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Critiche contro l’attribuzione del cognome materno Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale dell’8 novembre –

Il diritto al nome nella giurisprudenza italiana

2. Prospettive di riforma: analisi del disegno di legge n

2.2. Critiche contro l’attribuzione del cognome materno Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale dell’8 novembre –

dicembre 2016, appare chiaro che l’autodeterminazione della coppia in materia di attribuzione del cognome ai figli risulti conforme ai principi costituzionali, relativi al principio di uguaglianza e dalla tutela dell’interesse del figlio minore, e ai principi convenzionali200.

Nonostante questo, però, nel nostro ordinamento c’è chi ancora si oppone all’assegnazione del cognome materno in alternativa, o in aggiunta, a quello paterno.

Molte delle motivazioni contrarie riguardanti la materia in esame si basano sul fatto che si perderebbe il filo di connessione con l’identificazione familiare non preoccupandosi del fatto che si

198 Così come ha stabilito il Lussemburgo con la “Loi du 23 décembre 2005 relative au nom des

enfants”.

199 Trib. Civile di Palermo, Sez. I, sentenza 865/1982.

200 Si fa riferimento all’articolo 16, comma 1, lettera g) della Convenzione sull’eliminazione di ogni

forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata a New York il 18 dicembre 1979 e ratificata in Italia con la legge 14 marzo 1985 n. 132; gli articoli 21, divieto di discriminazione basata sul sesso e l’articolo 23, obbligo di assicurare la parità tra uomini e donne, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000; le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa nn. 31/1978, 1271/1995 e 1362/1998 relative alla piena realizzazione dell’uguaglianza tra madre e padre nell’attribuzione del cognome ai figli; gli articoli 8 e 14 della Convenzione europea della salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), che sanciscono il diritto al rispetto delle vita privata familiare e il divieto di ogni forma di discriminazione.

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perderebbe la connessione con l’identificazione del cognome materno.

Nonostante l’ultima proposta di legge rappresenti una innovazione e un avvicinamento alla parità di genere la prevalenza del cognome paterno continua ad essere retaggio della tradizionale impostazione patriarcale, sempre meno rispondente all’attuale quadro sociale della famiglia.

Come abbiamo visto, numerosi sono stati i progetti di legge dedicati al tentativo di equiparazione tra il cognome materno e quello paterno, ma non sono mai divenuti legge.

L’appartenenza all’Unione Europea, inoltre, ha comportato una necessità di adeguamento alle normative di altri Paesi in materia di attribuzione del cognome.

Si è rilevato, infatti, che il diniego di una modifica, in uno Stato, del cognome di un soggetto con più cittadinanze, volta a rendere tale cognome uniforme a quello (doppio, paterno e materno) portato in base alla legge di uno Stato di cui il soggetto stesso sia cittadino, contrasterebbe con i principi di diritto europeo, in particolare con il diritto di non subire discriminazioni con riferimento alle norme che disciplinano il cognome201.

La Corte di Cassazione, al riguardo, ha precisato che il cittadino extracomunitario che ha acquistato la cittadinanza italiana per naturalizzazione, senza perdere la cittadinanza straniera di origine, ha il diritto di portare anche in Italia il proprio doppio cognome202.

Le norme che stabiliscono la prevalenza del cognome paterno sono il retaggio di una tradizione giuridica che vedeva l’uomo a ‘capo della famiglia’, attribuendogli la ‘potestà maritale’ e obbligando la moglie alla ‘obbedienza’ nei suoi confronti.

Quando vennero formulate queste norme, alla donna era riservato un ruolo del tutto marginale nella società. Attribuire al marito il ruolo di capo della famiglia comportava la conseguenza dell’assunzione del suo cognome da parte di tutti i membri della famiglia stessa.

201 Si veda: Corte di Giustizia CE, 14 ottobre 2008 C-353/06 e 2 ottobre 2003 C-148/02. 202 Cass.,17 luglio 2013, n. 17462, in Foro It., 2013, 10, 1, 2807.

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Anche la moglie assumeva il cognome del marito. Nella formulazione originaria, l’articolo 144 del Codice Civile recitava: «Il marito è il capo della famiglia; la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno fissare la propria dimora».

Nella seconda metà del secolo scorso si è assistito ad un radicale mutamento del ruolo della donna nella società e la coscienza sociale si è trovata a non potersi più riflettere nelle tradizionali norme adottate dal Codice Civile.

Ciò nonostante, le numerose riforme volte a sradicare le disuguaglianze tra uomo e donna non sono riuscite a intervenire in materia di attribuzione del cognome ai figli.

Per questo, il motivo più plausibile del perché tutti i disegni di legge non siano stati portati a termine deriverebbe dal fatto che, affermata l’opportunità di una trasmissione dei due cognomi, si faticava a raggiungere una mediazione in ordine ad alcuni problemi.

Ad esempio203, in mancanza di accordo, quale dei due cognomi deve

essere il primo da menzionare in anagrafe? Quello paterno o quello materno?

E, di conseguenza, una volta che il soggetto, con i due cognomi, mette al mondo un figlio con un partner con doppio cognome, non potendosi attribuire al figlio tutti i cognomi (cioè quattro, con l’effetto di avere, nel corso degli anni, persone con un numero progressivo di cognomi), quale dei due cognomi deve essere trasmesso dal padre e quale dalla madre?

Su tale problema si sono ipotizzate soluzioni diverse a questi problemi dal sorteggio, alla prevalenza dell’ordine alfabetico, ma tutte suscettibili di critiche. Di conseguenza, i disegni di legge si sono bloccati.

A fronte di tali considerazioni è in dubbio che il nostro ordinamento necessiti di una riforma da parte del legislatore in merito all’attribuzione del cognome, che stabilisca un criterio base, valido per tutti, a prescindere dallo status dei genitori, che privilegi il valore

203 Tale punto di vista è stato sostenuto dal Avv. Gaetano Edoardo Napoli, Professore di ruolo di

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della scelta individuale pur ponderando gli elementi di ordine pubblicistico connessi204.

Allo stato dei fatti, un intervento del giudice ordinario o un nuovo richiamo alla Corte Costituzionale, risulterebbe essere lesivo nei confronti della funzionalità propria del legislatore il quale, assumendosi la propria responsabilità politica, dovrà colmare la lacuna provvedendo ad introdurre un modello compatibile con la Costituzione in materia di trasmissione del cognome.

204 C. Bassu, Nel nome della madre; il diritto alla trasmissione del cognome materno come

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Capitolo IV

Rapporto tra diritto all’identità personale e diritto al nome

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