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5. La conclusione della spedizione, gennaio 1312 – agosto 1313 1 Tra Genova e Pisa: l'inasprirsi delle lotte con i guelf

5.7 La morte di Enrico VII di Lussemburgo

5.7.2 La cause della morte

Le cause della malattia che condussero alla morte Enrico VII almeno inizialmente per alcuni cronisti sono da ricercarsi nei grandi sforzi fisici compiuti dall'imperatore durante gli spostamenti tra Pisa e il contado senese. Abbiamo però un gruppo di cronisti che si spingono più in profondità nel ricercare le cause del rapido deperimento di Enrico.

227 F. COLLARD, L'empereur et le poison: de la rumeur au mythe. À propos du prétendu

empoisonnement d'Henri VII en 1313, in «Médiévales», n. 41, 2001, pp. 113–131.

Dell'avvelenamento di Enrico tratta in dettaglio un capitolo di L. LEWIN, Die Gifte in der

Weltgeschichte. Toxikologische, allgemeinverständliche Untersuchungen der Historichen Quellen, Julius Springer Verlag, Berlin, 1920: Elftes Buch. Geistliche als Vergifter oder Opfer von Vergiftungen, Erster Abschnitt. Kaiser Heinrichs VII. Zug nach Italien, Leiden und Tod, pp. 451–466.

Giovanni da Cermenate in realtà indica semplicemente che, durante il periodo passato nei pressi di Siena, l'imperatore fu colpito da una «triduana febre» divenuta in seguito persistente e che lo condusse infine alla morte228.

Albertino Mussato descrive più in dettaglio alcuni dei sintomi: dopo aver immerso per lungo tempo le gambe «ad Orgiam fluvium»229 Enrico si sente male già la notte stessa. Infatti «sed prima vigilia sub dextri cruris genu pustulam obortam deprehendit»230; ciò gli provoca gravi dolori («multo dolore cruciatus»)231 che lo costringono a passare una notte insonne. Per Enrico sopraggiunge in breve tempo la morte, e il cronista padovano, dopo averne reso conto, elenca tre cause che a suo parere hanno portato al decesso dell'imperatore: la prima «una in nate sub genu lethalis ulceris, quod Physici Antras vocant»232; la seconda causa «altera scissae ab Stranguria vesicae, quo morbo assidue laborabat»233 ed infine «tertia pleuresi, quam misso iam spiritu vomuisse constitit»234. Albertino Mussato dimostra in questo capitolo della sua Historia Augusta di avere, quantomeno, un'infarinatura della scienza medica del suo tempo: per la prima causa afferma che l'imperatore ha contratto l'antrace (il carbonchio) da una ferita al ginocchio; per la seconda che era affetto da un continuo patimento causato dalla costrizione dell'urina provocatagli da

228 Historia Iohannis de Cermenate cit., cap. LXIV, p. 133. 229 Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 196. 230 Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 197. 231 Ibidem.

232 Graevius, curatore dell'edizione dell'Historia Augusta qui utilizzata, su questo punto annota «locus dubio procul mendolus» e ammette che «Deinde morbi genus hoc Antras mihi quidem ignotum». Data la presenza di pustole, Graevius avanza l'ipotesi che Enrico abbia contratto questo morbo dopo essersi immerso nelle acque del fiume, e suppone che ci si riferisca all'«Anthrax vero a Graecis appellatur morbus ille, quem Latini Carbunculum dicunt, a carbonis igniti similitudine», cfr. Albertini Mussati Historia

Augusta cit., col. 197.

233 Ibidem. 234 Ibidem.

un patimento alla vescica mentre, per la terza causa indica una infiammazione della pleura235.

La Historia di Ferreto Ferreti fornisce sulla salute di Enrico un'estesa relazione, ricca di dettagli e costellata da un'attenta terminologia, tanto da sembrare un accurato referto medico: in aggiunta ai particolari sui progressi compiuti dalla malattia, l'autore registra anche l'operato dei medici imperiali.

È inoltre da notare come i primi sintomi descritti dal Ferreti vengono fatti risalire a prima della partenza dell'8 agosto: secondo il cronista, a dispetto del cagionevole stato di salute in cui si trovava e contro il parere dei suoi consiglieri236, Enrico volle ugualmente lasciare la «salubrem Pise sedem»237. La salute dell'imperatore preoccupa quindi subito i suoi medici dal momento che nel suo corpo «immoderato eteris238 calore promotus, in augusta viscera pedetentim irrepsit»239 causando ad Enrico seri problemi: «torrentium materies humorum epatis vitio procedens dolore caput lesit240»241. A quanto pare uno dei primi rimedi attuati dai medici fu di sottoporre Enrico ad una «flebotomiam», ossia un salasso, da cui l'imperatore sembra ricevere, almeno nell'immediato, un qualche leggero giovamento242.

I problemi fisici purtroppo per l'imperatore non si arrestano. I sintomi mostrati

235 Cfr. L. LEWIN, Die Gifte in der Weltgeschichte cit., p. 455.

236 Fatto registrato anche da Riccobaldo da Ferrara: «contra medicorum conscilium quia sic convenerat, venit in agrum Sene[n]sem loco qui dicitur Bonconventum», cfr. Ricobaldi

Ferrariensis Compendium, p. 770.

237 Ferreti Historia cit., II, p. 91.

238 Il curatore registra dal codice B etheris, da cui bisognerà certamente ricostruire il termine aetheris.

239 Ferreti Historia cit., II, p. 90.

240 È qui lecito supporre che il termine corretto sia læsit, da lædo, ledere, nuocere. 241 Ferreti Historia cit., II, p. 90.

in questo punto del testo sembrano avere qualche punto di contatto con quanto sostenuto dal Mussato nella sua Historia, dal momento che anche Ferreto dimostra di esser a conoscenza dei problemi che affliggevano le gambe dell'imperatore. Gli umori citati poco sopra sembra si siano in seguito riversati nella zona inguinale e all'altezza del ginocchio sinistro. In queste zone del corpo «parte secessit, et tumefacta valde, ad instar tuberis, apostema243 pestilens induit»244, un problema che i medici tentano di risolvere somministrando una bevanda ottenuta utilizzando erbe officinali. Tutti questi problemi, come anticipato prima, costituiscono il quadro medico dell'imperatore al momento della partenza da Pisa: pare quindi comprensibile il consiglio sull'opportunità di rimandare temporaneamente il viaggio verso Roma.

Nessun altro cronista italiano o straniero presenta un panorama così ampio e dettagliato dei problemi fisici di Enrico: gli scarni accenni alla fatica e allo spossamento dell'imperatore dopo i primi giorni di viaggio, in quest'ottica, sembrano assumere un senso più completo e forse più vicino al vero di quanto si possa supporre. Giunto nella campagna senese Enrico ha un progressivo peggioramento. Viene colpito da una forte febbre e la precedente tumefazione alla gamba sinistra si aggrava vistosamente: «tuber quoque in dies aductum, instar ignis rubens»245. La scelta dei vocaboli fatta dal Ferreti per descrivere i sintomi di Enrico è degna di nota ed è indubbiamente mirata ad evocare fisicamente e sensorialmente nel lettore lo stato fisico dell'imperatore. I termini in questa parte della cronaca, infatti, sono in qualche modo sempre legati alla sfera terminologica del calore e del fuoco: «ignis

243 Ascesso, tumore.

244 Ferreti Historia cit., II, p. 91. 245 Ferreti Historia cit., II, p. 92.

rubens»246, «duplici calor intrinsecus»247, «sensim incenditur»248, «flagrantis ardor eteris»249.

Anche se non esplicitamente espresso, dal testo della cronaca inizia ad emergere uno stato d'animo che sembra permeare le pagine seguenti della Historia del Ferreti. Uno stato d'animo estraneo ad Enrico, che assume in questi momenti il ruolo di un soggetto totalmente passivo: inizialmente si tratta dello sconcerto causato dal trovarsi di fronte ad un male che sembra inarrestabile a dispetto di ogni tentativo di combatterlo, a cui segue, in questo frangente, un senso di impotenza provato dai medici chiamati a tutelare la salute dell'imperatore. Tutto ciò è avvertibile da alcuni rimandi testuali secondo cui, in diverse occasioni e probabilmente a corto di idee, i medici imperiali abbiano tentato di ricercare una soluzione tramite i testi ed il sapere di chi li aveva preceduti: si citano infatti, in due distinte occasioni, gli «Ypocratis Gallienive documenta»250 e alcuni «medicalia [...] documenta»251.

Enrico cerca di lenire il calore e la sete bevendo acqua molto fredda252 ma date le sue condizioni ciò gli causa ricadute immediate: «sed febris immensa geminis aucta caloribus subito membris irrepsit»253. Viene richiesto subito un rimedio ai medici presenti, vista la situazione ormai disperata. L'imperatore ha una continua sete, «arebat namque gutur hanelo pulmonis flatu, nec satis iam poterat humectari»254, prova un dolore inimmaginabile alla testa, «cibo abhorrens», «arentia

246 Ibidem. 247 Ibidem. 248 Ibidem. 249 Ibidem. 250 Ibidem.

251 Ferreti Historia cit., II, p. 94.

252 «gelidas […] aquas», Ferreti Historia cit., p. 93. 253 Ibidem.

semper ora»255. I medici dal canto loro cercano in ogni modo di stabilire le cause di una simile situazione compiendo degli esami: «medici, urinam inspiciunt, eaque densior solito caliginem magnam ostendens, febrem gravissimam continuis horis adesse testatur»256. Purtroppo, come abbiamo visto sopra, i tentativi dei medici di salvare la vita all'imperatore falliscono.

Il terzo cronista ad avanzare la sua versione degli eventi precedenti il decesso di Enrico è il ferrarese Riccobaldo. Nel Compendium Romanae historiae Riccobaldo abbandona le cause della morte esposte dal Mussato e dal Ferreti per proporre una causa completamente differente. Secondo l'autore «Morbus eius invalescebat in altero crurium, congestis ibi morbidis humoribus ex causa contine[n]tie a consuetudi[n]e coytus»257. Dopo aver così determinato l'origine dei problemi dell'imperatore, i medici gli propongono una possibile soluzione: «Dicitur ei persuasum esse a medicis ut amplexu mulieris uteretur in morbi remedium»258 poiché «iam dudum uxor eius fato conceserat aput Ianuam»259. Enrico rifiuta recisamente questa proposta che contrastava probabilmente con la sua grande fede religiosa260 e andava contro la promessa di eterna fedeltà fatta a Margherita.

A margine del convegno convegno internazionale "Enrico VII, Dante e Pisa. A settecento anni dalla morte dell'imperatore e dalla Monarchia (1313–2013)"261 è stata effettuata una nuova apertura del sepolcro di Enrico, al fine di (ri)scoprirne il

255 Ferreti Historia cit., II, p. 94. 256 Ibidem.

257 Ricobaldi Ferrariensis Compendium, p. 770. 258 Ibidem.

259 Ibidem.

260 «[…] at ille dixisse dicitur: «Absit ut contra Dey mandatum causa huius «vite quicquam comitam.» Tandem morbo imalescente ex infecto corpore || anima pura migravit ad Dominum.», cfr. Ibidem.

contenuto e, se possibile, attraverso analisi antropologiche e scientifiche, arrivare a determinare con sicurezza le effettive cause che condussero l'imperatore alla morte, cause rimaste ignote per ben sette secoli. Per quanto riguarda il contenuto materiale della cassa contenente i resti di Enrico, giova ricordare che l'apertura del 2013 ha confermato ciò che già si sapeva dalle relazioni delle aperture precedenti. Oltre allo scheletro di Enrico VII, all'interno della cassa sono stati rinvenuti svariati oggetti, tra i quali si possono annoverare la corona, il globo e lo scettro dell'imperatore; mentre particolare stupore – specie nella stampa262 – ha destato il ritrovamento di un drappo di seta di ampie dimensioni ornato delle insegne imperiali263. Nulla di tutto ciò era, in ogni caso, a noi sconosciuto, dal momento che come già accennato, abbiamo a disposizione le precedenti e puntuali relazioni dell'esumazione del corpo di Enrico che, tra gli oggetti di cui si fa menzione, citano appunto il drappo di seta. L'apertura del sepolcro è stata documentata fotograficamente264.

262 s. a., «Drappo di seta unico al mondo nel sarcofago di Enrico VII»: <http://www.archeologiamedievale.it/2014/05/20/drappo-di-seta-unico-al-mondo-nel- sarcofago-di-enrico-vii/>; «Un tesoro medievale nella tomba di Enrico VII»: <http://www.unipi.it/index.php/tutte-le-news/item/4198-un-tesoro-medievale-nella- tomba-di-arrigo-vii>; (ultimo controllo: gennaio 2014; dal collegamento dell'Università di Pisa è possibile accedere alla rassegna stampa relativa alla notizia, in formato PDF). 263 Queste le parole di Moira Brunori, restauratrice e responsabile del centro restauri tessili:

«”Si tratta – ha spiegato la restauratrice – di un drappo rettangolare lungo oltre tre metri, una rara testimonianza della produzione aulica di stoffe seriche degli inizi del XIV secolo”» e «”è lungo oltre tre metri per 120 centimetri di larghezza, realizzato in seta a bande orizzontali alte circa 10 cm, alternate nei colori nocciola rosato (dal rosso originale) e azzurro. Le bande azzurre risultano operate in oro e argento con coppie di leoni affrontati, emblema per eccellenza della sovranità, mentre una complessa decorazione monocroma tono su tono, allo stato attuale non ancora decifrabile, è presente nelle fasce rosate. Una fascia di colore rosso violaceo listata in giallo, posta in alto all'inizio della pezza, reca all'interno tracce d'iscrizione. Elemento che rende peculiare, se non unico, il manufatto è la presenza sui lati lunghi delle cimose e sui lati corti di due bande a piccoli scacchi, che segnano l'inizio e la fine della pezza: ciò definisce di fatto le dimensioni del drappo e potrà fornire importanti indicazioni utili per definirne la destinazione d'uso”», cfr. s. a., «Drappo di seta unico al mondo nel sarcofago di Enrico VII», citato nella nota precedente.

264 Le immagini e il video dell'apertura del sepolcro sono accessibili online agli indirizzi <https://www.flickr.com/photos/unipisa/sets/72157644689903616/> e all'indirizzo

Il risultato più importante è, però, la scoperta delle vere cause di morte di Enrico VII. Ad occuparsi delle analisi patologiche è stato Francesco Mallegni265, docente dell'Università di Pisa e direttore del Museo archeologico dell'Uomo di Viareggio il quale, dopo aver condotto approfonditi esami sui resti di Enrico VII, è finalmente giunto a dei risultati definitivi. Le analisi hanno altresì permesso di meglio precisare le modalità con cui venne trattato il corpo del defunto imperatore, anch'esse rimaste oscure a causa dell'imprecisione delle fonti cronachistiche266.

Ed è proprio dalle cronache, in particolare dall'Historia Augusta del Mussato, che si possono prender le mosse per presentare i risultati delle analisi. Il cronista padovano proponeva, come si è detto, tre possibili cause di morte: una di esse era l'«Antras», identificato dal Graevius con «Anthrax vero a Graecis appellatur morbus ille, quem Latini Carbunculum dicunt». Questa eventualità era stata scartata dagli storici, e la causa di morte generalmente individuata finora era stata una possibile febbre di origine malarica di cui l'imperatore aveva già sofferto nei mesi precedenti al decesso.

Le analisi del professor Mallegni conducono, al contrario, verso l'ipotesi del

<https://www.youtube.com/watch?v=Imbt8CeeAls> (ultimo controllo: gennaio 2014). 265 Il professor Mallegni ha condotto le sue analisi con la collaborazione del Centro

Ricerche e Servizi Ambientali (CRSA) di Ravenna, mentre per la parte storica si è avvalso del supporto di Maurizio Vaglini, direttore del Centro Interregionale per la Documentazione Bibliografica e Archivistica Biomedica dell'Arte Sanitaria di Roma. 266 Non essendo ancora a disposizione una bibliografia di riferimento, ci si rifarà, per i

paragrafi seguenti, agli articoli e alle interviste rilasciate da Francesco Mallegni, disponibili online agli indirizzi che seguono: «Enrico VII morì per l'arsenico usato come rimedio alla sua malattia»: <http://www.unipi.it/index.php/tutte-le-news/item/5068- enrico-vii-mor%C3%AC-per-l%E2%80%99arsenico-usato-come-rimedio-alla-sua- malattia>; E. MANCINI, Enrico VII, giallo svelato. Il suo killer fu l'arsenico, in «Quotidiano Nazionale» (2 novembre 2014), p. 28: <http://rassegna.be.unipi.it/20141103/SIM1128.pdf> (ultimo controllo: gennaio 2014; dal collegamento dell'Università di Pisa è possibile accedere alla rassegna stampa relativa alla notizia, in formato PDF).

Mussato: Enrico VII aveva contratto l'antrace, malattia che però non condusse Enrico alla morte «causata dagli effetti collaterali della cura a cui l'imperatore si sottoponeva per l'antrace (o carbonchio), […] e che prevedeva la somministrazione terapeutica di piccole dosi di arsenico». Come spiega Mallegni

[…] l'antrace, che lo aveva colpito agli arti inferiori e aveva fatto il suo decorso di solito rapidissimo, rallentato però dalle cure a base di unguenti all'arsenico, l'unico che poteva tenere "a bada" il malanno, ben sapendo, i medici curanti, che un eccesso poteva portare all'avvelenamento e alla morte267.

Questa, quindi, fu la vera causa della morte di Enrico VII di Lussemburgo. Le analisi forensi condotte sui resti ossei hanno permesso di giungere ad altri due risultati di notevole importanza: in primo luogo, è stato possibile determinare con sicurezza le modalità con cui venne trattata la salma dell'imperatore e, in secondo luogo, è stato possibile ricostruire le reali fattezze del volto di Enrico VII. La salma di Enrico, come è stato mostrato con la lettura delle fonti, viene trasportata a Pisa in un periodo di grande calura.

Si crede anche che il trasporto avvenne simulando lo spostamento di un imperatore ancora in vita, per non far trapelare la notizia. Come ricorda Mallegni «Il fetore che emanava il cadavere, unito al lezzo della piaga che lo aveva tormentato per un anno, consigliò una sosta a Paganico». Qui

[…] secondo le costumanze dell'epoca, più che altro germaniche, gli fu tagliata la testa. Il corpo fu poi bollito nell'acqua – e non nel vino come riportavano alcune fonti – e in seguito letteralmente spolpato e lo scheletro fu bruciato su di una pira. Abbiamo inoltre stabilito che il cranio è stato bollito a parte rispetto al resto del cadavere, dopo la decapitazione, perché la concentrazione dell'arsenico è più forte che nelle altre ossa; questo tipo di veleno si concentra infatti soprattutto nei capelli268.

267 Cfr. l'articolo «Enrico VII morì per l'arsenico usato come rimedio alla sua malattia» citato precedentemente.

Il trattamento del cadavere di Enrico è stato un tema a lungo discusso dalla passata storiografia. Giorgio Trenta, nel suo saggio sul sepolcro di Enrico VII, sostiene a proposito che l'imperatore sia stato trasportato a Pisa «dopo esserne stato imbalsamato il corpo»269 citando in nota, per completezza, un passo del Grassi: «Dicesi che il corpo di Arrigo ad eccezione del cranio fosse arso secondo l'uso di què' tempi, ma non si che le ossa fossero incenerite, ma solo abbrustolite»270.

Una più ampia discussione, con la comparazione del trattamento riservato al cadavere di Enrico e quello di altri sovrani e imperatori è contenuta nel saggio La morte di Enrico VII e le tradizioni funerarie svevo-imperiali di Hannelore Zug Tucci271. L'autrice giunge alla conclusione che a Pisa «arrivarono probabilmente solo le ossa» e, dal momento che non è possibile stabilire con sicurezza lo spolpamento delle parti molli, poiché «non viene spesa neppure una sola parola sull'eventuale collocazione dei tessuti muscolari»; nell'apertura del sepolcro effettuata nel 1727, del resto, vennero rinvenuti «il cranio e lo scheletro, con le vertebre della schiena ed i femori parzialmente carbonizzati. Questo farebbe pensare piuttosto a un passaggio al fuoco, un abbruciamento per la conservazione»272. La Zug Tucci non esclude, in ogni caso, la possibilità che, almeno inizialmente, la salma di Enrico fosse stata imbalsamata e poi bollita. A causa delle temperature molto elevate e, con tutta probabilità, dell'indisponibilità dei mezzi materiali per procedere ad un completo processo di imbalsamazione, a Buonconvento i medici di Enrico avrebbero tolto

269 G. TRENTA, La tomba di Arrigo VII Imperatore (monumento del camposanto di Pisa),

con documenti inediti, Enrico Spoerri Editore, Pisa, 1893, p. 23.

270 Ibidem, n. 2.

271 H. ZUG TUCCI, La morte di Enrico VII e le tradizioni funerarie svevo-imperiali, in

Cangrande della Scala. La morte e il corredo di un principe nel medioevo europeo, cur. P.

MARINI, E. NAPIONE, G. M. VARANINI, Marsilio, Venezia, 2004, pp. 225–233.

«immediatamente i visceri273 per rallentare il processo di decomposizione» ma, all'arrivo a Suvereto «nonostante la precauzione presa a Buonconvento e nonostante l'aggiunta di erbe aromatiche […] si dovette prendere una decisione radicale», effettuando la bollitura della salma seguendo la pratica descritta nel mos teutonicus274, pratica rilevata dalle analisi forensi del professor Mallegni.

Appurate quindi le vere cause della morte e il trattamento della salma per come avvennero realmente, possiamo ora rivolgere l'attenzione alle conseguenze della diffusione della notizia del decesso di Enrico VII nella cronachistica coeva.