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4. La spedizione italiana, ottobre 1310 – dicembre

4.4 L'incoronazione a re d'Italia

Dopo aver analizzato come la coppia imperiale veniva vista dai loro contemporanei, è opportuno indagare l'evento centrale della sosta milanese: l'incoronazione milanese a re d'Italia. Le cronache del corpus raccolgono e presentano le informazioni sull'incoronazione senza discrepanze di rilievo; da rilevare come alcune importanti cronache come, ad esempio, l'Historia del Cermenate che per altre vicende si diffondono ampiamente nel riportare notizie ed aneddoti, per questo avvenimento siano parche di informazioni. Si può affermare che la cerimonia dell'incoronazione di Enrico VII abbia avuto un impatto relativamente limitato nelle registrazioni cronachistiche dell'epoca, pur rappresentando, per le generazioni vissute in quei decenni, una relativa novità: l'ultima cerimonia risaliva infatti al 1186, con la doppia incoronazione di Corrado III159.

Prendendo le mosse dalle cronache italiane, Giovanni da Cermenate registra semplicemente che Enrico VII nel giorno dell'epifania «in ecclesia beati Ambrosii confessoris nostri a Castone de la Turre archiepiscopo mediolanensi in regem Italiae unctus, ferreo diademate coronatus est»160. L'Historia del Ferreti, anch'essa estremamente importante come fonte sicura di notizie, in questo caso, pur confermando gran parte delle informazioni già presenti nel Cermenate, sbaglia del tutto nel collocare il luogo della cerimonia, situandola «apud Modoetiam»161; per le

158 Ibidem.

159 M. CAVINA, Imperator romanorum triplici corona coronatur. Studi sull'incoronazione

imperiale nella scienza giuridica italiana fra Tre e Cinquecento, Giuffrè Editore, Milano,

1991, p. 23, n. 5.

160 Historia Iohannis de Cermenate cit., cap. XVII, p. 39. 161 Ferreti Historia cit., I, p. 295.

Storie Pistoresi addirittura «lo 'mperadore giunse a Moncia, e quivi prese la corona della paglia, come è d'usanza: e presa la corona se ne partì»162, tornando a Milano per cingersi della corona ferrea. Pochissimi dettagli contraddistinguono le cronache toscane: se Dino Compagni sbaglia il giorno dell'incoronazione163 e Giovanni Villani ricorderà esclusivamente luogo e data della cerimonia, aggiungendo però che in quei momenti era presente anche la moglie Margherita164, Giovanni di Lemmo da Comugnori non registrerà nemmeno l'evento165. Le stesse sommarie informazioni166 si ritrovano nella cronachistica non italiana dove, talvolta, non vengono neanche riportati la data e il luogo dell'evento milanese167.

Esistono però alcune opere storiografiche italiane e straniere le quali, a margine di questi scarsi cenni, narrano più diffusamente i momenti della cerimonia e che parlano di dettagli non tramandati dalle altre cronache sinora ricordate.

Inaspettatamente i Gesta Baldewini si allineano nella semplicità del racconto della maggior parte delle opere, ma annotano che «una cum sua regina, corona ferrea ad instar lauri margaritis pretiosis perornata, de calybe tamen per ipsum Henricum

162 Storie Pistoresi, cap. 31, p. 51.

163 DINO COMPAGNI, Cronica, XXVI, 143, p. 124: la cerimonia è collocata nella mattina della «pasqua di Natale a dì XXV di dicembre 1310».

164 Nuova Cronica, II, p. 215–216. In questa nuova edizione della Nuova Cronica è mancante il passo in cui il cronista descrive la corona, cfr. a tal proposito H. ZUG TUCCI,

Henricus coronatur corona ferrea cit., p. 36.

165 GIOVANNIDI LEMMO, Diario, c. 22v, p. 28: in poche righe, il cronista ricorda l'entrata a Milano, l'assedio bresciano e lo spostamento a Genova e poi a Pisa, senza precise indicazioni temporali.

166 Per quanto riguarda le cronache francesi, cfr. Excerpta e Memoriali historiarum, auctore

Johanne Parisiensi, Sancti Victori Parisiensis canonico regulari, in Recueil des historiens des Gaules et de la France, Tomo XXI, Paris, 1855, p. 655; Chroniques de saint Denis, depuis l’an 1285 jusqu’en 1328, in Recueil des historiens des Gaules et de la France, Tomo XX, Paris, 1840, p. 687; per la cronachistica tedesca, tra le tante, cfr.

K.-U. JÄSCHKE, Imperator Heinricus, p. 121.

167 Cfr. ad esempio Chronicon Girardi de Fracheto et anonyma ejusdem operis continuatio, in Recueil des historiens des Gaules et de la France, Tomo XXI, Paris, 1855, p. 35.

regem cunctis successoribus suis facta»168 poiché la «corona regum antiqua ex negligentia esset amissa, nam a nullo regum, a tempore Frederici imperatoris fuerat requisita»169. Dino Compagni dal canto suo descriverà la corona come fatta di ferro sottile «a guisa di foglie d'alloro, forbita e lucida come spada, e con molte perle grosse e altre pietre»170. Secondo Albertino Mussato, Enrico e Margherita vengono incoronati con la corona ferrea, ma nel contempo ci offre un approfondimento sulla cerimonia stessa, fornendo particolari altrimenti non ricordati dalla cronachistica. Dopo aver ottenuto la corona,

quam Lauream appellabant, in equis phaleratis rubro scarleto cum purpureis tegumentis supra vertices latis se Populis exhibuere per Urbem, Rege Sceptrum manu dextera gestante, videlicet Scipionem aureum lilio supra renitente, quorum imagines, effigiesque hoc loco

conscribi consequens visum est171.

La cerimonia dopo essersi svolta a S. Ambrogio si spostò quindi all'esterno, assumendo una valenza pubblica, con l'esposizione dei sovrani al popolo milanese.

Il Chronicon Aulae Regiae conferma le poche notizie già sostenute dalle cronache non italiane a cui si accennava prima, ma l'autore aggiunge che Enrico e Margherita «cum maxima sollempnitate et decencia»172 sono stati incoronati «legaliter»173 con la corona ferrea. La cronaca boema riserva un ruolo di primo piano alla corona ferrea, celebrata per tramite di un breve ma efficace inserto poetico:

O preclara, bona, felix ferrata corona! Digne gaudere debes, tu namque iacere Iam consuevisti, lugens facie quasi tristi; Vilibus in pannis fetuisti pluribus annis.

168 Gesta Baldewini, pp. 215–216. 169 Gesta Baldewini, p. 216.

170 DINO COMPAGNI, Cronica, XXVI, 143, p. 124. 171 Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 17. 172 Chronicon Aulae Regiae, p. 191.

Nullus curavit te regum, nec baiulavit

Per tempus multum, nec prestiterat tibi cultum, Solus rex iste modo temporibus tulit hiis te. Hinc caput ornabis regis, quem magnificabis174.

Quasi “personificata” dal cronista, la corona ferrea può gioire poiché finalmente, dopo essere stata per lungo tempo trascurata, avvolta in un panno, ora tornerà ad essere indossata da un sovrano. La corona, ampiamente ricordata e variamente descritta, in realtà all'arrivo della spedizione non era stata trovata, tanto che si dette incarico ad un orafo senese, Lando da Siena, di realizzarne una nuova175.

Un altro punto in cui alcune cronache si soffermano è il luogo dell'incoronazione. Sappiamo infatti che la consuetudine non prevedeva un'incoronazione a Milano, bensì la prevedeva a Monza; mentre la vecchia capitale del regno longobardo, Pavia, non era più da lungo tempo considerata una sede per tale cerimonia176.

Grazie alla Relatio di Niccolò da Ligny possiamo comprendere meglio i retroscena della situazione e conferire la giusta motivazione alla scelta di Enrico VII per un'incoronazione milanese. La popolazione monzese avrebbe voluto che la cerimonia si svolgesse nella loro città come da antica consuetudine, Enrico VII «habita matura deliberatione et inspectis libris et chronicis antiquis»177 arrivò alla conclusione che l'incoronazione dovesse svolgersi invece a Milano a S. Ambrogio. La preferenza verso Monza dei sovrani che l'avevano preceduto in Italia era semplicemente dovuta al fatto che

174 Ibidem.

175 Cfr. F. COGNASSO, Arrigo VII, p. 137. Si tratta di Lando di Pietro (1280?–1340), cfr. <http://www.treccani.it/enciclopedia/lando-di-pietro_%28Dizionario_Biografico%29/> (ultimo access: 29 luglio 2015).

176 H. ZUG TUCCI, Henricus coronatur corona ferrea cit., p. 34. 177 Relatio de Itinere Italico, p. 501.

Mediolanum frequenter rebellavit imperio, et reges plures nesciebant si audaciter Mediolanum possent intrare ad recepiendum dictam coronam

ferream propter rebellionem eorum frequentem et infidelitatem178

Per questo motivo essi decisero che «quando Mediolanensem civitatem non possent pacifice intrare»179 avrebbero ricevuto la corona a Monza, città che «nunquam imperio rebellavit»180. Nel caso di Enrico VII, però, la città di Milano aveva accolto il sovrano pacificamente e la scelta di spostare l'incoronazione a Monza avrebbe certamente offeso la popolazione; la decisione del sovrano, in fondo, appare ben meditata tenuto conto delle difficoltà e delle resistenze che la recente entrata in città aveva generato.

Il cronista Benzo d'Alessandria, il quale partecipò di persona alla cerimonia, aggiunge altre notizie. Il rimando è all'incoronazione di Corrado di Svevia del 1128 raccontata dal cronista Landolfo di San Paolo181: il sovrano fu dapprima incoronato a Monza e poi a Sant'Ambrogio a Milano. Benzo osserva giustamente che questa sequela non viene rispettata nell'incoronazione del 1311, segnalando che si discusse a lungo sul luogo dello svolgimento della cerimonia e che per questo motivo, dopo l'incoronazione, Enrico VII si recò a visitare la città di Monza182. Quest'ultimo è un particolare che ricordava anche Albertino Mussato183.

Dalla consueta traccia comune a molti altri cronisti Benzo d'Alessandria

178 Ibidem. 179 Ibidem. 180 Ibidem.

181 Cfr. M. PETOLETTI, Milano e i suoi monumenti: la descrizione trecentesca del cronista

Benzo d'Alessandria, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2003, p. XLIX. Sulle incoronazioni

cfr. anche il già citato M. CAVINA, Imperator romanorum triplici corona coronatur cit., pp. 22–24.

182 «Sic tamen servatum non fuit in coronatione de regno Italico Henrici VII, quia solum in ecclesia Sancti Ambrosii coronam ferream accepit, quamquam multum fuerit disceptatum an Modoecie fieri deberet, et ob id locum illum postmodum sollempniter visitavit», cfr. M. PETOLETTI, Milano e i suoi monumenti cit., p. L.

inserisce informazioni sullo svolgimento della cerimonia stessa, altrimenti non tramandate. Marco Petoletti, curatore dell'edizione della cronaca di Benzo De Mediolano florentissima civitate, afferma che

prima della cerimonia una scultura di Ercole, con tutta probabilità su tavola, giacente in terra, venne murata nell’area presbiterale della chiesa di S. Ambrogio, in una posizione altamente simbolica; al di sopra campeggiavano i ritratti dei coniugi imperiali e la statua sembrava abbassare gli occhi a terra, in segno di sottomissione e

reverenza: un riutilizzo tutto politico di marmi antichi184.

Per Marco Petoletti, della cui edizione stiamo seguendo i preziosi passi dell'introduzione relativi al periodo di Enrico VII185, Benzo d'Alessandria fu spinto da uno «spirito antiquario» permettendoci così di conoscere, attraverso la sua cronaca, la sembianze di questa statua dalle chiare reminiscenze classiche, di cui fornisce questa descrizione:

Ibi etiam Herculis marmorea statua venuste formata; est enim Hercules amictus leonina pelle in una manu clavam tenens, per aliam ex cauda leonem. Hec etiam statua cum esset iacens post cancellos, inclusa fuit

muro iuxta maius altare...186

Petoletti avanza l'ipotesi che in realtà la statua raffigurasse un satiro, non mancando però di segnalare che, nel Medioevo e nella cronachistica da lui esaminata gli autori e, in particolare proprio Benzo, identificassero sicuramente la statua come la rappresentazione di Ercole187.

184 M. PETOLETTI, Milano e i suoi monumenti cit., p. LIII.

185 In particolare, ci si rifarà a M. PETOLETTI, Milano e i suoi monumenti cit., pp. XLVIII– LIX.

186 Ibidem.

187 M. PETOLETTI, Milano e i suoi monumenti cit., pp. LIII–LVIII, con testimonianze del simulacro erculeo da cronache antecedenti il XIV secolo. Per il XIV secolo Petoletti registra la notizia del simulacro nel Chronicon maius di Galvano Fiamma del 1342 (con notizie tratte però dalla Chronica danielis, risalente agli anni tra il 1268 e il 1273, cfr. p. LIX). Più importante forse, la «nota di mano trecentesca, vergata a f. 363r del codice Ambr. B 36 inf., Liberglossarum, sec. IX med.» (p. LVIII), la quale riporta che, nel giorno dell'incoronazione Enrico VII «fecit murari Herculem qui est nunc in muro prope altare sancti Ambrosii» (pp. LVIII–LIX).

Al tempo dell'incoronazione di Enrico però «ita ut supina iaceret, et supra eam imperatoris et regine consortis eius ymagines»188 e quest'azione ha un significato ben preciso poiché «ideo factum vulgo ferebatur, quia dum vultu in terra demisso iaceret, nonposset Ytalie imperium sublimari»189 anche se, precisa Benzo, «quod fabulosum credatur»190, relegando questo particolare alla sfera delle credenze popolari.