLI, s.v. ʻGalanteʼ 2). 22. sempremai: ʻsempreʼ. 24-25. Si noti la costruzione simmetrica con iterazione dell’avverbio, di valore enfatico (e simulazione di parlato): assai… del vostro : assai più che del nostro. 26. sperian: la desinenza -n(o) della 1a pers. pl. ind. pres. è un tratto argenteo endogeno caratteristico di ceti sociali medio-bassi (Palermo, Sull’evoluzione del fiorentino, p. 133 e tabella p. 141). ristorarvi: ʻricompensarviʼ, (per il brutto tiro) in senso antifrastico. Per tutto il verso cfr. anche infra, LXXVIII, 16 «se non ci ristorate

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quest’altr’anno | tutti i vostri scolar vi pianteranno». quest’altr’anno: la locuz. sembra valere genericamente ‘la prossima volta’ (così anche a infra, LXXVIII, 16), ma tale significato non ha riscontro nei lessici.

[c. 24r]

[XIII = S3]

Al Medesimo.

Potta, ch’io non vo’ dir, di fra Martino,