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Attivismo della magistratura amministrativa in ambito di attribuzione del cognome materno

Il diritto al nome nella giurisprudenza italiana

4. La tutela dell’identità personale e il diritto al nome: ruolo della giustizia amministrativa

4.1. Attivismo della magistratura amministrativa in ambito di attribuzione del cognome materno

La magistratura amministrativa ha spesso tutelato l’interesse del figlio ad acquistare il cognome materno, potendosi affermare che esista un riconosciuto interesse legittimo al cambiamento del cognome e all’aggiunta di quello materno al paterno in presenza di fondate ragioni di carattere familiare, sociale e economico ed affettivo.

La normativa di riferimento per quanto riguarda il cambiamento del patronimico era in passato regolata dagli articoli 153 e ss. del R. D. 1238 del 1939118, dove si prevedeva un procedimento in cui era

necessario presentare domanda al Capo dello Stato, il quale a seguito di una istruttoria svolta dal Ministro della Giustizia, provvedeva a concedere, in caso di esito positivo, l'autorizzazione tramite decreto. Successivamente questa norma venne regolata con gli articoli 84 e ss. del D.P.R. n. 396/2000 e, ad oggi, a seguito di una modifica intervenuta con il D.P.R. n. 54/2012, è regolata dagli articoli 89 e ss. del D.P.R. n. 396/2000. Tali articoli di riferimento sono rimasti inalterati nonostante le modifiche apportate dal D.LGS. 5/2017.

Nel corso degli anni la magistratura amministrativa ha accolto molto frequentemente richieste di modifiche o cambiamenti del nome. Già nei primi anni ottanta119 il Consiglio di Stato, ai sensi dell’articolo

158, r. d. l. 9 luglio 1939 n. 1238, pone il divieto di aggiunta al proprio cognome di un altro cognome che abbia importanza storica o appartenga a famiglia illustre o nota, con la quale il richiedente non abbia alcun rapporto; ma, nello stesso tempo, sostiene che non sussiste divieto nel caso in cui il richiedente chieda di aggiungere al

118 R.D. 09/07/1939, n. 1238; Ordinamento dello stato civile. Pubblicato nella Gazz. Uff.

1° settembre 1939, n. 204, S.O. ed emanato in virtù della delega conferita con la L. 30 dicembre 1923, n. 2814 e con l'art. 3, L. 24 dicembre 1925, n. 2260.

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proprio cognome quello della madre, con il quale era conosciuto sin dalla giovane età.

Nel 1988120 i tribunali amministrativi regionali, invece, dichiararono

l’illegittimità di provvedimenti che negavano la richiesta di mutamento del cognome per il solo fatto che non vi sia un rapporto di parentela o similare tra l'interessato all'aggiunta del cognome e il titolare del cognome da aggiungere.

Alla fine degli anni novanta si giunse ad affermazioni molto incisive da parte del Consiglio di Stato, il quale affermava che « le richieste di aggiunta del cognome al proprio non incidono negativamente sull’identificazione delle persone e non generano pericolo di confusione», e che trattasi di un provvedimento di natura discrezionale a mezzo del quale si autorizza o si nega l’aggiunta di un cognome a seguito di una valutazione degli interessi sia pubblici, facendo in modo che i cognomi siano stabili nel tempo, sia privati dove il richiedente potrà fondare le sue ragioni su basi morali, economiche, familiari e affettive121.

Anche in anni più recenti la giustizia amministrativa non si è discostata dall’orientamento delineato.

L’autorità amministrativa dichiara illegittimo il rifiuto all’aggiunta del cognome materno, in quanto tale aggiunta comporterebbe un’ evidente esplicazione della provenienza familiare122.

Un altro parere molto importante dal Consiglio di Stato è stato il n. 515 del 17 marzo 2004, con il quale viene legittimata la possibilità di sostituire il cognome paterno con quello materno, poiché il procedimento di cui all’articolo 84 e ss. del D.P.R. 396/2000 (ad oggi regolato dall’articolo 89 del medesimo decreto) consente il cambiamento o l’aggiunta di un altro cognome al proprio senza la necessità di condizioni che devono esistere perché il giudice possa decidere nel merito la causa ma solo di presupposti negativi come il

120 T.A.R. Liguria, 11-04-1988, n. 287, in Nuova Giur. Civ., 1989, I, 275.

121 Cons. Stato Sez. IV, 04-10-1999, n. 1510, in Foro Amm., 1999, 2045; Cons. Stato Sez. III, 09-02-

1999, n. 1056, in Cons. Stato, 1999, 1, 1282; Cons. Stato Sez. IV, 26-06-2002, n. 3533, in Foro

Amm. CDS, 2002, 1423.

122 Cons. Stato Sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2574; T.A.R. Liguria Genova Sez. I, 13gennaio 2012, n. 57,

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rigetto dell’istanza avanzata dal singolo laddove la stessa chieda « l’attribuzione di un cognome di importanza storica o comunque tale da indurre in errore circa l’appartenenza del richiedente a famiglie illustri ».

I giudici amministrativi perciò, da un lato esprimono un elemento propulsivo nei confronti del legislatore, dei giudici comuni e degli ufficiali di stato civili in merito all’accoglimento delle istanze di attribuzione del cognome materno, dall’altro invece rappresentano un paradosso123 poiché, mentre alla nascita è imposto il cognome

paterno, ex post è possibile cambiare o aggiungere quello materno anche anteponendolo.

Il paradosso risiede nel fatto che un bambino alla nascita non possiede una propria identità personale nella comunità sociale, identità che invece si presuppone già ben delineata quando si chiede il cambiamento o l’aggiunta del cognome materno a quello paterno ai sensi dell’articoli 89 e ss. del D.P.R. 396/2000.

E’ interessante analizzare tre recenti pronunce aventi al oggetto la richiesta del cambio del cognome.

Nella prima, in tema di attribuzione del cognome ai figli naturali, è interessante l’esame del decreto emesso il 10 gennaio 2011 dal Trib. min. di Milano124 avente ad oggetto la richiesta di un padre naturale

di tre figli di quattordici, tredici e dodici anni, d’intesa con la compagna, di riconoscimento e contestuale attribuzione del proprio cognome in luogo di quello materno.

Il Tribunale respingeva le richieste dell’uomo sulla base (e qui sta uno degli elementi di novità) del principio dell’affidamento condiviso dei figli di cui all’art. 155 della legge n. 54/2006, che garantisce il mantenimento di rapporti significativi dei figli nei confronti di entrambi i rami genitoriali decidendo così per l’attribuzione di entrambi i cognomi con l’anteposizione di quello paterno a quello materno (e questo è l’altro elemento di novità).

In tal modo il giudice milanese supera il favor per il patronimico.

123 C.Battiato, Il cognome materno alla luce della recente sentenza della Corte Europea dei Diritti

dell’Uomo, op.cit., 11.

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La decisione merita altresì di essere segnalata perché, dopo aver ricordato la sussistenza nel nostro sistema della regola implicita sul patronimico, afferma, seguendo il principio individuato dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, 31 maggio 1989, n. 7171) che «il Giudice avrebbe il potere e il dovere di dare di simili norme una nuova interpretazione, più consona all’evoluzione del complesso normativo, sempre tenendo ben presente l’interesse del minore» e che la scelta del doppio cognome, alla stregua degli orientamenti fatti propri dalla giurisprudenza amministrativa, pare la più corretta alla luce del panorama sovranazionale e della recente normativa in materia di affido condiviso.

In conclusione, il collegio, considerato intrinseco il principio di parità tra uomo e donna, nonché quello di condivisione delle responsabilità genitoriali di entrambe le parti, ha ritenuto «costituzionalmente dubbia la regola del cognome patrilineare nella filiazione legittima, non dirimente la dichiarata volontà dei genitori nella scelta del cognome da attribuire ai figli naturali, auspicabile ed in linea con la novella della L. 54/2006 la necessità che il minore si riconosca ed abbia rapporti con entrambi i rami familiari - e ciò alla base di fornirgli uno strumento ulteriore nella acquisizione di una identità personale quanto più piena possibile, di cui il diritto al nome rappresenta l’elemento socialmente più evidente – il Collegio conclusivamente ritiene che i figli debbano conservare il cognome della madre cui va aggiunto quello paterno»125.

Un’altra sentenza recente è stata quella del T.A.R. Friuli Venezia Giulia del 30 giugno 2017 n.233126 in cui viene dichiarata l’illegittimità

del provvedimento con il quale il Prefetto di Udine ha rigettato la domanda di cambiamento del cognome di una bambina presentata dai genitori.

125 Trib. min. Milano, decreto del 10 gennaio 2011; R.Villani, L’attribuzione del doppio cognome ai

figli (naturali, nel caso di specie, ma, in realtà, anche legittimi) quale strumento per salvaguardare la relazione tra i nati e i rami familiari di ciascun genitore?, in La nuova Giurisprudenza civile

Commentata, 2011, I, 680.

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I ricorrenti, pochi giorni dopo la sua nascita, chiedono che il cognome paterno «"P." fosse cambiato con quello materno "G.", perché: "trattasi di cognome palesemente ridicolo, fonte di scherni e umiliazioni pubbliche nel sottoscritto scrivente padre in età scolare (e non solo), con conseguenti soprannomi (babbuino, scimpanzé ecc) e causa di frequenti fenomeni di bullismo. Cosa ancor più sofferta da mia sorella in quanto donna. Chiedo quindi il cambio del cognome di nostra figlia con quello di mia moglie per evitarle questa inutile sofferenza».

La richiesta veniva rigettata, con l'atto oggetto della presente impugnazione, sulla base delle seguenti considerazioni: la prima motivazione risiede nel fatto che il cognome “P.” non sarebbe palesemente ridicolo in quanto molto diffuso, e che i genitori agiscono per un mero timore non suffragato da elementi fattuali. La seconda motivazione si fonda sul fatto che il cambiamento del cognome della minore dovrebbe essere la conseguenza del cambio di cognome del genitore che glielo attribuisce; la terza motivazione sul fatto che la cuginetta convivente ha invece mantenuto tale cognome e le modificazioni del cognome rivestirebbero carattere eccezionale e sarebbero ammesse, anche in considerazione dell'impatto che hanno sull'attività della pubblica amministrazione, esclusivamente in presenza di situazioni oggettivamente rilevanti con congrua motivazione e documentazione.

Il quadro normativo relativo all'ordinamento di stato civile prevede quindi un ampio riconoscimento della facoltà di cambiare il proprio cognome, a fronte del quale la sfera di discrezionalità riservata alla Pubblica Amministrazione dovrebbe intendersi circoscritta alla individuazione di puntuali ragioni di pubblico interesse che giustifichino il sacrificio dell'interesse privato del soggetto al cambiamento del proprio cognome, ritenuto anch'esso meritevole di tutela dall'ordinamento, come chiarito anche nella circolare del Ministero dell'Interno n. 14 del 13 marzo 2012.

L'amministrazione si è costituita nel corso della discussione orale in camera di consiglio ed ha optato per il rigetto del ricorso.

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Il Collegio ritiene di condividere l'interpretazione dell' articolo 89 del D.P.R. n. 396 del 2000 - vale a dire la normativa di riferimento, offerta da TAR Puglia - Lecce sez 1^ n. 1046/2017, secondo cui "[...] per condivisa giurisprudenza amministrativa, "Il legislatore non limita la possibilità di richiedere il cambiamento del nome a ipotesi specifiche, citando a titolo meramente esemplificativo le ipotesi del norme "ridicolo o vergognoso" o capace di "rivelare l'origine naturale" dell'interessato; l'unico ostacolo predeterminato in termini vincolati dal legislatore è rappresentato dal fatto che non può essere richiesta l'attribuzione di cognomi di importanza storica o comunque tali da indurre in errore circa l'appartenenza del richiedente a famiglie illustri o particolarmente note nel luogo in cui si trova l'atto di nascita del richiedente o nel luogo di sua residenza"127.

Ne consegue che l'Amministrazione non è titolare di una potestà discrezionale in senso "classico", il cui esercizio debba quindi concludersi con la ponderazione dell'interesse privato con quello pubblico, venendo piuttosto in evidenza soltanto l'esigenza di una verifica della serietà del fatto e dei connessi motivi di rilievo anche morale dell'istanza.

Il Collegio rileva che, nel caso di specie, a fronte di un'istanza in cui il padre della piccola esponeva il proprio timore che il mantenimento del suo cognome le facesse subire gli stessi maltrattamenti psicologici da lui subiti e che hanno evidentemente lasciato uno strascico che si protrae anche nella sua vita adulta, il diniego prefettizio si attesta sul carattere eccezionale dell'ipotesi di cambiamento di cognome e sulla necessaria ricorrenza di "situazioni oggettivamente rilevanti, supportate da adeguata e pregnante documentazione e da solide e significative motivazioni", liquidando il timore paterno di una ricorrenza degli atti di bullismo da lui a suo tempo subiti come "non suffragato da oggettivi elementi fattuali" , senza addurre alcuno specifico e contrastante interesse pubblico di tale pregnanza da imporre di sacrificare quello della parte richiedente e senza

127 Su tale questione di vedano anche: TAR Sardegna, I, 20 maggio 2016, n. 445; TAR Lombardia, I,

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apparentemente neppure considerare come il cognome con riguardo al quale si richiede la modifica viene chiesto il cambiamento è quello della madre.

Si esclude quindi, chiarisce il T.A.R. del Friuli Venezia Giulia, che spetti al Prefetto una potestà discrezionale in senso “classico”, essendo semmai titolare di una discrezionalità limitata «circoscritta alla individuazione di puntuali ragioni di pubblico interesse che giustifichino il sacrificio dell’interesse privato del soggetto al cambiamento del proprio nome, ritenuto anch’esso meritevole di tutela dall’ordinamento ».

Nell’ultima sentenza in analisi, la n. 16 del 3 gennaio 2018128, il T.A.R.

dell’Umbria ritiene che la domanda di mutamento del cognome, pervenuta dalla ricorrente la quale manifesta il desiderio della di far riconoscere pubblicamente la propria appartenenza alla famiglia naturale, oltre che per le cause tassative indicate dalla legge, può essere motivata anche da intenti soggettivi ed atipici, purché meritevoli di tutela e non contrastanti con il pubblico interesse alla stabilità e certezza degli elementi identificativi della persona e del suo status giuridico e sociale e non può essere respinta per il solo fatto che non vi sia un rapporto di parentela o similare tra l'interessato alla modificazione del cognome e il titolare del cognome.

4.2. Iter burocratico per le modificazioni del nome o del cognome ai

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