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Su, salgo su su, sempre più su, su, salgo su, su, ancora su. Centosetanta centosetanta centosetantasei metri centosetanta centosetanta centosetantasei spregi.2

L'abbaimento della torre CV22 ha riportato l'atenzione delle cronache su una delle vicende di lavoratori più note di questo decennio. La vertenza Vinyls infai ha coinvolto non solo

Porto Marghera, ma anche tui gli altri lavoratori impiegai nelle altre sedi della stessa azienda, a Ravenna e a Porto Torres, tute impegnate nella chimica del cloro per la produzione di plasiche. Sono stai proprio i lavoratori di quest'ulima località a proporre una modalità alternaiva nella gesione della comunicazione della vertenza, puntando sull'innovazione e sulla spetacolarizzazione delle iniziaive: i lavoratori di Porto Torres, una località della Sardegna, hanno infai occupato nel 2009 l'isola dell'Asinara, sede dell'ex carcere di sicurezza, rimanendovi per oltre 500 giorni in atesa di risposte rispeto al desino del loro posto di lavoro. Oltre a questa forma di occupazione, molto meno tradizionale e quindi già di per sé più papabile a inire su un noiziario nazionale o sulla carta stampata, gli operai della Vinyls all'Asinara hanno deciso di proporre un format sul web che seguisse passo dopo passo le loro vicende, replicando quello di un reality show molto in voga negli anni dell'occupazione, che è L'isola dei famosi. Michele Azzu e Marco Nurra, due operai impegnai nell'occupazione, spiegano nel libro Asinara Revoluion (Azzu, Nurra 2011) com'è nata l'idea di creare un canale youtube e di raccontare la vita quoidiana all'Asinara in una serie di video initolata L'isola dei cassaintegrai: la volontà era quella di difondere il più possibile l'informazione sulla situazione estremamente precaria dei lavoratori della fabbrica, senza creare disagi al resto della popolazione come avviene nelle classiche manifestazioni ma facendo in modo di raggiungere il maggior numero possibile di persone, approitando dell'esistenza e dell'accessibilità di canali di informazione liberi ed alternaivi come appunto il sito web youtube. Questo ipo di modalità è stata recepita e portata avani anche dai lavoratori di Porto Marghera, che hanno intrapreso molte azioni durante gli anni della loro vertenza, sempre con lo scopo di farsi senire senza recare danno ad altri ma cercando di difondere il loro messaggio ad una comunità che fosse il più estesa possibile. Fra queste azioni intraprese dai lavoratori ce ne è stata una paricolarmente eclatante, che ha avuto un notevole risvolto mediaico: in dal 2010 e poi a più riprese, alcuni degli operai sono salii su una delle torce

d'emergenza dell'impianto, che era la più alta dell'intero polo petrolchimico di Porto Marghera, e vi sono rimasi ino a 40 giorni di ila, passandoci anche il Natale del 2010.

Le torri della Vinyls erano due: la prima, alta all'incirca 100 metri, è stata abbatuta il 17 luglio 2017, mentre la seconda, la CV24 su cui sono salii gli operai, era alta, metro più metro meno, 168 metri, secondo la misura simata dal satellite. In realtà, era stata annunciata per luglio la demolizione di entrambe le iaccole, tramite l'intervento di una dita privata di demolizioni, che avrebbe dovuto far detonare una carica di esplosivo alla base delle torri in modo che queste collassassero lateralmente, ino ad accasciarsi sull'adiacente suolo dell'ex Vinyls, ormai una distesa d'erba già parzialmente sotoposta a boniica. Le operazioni però non si sono svolte secondo il programma stabilito: all'orario previsto per la detonazione e per il conseguente crollo della torcia non c'è stato di fato nessun mutamento nello skyline industriale, che era quello che mi sarei aspetata di vedere quando quel giorno mi sono posizionata alle Zatere a Venezia. Questo perché, contro ogni previsione, la prima torre ha reto alle cariche esplosive, scatenando la reazione della citadinanza, e prima ancora degli ex lavoratori Vinyls, che hanno leto in questo tentaivo fallito un'ulteriore tesimonianza della resistenza dei simboli della loro lota.

+++Aggiornamento: l’esplosione è stata ritardata dalle 18,30 alle 19,30: nonostante la forte esplosione, la torre ha reto. Indebolita, ma non collassata. Tecnici e ingegneri sono rimasi al lavoro per decidere come procedere. 3

Il fato ha suscitato un certo clamore, risvegliando sopratuto nella stampa locale l'interesse per quella vicenda che tanto spazio aveva occupato nelle cronache durante gli anni in cui gli operai salivano sulla torre e parlavano nelle trasmissioni televisive, appellandosi alle

3 Alle 18,30 la demolizione delle torce ex Vinyls di Porto Marghera: «Oggi cadranno i simboli, non la dignità di chi ha lavorato qui» in Il cielo sopra San Marco, de Il Sole 24 ore, 13 luglio 2017.

numerose dichiarazioni che personaggi pubblici e poliici andavano facendo in loro sostegno, pur senza otenere di fato alcun miglioramento della situazione lavoraiva4

. Dopo qualche giorno dal fallimento del primo tentaivo di demolizione della CV22 il lavoro è stato portato a termine dal Genio Guastatori dell'Esercito, chiamato per l'occasione data l'impossibilità di procedere altrimeni. L'altra torcia, la più alta, è rimasta invece in piedi ino ad otobre: in quell'occasione si è preferito mantenere un proilo molto più basso, evitando di dare un preavviso che concedesse alla popolazione e alla stampa il tempo di dedicarsi nuovamente alla vicenda – e, nel caso si fosse riproposto lo scenario di luglio, di focalizzarsi su un ulteriore fallimento. La torre più alta, la CV24 è stata abbatuta «a sorpresa»5

, senza che nemmeno gli operai che avevano fato di quella torre lo scenario preferenziale delle loro lote ne sapessero niente.

I lavoratori in quesione sono Nicoleta e Lucio, due persone che di quei momeni sulla torre hanno fato uno spariacque nelle loro storie. Nicoleta ha passato fra gli impiani di Porto Marghera metà della sua vita:

Giada: Tu quani anni... hai lavorato nel petrolchimico?

Nicoleta: Io veni... venisei. Sono entrata quasi ine anni '80 e ne sono uscita nel 20146

. Giada: Abbeh. È una vita praicamente, quasi una vita.

Nicoleta: È il mio mesiere! Io ero un perito chimico, sono un perito chimico, e... sempre lavorato in laboratorio, sempre fato... analisi controllo qualità, analisi di processo, analisi chimiche di processo, e... qualcosina di ricerca, e... in Vinyls gli ulimi 10 anni mi occupavo di... ero un tecnico ambientale, quindi mi occupavo di tute le analisi inereni all'ambiente.7

4 Si vedano alcuni articoli di quegli anni, ad esempio Vinyls, è intesa. Gli operai scendono dalla torcia, in Corriere

del Veneto, 23 dicembre 2010; Rassicurazioni da Roma, gli operai scendono, in La Nuova di Venezia e Mestre, 23

dicembre 2010; «La chimica ripartirà a marzo», in La Nuova di Venezia e Mestre, 29 dicembre 2010; Eni deve

dirci la verità, in Il Gazzettino, 14 ottobre 2011; Vinyls insabbiata, il Ministro indaga, in Il Gazzettino, 29 marzo

2011.

5 La torre della protesta operaia abbattuta “a sorpresa”, in Il Gazzettino, 18 ottobre 2017.

6 Anno di chiusura definitva di Ineos Vinyls Italia per il fallimento dell'azienda. La chiusura non è stata meno travagliata delle vertenze degli anni precedenti: nel dicembre del 2017 Nicoletta ha realizzato un'intervista per conto del sindacato FILCTEM CGIL, un sindacato dei chimici di Venezia, in cui dichiara che dopo tre anni dalla chiusura i lavoratori licenziati aspettavano ancora di essere pagati. Gli stipendi arretrati sono stati poi sbloccati nei primi mesi del 2018.

Nicoleta non ha assisito all'abbaimento delle iaccole, ma ha un'idea molto chiara della dinamica che ha portato a questa scelta:

Pensa che negli ulimi anni di proteste nostre tui i poliici son venui, la frase come un mantra che ripetevano sempre, «La chimica in Italia è strategica», «La chimica a Porto

Marghera è strategica!»… eh vorrei chiedere adesso io a qualcuno di loro, la strategia è

butar giù le iaccole, se questa è la strategia, smantellare... ok, abbiam capito.

[...]Tanto che adesso, loro vogliono demolire, hanno già demolito una iaccola demoliscono la seconda, ricomincia è una seimana che... e la Rai c'è intervista, e tui i giornali ci chiamano, e la radio ci chiama, e questo eh... perché «Cosa ne pensi», cosa vuoi che ne pensi? È ovvio che mi dispiace che abbatano anche... o-oltre ad aver abbatuto noi stanno abbatendo anche i simboli della protesta […] Tui mi chiedevano «Eh ma vieni a vedere che butan giù...» Eh perché devo venire a veder cosa, spetacolarizzazione di una iaccola che viene butata giù? Non mi interessa andarlo a vedere capito... l'atenzione si sposta su chi, su me, su Lucio, qualcuno... che vedono la loro iaccola... cedere? Non mi interessa... non mi interessa 'sta roba qua. A me dà molto più fasidio chi do-... e non è un fallimento dei lavoratori, è un fallimento della poliica!, che non ha saputo gesire la situazione e non ha saputo creare nuove risorse lavoraive all'interno del territorio. Punto!8

Anche Lucio ha passato molissimi anni nelle aziende di Porto Marghera: Disemo che mi, mi go inixia' a lavora', a lavorare negli anni '80 al petrolchimico, che non era il petrolchimico, era sempre un'azienda di Porto Marghera, l'Enichem Agricoltura, e go fato i ferilizzani chimici.9

Lucio e Nicoleta, come molte altre persone in quegli stessi anni, hanno iniziato a lavorare a Porto Marghera molto presto, e i decenni di permanenza entro il perimetro della zona industriale hanno determinato in modo neto la prospeiva da cui guardano alle vicende che hanno coinvolto la loro azienda e il desino delle produzioni chimiche in generale a Porto Marghera. Nicoleta mi ha raccontato che quando è uscita dalle scuole superiori il consiglio che tui le davano era quello di cercare di entrare nelle aziende di Porto Marghera, perché era un posto di lavoro sicuro, di quelli che i portano ino alla pensione e in cui i pagano anche uno sipendio giusto rispeto alla mansione che svolgi. Lucio, invece, ha cominciato a lavorare a 14 anni perché voleva essere

8 Ibid. Anche qui il corsivo è mio.

indipendente, e all'epoca andare a lavoro per emanciparsi era una possibilità molto praicata. L'impostazione che entrambi mi hanno raccontato di aver dato alle loro vite ha sicuramente condizionato anche la reazione alla noizia della possibilità del crollo di tute queste sicurezze.

Mi sinceramente non son mai stato innamorato della chimica: mi son andato a lavorar da giovane perché volevo senirme autonomo, libero... disemo che, il mio spirito xe sta' queo, proprio. E so' anda' nella chimica, e posso dire che xe sta' una storia di vita. Perchè, il petrolchimico era una cità. Con, con le varie professionalità, potevi crescere, perché facevo l'operaio semplice, lavoravo, fasevo... fasevo lavori […] che era normali, disemo... de bassa manovalanza. Poi dopo fasevo tecnico di laboratorio, anche ambientale...10

Qualche riga fa ho riportato una parte della mia chiacchierata con Lucio in cui mi diceva di non aver iniziato a lavorare al petrolchimico ma in un'azienda di ferilizzani di nome Enichem Agricoltura, mentre nell'ulimo brano lo stesso Lucio parlando del medesimo lavoro mi ha deto che «il petrolchimico era una cità». Questa apparente contraddizione si risolve facendo una rapida ma necessaria incursione nella storia della gesione del polo chimico industriale di Porto Marghera. La dicitura “il petrolchimico” dipende, secondo quanto ho potuto riscontrare in molte delle tesimonianze da me raccolte, dal fato che ad un certo punto della storia del polo quasi tui gli impiani preseni sul territorio sono stai uniicai soto il nome di uno stesso proprietario, cioè Montedison. È opportuno tornare ancora più indietro e trateggiare almeno a grandi linee la storia della proprietà degli impiani di Porto Marghera: questa analisi storica non ci permeterà tanto di trovare dei “colpevoli” nel processo di deindustrializzazione che ha portato alla chiusura delle fabbriche e della stessa Vinyls di Lucio e Nicoleta, quanto di comprendere qual è il processo che ha portato i miei interlocutori ad avere una certa opinione rispeto alla perdita del loro posto di lavoro, e da cui dipende il modo in cui loro stessi si sono posi nei confroni della citadinanza e della popolazione intera nel raccontare la loro vicenda.

Quando negli anni '50 è stata costruita la penisola petrolchimica, tramite l’imbonimento del terreno barenicolo con le colmate degli scari delle produzioni già esisteni (Chinello 1985), le prime grandi aziende a costruirvi sopra degli impiani furono Montecaini ed Edison. La prima era un'azienda chimica che esisteva già negli anni '20, ed è diventata fondamentale nel panorama nazionale delle produzioni chimiche non solo per il gran numero di stabilimeni e di addei che aveva, ma anche perché produceva il moplen, nome commerciale per indicare il polipropilene, per la cui sintesi Giulio Nata vinse il Premio Nobel per la Chimica nel 1963. Edison era invece impegnata nel setore dell'energia eletrica, e si trovò quindi a dover fronteggiare fra gli anni '50 e '60 la noizia della nazionalizzazione della produzione di tale fonte energeica: scelse di diversiicare le proprie produzioni ed aprì così una divisione chimica, la SICEdison (Società Italiana Chimica Edison), di cui alcune delle persone più anziane con cui ho parlato ancora si ricordano, dato che iniziò a costruire a Porto Marghera i propri impiani per la produzione del PVC, investendo quindi sul ciclo del cloro (Candiello 2009). Edison ricevete da parte dello stato degli enormi indennizzi a causa della nazionalizzazione della produzione dell'energia eletrica, perciò si ritrovò con dei grandi capitali da invesire. Grazie a questa disponibilità operò una fusione con la concorrente Montecaini, incorporandola inanziariamente nel 1966, anno in cui nacque la Montecaini-Edison. Dal 1969 queste due aziende andarono a comporre quello che diventerà il gigante della chimica italiana, la famosa Montedison protagonista delle memorie di moli abitani della zona di Marghera, che spesso mi hanno ripetuto che «Qui era tuto Montedison11

». Secondo la mia analisi, Montedison ha segnato una fase più psicologica che cronologica nei ricordi rispeto al lavoro e alla zona industriale: il periodo della Montedison corrisponde infai al picco di massima occupazione del polo industriale di Porto Marghera, in cui si registrano sime che vanno dalle 35.000 alle 45.000 persone fra operai e addei, più i lavoratori dell'indoto (Chinello 1985; Cerasi

11 Frase registrata spesso in conversazioni informali, oltre che ricorrente in varie forme in alcune delle interviste riportate.

2007). Il culmine di una fase di crescita veriginosa e sensibile ha quindi caraterizzato la memoria, portando spesso ad espandere i conini della Montedison, sia nel tempo, riferendo il nome Montedison a periodi in cui erano altre le aziende proprietarie degli impiani, sia nello spazio, chiamando “petrolchimico” tuto quello che faceva parte della zona industriale anche se non propriamente parte degli impiani legai alle produzioni petrolchimiche, come nel secondo stralcio di intervista di Lucio da cui siamo parii. La storia della Vinyls è ovviamente coinvolta in questo processo: i primi repari CV e gli impiani di polimerizzazione sono stai costruii a Porto Marghera negli anni '50 dalla suddeta SICEdison, e hanno poi cambiato proprietario a seconda delle manovre inanziare di compravendita ai verici delle aziende chimiche italiane. C'è anche un altro atore in questa storia, a cui ho accennato nel capitolo precedente parlando del ilm di Joris Ivens in cui compare lo stabilimento petrolchimico di Porto Marghera: si trata dell'ENI di Enrico Matei, azienda pubblica che come già speciicato si stava impegnando sul fronte della petrolchimica e che non dovete vedere di buon occhio la cosituzione fra il 1966 e il 1969 di un colosso chimico privato. Tant'è che ENI acquistò in borsa in da subito il 15% delle azioni Montedison: Luciano Gallino, in un libro che ripercorre la storia della chimica italiana initolato La scomparsa dell'Italia

industriale (Gallino 2003), interpreta e deinisce questa mossa inanziaria come una partecipazione

di controllo, e di fato l'Ente Nazionale Idrocarburi sarà un atore fondamentale nella storia della gesione degli impiani chimici. Un esempio del risultato di queste operazioni sono proprio gli impiani del ciclo del cloro di Porto Marghera: nel 1986, qualche anno prima che Nicoleta e Lucio cominciassero a lavorarci dentro, gli impiani vennero acquistai da EVC, European Vinyls Corporaion, una join venture olandese pariteica fra ICI12

ed Enichem, all’epoca la divisione chimica dell'ENI13

. Nel 2001 una nuova mulinazionale, Ineos, acquistò la metà delle azioni di EVC,

12 ICI sta per Imperial Chemical Industries, un'industria chimica britannica.

13 Enichem era la denominazione assunta nel 1983 dalla nuova azienda petrolchimica del gruppo ENI, che nel 1981 aveva assorbito le principali attività di ENIChimica S.P.A., la quale a sua volta aveva preso in carico le principali attività di quella che prima si chiamava ANIC (Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili).

diventando poi nel 2005 azionista unico: con questo passaggio gli impiani di Porto Marghera diventarono di proprietà di Ineos Vinyls Italia, e quasi da subito si pose la quesione della cessione degli impiani e degli atrii con ENI, che secondo il racconto di Nicoleta non ha permesso ai privai un'agevole ed autonoma gesione dello stabilimento. La storia della compravendita dal 2009 si intreccia a doppio ilo con le storie di vita dei lavoratori: alcuni di quesi avevano deciso di informarsi, di non rimanere passivi di fronte al rischio della perdita del posto di lavoro, e pretendevano di venire coinvoli nel processo decisionale rispeto al desino della produzione:

Siam passai ai tre commissari, dai tre commissari son cominciate le... il... i pellegrinaggi di pseudo-compratori! Da Ramco, mulinazionale araba, com'è arrivata è sparita nel giro di una seimana, ok? […] Dopo Ramco è arrivato GITA, il fondo GITA, franco-svizzero-russo, non abbiamo mai capito che fon, 'sto qua: invesiamo 100 milioni di euro. Bene!, tui conteni, nel fratempo noi proteste, su delle iaccole, sciopero della fame, insomma, ne trovi di ogni che ne abbiamo fate, ne trovi di ogni. Questo fondo svizzero, sparito anche questo. Dopodichè si farà avani... sì, nel framezzo c'era sempre... sembrava che qualcuno fosse interessato, dopo no, l'Oleiicio Medio Piave, della famiglia Dal Sasso, che la produzione di olio di semi di girasole a Fontanelle di Oderzo14

[…] Tante cose si potevano... beh, se non recuperare comunque riadatare per poi essere recuperate! Quindi ci hanno preso in giro noi dal duemila e nove ino al duemilaquatordici.15

A causa della gravità della situazione, i lavoratori della Vinyls hanno deciso quindi di lanciare un segnale forte di protesta. I primi tentaivi sono stai un po' più “tradizionali”: occupazione della Romea16

, blocco dell'ingresso principale a tui gli impiani del petrolchimico, la Porineria 9 in via della Chimica, sciopero della fame. A un certo punto però qualcuno ha pensato a un ipo di protesta diverso, di una ipologia più aine a quelle portate avani dai colleghi della Vinyls di Porto Torres: salire sulla torcia più alta dell'impianto, la torre CV24.

Disemo che, che tuto questo xe queo che me ga fato reagire, da un'ingiusizia. Perché te sai dopo... lo gavemo sul DNA, ognuno ga il modo... chi se rassegna, chi che invese reagisce... disemo quando che savevimo de 'sto fallimento, quando eravamo consapevoli

14 Un piccolo paese in provincia di Treviso. 15 Intervista a Nicoletta, 19 luglio 2017.

che ormai c'era una ine, però lotavimo per avere una prospeiva, di gesione dei lavoratori. Quando che xe arriva' el discorso delle letere di cassaintegrazione, mi e n'altro semo andai sulla iaccola, sulla torre la prima volta.17

Nicoleta: Che la gente deve sapere, allora, il fato della iaccola, andar su a 150 metri, as-... tu pensa, il campanile di San Marco è alto 100 metri […] Cima del campanile. Noi eravamo a 150 metri. Quindi, altro metà campanile sopra. Che la iaccola è 176/180 metri, l'altezza della iaccola, eravamo a due terzi della iaccola noi praicamente, dove si poteva metere una tenda, abbiam messo la tenda e ci