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Diritto al rispetto della vita privata e familiare: analisi del caso Burghartz contro lo Stato svizzero

Rapporto tra diritto all’identità personale e diritto al nome in ambito internazionale

7. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in riguardo alla trasmissione del cognome

7.2. Diritto al rispetto della vita privata e familiare: analisi del caso Burghartz contro lo Stato svizzero

I ricorrenti hanno invocato la violazione dell'articolo 8 e dell'articolo 14 in quanto le autorità svizzere negano la possibilità dei coniugi di adottare il cognome della moglie come nome di famiglia.

I due cittadini risiedono in Svizzera e si sono sposati in Germania, Stato di seconda cittadinanza della moglie, ove gli stessi avevano deciso di utilizzare il cognome della moglie come cognome familiare. Inizialmente le autorità svizzere avevano trascritto nei registri dello stato civile il cognome del marito come cognome familiare e per questo gli interessati fecero ricorso alla Corte la quale ritenne che l’impossibilità per il marito di aggiungere il proprio cognome a quello della moglie costituisse una discriminazione vietata dagli articoli 8 e 14 CEDU, perché il diritto svizzero accordava invece tale possibilità alla moglie ove il cognome familiare prescelto dalla coppia fosse quello del marito.

La Corte ha escluso che la tutela del nome nell’ambito dell’articolo 8 CEDU includa il diritto ad ottenere, nello Stato di cittadinanza, la trascrizione del cognome acquisito conformemente al diritto di un altro Stato.

8. Considerazioni conclusive

È interessante notare che sia la Corte di giustizia sia la Corte EDU, per argomentare le loro pronunce relative alla negazione della possibilità di scegliere il nome da attribuire ai figli o di cambiare il cognome attribuito al momento della nascita, non utilizzano l’argomentazione ricorrente nell’ordinamento italiano riguardante la tutela dell’unità familiare basata sull’articolo 29 della Costituzione.

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La Corte europea rifiuta esplicitamente tale argomento con riferimento all’obbligo della moglie di assumere il cognome del marito, e ciò persino quando la legge contempli la possibilità di aggiungere il cognome della moglie a quello del marito.

E’ evidente che l’unità della famiglia può manifestarsi ugualmente con la scelta del solo patronimico della moglie o di un nome composto condiviso da entrambi i coniugi.

L’unione europea, nata con la principale funzione di regolazione dei mercati e della concorrenza, non ha però dirette competenze in materia di diritto della famiglia.

Il tema del diritto della famiglia303 non è comunque trascurato

dall’Unione; basti considerare in che misura il diritto della famiglia intersechi il tema dei diritti fondamentali e di cittadinanza.

Politiche sociali, libertà di circolazione dei cittadini europei, disciplina dell’immigrazione dei cittadini di Paesi terzi sono settori in cui, come abbiamo visto, si registrano intersezioni tra diritto europeo e diritto della famiglia.

Molte decisioni più significative delle Corti europee, infatti, riguardano i diritti relativi alla trasmissione del cognome e identità della persona, diritto all’unità della famiglia e tali diritti nascono proprio sulle norme in materia di libertà della circolazione, diritti dei lavoratori e immigrazione.

Si nota, quindi, come anche quando non esercitino un’influenza diretta su regole specifiche di un determinato sistema, le fonti internazionali svolgono un ruolo di primo piano nella definizione dei principi generali del diritto.

Si pensi, ad esempio, alla riforma del diritto di famiglia del 1975; essa è arrivata alla sua attuale estensione anche in ragione del proficuo dialogo tra diritto interno e diritto internazionale, tra giudici e legislatore.

Il riconoscimento in ambito europeo in riguardo alla salvaguardia delle relazioni familiari (articolo 8 CEDU, articolo 7 Carta di Nizza) e al

303 G. Ferrando, Il diritto di famiglia: c’è qualcosa di nuovo, anzi d’antico, Il Mulino, fascicolo 1

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principio di non discriminazione in ragione del genere (articolo 13 Trattato CE) si riflettono anche sul nostro ordinamento favorendone l’evoluzione304.

Grazie alla mobilità delle persone, agli spazi di autonomia che ad esse sono riconosciuti, lo stesso diritto interno si adegua e si espande ad una visione più ampia cercando di creare un diritto sempre più in linea con le esigenze individuali delle persone.

Il diritto al nome della moglie e dei figli, il trattamento del patronimico nel regime domestico e in quello comunitario rappresentano quindi un argomento molto dibattuto ed attuale che si riflette soprattutto sull’identità personale di ogni individuo.

Il diritto al nome costituisce un diritto fondamentale dell’individuo. Come abbiamo potuto osservare, la Corte europea dei diritti dell’uomo il diritto al nome non include il diritto alla continuità transazionale dello status nominis.

Nella giurisprudenza della Corte di giustizia, invece, il diritto al nome, essendo corollario della libertà di circolazione del cittadino dell’Unione, rappresenta un diritto alla continuità del nome.

Sebbene la maggior parte dei ricorsi abbia un fondamento comune, ovvero il diritto al riconoscimento del cognome acquisito nello Stato di nascita e di residenza da parte delle autorità dello Stato di cittadinanza, le due Corti assumono un approccio differente.

Nonostante questo, la stretta connessione della disciplina del cognome alla sfera dei rapporti di cittadinanza fa si che l’obiettivo degli ordinamenti di ogni Stato membro sia quello di correggere l’eccessiva rigidità in materia di cognome rafforzando così i diritti dei cittadini dell’Unione.

304 G. Pascuzzi, La famiglia senza frontiere, Atti di convegno (Università di Trento 1 ottobre 2005),

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Conclusioni

Come abbiamo potuto appurare durante la trattazione di questo argomento, dal combinato disposto delle norme statati si desume la regola del patronimico, la quale non appare più rispettosa del principio di eguaglianza soprattutto nel rispetto del mutato contesto sociale.

Il doppio cognome del figlio, o la possibilità per i genitori di concordare insieme il cognome rappresenta, a mio parere, la soluzione più rispettosa dei valori primari e dei principi dell’ordinamento.

In tale modo si avrebbe, in primo luogo, il rispetto del diritto fondamentale della persona alla tutela della sua identità personale sotto il profilo della discendenza (biologica o affettiva); ma, al tempo stesso, dei valori, costituzionalmente tutelati, dell’unità familiare e dell’eguaglianza dei componenti il nucleo familiare.

Nell’ottica confermata dalla riformata della filiazione, a prescindere che il figlio sia nato dentro o fuori dal matrimonio, il doppio cognome esalta e formalizza il rapporto di genitorialità e rappresenta la soluzione verso la quale indirizzarsi, fatta già peraltro propria dalla maggior parte dei paesi europei e conforme alle indicazioni della giurisprudenza interna e europea.

Si comprende, allora, che l’unità della famiglia si realizza e si completa nell’eguaglianza dei suoi componenti e che non trova alcun fondamento la teoria in base alla quale l’assunzione automatica del cognome materno rappresenti una pretesa di unità familiare.

A livello europeo viene richiesta l’equiparazione tra uomo e donna abolendo così ogni tipo di discriminazione, ma ciò che va compreso è il fatto che il cognome non riguarda una sola questione giuridica fine a se stessa bensì una propria storia personale che dovrebbe essere garantita alle future generazioni.

A causa di una limitata sensibilità sociale, l’introduzione di nuove regole in materia dei figli che, uniformano il diritto italiano a quello

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degli altri Paesi europei, garantendo il fondamentale diritto del figlio a vedere riconosciuta nell’ambito della sua identità personale la discendenza da entrambi i genitori, realizzando al tempo stesso la parità di trattamento tra uomo e donna può risultare non sufficiente. Molte donne, data la consuetudine derivante dal diritto romanistico, non si sono mai poste il problema se i propri figli non avessero il proprio cognome considerando l’automatica trasmissione del cognome paterno un motivo di orgoglio.

E’ quindi necessario, a mio parere, che la classe politica o, comunque, quella parte di essa sensibile alle istanze sociali e alla tutela dei diritti della persona, oltre a farsi promotrice di iniziative tese a riprendere nella XVIII legislatura le proposte di legge sul doppio cognome dei figli per coordinarle con la riforma della filiazione, approvando disposizioni atte a dare in materia una risposta di civiltà, promuova una vera e propria emancipazione delle donne all’interno del nostro Paese attraverso una progressiva crescita della nostra educazione civica e della nostra cultura nazionale.

Tale personale conclusione non vuol essere una rivendicazione solo al femminile. Al contrario, riguarda tutti. Lo dimostra il fatto che alle proposte di legge stiano aderendo non solo donne, ma anche numerosi parlamentari uomini.

La possibilità di scegliere quale cognome tramandare rappresenta una necessaria battaglia di civiltà. Uno di quei piccoli passi necessari al nostro Paese per colmare alcune disuguaglianze che ancora persistono in materia di diritti civili.

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TAR Friuli Venezia-Giulia, sent. 13 ottobre 1997, n. 746. Cons. Stato Sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2574.

TAR Lombardia, I, 10 gennaio 2011, n. 7.

T.A.R. Liguria Genova Sez. I, 13 gennaio 2012, n. 57, in Famiglia e

Diritto, 2013, 4, 379.

TAR Sardegna, I, 20 maggio 2016, n. 445. TAR Toscana, II, 14 febbraio 2017, n. 252.

T.A.R. Friuli-V. Giulia Trieste Sez. I, Sent., 30 giugno 2017, n. 233. T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, 03-01-2018, n. 16, in Massima

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare innanzitutto la mia relatrice, la Professoressa Caterina Murgo, per la sua disponibilità nell’incontrarmi, la sua gentilezza nel darmi spiegazioni e soprattutto per la professionalità dimostrata durante la stesura del lavoro.

Ringrazio i miei genitori che, seppur in modi differenti, mi hanno sempre supportato e incoraggiato a dare il meglio di me permettendomi di raggiungere questo traguardo così importante. Voglio ringraziare una persona speciale, Rossano, il mio ragazzo, il mio migliore amico, la persona che sa sempre come farmi sorridere. Abbiamo affrontato insieme questo cammino, passo dopo passo, giorno dopo giorno, superando tutte le difficoltà, festeggiando insieme ogni vittoria e incoraggiandoci a vicenda. Grazie per essere stato sempre al mio fianco in ogni momento e anche oggi, in questo giorno importante, sei qui con me a festeggiare insieme questo mio traguardo.

Un grazie sincero va a tutte le mie amiche e amici soprattutto al

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