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4. La spedizione italiana, ottobre 1310 – dicembre

4.5 Milano e le città lombarde si rivoltano

4.5.1 L'assedio di Cremona

La situazione di tensione generatasi nelle città lombarde con il passare del tempo aveva continuato a peggiorare.

Secondo quanto riportano alcune fonti, Enrico VII aveva trascorso il periodo di Pasqua a Milano219, per poi dirigersi verso Lodi «praemisso equitatu magno ac mercenariis peditibus»220. Ma prima di concentrarci sull'importante assedio di Cremona, riguardo a Lodi Giovanni da Cermenate e Bonincontro Morigia raccontano un prezioso episodio che, se da un lato rappresenta una delle rarissime occasioni in cui la cronachistica parla direttamente delle azioni e del carattere di Valerano di

217 P. GRILLO, Milano guelfa (1302–1310), p. 207. 218 Nuova Cronica, II, p. 220.

219 Così dicono, ad esempio, il Chronicon Modoetiense, col. 1101 e la Relatio de Itinere

Italico, p. 509. Il Ventura colloca Enrico ed il suo seguito a Pavia, cfr. Cronisti Astesi, p.

225, col. 778.

Lussemburgo, dall'altro è importante per comprendere quanto l'atmosfera dovesse essere tesa. L'episodio è connotato da una rappresentazione totalmente negativa del fratello di Enrico VII: lo «stolidus frater regis»221 si macchia di un «ignobili ac vili facto»222 che danneggia l'onore reale. Valerano alloggiava presso un «hospitium» di proprietà di Iacopo Dardanoni223 «pacifici hominis et honesti»224 il quale, un giorno, venne trattato dal fratello del sovrano «ut hostem»225. Questo avvenne «quia carbone designata fuerat furca cum laqueo in collo supra in dicto hospitio, ubi depicta erat antiquiter Aquila Imperiali reverentia»226. La spiegazione, a detta dei due cronisti, è molto semplice: l'autore del disegno è un ambasciatore guelfo dei cremonesi che aveva soggiornato nel medesimo posto qualche giorno prima. Valerano non pare esserne convinto e decide di prendersela con Iacopo, che viene trattato in questa maniera: «Hic fecit minas mortis, & carcere obscuro clausit»227 e il malcapitato viene anche derubato di «quingentos florenos aureos», probabilmente per aver salva la vita228. Alla sua riabilitazione contribuisce anche la testimonianza dei suoi vicini «honestatem dicti Jacobi testantem»229.

Nello stesso periodo Enrico VII inviò dei messaggeri a Cremona per chiedere che la città si sottomettesse alla sua autorità ma, come testimonia Guglielmo Ventura,

221 Ibidem. 222 Ibidem.

223 Chiamato Jacobo de Ardence nel Chronicon Modoetiense, col. 1101.

224 Historia Iohannis de Cermenate cit., cap. XXX, p. 71; «bonæ famæ viro», Chronicon

Modoetiense, col. 1101.

225 Historia Iohannis de Cermenate cit., cap. XXX, p. 72. 226 Chronicon Modoetiense, col. 1101.

227 Ibidem; «in obscurum ac turpem carceris locum», Historia Iohannis de Cermenate cit., cap. XXX, p. 72.

228 Cfr. Historia Iohannis de Cermenate cit., cap. XXX, p. 72: «mediantibus quingentis florenis auri … donatur vita».

essi rifiutarono230. La notizia di questo rifiuto trova conferma in altre fonti231, anche se sappiamo che, mentre si trovava a Lodi, Enrico VII ricevette una delegazione di cremonesi «qui primo rebellaverant, misserunt claves civitatis petentes gratiam et misericordiam»232. L'imperatore si rifiutò di riceverle, ma esse vennero accettate dalla regina, la quale rincuorò gli emissari dicendo loro di non disperare233. Le testimonianze di Niccolò da Ligny in casi come questi sono sempre importanti, dato il loro carattere di testimonianza oculare registrata immediatamente dopo gli eventi; nel caso di specie probabilmente il cronista riporta ciò che ha udito in un secondo momento, dato che afferma di essere stato richiamato alla corte papale e di aver fatto ritorno presso Enrico VII solamente prima degli eventi bresciani: nelle sue parole abbondano frasi introdotte da «audivi quod», «prout intellexi», «ut intellexi, et credo verum esse», fino al suo ritorno in Italia quando ammette che, durante la sua assenza, a Brescia «multa mala fuerunt ibi facta, que ignoro»234.

In ogni caso Niccolò registra che l'imperatore entrò in città «sine promissione gratia»235. Gli vennero incontro «pluribus in camisiis et corrigiis per collum, quos ad carceres misit»236, un particolare presente anche nella cronaca del Ventura, secondo la quale i cremonesi «tam viri, quam mulieres, clerici et monachi»237, presi dalla paura per l'arrivo dell'esercito imperiale, uscirono dalla città «nudis pedibus, et fune super

230 Cronisti Astesi, p. 225, col. 778: «ut ei obedirent, et noluerunt». Cfr. anche DINO COMPAGNI, Cronica, XXVIII, 154, p. 128.

231 Cfr. Chronica Mathiae de Nuwenburg, Fassung B, cap. 37, p. 84: «qui eum et suos missos rennuerant receptare».

232 Relatio de Itinere Italico, p. 509. 233 Ibidem.

234 Relatio de Itinere Italico, pp. 509–510. 235 Relatio de Itinere Italico, p. 509. 236 Ibidem.

colla sua ferentes»238: vedendo avvicinarsi Enrico, essi si inginocchiarono e «clamabant una voce, dicentes: parce domine, parce populo tuo, et vae nobis, vae nobis, quia peccavimus»239. La stessa informazione, con alcune minime differenze, è presente nella Relatio: il corteo che accoglie l'imperatore è formato da «mulieribus et parvulis clamantibus Misericordiam, misericordiam!»240.

La delegazione è intesa diversamente dalle cronache del Cermenate e del Morigia, secondo i quali essa era composta da Supramonte degli Amati, uno dei protagonisti della vita politica cremonese, da altri nobili guelfi e da molti «popolaribus quorum mentis licet Guelfis iniquitas, & dolus satis minor erat»241 i quali, immaginando di ricevere la clemenza del sovrano, gli andarono incontro «perfusi lachrymis»242 e con le corde al collo, vestiti miseramente, si gettarono ai suoi piedi chiedendo di aver risparmiata la vita. Enrico non li ascoltò e ordinò che venissero gettati in carcere, proseguendo «iratus ad Urbem»243.

Con l'episodio di Cremona il carattere di Enrico VII, che le cronache avevano descritto come sempre pieno di benevolenza e magnanimità, si modifica. Infatti, pur trovandosi di fronte al corteo di cremonesi che gli chiedono pietà e clemenza per i loro misfatti, l'imperatore non vuole più scendere a compromessi, entrando in città accompagnato dai ghibellini fuorusciti244.

238 Ibidem. Cfr. DINO COMPAGNI, Cronica, XXVII, 154, p. 128, secondo il quale furono mandati numerosi cittadini «a domandare merzé … scalzi, con niente in capo, in sola gonnella, con la coreggia in collo».

239 Ibidem.

240 Relatio de Itinere Italico, p. 509.

241 Chronicon Modoetiense, col. 1102; Historia Iohannis de Cermenate cit., cap. XXXIII, p. 75. L'incontro avvenne, secondo le cronache, presso Paderno, a circa diecimila passi da Cremona.

242 Chronicon Modoetiense, col. 1102. 243 Ibidem.

L'ira del sovrano non tarda a mostrarsi: «dirruit muros civitatis, domos magnas et multas turres»245 riporta il Ventura, e Bonincontro Morigia dirà che il re in questi frangenti non applicò la sua usuale clemenza, rifiutando di essere clemente con coloro che chiedevano misericordia246 e che in città le truppe «spoliantur domus fugitivorum & innocentium; præda & lamentatio magna est»; i saccheggi cessarono solamente quando Enrico lo ordinò247: è possibile pensare che ciò sia avvenuto grazie alla regina Margherita, come sostiene Albertino Mussato (e in misura minore, il Ferreti), la quale intervenne facendo ragionare il consorte, calmandolo248.

La violenta reazione di Enrico VII e la pesante condanna249 che egli comminò alla città offrono lo spunto a Giovanni da Cermenate e a Bonincontro Morigia per attaccare duramente l'operato del sovrano lussemburghese. Il tema dei rimproveri contenuto nelle due cronache, dati gli evidenti legami testuali tra i due testi, è per larga parte sovrapponibile, ma quanto proposto dal Morigia appare più diretto ed esplicito. Il cronista si rivolge direttamente ad Enrico VII:

O Rex cur oblitus es monitionem Domini, ad documentum tui, & aliorum Principatum tenentium, dictam Petro, qui non solummodo

245 Ibidem, da confrontare con la miniatura 11b del Codex Balduini, con didascalia «Portas et turres cum leone aureo destruxit in iudicio sedens», Der Weg zur Kaiserkrone cit., pp. 54–55, il particolare dell'effige con forma di leone è ricordato anche dalla Ferreti

Historia cit., I, p. 321 e dai Gesta Baldewini, p. 217 (quest'ultimo con parole quasi

perfettamente sovrapponibili alla didascalia della miniatura 11b). 246 Chronicon Modoetiense, col. 1102.

247 Ibidem.

248 Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 37: «... nisi Reginæ Clementia pro Plebe supplicantis placatum Cesaris propositum fecisset»; Ferreti Historia cit., I, p. 321: «... nisi Cesar precibus Auguste placatus propositum revocasset», «illa pro populo supplicante».

249 Una preziosa e dettagliata analisi sulle condanne di Cremona e Brescia, con ampio utilizzo delle testimonianze cronachistiche, è stata condotta da J.-M. MOEGLIN, Henri VII

et l'honneur de la majesté impérial. Les redditions de Crémone et de Brescia (1311), in Penser le pouvoir au Moyen Âge, VIIIe–Xve siècle, cur. D. BOUTET, J. VERGER, Éditions Rue d'Ulm, Paris, 2000, pp. 211–245.

septis, set septuagesies septies parcendum ait peccatori veniam petenti?250

La critica è rivolta all'ostinazione mostrata dal sovrano nel non concedere la grazia ai cremonesi, concetto che viene definito nel seguito del discorso prendendo le mosse da quanto successo a Cremona:

Bonum intentum Supramontis, & aliorum Cremonensium ad te conversis, & criminis poenitentibus carceris poenam dedisti, &

Civitatem præda & spoliatione damnasti251.

Il cronista conclude con una veemente e durissima condanna delle azioni di Enrico VII che ha agito così, evidentemente mal consigliato da qualcuno, e lancia verso l'imperatore un anatema:

Hæc ab universis Italiæ populis considerantur, & majestati tuæ erit iter obscurum, fidelibus tuis obnoxium, quod non fecisti dignam petentibus humiliter Cremonensibum veniam; nec non qui in tuo adventu sperabant requiem, in afflictionibus laborarbunt iterum. Et tibi soli imputes culpam, quod audieris non clementiam in rebus gestis in Cremona, sed Consilium, cujus auctorem nescio, ut soli luerent

innocentes poenam252.

Si conclude così, con questo giudizio, la parentesi cremonese della spedizione. Un altro scenario si aprirà immediatamente dopo, con la rivolta di Brescia.