3. L'elezione di Enrico a Re di Germania e i preparativi per la spedizione, 1308–
3.1 L'elezione a Re di Germania
L'evento da cui prende il via il processo che porterà Enrico VII all'elezione a re di Germania è la morte del predecessore, Alberto I d'Asburgo, avvenuta il 1° maggio 1308. Sulla via del ritorno dall'elezione di suo fratello Baldovino ad arcivescovo di Treviri, la comitiva di Enrico VII riceve una lettera, inviata dall'arcivescovo Pietro di Magonza, con l'annuncio della morte di Alberto I per mano del nipote Giovanni, figlio di suo fratello Rodolfo II d'Asburgo.
Questo avvenimento, al pari di quanto avviene in svariate cronache di area tedesca, è ricordato dal Villani nella sua Nuova Cronica:
Nel detto anno MCCCVIII, in calen di maggio, lo re Alberto d'Alamagna, che s'attendea d'esser imperadore, fu morto a ghiado da uno suo nipote a tradigione a uno valicare d'uno fiume scendendo de la nave, per cagione che 'l detto re Alberto gli
occupava il retaggio de la parte sua del ducato d'Osteric1.
Il nipote a cui allude il Villani è Giovanni, in seguito soprannominato «Parricida», il quale incolpava Alberto I di averlo privato dell'eredità che gli sarebbe spettata alla morte del padre e di aver preso possesso, senza averne titolo, dei beni dotali della madre Agnese di Boemia2. La questione sull'eredità è naturalmente ricordata anche nelle cronache tedesche dell'epoca. Negli Annales Sancti Georgii, che terminano proprio nell'anno 1308, l'anonimo autore registra, nella stessa data ricordata dal Villani, che Alberto è stato ucciso «apud Bruggen»3 da «Ioanne fratrueli suo, cui patrimonium et hereditatem suam violenter detinuit et usurpavit»4.
1 Nuova Cronica, II, p. 185.
2 Cfr. F. COGNASSO, Arrigo VII, p. 21.
3 Annales Sancti Georgii in Nigra silva a. 613–1308, Stuttgart, 1861, p. 298.
4 Ibidem. La medesima notizia, senza il dettaglio sull'eredita, è parimenti ricordata in altri annali: cfr. ad esempio, gli Annales Tielenses (693–1345), p. 26: «Albernus rex Almanie
L'atto materiale dell'omicidio è descritto con dovizia di particolari nella cronaca di Johann von Viktring. Il cronista registra inizialmente un vivace dialogo tra Alberto e il nipote. Giovanni, infine, chiede: «Restitui michi postulo sicut prius mea, ut eciam nomen et actum possim principis excercere»5, richiesta alla quale Alberto risponde «Non te tedeat, bone nepos; tua tibi salva sunt, nec tibi mea tutela, que tuarum rerum fuit custodia, prodet nocumentum, sed honoris et commodi, vitam nobis altissimo largiente, conferet incrementum»6. La questione non è però risolta. Preparandosi ad attraversare un fiume con una nave, Giovanni «cum suis complicibus, qui compotes sui sceleris fuerant et fautores»7 effettuano il trasferimento insieme ad Alberto, rimasto solo con loro. Il nipote non tarda a mettere in atto il piano: dopo aver dichiarato i suoi intenti il giovane «sic animatus exemptam trusalem cuttellam regis pectori immersit et mox vulnus alterum superaddidit, ambicionem avaricie exprobravit»8. Questo efferato omicidio, ricorda l'autore, suscitò particolare clamore e stupore.
In seguito all'elezione a re di Germania Enrico VII condannerà a morte Giovanni «Parricida» e gli altri congiurati durante la dieta di Spira del 13099, ma Giovanni riuscirà a fuggire in Italia, trovando riparo a Pisa. Enrico VII incontrò Giovanni al suo arrivo a Pisa nel 1312, come riportato dai cronisti tedeschi Johann von Viktring, da Mathias von Neuenburg e dal cronista vicentino Ferreto de' Ferreti. La Chronica del Neuenburg registra che gli uccisori di Alberto furono
interfectus est a cognato suo».
5 Liber certarum historiarum, vol. 2, lib. IV, rec. A, p. 3 6 Liber certarum historiarum, vol. 2, lib. IV, rec. A, pp. 3–4. 7 Liber certarum historiarum, vol. 2, lib. IV, rec. A, p. 4. 8 Ibidem.
per sentenciam Heinrici regis imperatoris dampnati, sentenciatum fuit nulla alia sentencia opus esse; sicque ligatus ad caudam equi tractusque ad locum supplicii, fractis dorso et membris, flexus est super rota10.
Torneremo nello specifico su questo importante incontro, analizzandone gli sviluppi nel corso del quinto capitolo, che si aprirà appunto con l'arrivo di Enrico VII nella città toscana.
Concentrandoci più da vicino sull'elezione a re dei Romani di Enrico VII e sulla spedizione italiana, esse sono oggetto del secondo libro dei Gesta Baldewini. Il secondo libro si pone come un inserto nel piano dei libri dei Gesta: l'autore ne fa, di fatto, il nucleo centrale dell'opera inserendolo tra il «Liber primus», che contiene le informazioni sulla genealogia e sulla vita di Baldovino fino al momento della sua elezione ad arcivescovo di Treviri, e il «Liber tertius», che tratta il periodo compreso tra l'elezione di Ludovico il Bavaro e la morte di Baldovino di Lussemburgo.
Il libro comincia a narrare la vita di Enrico VII, di cui in precedenza ha fornito solamente poche informazioni, proprio dal momento della sua elezione. Dopo aver ricordato al lettore la morte di Alberto I d'Asburgo, la scena si sposta immediatamente a descrivere l'attività del collegio dei principi elettori riunitisi, secondo il testo, presso «villam Rense, inter Confluentiam et Boppardiam sitam, ubi ex antiqua consuetudine» dove, secondo l'autore, si svolgevano le elezioni11. Qui, nell'anno del Signore 1308 gli elettori, tutti concordi, eleggono il fratello di Baldovino, il conte Enrico VII di Lussemburgo, a re dei Romani. Il merito,
10 Chronica Mathiae de Nuwenburg, Fassung B, cap. 36, p. 74. Secondo la cronaca la moglie di Giovanni fece visita al condannato durante la notte, rimanendo sotto la ruota in preghiera.
11 Gesta Baldewini, p. 202. Particolare ricordato anche da Johann von Viktring, Liber
certarum historiarum, vol. 2, lib. IV, rec. A, p. 9, secondo cui la riunione degli elettori
annunciato già nel titolo del capitolo («De Henrici VII. electione per dominum Baldewinum procurata»12) deve andare, oltre al favorevole intervento dello Spirito Santo, proprio a suo fratello Baldovino. In seguito all'avvenuta elezione, Baldovino e gli altri principi elettori «cum totius Alemanniae principibus nobilibusque»13 conducono Enrico VII a Francoforte nel luogo deputato a ufficializzare l'elezione dove, il 7 novembre 1308, «in regem Romanorum vivis vocibus concorditer elegerunt, et toti mundo ad monarchiam obtinendam in futurum imperatorem unanimiter praesentarunt»14. La notizia dell'elezione è registrata in un gran numero di cronache ed annali minori senza fornire ulteriori particolari sul processo elettivo e sulle cerimonie di conferma ed incoronazione15; si hanno al contrario, in annali minori, corruzioni e fusioni di notizie appartenenti ad anni diversi: caso eclatante sono gli Annales Wernheri aliorumque Tegernseenses, in cui uno dei tanti compilatori registra per l'anno 1308 che «Hainricus VII. comes de Lüczelburk eukaristia infectus fuit, 4 annis regnavit»16, commettendo un chiaro errore di datazione.
L'Historia Ecclesiastica Nova di Tolomeo da Lucca presenta alcune informazioni molto particolari riguardo l'elezione di Enrico VII. Il testo inizialmente registra, come di consueto, l'elezione «in Regem Alamannie»17 di Enrico e la
12 Ibidem.
13 Gesta Baldewini, p. 204. 14 Ibidem.
15 Cfr. ad esempio, Continuationes chronici Martini Oppaviensis ed. L. Weiland:
Continuatio imperatorum Saxonica, Hannover, 1879, p. 252: «Hinricus comes de
Luscelenborg ad inperium eligitur et in epyphania Domini eiusdem anni Aquisgrani ab electoribus coronatur»; Catalogi archiepiscoporum Coloniensium ed. H. Cardauns, Hannover, 1879, p. 358: «HicHic imperatorem Henricum de Luzzillinburg elegit in regem et consecravit Aquisgrani».
16 Annales Wernheri aliorumque Tegernseenses (1156–1205. 1255–1455), Hannover, 1879, p. 59.
17 THOLOMEO LUCENSIS, Historia Ecclesiastica Nova, Fortsetzung des Tholomeus in der
successiva incoronazione ad Aquisgrana. Il cronista, immediatamente dopo, inserisce alcune notizie su degli eventi straordinari che avvennero poco dopo l'elezione:
Eodem autem tempore facta est coniunctio Martis cum Saturno, post quam secuta sunt frigora, cum tamen primo esset tempus multum temperatum. Et apud Avinionem fuit ventus aquilonaris permaximus, post quem secute sunt nives. Eodem anno in crastino beati Matthie luna passa est eclipsim in crepusculo diei et primo fuit sanguinea, postea nigra, post quam secute sunt nives et pluvie ultra
nature cursum18.
Tolomeo da Lucca non afferma, in ogni caso, che ciò sia avvenuto a causa dell'elezione di Enrico, rimane però il fatto che queste informazioni siano state registrate contestualmente ad essa. L'associazione tra gli eventi legati a Enrico VII e le congiunzioni astronomiche non terminano con la prima elezione. Come è stato appena rilevato, Tolomeo da Lucca non collega mai esplicitamente tra loro questi fatti, ma è comunque singolare che questi paralleli, anche in altri passi dell'Historia Ecclesiastica Nova, ricorrano nello stesso contesto in cui vengono registrate le notizie sull'imperatore o sulla complicata situazione italiana che già doveva essere in fermento a causa della notizia della spedizione di Enrico VII19. Di diverso avviso sarà
18 Ibidem.
19 Si cfr. altri esempi tratti dalla medesima cronaca: THOLOMEO LUCENSIS, Historia
Ecclesiastica Nova, Fortsetzung des Tholomeus in der Handschrift C, pp. 669–671. In
questo lungo capitolo, relativo all'anno 1310, Tolomeo dà notizia di una eclissi di Sole ad Avignone, a fine gennaio, poi un'eclissi di Luna a febbraio. Da questi due fenomeni Tolomeo fa derivare direttamente («Post que duo hec mala exorta sunt», p. 669) le epidemie e le morti in Spagna, mentre «in Italia magne crudelitates excitate» (p. 670): i piacentini mossero guerra contro Milano, mentre a Lucca ci furono sconvolgimenti nel governo della città, con l'esclusione di una delle parti «et magne novitates ibidem apparent insolite» (p. 670). Poco più avanti, dopo aver reso conto della persecuzione nei confronti dei cavalieri Templari, Tolomeo soggiunge che giunsero gli ambasciatori del «rex Alamannie» ad annunciare il suo prossimo arrivo nella penisola. L'autore però non si sbilancia nel collegare negativamente questi fatti all'arrivo di Enrico, perché afferma che nello stesso anno furono fatte numerose pacificazioni. In conclusione di capitolo Tolomeo registra un'ennesima eclissi in agosto e, nel riportare la notizia dell'arrivo di Roberto d'Angiò a Lucca, aggiunge che «maxima fuit tempestas in aere in coniunctione Martis cum sole et luna» (p. 671).
il Villani il quale, riferendosi però all'anno seguente, collega il manifestarsi degli eventi astronomici all'imminente arrivo di Enrico VII: il 10 maggio 1309 infatti
di notte, quasi al primo sonno, apparve in aria uno grandissimo fuoco, grande in quantità d'una grande galea, correndo da la parte d'aquilone verso il meriggio con grande chiarore, sì che quasi per tutta l'Italia fu veduto, e fu tenuto a grande maraviglia; e per gli più si disse che fu segno de la venuta dello 'mperadore20.
Ciò di cui non rendono conto i Gesta Baldewini e molte altre cronache in merito all'elezione di Enrico VII sono i retroscena. La Cronica del Villani colma questa mancanza di informazioni con un lungo capitolo contenente molti dettagli: l'apertura ricorda ai lettori della cronaca la morte di Alberto I e la necessità di procedere ad una nuova elezione. Gli eventi descritti mostrano un quadro politico multiforme e, almeno dalle prime battute, l'elezione non appare così scontata come i Gesta Baldewini lasciavano intendere: «i lettori de la Magna erano in grande discordia tra·lloro di fare la lezione»21.
A complicare questa situazione sono i giochi politici portati avanti dal re di Francia nei confronti del pontefice Clemente V poiché, avendolo fatto eleggere papa22, si aspettava da quest'ultimo un intervento in proprio favore o in favore di un membro della sua famiglia23. Filippo IV promosse un consiglio segreto con il fratello Carlo di Valois per render manifeste le proprie intenzioni «e i·lungo disiderio ch'egli avea avuto di fare eleggere a la Chiesa di Roma a re de' Romani messer Carlo di Valos»24. L'impegno del sovrano francese a favore del fratello è massimo e «a questa impresa fue lo re confortato per tuti gli suoi consiglieri, e che in ciò s'aoperasse tutto
20 Nuova Cronica, II, p. 201. 21 Nuova Cronica, II, p. 194.
22 Ibidem: «quando gli promise di farlo fare papa».
23 Ibidem: «e massimamente per la detta promessa e saramento che gli avea fatta papa Clemento, quando il fece fare papa».
il podere de la corona e di suo reame ... per l'onore di messer Carlo di Valos che n'era degno»25. Il fine da raggiungere, oltre all'elezione di Carlo a re dei Romani, è ancora più importante e di più ampie prospettive, cioè che «l'onore e dignità dello 'mperio tornasse a' Franceschi, sì come fu per antico lungo tempo per gli loro anticessori, Carlo Magno e gli suoi successori»26. Le mire del sovrano francese sono ricordate anche in altri testi cronachistici: Bonincontro Morigia nel Chronicon modoetiense riporta la notizia dell'interesse di Filippo IV per il titolo imperiale, sostenendo però che il suo interesse fosse strettamente personale e non indirizzato verso la scelta di Carlo di Valois27.
Seguendo il testo del Villani, viene quindi inviata ad Avignone una spedizione guidata dal sovrano francese e dal fratello Carlo insieme «con grande forza di baroni e cavalieri d'arme»28, al fine di evitare che i tedeschi procedessero con una loro elezione. Giunti a corte, avrebbero chiesto al pontefice di mantenere la parola data e cioè di eleggere imperatore Carlo di Valois: Clemente V e i cardinali, pressati dalla presenza «sì forte di sua gente»29 non si sarebbero di certo opposti. Clemente V «temendo della venuta del re con tanta forza, e ricordandosi della sua promessa fatta»30 riconosce però che essa è «molto contraria a la libertà della Chiesa»31 e decide di riunire un consiglio segreto per decidere le mosse successive.
L'intervento decisivo, durante questo consiglio segreto, è del cardinale di
25 Ibidem.
26 Nuova Cronica, II, pp. 194–195.
27 Chronicon modoetiense, col. 1095: «quo tempore Philippus Rex Francorum sollicitare cœpit, ut Imperialis dignitas ab Ecclesia in personam sui adhiberetur».
28 Nuova Cronica, II, p. 195. 29 Ibidem.
30 Ibidem. 31 Ibidem.
Niccolò da Prato32. Egli consiglia al pontefice di accordarsi segretamente con i principi elettori in modo che effettuino l'elezione prima che il re francese possa mettere in atto i propri piani. Clemente V giunge alla conclusione che quanto gli viene proposto è sensato, ma dal testo della Cronica sembra che non avesse in mente il probabile candidato: chiede infatti «Cui volemo per imperadore?»33. Ancora una volta interviene il cardinale di Prato, il quale avanza la sua proposta:
«Io sento che ‘l conte di Luzzimborgo è oggi il migliore uomo de la Magna, e il più leale e il più franco, e più cattolico, e non mi dubito, se viene per te a questa dignità, ch'egli non sia fedele e obbediente a te e
a santa Chiesa, e uomo da venire a grandissime cose»34.
L'intervento di Niccolò da Prato non sembra essere disinteressato: il cardinale avanza questa proposta, ci dice il cronista toscano, «non tanto solamente per la libertà della Chiesa, quanto a sua propietà e di sua parte ghibellina rilevare in Italia»35. L'interesse personale di Niccolò traspare anche dalla cronaca di Dino Compagni: il cardinale aveva favorito l'elezione di Enrico «credendo di aiutare gli amici suoi e gastigare i nimici e gli avversari suoi»36.
Clemente V sembra effettivamente gradire questa proposta, poiché conosce la buona fama di Enrico VII, e decide di inviare gli emissari del cardinale e, in seguito, i propri emissari con delle lettere contenenti le indicazioni per l'elezione del conte di Lussemburgo. Nella Cronica del Villani il merito dell'elezione va attribuito non a Baldovino di Lussemburgo (che non viene mai nominato) ma esclusivamente al
32 In merito alla figura di questo cardinale e del suo importante operato durante la discesa in Italia di Enrico VII rimando a A. CADILI, La diplomazia e le missioni legatizie, in
Niccolò da Prato e i frati Predicatori tra Roma ed Avignone, cur. M. BENEDETTI, L. CINELLI, Nerbini, Firenze, 2013, pp. 85–139 (Memorie domenicane, n.s., 44).
33 Nuova Cronica, II, p. 196. 34 Ibidem.
35 Ibidem.
cardinale di Prato. Dopo aver ricevuto le lettere, infatti
in otto dì i prencipi de la Magna furono congregati a Midelborgo, e ivi sanza niuno discordante elessero a re de' Romani Arrigo conte di Luzzimborgo; e ciò fu per la industria e studio del detto cardinale, che scrisse a' prencipi infra l'altre parole: «Fate d'essere in accordo del tale, e sanza indugio, se non, io sento che la lezione e la
signoria dello ‘mperio tornerà a' Franceschi»37.
I Gesta Baldewini, come si è visto grazie alle integrazioni della Cronica del Villani, non forniscono altre informazioni in merito ai diversi momenti dell'elezione presentati finora: ad arricchire il quadro di entrambe le cronache sono estremamente utili le miniature del Codex Balduini.
Già dalla miniatura 3b si possono ottenere importanti particolari sullo svolgimento dell'elezione: essa raffigura il collegio dei principi elettori mentre sono riuniti a Francoforte, il 27 novembre 1308, per decidere su chi far ricadere la propria scelta. I principi elettori sono raffigurati seduti l'uno a fianco dell'altro su di una panca, ognuno contraddistinto dal proprio stemma e la composizione del collegio è la seguente: scorrendo da sinistra verso destra troviamo i tre arcivescovi Enrico di Colonia, Pietro di Magonza, Baldovino di Treviri, ai quali seguono il conte palatino Rodolfo, il duca Rodolfo di Sassonia, il margravio Valdemaro di Brandeburgo e, infine, il duca Enrico di Carinzia, rappresentato come re di Boemia. Quanto raffigurato non corrisponde quindi alla realtà di quanto avvenne quel giorno poiché il re di Boemia non prese parte all'elezione di Enrico VII. Su questo punto alcuni storici si sono soffermati chiedendosi quale fossero le intenzioni e gli scopi che portarono ad una siffatta raffigurazione: Franz-Josef Heyen, nell'edizione italiana del codice miniato, si chiede infatti «se non si sia qui voluta raffigurare – prima della Bolla
d'oro – la norma che fissava a sette il numero degli elettori»38. Il quesito assume ancora maggior rilevanza tenendo presente che il Codex Balduini era stato progettato da Baldovino di Treviri per avere una valenza politica volta a legittimare l'elezione del fratello39.
Il primo capitolo del secondo libro dei Gesta Baldewini ha però anche un secondo scopo: ha il compito di presentare il ritratto di Enrico VII. Non si tratta certamente di una puntuale descrizione della fisionomia del conte di Lussemburgo come avviene, sempre nei Gesta Baldewini, per Baldovino o nella Historia Augusta del cronista padovano Albertino Mussato, bensì di una raccolta, improntata verso la totale positività, delle virtù e delle modalità di comportamento di Enrico. «Fuit enim miles imperterritus, in armis strenuus»40, comincia la descrizione delle qualità del neo-eletto alla carica di Re di Germania, con una terminologia pressoché identica a quella che, in precedenza, era stata utilizzata per contraddistinguere suo padre; la passione per i tornei e per i giochi cavallereschi41 indica che, durante la sua adolescenza e vita, Enrico era pienamente appartenuto al mondo cavalleresco; nel Codex Balduini, già incoronato imperatore, sarà raffigurato mentre assiste ad una giostra tra cavalieri. Il cronista snocciola poco per volta le sue qualità: se da un lato egli era «judex justissimus, pauperum, pupillorum, mercatorum, peregrinorum promtissimus defensator»42, dall'altro era «raptorum, malefactorum, tyrannorum
38 Il ciclo iconografico, cur. F.-J. HEYEN, in Il viaggio di Enrico VII in Italia, cur. M. TOSTI- CROCE, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Edimond, 1993, p. 76. Cfr. V. KESSEL, Il manoscritto del «Viaggio a Roma» cit., p. 22– 24.
39 Cfr. V. KESSEL, Il manoscritto del «Viaggio a Roma», in Il viaggio di Enrico VII in Italia, cur. M. TOSTI-CROCE, p. 22–24.
40 Gesta Baldewini, p. 203. 41 Ibidem.
rigidissimus exterminator»43. Enrico «omnibus enim fuit affabilis et benignus, in quibus tamen permixtim seriositatem judicialem, honoris et dignitatis serenitatem, prudentiae quoque et discretionis amoenitatem nullo unquam tempore deserebat»44. In lui «virtutum et bonorum morum concatenationem optima cum temperantia jugiter retinebat»45, ed egli si atteneva costantemente, in ogni occasione, a questi buoni costumi. Oltre a tutti questi tratti positivi di Enrico viene ricordata la sua profonda devozione e la sua assiduità nel prendere parte alle funzioni religiose, che seguiva con viva partecipazione46. Il capitolo si conclude annunciando l'elezione di Enrico a Francoforte il 27 novembre 1308.