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All’inizio degli anni ottanta il legislatore francese, preoccupandosi di fronteggiare e reprimere efficacemente i nuovi comportamenti criminosi, portò a compimento una ulteriore riforma delle norme in tema di association de malfaiteurs

La legge del 2 febbraio 1981 n. 81-82, Loi sécurité et liberté, procedette ad un aggravamento di numerose norme penali, portando la pena massima per determinati

75 reati oltre il limite dei cinque anni. Questo fenomeno di «penalizzazione» riguardava, tra l’altro, l’associazione di malfattori ed imponeva una riforma del suo campo di applicazione. La preoccupazione del legislatore fu di punire meno pesantemente la partecipazione ad un atto preparatorio che l’atto tentato o consumato, quando anche questa partecipazione rivelasse una grande pericolosità.

Per il reato di associazione di malfattori venne meno il requisito della necessaria pluralità dei crimini progettati e in corso di preparazione, risultando sufficiente anche la progettazione di un solo crimine (o anche un delitto a partire da quell’anno) contro le persone o i beni, purché materialmente rivelatore di una attività preparatoria. La possibilità di anticipare la tutela dei beni giuridici fino a ricomprendere nell’associazione di malfattori anche la preparazione di un solo crimine trova una sua giustificazione nell’esigenza di prevenire e reprimere i casi di coinvolgimento nel compimento di singoli fatti criminosi di persone estranee alla struttura dell’organizzazione criminale.

Per il resto, la definizione ed e la disciplina del reato restavano profondamente fedeli alla legge del 1893 con alcune differenze.

Il codice penale, entrato in vigore il 1° marzo del 1994 venne a situarsi nel solco delle norme di legge precedenti. La definizione dell’associazione di malfattori era ripresa dal vecchio articolo 265 che derivava a sua volta dalla legge del 1893 e costituiva una incriminazione di carattere generale (quella dell’articolo 450-1) accompagnata da alcune incriminazioni speciali (articoli 212-3, 323-4, 421-1). Continuando nello spirito delle leggi del 2 febbraio 1981 e 2 settembre 1986, ma allargando il suo ambito di applicazione, il codice incriminò non solamente la preparazione di un crimine ma anche quella di ogni delitto punito con una pena di almeno 10 anni di detenzione.

La legge del 15 maggio 2001, modificando l’articolo 450-1 del codice penale, ha portato avanti la stessa linea, quella allargare sempre più il campo d’applicazione dell’incriminazione generale. Questo ulteriore effetto estensivo si è realizzato lasciando immutata la descrizione del comportamento ma abbassando il limite di pena previsto

76 per il reato in vista del quale è stabilito l’accordo preparatorio. Dall’entrata in vigore di tale legge è sufficiente perché possa essere riconosciuto il delitto di associazione di malfattori che sia preparato un reato punito con almeno cinque anni di detenzione.

Secondo la regola di carattere generale contenuta nel testo in vigore dell’articolo 450-1 del codice penale, costituisce una associazione di malfattori «ogni gruppo formato od ogni accordo stabilito in vista della preparazione, caratterizzata da uno o più fatti materiali, di uno o più crimini o di uno o più delitti, puniti con una pena di almeno cinque anni di detenzione».

Anche se la maggior parte dei reati riconducibili, in pratica, all’ambito della criminalità organizzata costituiscono crimini o delitti, l’abbassamento del limite allarga potenzialmente l’applicazione dell’ipotesi dell’associazione di malfattori alla maggior parte dei delitti. Ciò a causa delle pene previste nella parte speciale del codice penale. Ciò permette anche all’incriminazione generale di essere applicata, nella nuova formulazione, allo sfruttamento della prostituzione semplice e di interessare in particolare la truffa, l’estorsione, il ricatto (chantage) e tutte le ipotesi di ricettazione e di riciclaggio.

Riassumendo due secoli di progressiva tendenza all’ampliamento del campo di azione del reato di association de malfaiteurs, si può dire che con gli anni l’associazione di malfattori è passata da incriminazione di una vera e propria organizzazione criminale (1810) all’incriminazione dell’accordo stabilito in vista della preparazione di vari crimini (1893), per essere estesa prima all’accordo stabilito in vista della preparazione di reati meno gravi, sia crimini che delitti, purché puniti con almeno 10 anni di reclusione (1981) ed attualmente allo stesso tipo di accordo stretto in vista di reati anche meno gravi, puniti con una pena detentiva di almeno cinque anni (dal 2001).

L’articolo 265 del codice penale indicava all’inizio espressamente l’interesse protetto: «toute association de malfaiteurs envers les personnes ou le propriétés est un

crime contre la paix publique», ed è ancora con questa affermazione che si concludeva

l’articolo nella sua rivisitazione del 1893. L’esplicito riferimento alla paix pubblica scomparve nella legge del 1981 ed il nuovo codice penale non lo riportò in vita. La

77 dottrina ritiene però che l’interesse protetto non sia cambiato. La legge del 1981, come l’attuale codice penale, estese il campo di azione della concezione dell’associazione di malfattori che era stata messa a punto dalla legge del 1983 e l’interesse protetto rimane ai nostri giorni lo stesso protetto allora dalla norma.

L’associazione di malfattori continua quindi ad essere considerata, come all’inizio, un attentato alla tranquillità (paix) pubblica, anche per la sua collocazione alla fine del libro IV del codice penale, ma soprattutto perché le modifiche apportate nel tempo alla sua definizione non hanno toccato in alcun modo l’interesse protetto.

Si tratta dunque di un reato contemporaneamente di natura plurisoggettiva e di tutela anticipata del bene giuridico. Il reato è necessariamente plurisoggettivo, trattandosi cioè di una incriminazione per la quale la legge costituisce in autonomo reato un comportamento tentato o commesso da più persone. La pluralità di agenti è dunque un elemento costitutivo del reato, l’essenza stessa della fattispecie di associazione di malfattori.

Nessuna definizione di «gruppo formato od ogni accordo stabilito» è stata inserita nel codice penale né è possibile ritrovarne una nei testi di legge anteriori. L’analisi condotta sul testo porta però a ritenere che l’esistenza del «gruppo» è data dalla presenza di un «accordo» (entente) più strutturato. L’impiego del termine gruppo è stato impiegato dal legislatore tutte le volte che si è reso necessario avere nel mirino l’insieme di persone viste nel loro aspetto strutturato. Lo stesso termine è utilizzato in Francia per identificare il gruppo che si occupa del traffico di stupefacenti. L’organizzazione del gruppo costituisce quindi di per se stessa il reato, come elemento necessario ma allo stesso tempo unico per la sua esistenza.

Per l’esistenza del reato occorre che la preparazione sia contraddistinta da un fatto materiale. L’esistenza del fatto materiale era stata dibattuta nel 1981. C’era chi aveva ritenuto che una semplice conversazione o anche uno scritto, tra i membri della presunta associazione, contenente la ripartizione dei ruoli, non avesse costituito che un fatto intellettuale senza concretizzare il reato, mentre ad esempio procurarsi il materiale

78 necessario per il reato avesse integrato il comportamento preparatorio. La valutazione di tale realizzazione era in ogni caso lasciata all’apprezzamento del giudice di merito.

La dottrina ritiene tradizionalmente che la preparazione di un crimine o delitto nei limiti di pena indicati dall’art. 450-1 certifichi l’inizio dell’esecuzione. Si tratterebbe di atti preparatori ad un reato diverso dall’associazione di malfattori, che riguardano dunque questo reato programmato. Ma con la preparazione l’associazione di malfattori si consuma, essendone il compimento di atti preparatori un elemento necessario e sufficiente. Occorre quindi ed è allo stesso basta perché si possa parlare di preparazione che siano stati commessi degli atti preparatori in vista del reato.

Secondo un consolidato orientamento di giurisprudenza, per ritenere esistente l’associazione di malfattori non è necessario che il crimine o delitto siano determinati. Quindi in teoria non occorre che il reato in preparazione sia individuato e precisato dal giudice di merito, anche se occorre che il comportamento sia ascrivibile ad una categoria criminale (crimine o delitto) punibile con almeno 5 anni di reclusione. È proprio per prevenire gli atti di coloro che si riuniscono per predisporre – in maniera generale – un atto od un comportamento indeterminato, ma con una sua specifica gravità, che esiste il reato di associazione di malfattori.

La difficoltà pratica, nondimeno, sul rispetto delle condizioni poste riguarda come è facile intuire tale indeterminazione che può esserci ma non deve essere troppo grande se si vuole essere certi che il reato, in vista del quale si è costituito il gruppo o si è formato l’accordo, appartenga ad una delle categorie individuate dalla legge. Il carattere spesso equivoco degli atti preparatori non semplifica a volte questo compito di individuazione.

Possono sorgere due tipi di rischio. Il primo è che in mancanza della prova che l’atto preparatorio si riferisca ad un reato appartenente ad una delle categorie previste non possa intervenire alcuna condanna. Il secondo, al contrario, è che, malgrado il carattere equivoco dell’atto preparatorio, intervenga una condanna senza che sia sicuro che il reato in preparazione faccia parte della categoria prevista. La garanzia in tal senso potrebbe dunque sovente apparire solamente nel momento in cui il reato entri nella fase

79 esecutiva, ciò che riduce il significato del reato dell’associazione di malfattori e l’anticipazione della tutela penale prevista dalla norma. Ancora la natura del delitto o crimine ed il relativo limite di pena richiesto non sono a volta valutabili che per l’esistenza di circostanze aggravanti, per cui ci si può domandare se è verosimilmente possibile giudicare a proposito della loro esistenza allo stadio degli atti preparatori.

L’elemento psicologico dell’associazione di malfattori può essere determinato dall’esistenza dell’affectio societatis. L’associazione di malfattori è un reato doloso anche in ragione del principio generale contenuto nell’art. 121-3 del codice penale secondo il quale «non può esserci crimine o delitto senza intenzione di commetterlo».

La conoscenza dell’elemento dell’associazione è ritenuto un elemento necessario. Occorre, per perseguire l’individuo, dimostrare che egli ha scientemente voluto prender parte o affiliarsi ad una associazione di malfattori sapendo bene che lo scopo perseguito dall’associazione era quello di commettere il crimine o il delitto, senza che la precisa e completa conoscenza del crimine o del delitto progettato da parte di ogni membro o la sua cosciente partecipazione alla preparazione sia, al contrario, determinante. L’intenzione richiesta deve riguardare la volontà di associarsi in vista della preparazione del reato.

È sufficiente che ognuno dei partecipi aderisca volontariamente ad una aggregazione in relazione alla quale egli conosce che prepara la commissione di un reato. In pratica la prova dell’affectio societatis è a volte nel fatto, ma raramente corroborata da elementi del fatto. Spesso l’apprezzamento di tal intenzione è evidenziato nella valutazione del giudice di merito da indizi stimabili solo posteriormente, come la fedeltà al gruppo responsabile della commissione del reato.

B. La circostanza aggravante della commissione del reato in bande