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CAPITOLO II LA QUALITA’ IN BANCA

2.3 LE ATTESE DI QUALITA’ E GLI AGENTI DI DEQUALITA’

Le recenti tendenze evolutive del mercato hanno indotto che le aziende di servizi a modificare il loro comportamento: l’estrema frammentazione della domanda e le esigenze fortemente differenziate fra un individuo e l’altro, anche in relazione allo stesso bisogno, portano spesso il singolo cliente a divenire l’interlocutore principale dell’impresa. Le aziende di servizi, hanno sempre puntato ad offrire un output personalizzato, in altre parole, ad offrire esattamente il servizio che ogni cliente desidera e di cui ha bisogno. Tuttavia le aspettative dei consumatori sono aumentate: in un’ottica di qualità le banche sono sempre più chiamate a focalizzare l’attenzione in quelle attività che, meglio di altre, sono in grado di soddisfare i propri utenti. Per far ciò, è importante che ogni banca conosca a fondo il mercato a cui fa riferimento. Un primo importante aspetto da analizzare, al fine di determinare quali siano le attese di qualità degli utenti del sistema bancario, è quello di comprendere come il cliente definisca il concetto di qualità del servizio bancario, quali siano i fattori che lo individuano e quali esigenze vengano espresse nei confronti del suddetto servizio. Secondo De Grandi, Di Fusco e Mortara, occorre, prima di tutto, fare una distinzione tra clienti deboli e clienti forti in base ai seguenti criteri:

− il livello di conoscenza circa la banca; − l’intensità degli scambi con la banca;

− il profilo emotivo-simbolico del rapporto con la banca; − il tipo di esigenze bancarie.

Dal punto di vista di questa differenziazione i clienti cosiddetti “deboli” mostrano un basso livello di conoscenze della banca in generale (organizzazione, servizi e funzioni) a livello relazionale, intrattengono scambi poco frequenti con la banca, delegando sovente ad altri, lo svolgimento di particolari operazioni oppure la presa di specifiche decisioni; potremmo definire questa categoria come clienti tendenzialmente passivi. Sul piano emotivo simbolico, per di più, vivono

spesso sentimenti di inferiorità, di soggezione e di disagio nei confronti della banca. Le loro esigenze sono poche dal punto di vista contenutistico, ma elevate, intense e prioritarie per quanto riguarda il rapporto relazionale con la banca. Il denaro è da loro concepito come un bene da risparmiare, da proteggere ed eventualmente accrescere. Il modello indicato è quello arcaico, del gruzzolo da vedere, salvaguardare e toccare64. E’ prevalente, altresì, l’immagine tradizionale della banca come collettore di risparmio, “grande cassaforte”, “protezione dai ladri”. La banca è vissuta contraddittoriamente come:

− fondamentalmente sana, giusta nelle sue regole di base,

− al servizio dei cittadini, funzione questa in qualche modo sociale, ma anche come:

− avida ed esosa in quanto se è indispensabile a tutti, se svolge un servizio in qualche modo sociale allora non è giusto che esiga costi elevati;

− ingiusta verso i clienti meno ricchi, a cui applica condizioni non vantaggiose;

− tirchia;

− acefala: i vertici sono sconosciuti, anonimi, non interessati ai clienti con poco potere economico;

− furba, calcolatrice, perché sa far bene i propri interessi.

Per i clienti deboli, la banca viene scelta perché comoda, vicina a casa per esempio o al posto di lavoro, oppure perché è la banca di famiglia, o ancora perché vi è accreditato lo stipendio su iniziativa del datore di lavoro65.

Dalla descrizione di questo target di clientela è facile intuire che criteri come la valutazione delle condizioni economiche (tassi di interesse condizioni praticate ed eventuali agevolazioni, la valutazione dell’adeguatezza a bisogni specifici,

64 Ibidem.

65 De Grandi C., Di Fusco E., Mortasa E., “La qualità in banca le politiche di miglioramento dei servizi

tipo di servizi utili) appaiono in un ordine di interesse secondario, o meglio ancora, talvolta, non sono affatto considerati.

Pertanto, è auspicabile che molto raramente operino un confronto tra banche per scegliere quella che sarà poi la propria, piuttosto basano la loro decisione sul “sentito dire”, su consigli di parenti o amici. In queste circostanze, la relazione che viene ad instaurasi tra banca e cliente debole è scandita da un rapporto di inerzia, e ciò si traduce in di una fidelizzazione passiva garantita in negativo dalla fatica di cercare un’altra banca. Ancora secondo lo studio di De Grandi, Di Fusco, Mortara i clienti “forti”, invece esprimono:

− un livello cognitivo, medio o elevato di conoscenze circa l’organizzazione bancaria in generale;

− a livello relazionale, rapporti intensi e frequenti con la banca, spesso, ma non sempre per necessità di lavoro,

− sul piano emotivo- simbolico, sentimenti di parità, di forza contrattuale, di poter entrare in gioco nei confronti della banca in modo abbastanza attivo. Le esigenze bancarie, di questo segmento di clientela, sono elevate e spesso precise dal punto di vista contenutistico- tecnico e quello consulenziale. Il denaro rappresenta un valore astratto, da far fruttare, da riprodurre, attraverso dinamismi, scelte e rischi.

La banca è considerata una necessità per tutti, a maggior ragione per coloro che svolgono attività lavorative in proprio, per i quali diventa indispensabile, addirittura obbligatoria oltre un certo volume di affari. Per le piccole medie imprese è anche una presenza costante che può essere un aiuto o anche un ostacolo al lavoro. In questo caso, la banca viene scelta in base a valutazioni di convenienza dei parametri economici, si fanno confronti sui tassi di interesse sulle condizioni praticate sui servizi offerti, sulle concessioni dei prestiti e altro, solo secondariamente sui fattori di comodità e cortesia.

Le piccole imprese, i commercianti, le medie imprese, lavorano con una o più banche il cui numero aumenta al crescere del volume di affari e di cui scelgono criticamente i servizi più vantaggiosi. Conseguentemente, la fidelizzazione del

rapporto è funzione del mantenimento di prestazioni adeguate e di condizioni convenienti.

Un altro aspetto molto interessante da osservare è come il cliente percepisce la qualità, ovverosia, le impressioni dei clienti, sia di quelli acquisiti sia di quelli potenziali.

Non sorprende la mancanza di uno studio completo ed esaustivo su questo argomento determinato dalla difficoltà di quantificare oggettivamente delle impressioni che, in quanto tali, sono soggette a vulnerabilità e ad una difficile catalogazione precisa. Tuttavia, si rivela centrale una conoscenza anche sommaria dell’argomento, dal momento che ogni istituzione bancaria gioca la sfida della sua competitività riconoscendo il ruolo focale della soddisfazione del cliente quale protagonista assoluto per indirizzare scelte che si rivelino vincenti. Tali studi contengono molti dati interessanti, ma non operano una classificazione delle banche in base alle caratteristiche significative. Perciò, per farsi un’idea su una determinata caratteristica come ad esempio la qualità del servizio, bisogna considerare le varie tipologie di domande l’argomento.66 I dirigenti d’impresa, che possiamo considerare secondo la precedente suddivisione dei clienti forti, valutano una banca in base alla capacità di soddisfare le proprie esigenze, mediante diversi aspetti come: la flessibilità del servizio offerto, operazioni di credito e servizi parabancari; la qualità degli operatori; il grado di interesse dimostrato dalla banca nei confronti della loro società. Le ragioni per cui per un’azienda una banca diviene più importanti di altre sono, nell’ordine:

− l’ammontare di credito interno messo a disposizione; − il livello di servizi di gestione di cassa;

− la professionalità degli operatori.

Al contrario una banca diviene meno importante per: − disattenzione degli operatori;

66. De Grandi C., Di Fusco E., Mortasa E., “La qualità in banca le politiche di miglioramento dei servizi

− troppi errori operativi;

− bassa professionalità degli operatori.

Si può osservare, che l’ampiezza e la flessibilità dei servizi offerti occupano il primo posto al momento della scelta di una banca, in particolare quando si deve valutare se mantenere od intensificare i rapporti con la stessa. Quando si riduce o cessa il rapporto i motivi principali sono generalmente l’incapacità degli operatori o gli alti tassi di errore. In base a tale studio emerge che le caratteristiche di qualità per cui si contraddistingue un buon operatore sono la tempestività di risposta, l’esperienza, la conoscenza e il tempo dedicato all’operazione. Un mezzo che si rivela particolarmente efficace, a cui solitamente viene fatto ricorso per ottenere informazioni sulla qualità fornita da una banca alla propria clientela, è l’indagine condotta da “finti clienti” (shopping study), ovvero, da ricercatori specializzati che si fingono clienti e documentano le loro impressioni su prodotti e servizi con particolare attenzione alla capacità, dimostrate dai direttori di banca, cassieri e segreterie. Le prestazioni osservate, sono poi confrontate con i risultati di studi simili condotte in altre banche e con quelli di studi anteriori, viene, quindi, svolto un confronto nel tempo e nello spazio per stilare un risultato della qualità praticata nelle banche analizzate. E’ evidente che la variabile qualità rappresenta oggi, più che in passato, un elemento decisivo nella valutazione, da parte dei clienti acquisiti e potenziali, di una banca, perciò se si vuol migliorare la propria posizione sul mercato è necessario rivolgere una continua e crescente attenzione a questa variabile, che è divenuta un importante fattore critico di successo67.

Al fine di raggiungere una conoscenza esaustiva del rapporto qualità banca cliente è necessari rivolgere le dovute attenzioni anche agli elementi di dequalità che gli utenti individuano nella banca e che, di fatto, sono riconducibili alla mancanza di contatto tra le parti e all’idea di esclusione. Quest’ultima è prodotta ed alimentata da fattori come: l’ambiente fisico e gli spazi interni della banca, il rapporto umano e la comunicazione. Da quanto emerge dagli studi effettuati da

De Grandi, Di Fusco e Mortara, l’idea di esclusione è determinata non dall’immagine di un’azienda ma principalmente da elementi fisico ambientali propri di ciascuna banca. Concretamente l’idea di esclusione affiora meno nel rapporto con le banche di minori dimensioni, e ciò fa ritenere che una migliore qualità percepita, non dipenda necessariamente da un’immagine di azienda “forte”.

Soffermando brevemente l’attenzione sulle cause che determinano la sensazione di esclusione, talvolta percepita dagli utenti nei confronti della propria banca, si identificano nell’elemento ambiente e negli spazi interni alla banca due possibili fattori scatenanti su detto sentimento. Esso con la struttura fisica della banca, in genere, esprimono e materializzano tutte le barriere che l’immagine dell’istituto rievoca. Concretamente sono limitazioni che evocano un’immagine di distacco dalla banca, sentite psicologicamente escludenti o come delimitanti il contatto68. In particolare si fa riferimento alle doppie porte di vetro con il controllo elettronico, le quali, vengano individuate come elementi di protezione e sicurezza, non mancano di generare sensazioni di diffidenza e di esclusione: le barriere fisiche divengono barriere mentali di inaccessibilità e in un certo senso spezzano il rapporto di continuità e di fluidità comunicativa tra cliente ed istituzione bancaria.

Questo esempio apparentemente insignificante, si rivela fondamentale per comprendere il difficile e poliedrico rapporto tra banca e cliente e le innumerevoli variabili che possono influenzare gli esiti di ogni scelta strategica mirante a soddisfare le esigenze del cliente.

Attraverso esse, infatti, la banca protegge i clienti e se stessa da estranei non sempre e necessariamente rapinatori. Un ulteriore elemento da considerare come motivo scatenante di sensazioni di distacco è la disposizione e la concezione stessa dello spazio riservato al pubblico.

La sala per il pubblico, è percepita come luogo di passaggio, di permanenza provvisoria, quasi una terra di nessuno soprattutto se non si sa subito in quale

68 De Grandi C., Di Fusco E., Mortasa E., “La qualità in banca le politiche di miglioramento dei servizi

direzione dirigersi ed induce spesso un senso di freddezza e spersonalizzazione. E’ uno spazio, che sembra concepito solo per una disposizione delle persone in coda, in attesa del proprio turno, anche se si tratta di un salone grande e lussuoso nell’arredamento.

Quello che sembra mancare nell’attuale concezione dei locali delle banche, è la sensazione di accoglienza il sentirsi semplicemente accolti entro la banca e non unicamente in attesa di qualcosa o di qualcuno, in un ambiente organizzato per la presenza permanenza del cliente. Il bancone, talvolta ancora protetto dal vetro che impedisce persino il contatto acustico, appare come la barriera più densa di significati, quella più emblematica: delimitazione tra il dentro e il fuori, tra il mondo del denaro i suoi addetti e le sue leggi talvolta estranee e misteriose per il mondo esterno, quotidiano e familiare. Anziché, un’opportunità di contatto, diviene la concretizzazione del diaframma tra il cliente e l’impiegato. Il retrosportello, infine, appare come luogo inaccessibile, e popolato da persone che non accetterebbero mai di comunicare con il pubblico. In realtà le banche non si sono spesso poste il problema in quest’ottica perché considerano il retosportello come un’appendice amministrativa, ma in realtà questo può costituire una sorta di “finestra sul laboratorio”, nel quale si confeziona il prodotto servizio che sarà poi venduto allo sportello. Gli uffici, sia che si trovino ai piani superiori che al di là dei banconi sono percepiti come luogo inaccessibile, che si entra solo dopo aver superato una serie di trafile e filtri successivi, se si hanno problemi particolari o si è clienti privilegiati. Anche se questi possono apparire, in un primo momento, elementi non basilari, o comunque meno importanti di altri, nell’instaurare un sereno rapporto con la clientela, in realtà l’ambiente fisico in cui viene accolto il cliente, rappresenta un fattore basilare nel determinare una buona relazione tra la banca e i suoi utenti. Un accesso più informale e facilitato, infatti, è visto come un segnale di riconoscimento di un rapporto più personalizzato e individuale con la banca stessa: quasi un attestato di fedeltà o di merito a chi nel corso degli anni, è riuscito ad instaurare, un rapporto personale con le varie gerarchie dell’ufficio, oltrepassando la barriera dell’anonimato.

Anche nel rapporto interpersonale con i dipendenti della banca si riproducono ai vari livelli alcune barriere fisiche di esclusione attribuite alla struttura gerarchica bancaria piramidale: dall’accesso libero agli impiegati di sportello, all’esclusione selettiva nei rapporti con i funzionari, fino all’ultima barriera, l’accesso al direttore. Gli impiegati pur essendo raramente indisponibili e scortesi sono percepiti come freddi, distaccati disponibili solo formalmente: non danno mai segno di riconoscerti, nel loro ruolo operativo fanno spesso sentire l’utente inadeguato trattando con superiorità e facendo pesare al loro competenza. Si rileva correntemente che danno informazioni scarse oppure poco comprensibili, tendono a scoraggiare o ad evadere dai problemi più complessi, talvolta comportandosi in maniera indifferente, oppure dimostrando una preparazione molto settoriale, e limitata alla loro funzione specifica.

Altro elemento molto importante da considerare è la frequente rotazione nelle diverse funzioni o fra diverse filiali del personale stesso che costituisce un ulteriore ostacolo al processo di avvicinamento riconoscimento se non altro da parte dell’utente: “visto che loro non mi riconoscono posso rivolgermi sempre allo stesso impiegato con qualche possibilità in più”69.

E’ inoltre diffusa l’idea di un trattamento discriminante, di un diverso comportamento degli impiegati, con qualche cliente più importante, conosciuto o raccomandato. La barriera della freddezza e dell’anonimato verrebbe allora usata, in modo selettivo e discriminatorio: il trattamento gentile e personalizzato, desiderato da tutti, verrebbe riservato solo a pochi utenti, immaginati come grossi utenti, con un cospicuo conto, oppure come amici egli impiegati, dei funzionari o del direttore.

Il non essere riconosciuti e presi in considerazione in banca, assume significati diversi, se lo guardiamo dagli occhi dei piccoli utenti, conferma e rinforza il senso di inferiorità e inadeguatezza, mentre per i medi grandi utenti, ribadisce la distanza tra i propri bisogni e la disponibilità e capacità della banca a soddisfare gli stessi. Quindi a proposito del rapporto umano con la banca, si parla di timore vergogna, senso di inferiorità ed inadeguatezza quando prevalgono l’accettazione

e la rassegnazione (utenti deboli); oppure di rabbia, tensione, frustrazione (utenti forti).

Difficilmente si parla di scortesia, ma è spesso latente l’idea di un rapporto ostile, antagonistico tra il personale e l’utente: l’assenza di contatto si trasforma allora in opposizione, conflittualità e la relazione assume connotati di scontro.

Gli effetti di un rapporto più personale con gli impiegati della banca sono di rassicurazione, eliminando la reciproca diffidenza, di gratificazione, rendendo più piacevole e meno faticosa l’idea di andare in banca, di attenuazione delle sensazioni di inferiorità e inadeguatezza, compensando sul piano del rapporto personale, lo squilibrio nel rapporto con la banca. Questo desiderio presente in tutti gli utenti, assume significati diversi:

− per il piccolo utente, quello di ottenere un appoggio minimo, una piccola protezione all’interno della banca: il rapporto personale si connota soprattutto come gentilezza e aiuto nel fare operazioni, sollecitare nell’abbreviare i tempi, qualche consiglio nel caso del bisogno, disponibilità generica nel dare informazioni, es. offerta garbata di aiuto a compilare le distinte o altre carte;

− per il medi grande utente, invece poter accedere ad un uso più ampio ed elastico dei servizi bancari, ottenere consulenze ed informazioni specifiche, usufruire di un atteggiamento positivo e di offerta selettiva, fare proposte su misura, dare un consiglio per ottenere un mutuo.

Anche da questo punto di vista l’immagine del mondo bancario appare tendenzialmente indifferenziata, o meglio le differenze tra una banca e l’altra tendono ad essere lette come differenze di situazione particolare e individuale, come caso specifico, più che come risultato di diverse politiche o scelte aziendali.

Ultimo fenomeno da considerare al riguardo è la comunicazione. Il linguaggio bancario è spesso soggetto forti critiche, è considerato non adeguato, non rivolto all’utente, volutamente oscuro, per filtrare e controllare le informazioni e disattivare le possibilità di scelta del cliente, o più semplicemente per scarsa

considerazione del livello cognitivo tecnico e dei bisogni informativi dell’utenza. In particolare, si ritiene che la banca ignori o sottovaluti ampliamente alcuni problemi tecnici, quali:

− tradurre il linguaggio tecnico in modo chiaro ed accessibile per il comune cittadini;

− far arrivare in tempo utile all’utente le informazioni e le notizie che possono riguardarlo;

− promuovere la crescita delle competenze con il cliente, anche attraverso un’azione esplicativa, didattica, formativa, finalizzata ad una loro relativa autonomizzazione.

Le difficoltà di comunicazione comportano: il rafforzamento dei comportamenti di esclusione, ingiustizia, impotenza, da parte dei piccoli utenti, rabbia e frustrazione per la perdita di tempo da parte dei medi e forti utenti. Inoltre la carenza e l’oscurità delle informazioni relative ai tassi alle trattenute alle spese delle operazioni, ai costi dei servizi, al rapporto tra tempi di accrediti e di addebiti determina l’idea che tutte le banche siano uguali e rafforza il vissuto di una reale mancanza di scelta. Se il cliente non sa, o ritiene di non poter sapere cosa esattamente la banca dà e cosa esattamente prende, diritti e garanzie sono a senso unico, si tratta di un rapporto già alla base fondato sul non rispetto della reciprocità.

Mentre il disagio e gli ostacoli derivanti dall’assenza di un rapporto personale, non inducono a cambiare banca, il problema della comunicazione delle carenze a livello informativo, può indurre all’abbandono al cambiamento di istituti di credito, o quanto meno a forti tensioni nei confronti della propria banca. L’utente sembra molto sensibile, a tentativi anche minimi di informare di far comprendere da parte della banca situazioni poco chiare o comprensibili, che si possono essere formate durante lo svolgimento del rapporto. Il fatto che la banca invii spontaneamente notizie e messaggi, anche dei semplici mailing personalizzati, che prenda cioè l’iniziativa di comunicare direttamente, viene percepito come un segnale di riconoscimento importante: indice di attenzione del desiderio/ volontà

della banca di mantenere e attivare il rapporto con la clientela, che smentisce la sua immagine di negativa di estraneità e indifferenza.