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1. Un abbandono rumoroso

1.3. Atraversare la strada

Il ruolo dell’Assemblea Permanente è stato fondamentale nello scorso decennio per deinire la percezione del rischio industriale e per veicolarne il contenuto all’intera comunità. Anthony mi ha accennato a qual è stato il suo percorso poliico, iniziato proprio in seguito al non-incidente nel 2002:

Anthony: Una premessa ci sta, allora noi siamo un po’ a metà, nel senso che c’è l’Assemblea Permanente – tu hai contatato quel gruppo – che c’è da… da quindici anni diciamo,

Tiziano: Una vita! Anthony: Eh sì…

Tiziano: Da dopo… da dopo il fosgene mi pare.

Anthony: Da dopo il fosgene, dal 2002, poi, tanto che è scrito nel libro [Laboratorio

Marghera], quindi igurai. E poi si è un po’ silacciato gli ulimi… due anni diciamo,

e… ci seniamo ancora, però si è ridoto l’impegno, io personalmente l’ho portato, no?, nel circuito… in un circuito di area 5 Stelle, che è il Meetup di Venezia, e lì siamo coninuando praicamen-… c’è ancora il gruppo, ma non è più tanto operaivo, c’è, è presente più per… magari sulle manifestazioni ogni tanto, ci si riunisce tui quani. […] Adesso, voglio dire, poi che succede, il tempo è passato, c’è Roberto Trevisan dell’area… e di… centri sociali, di… molto legai a Bein, e c’è un’area indipendente, che adesso è quasi tuta nell’area 5 Stelle, e poi c’era un’area di Rifondazione Comunista che abbiam perso, però 7/8 anni fa… no, 6/7 anni fa.15

L'Assemblea Permanente ha accompagnato la comunità atraverso una fase cruciale del suo rapporto con l'industria: dopo l'episodio del 28 novembre, infai, la citadinanza ha cominciato a manifestare l'esigenza di prendere coscienza in maniera direta di ciò che si trovava nella zona industriale, un'area tanto prossima geograicamente quando distante ed aliena nella percezione della comunità. Fu così che iniziò un doppio percorso, con l'obieivo di rendere inalmente coscieni i citadini di Marghera di quale fosse l'enità del loro scomodo vicino di casa, o di quel che

ne rimaneva: da un lato, si cominciò ad avere la curiosità di andare a vedere, come mi hanno raccontato Tiziano e Anthony in un ulimo scambio di opinioni a seguito dell’intervista, che cosa ci fosse efeivamente al di là di via Fratelli Bandiera, dall'altro l'Assemblea Permanente iniziò a sostenere e promuovere iniziaive pubbliche, assemblee e campagne mediaiche che informassero la popolazione delle sostanze stoccate e lavorate nella zona industriale, e dei rischi ad esse relaivi. I grandi protagonisi di questa fase furono, ancora una volta, il fosgene e il CVM, considerai come due bombe a orologeria pronte ad esplodere, in quanto sostanze che con la loro sola presenza avevano il potere di metere a repentaglio la salute dell'intera comunità, proprio come sembrava aver dimostrato il processo al petrolchimico, di cui si era di recente concluso il primo grado. Una buona parte della citadinanza di Marghera cominciò allora ad atraversare via Fratelli Bandiera, che divenne una sorta di soglia simbolica da valicare per accedere al mondo, ino ad allora sconosciuto all'esperienza direta, della zona industriale. Quello che fu trovato, però, non corrisponde alla descrizione della zona industriale come una cità viva che mi ha fato chi ci lavorava negli anni '70 e '80: il processo di dismissione era infai già in stato di avanzamento, e sin dagli anni '90, nonostante la irma dell'Accordo di Programma, l'occupazione non accennava a riparire, con la conseguenza che già all'epoca moli impiani versavano in condizioni di abbandono e trascuratezza. Quando per la prima volta moli citadini entrarono diretamente in contato con gli spazi e con le architeture della zona industriale, quello che trovarono fu uno scenario a trai molto simile a quello che si vede oggi nelle zone abbandonate dell’area, o nei pressi degli stabilimeni più vecchi. In linea generale, è quindi accaduto ciò che è successo a me quando mi sono avventurata per le prime volte nella zona industriale: un’impressione di abbandono e pericolo latente, che in quella fase storica si rileteva, in una sorta di gioco di specchi, con le noizie e le vicende che avevano coinvolto il petrolchimico di Porto Marghera, il suddeto processo e l’incidente che aveva acceso la scinilla del imore e della curiosità nella società civile. Via Fratelli

Bandiera ha acquisito così il signiicato di luogo liminale, di zona ibrida fra la cità del lavoro e quella della vita quoidiana, ma con un signiicato diverso da quello dell’atraversamento dei decenni precedeni. Le condizioni erano irrimediabilmente mutate, sia per l’una che per l’altra parte, così come il rapporto complessivo fra la cità e il polo industriale, che aveva visto nel giro di pochi anni ridursi drasicamente il numero di persone ivi occupate, e di conseguenza di coloro la cui vita era legata a doppio ilo allo stato di cose del complesso industriale. Andare a Porto Marghera, atraversando via Fratelli Bandiera, divenne allora per moli un gesto sporadico, non abituale, dovuto alla scelta di acquisire consapevolezza di ciò che succedeva dall’altro lato della strada, alla luce di eveni che avevano travolto, o nel caso del non-incidente avevano rischiato di travolgere, l’intera cità. Fu in quegli anni ed in quelle circostanze che via Fratelli Bandiera iniziò ad acquisire deiniivamente il signiicato che oggi la contraddisingue nel senso comunque, di sigma della doppia periferia, conine quasi invalicabile sia dell’area industriale che di quella urbana.