• Non ci sono risultati.

Il ritratto di Enrico VII e di Margherita di Brabante

4. La spedizione italiana, ottobre 1310 – dicembre

4.3 L'arrivo a Milano

4.3.1 Il ritratto di Enrico VII e di Margherita di Brabante

Abbiamo già ampiamente appurato che alcuni cronisti conobbero personalmente Enrico VII, così come abbiamo già riferito di un ritratto dell'imperatore inserito nei Gesta Baldewini, ma limitato al suo comportamento e alle sue qualità morali. Un ritratto simile, limitato a questi ambiti sarà desumibile, filtrando le notizie dal corpus della cronachistica, anche per Margherita di Brabante121. Lo stesso varrà per anche per Baldovino, di cui possediamo una vivida

118 Ibidem. 119 Ibidem.

120 A mio avviso, in questo punto, la cronaca di Peter von Zittau sembra confondere gli eventi o, quanto meno, sembra invertire cronologicamente gli eventi milanesi. Le parole del cronista utilizzano una terminologia precisa, dicendo «cum totalis Mediolanensis cessasset rebellio» ed in seguito a questa “pace” Enrico viene incoronato a S. Ambrogio nel giorno dell'Epifania (6 gennaio). La ribellione, che il cronista inserisce prima dell'incoronazione, avvenne però in seguito ad essa, il 12 febbraio.

descrizione sia dei tratti fisici, sia della personalità122. Unico membro della famiglia lussemburghese della generazione di Enrico a rimanere escluso da una minuziosa raffigurazione, salvo scarni accenni, è Valerano123.

Tornando ad occuparci di Enrico VII e Margherita di Brabante abbiamo un'importante descrizione dei loro tratti somatici e comportamentali fornitaci dall'Historia Augusta di Albertino Mussato, il quale, come è noto, incontrò più volte personalmente Enrico e ne registrò la fisionomia contestualmente al periodo milanese. Enrico, secondo quanto ci tramanda124 il cronista padovano, è un uomo «gracilis, statura prope justa»125, con la pelle ed i capelli «subruffis»126, porta una capigliatura tipica delle zone francesi127 con un piccolo, «quantum pollex operiret»128, accenno di calvizie sulla nuca. Il futuro imperatore ha «eminentibus superciliis»129 e problemi all'occhio sinistro, dove presenta una «albuginem»130. I problemi agli occhi sono ricordati anche da Dino Compagni, il quale descriverà Enrico VII come «un poco guercio»131. Dall'indicazione del Compagni, Francesco Cognasso sostiene lo

122 Cfr. infra, parte 6.3.

123 Su Valerano di Lussemburgo si cfr. W. REICHERT, "Iuvenis robustissimus et in armis

strenuus". Walram von Luxemburg (ca. 1280 bis 1311) als Graf im Wartestand, in

«Rheinische Vierteljahrsblätter», Bd. 66 (2002), pp. 111–141.

124 È stato osservato che il ritratto di Enrico fu abbozzato da Albertino Mussato prima di inserirlo in versione definitiva nella sua cronaca: «ai ff. 246v e 247r del cod. Vat. lat. 1769, esiste un doppio abbozzo (in forma epistolare), poi eraso, di questo ritratto di Enrico dovuto, secondo Guido Billanovich, alla mano stessa dell'autore», cfr. G. M. GIANOLA, La tradizione del 'De gestis Henrici' di Albertino Mussato e il velo di

Margherita, in «Filologia Mediolatina. Studies in Medieval Latin Texts and

Transmission Rivista della “Fondazione Ezio Franceschini”», 16 (2009), pp. 103–104. 125 Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 17. Da porre in parallelo con DINO

COMPAGNI, Cronica, XXIII, 131, p. 119: «mezzano di persona». 126 Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 17.

127 Ibidem: «coma gallica». 128 Ibidem.

129 Ibidem. 130 Ibidem.

«strabismo dell'occhio sinistro»132 di Enrico VII, a cui associa il carattere ereditario di questo tratto, dal momento che nel poema Les Voeux de l'Épervier il fratello Valerano è definito «borgne»133. L'Historia del Mussato è però ben più specifica nel descrivere questa infermità del sovrano lussemburghese e il disturbo di Enrico potrebbe non essere identificato nello strabismo: il termine «albuginem» indica più una macchia dell'occhio che, recita il testo della cronaca, viene rivelata dal movimento degli occhi134. Il fisico di Enrico VII è armonioso, equilibrato nei suoi elementi:

Cervix humeros a capite congrua æqualitate discriminat. Nulla tergorum obesitas. Ventris, & pectoris veluti linealis æqualitas,

pedumque, & crurium commensurata conformitas135.

Grazie ad Albertino Mussato sappiamo in che lingua e in che modo si esprimeva Enrico: «loquela tarda, succinctaque, idioma Gallicum, satisque se conferens intelligentiæ Latinorum»136; sapeva quindi farsi capire senza troppe difficoltà dalle persone che avrebbe incontrato in Italia. Il ritratto si chiude con una disamina sulle qualità morali e caratteriali, i cui tratti possono esser comparati con quanto già visto nel ritratto contenuto nei Gesta Baldewini e a cui si può aggiungere quanto viene detto da Peter von Zittau nel Chronicon Aulae Regiae.

Nel sovrano lussemburghese si ritrovano insieme «Magnanimitatem

132 F. COGNASSO, Arrigo VII, p. 46. A questa condizione ereditaria Francesco Cognasso associa anche la futura cecità del figlio di Enrico VII, Giovanni I di Boemia, detto appunto “il Cieco”.

133 Les Voeux de l'Épervier. Kaiser Heinrichs Romfahrt, in Die Metzer Chronik des Jaique

Dex (Jacques d'Esch) über die Kaiser und Könige aus dem Luxemburger Hause, cur. G.

WOLFRAM, Metz, 1906, p. 26.

134 Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 17: «eminentibus superciliis, sinistri oculi albuginem detegit plus aequo mobilitas».

135 Albertini Mussati Historia Augusta cit., coll. 17–18. 136 Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 18.

concomitari Mansuetudo videbatur137, & divini cultus sedulitas»138. La profonda devozione e l'assiduità nel partecipare alle funzioni religiose era un tratto di Enrico che veniva colto già dai Gesta Baldewini. Il Chronicon Aulae Regiae completa questo quadro di informazioni sulla religiosità della coppia imperiale: innanzitutto il testo dice che Enrico «frequens orat, clerum reverenter honorat»139 per poi diffondersi ampiamente su come lui e Margherita praticavano attivamente la loro fede:

Erat autem rex iste divinis intentus officiis, ita quod omnes horas diei una cum regina diebus audiret singulis. Ut autem contemplacioni plus intenderent et se ab occupacione retraherent, rex solebat et regina se quadam cortina de rubeo cyndato facta circumdare sub officio misse, nullus autem ipsis appropinquare tempore misse presumpsit, nisi qui vocatus ex nomine fuit140.

La coppia appare come un concentrato di profonda devozione e di umiltà, attendendo giornalmente alle funzioni religiose, ma ponendosi in disparte per non disturbare i riti stessi. Come si legge dal passo successivo, per Enrico erano frequenti i digiuni prima delle vigilie, mentre si confessava ogni settimana e prendeva la comunione ogni mese; inoltre «humilitatis instinctu, corde et corpore humiles» ascoltava i sermoni seduto in terra141:

137 Nei due abbozzi di ritratto, di cui si è parlato poco sopra alla nota 124, è stato notato che il verbo presente «videtur» nella redazione finale è all'imperfetto («videbatur»). Secondo Giovanna Maria Gianola ciò potrebbe far supporre che il ritratto sia entrato nella opera storiografica del Mussato dopo l'assedio di Cremona e il mutamento del verbo sta «a indicare una presa di distanza dell'autore», e che questo verbo «sia appunto l'unico che non accompagnava un dato obiettivo, fisiognomico, ma un'impressione che Enrico suscitava in chi osservava il suo comportamento. Quando Mussato trasferì dunque il ritratto dagli appunti epistolari alla sede definitiva forse il suo giudizio sulla mansuetudo del Cesare era un poco mutato o forse era mutato nella percezione comune», cfr. G. M. GIANOLA, La tradizione del 'De gestis Henrici' di Albertino Mussato e il velo di

Margherita cit., p. 104.

138 Ibidem.

139 Chronicon Aulae Regiae, p. 187. 140 Chronicon Aulae Regiae, p. 188.

Consueverunt in missa qualibet ad altare bis cum devocione accedere, reverenter offerre et benediccionem sanctam suscipere a sacerdote, vigilias omnes beate Virginis in pane et aqua ieiunabant, omni sexta feria se a peccatis coram confessore suo expurgabant et mense quolibet ad minus semel sanctam communionem corporis et sanguinis Dominici devotissime suscipiebant, inania verba more claustralium evitabant, verbum vero Domini et predicacionem aure simplici, corde humili eo devocius, quo libencius audiebant. Quociens autem verbum predicacionis audiere, humilitatis instinctu, corde et corpore humiles,

solebant in terra solotenus residere142.

I sovrani rispettano quindi anche un rigido codice di abbigliamento, indossando abiti semplici senza decori143, e come precisano i brevi versi poetici inseriti in questo passo, «in vestimentis hic fit discrecio mentis, / Nam mens divina sub veste latebat ovina»144, quasi che l'umile semplicità d'abbigliamento celi sotto di essa la ricchezza dello spirito di chi lo indossa.

L'umiltà della regina emerge con chiarezza dalla cronaca di Peter von Zittau. L'autore boemo ricorda un episodio, avvenuto ad Heilbronn, utile a delineare il carattere di Margherita. La regina in quell'occasione si era appartata per pregare: era stata raggiunta da Corrado «abbas primus Aule Regie, quia habebat causam arduam, cum reverencia petito introitu est ingressus ad reginam»145; al termine dell'incontro è la regina a prendere la parola, ponendo a Corrado la condizione di non rivelare a nessuno ciò che sta per confidargli146. La questione riguarda la sua elezione a regina, ed è un fatto che sembra davvero turbarla nel profondo dell'animo:

“seduto” (traduzione scelta anche da F. COGNASSO, Arrigo VII, p. 47) e che meglio descrive la profonda religiosità di Enrico. Il Glossarium mediae et infimae latinitatis riporta, per questo termine, la spiegazione “quasi ad terram prostratus”. Cfr. <http://ducange.enc.sorbonne.fr/SOLOTENUS> (ultimo accesso 29 giugno 2015). 142 Chronicon Aulae Regiae, p. 188.

143 Ibidem: «Vestibus simplicibus non deauratis regis et regine induitur humilis simplicitas, ita ut qui eos videas, religiosas pocius quam seculares personas fore putare valeas». 144 Ibidem.

145 Chronicon Aulae Regiae, p. 189.

Tedet animam meam et molestat me valde, et sum conturbata pro eo, quod facta sum et esse debeo deinceps regina; utinam hoc fieri posset,

quod non essem147.

Margherita si sente quindi inadeguata al ruolo assunto da pochi mesi tanto che l'abate rimane impressionato e stupito di una così grande espressione di umiltà. Il prelato ha però la risposta pronta, ed è una risposta che riassume le qualità della regina più spesso ricordate anche dal resto della cronachistica e che sono fondamentali per tracciare il quadro completo della figura di Margherita in vista di quanto si vedrà in merito alla sua morte:

Domina regina, cum Dominus vos de toto mundo ad hoc elegerit, ut regina Romanorum sitis et cum vestra sublimacio orphanorum148 et

religiosorum et, quod magis est, omnium hominum sit consolacio, placere debet vobis ista divina vocacio; miror autem multum, quid cor

vestrum moveat ad talia dicendum?149

Margherita risponde a Corrado in modo da dimostrare ancora una volta la sua profonda devozione e profonda religiosità, a cui è abituata sin da quando era più giovane:

Nichil tantum movet me, nisi hoc, quod meo creatori modo in contemplacione, devocione et oracione tam sincere mente tranquilla, anima pacifica, corde puro non valeo famulari, sicut semper hactenus a

iuventute mea facere consuevi150.

Questo efficace e sentito episodio si conclude con la puntuale osservazione – del cronista, ma che avrebbe lo stesso, e forse più forte impatto, se direttamente attribuita all'abate Corrado –: «Ex hiis verbis quilibet intelligit, quid in istius femine corde latuit»151.

147 Ibidem.

148 A ciò si aggiunge la voce del Mussato, il quale ricorda che Margherita era «lapsorum miseratrix», cfr. Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 18.

149 Chronicon Aulae Regiae, p. 189. 150 Ibidem.

Occorrerà completare questo ritratto di Margherita tornando alle parole del Mussato. Anch'egli offre, al pari di quanto fatto per il consorte Enrico VII, un vivido ritratto della regina, di cui specifica anche le fattezze.

L'«Augusta», come la chiama, è nel suo trentaseiesimo anno di età ma «impuberis habet aspectum»152 e sembra più giovane anche grazie al colore chiaro della carnagione153. Trasposto ai giorni nostri, il ritratto del Mussato pare la descrizione di una bambola di porcellana, poiché oltre al colorito la regina è bassa di statura154 ed ha «fusca cæsaries, maxillæ teretes, nasi rubra acies, os pusillum facie & ocellis ridenti simillimis»155; il collo, il mento e il labbro inferiore sono stretti in un velo stretto che li copre, secondo il costume germanico, mentre i vestiti sono molto ampi secondo la moda francese. A dispetto delle minute fattezze la regina mostra una certa saggezza e forza: «consilii non ignara, arrogantiæ expers. Affabilitatis in inferiores plusquam regiæ quidam esse dixerunt, quod & mansuetudini plerique attribuere»156, è abituata a parlare ma mai prolissa. Di particolare rilevanza sono ancora una volta le qualità interiori di Margherita, dato che torneranno spesso nel resoconto del cronista padovano e di altri autori: è molto devota – anche nei confronti del marito157 – e talmente assidua nel frequentare i culti «ut solemnium

152 Su questa prima parte della descrizione Giovanna Maria Gianola ha notato che la i manoscritti riportano due diverse tradizioni: la prima, nei mss. L e U, ha i verbi al presente («habet», «tegit»), la seconda, nei mss. B D(da XII4) E, ha i verbi all'imperfetto

(«habebat», «tegebat»). L'autrice afferma che «non si può immaginare se non un passaggio da un primitivo habet a un posteriore habebat, da tegit a tegebat»; però «in questo caso tuttavia vien fatto di pensare che il mutamento di prospettiva sia stato determinato dalla morte di Margherita, avvenuta a Genova il 13 dicembre di quello stesso anno 1311», cfr. G. M. GIANOLA, La tradizione del 'De gestis Henrici' di Albertino

Mussato e il velo di Margherita cit., p. 104.

153 Albertini Mussati Historia Augusta cit., col. 18: «color albus». 154 Ibidem.

155 Ibidem. 156 Ibidem.

festivitatum dicta fit pernoctare vigiliis»158.