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Il direttore generale è investito della competenza all’adozione dell’atto aziendale, che costituisce lo strumento chiave nella definizione del modello organizzativo e gestionale delle aziende sanitarie. La giurisprudenza ne sottolinea l’importanza sia per quel che attiene agli aspetti organizzativi sia per quel che riguarda gli aspetti gestionali8. L’art. 3, comma 1bis, d.lgs. 502/1992 prescrive che l’organizzazione ed il funzionamento delle aziende sanitarie sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni regionali. L’atto aziendale individua strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica.

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Il Consiglio di Stato, sezione V, con sentenza 29 maggio 2006, n. 3261, osserva che “la legge subordina alla condizione che sia stato emanato il predetto atto aziendale la regola che sono disciplinate dal diritto privato le attività preparatorie dei contratti, oltre che, ovviamente, quelle consistenti nella loro esecuzione.

34 L’atto aziendale può definirsi un regolamento di organizzazione che non costituisce espressione di un potere libero del direttore generale, essendo questi tenuto a rispettare principi e criteri posti dalla Regione (oltre che dalla normativa primaria vigente); ma tuttavia è pur sempre frutto di un potere discrezionale che, ancorché attenuato dai vincoli derivanti dalla fissazione dei detti principi e criteri, è comunque espressione di scelte manageriali relativamente autonome, ispirate alle esigenze di corretta ed efficace gestione dell’azienda sanitaria.

La discrezionalità del direttore generale nell’adottare l’atto aziendale è una discrezionalità regolamentata, ma pur sempre di apprezzabile portata e di non secondario livello, specularmente conseguente alla intervenuta aziendalizzazione delle aziende sanitarie.

Nonostante la definizione di atto “di diritto privato” la giurisdizione sulle relative impugnazioni appartiene al giudice amministrativo, in ragione della sua natura di atto complesso, essendo condizionato dal rispetto delle disposizioni del piano sanitario regionale e dai principi e criteri fissati dalla Regione. Il TAR Friuli-Venezia Giulia, sez I, 10 maggio 2007 n. 329, ha individuato il presupposto della giurisdizione amministrativa nella circostanza che l’atto aziendale costituiva attuazione di un protocollo d’intesa tra Regione e Università avente ad oggetto aspetti organizzativi fissati dalla Regione con il Piano Sanitario Regionale: “il giudizio riguarda allora l’applicazione di norme che regolano l’azione della P.A. ed ha per oggetto, quindi, posizioni di interesse legittimo”. Già il TAR Lazio, sez. III, 29 settembre 2003, n. 7823, aveva riconosciuto la giurisdizione del giudice amministrativo sul presupposto che “l’atto aziendale, posto in essere ai sensi dell’art. 3 comma 3 d.lgs. 517/1999, col quale il direttore generale disegna il proprio programma in relazione al funzionamento ed al conseguente assetto organizzativo in rispondenza alle indicazioni del piano sanitario nazionale, d’intesa con il Rettore in tutti quei settori in cui l’Università sia coinvolta, non costituisce un atto deliberato dalla sola azienda e pertanto di esclusiva natura privatistica”.

L’esercizio della potestà di definire l’assetto organizzativo e il funzionamento delle aziende sanitarie, tuttavia, è insindacabile innanzi al giudice amministrativo, con il limite della macroscopica irragionevolezza. Il TAR Campania, sez. V, 11 maggio 2004, n. 8614 affermò che: “La decisione adottata da una ASL di voler accorpare un laboratorio rientrante tra le strutture operative di una Sert al laboratorio

35 di analisi del presidio ospedaliero, nel contesto di un’attività di riordino dei servizi di laboratorio e diretta, nelle intenzioni dell’ASL, all’ottimizzazione di tali prestazioni è insindacabile dal giudice amministrativo; tale potestà è riconosciuta all’ASL dall’art. 3 d.lgs. 502/1992, in conformità ad un principio di aziendalizzazione e privatizzazione del servizio sanitario regionale e comprende anche la facoltà di predisporre il funzionamento e l’organizzazione delle proprie strutture operative, mediante un atto aziendale di diritto privato, adottato dal direttore generale, e di designare gli uffici dotati di autonomia tecnico professionale”.

Pur con i limiti scaturenti dalla sua struttura di atto complesso, l’atto aziendale deve comunque essere definito l’atto di autogoverno delle ASL, strumento di aziendalizzazione delle strutture sanitarie, al fine di raggiungere il maggior grado di efficienza economica, intesa come conseguimento degli obiettivi con il minor dispendio di risorse, di efficacia, come ottimale rapporto tra obiettivi fissati dalla Regione e risultati ottenuti, di economicità, come risultato economico di lungo periodo, ma soprattutto l’atto aziendale è lo strumento che è finalizzato ad offrire un significativo contributo all’affermazione della amministrazione per obiettivi, anziché per atti, creando le opportune motivazioni verso condizioni di efficienza, di efficacia e di qualità delle prestazioni sanitarie rese all’utenza.

L’atto aziendale, in sostanza, è strumento che favorisce l’evoluzione del modello gestionale delle strutture sanitarie secondo logiche e criteri di responsabilità manageriale, in sintonia con il principio conformativo dell’impresa di diritto privato.

Incide sulla validità dell’atto aziendale, come strumento di autonomia e di autogoverno dell’azienda sanitaria, la mancanza di riferimenti nel d.lgs. 502/1992 alla cd gestione consumata, quale è l’ “eredità” che il nuovo direttore generale deve accollarsi con riferimento alle gestioni pregresse, su cui va a innestarsi il suo operato. Nella legge non c’è alcuna prescrizione che consenta di perimetrare i periodi gestionali, sicché può accadere che l’autonomia del direttore attuale resti pregiudicata dal retaggio di precedenti gestioni i cui effetti negativi siano ancora da smaltire. Tale circostanza ridonda in appesantimento dell’attività gestionale del nuovo direttore generale, sottraendo risorse alle sue scelte manageriali e compromettendo, o comunque limitando, la sperimentazione di soluzioni innovative nel governo dell’azienda sanitaria.

36 L’atto aziendale, pur essendo espressione di autonomia regolamentare riconosciuta al direttore generale, subisce le limitazioni costituite dalla fissazione di principi e criteri dettati dalla Regione nel piano sanitario regionale. Una volta adottato ed entrato in vigore, successivamente introduce autovincoli sia per la Regione che per i direttori generali. I provvedimenti del direttore generale divergenti dagli autovincoli derivanti dalle prescrizioni dell’atto aziendale possono essere censurati per eccesso di potere, per contraddittorietà e per violazione dell’autolimite regolamentare.

L’atto aziendale vincola, in una diversa prospettiva, la stessa Regione; ciò deriva dalla sua natura di atto complesso nel quale confluiscono sia le scelte discrezionali del direttore generale, sia i principi e criteri predeterminati dalla Regione e fatti propri dall’atto aziendale medesimo. Una volta che l’atto si è conformato a quei principi e a quei criteri, recependoli nei suoi contenuti, la Regione subisce per parte sua l’effetto dell’autolimite originato dai principi e criteri da essa stessa posti, che fungono da autovincolo per così dire a monte, nei riguardi del quale le successive manifestazioni di potestà discrezionale della Regione costituiscono anch’esse espressioni di un potere relativamente vincolato.

L’atto aziendale, se funge da autolimite per il direttore generale che lo ha adottato, ha valore, parimenti, di autolimite per la Regione che ha fissato i principi e criteri conformativi dei suoi contenuti, cui resta preclusa l’adozione di provvedimenti con esso contrastanti. Altra cosa è se gli eventuali provvedimenti derogatori siano assunti dalla Regione sulla base di disposizioni di legge che determinino la caducazione dell’autovincolo stesso.

L’atto aziendale occupa una posizione centrale nella strutturazione e nel governo dell’azienda sanitaria, costituendo un atto complesso nel quale confluiscono da una parte l’intervento regionale in forma di principi e criteri direttivi, che indirizzano le scelte organizzative del direttore generale, e d’altra parte queste ultime, che concorrono a integrare i contenuti dell’atto stesso. Si è in presenza di uno strumento di autogoverno, a discrezionalità regolamentata, dell’azienda sanitaria. L’atto aziendale è autovincolante per il direttore generale, che non può assumere le proprie scelte gestionali in contrasto con le prescrizioni in esso contenute ed è, d’altra parte, vincolante per la Regione, che non può assumere atti e comportamenti divergenti dalle clausole recate

37 dall’atto stesso ove conformi ai principi e ai criteri da essa dettati nel piano sanitario regionale.

L’autonomia imprenditoriale del direttore generale spazia nell’ambito lasciato libero e non inciso dalle direttive regionali, né limitato dalle prescrizioni recate dall’atto aziendale. In tale ambito, il direttore generale delinea e approva il proprio programma d’azione, stabilisce l’assetto organizzativo, decide le modalità di funzionamento della struttura. L’atto aziendale può essere in certa misura considerato il “piano industriale dell’ASL secondo indicazioni dell’azionista di riferimento (la Regione)”9

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L’atto aziendale, in particolare, individua la configurazione organizzativa delle strutture dell’ASL, quali: distretti, presidi ospedalieri, dipartimenti, strutture complesse, strutture semplici a valenza dipartimentale o distrettuale, strutture semplici.

Per quanto riguarda l’area della direzione aziendale, l’atto aziendale disciplina l’ufficio di segreteria (affari generali), nonché lo staff della direzione generale ed, in particolare, le funzioni e attività necessarie per sviluppare il governo complessivo dell’azienda, ovvero la funzione di indirizzo e controllo nei confronti delle articolazioni operative aziendali (programmazione e controllo, risk management, promozione qualità e appropriatezza, etc.); le attività di supporto, professionale e tecnico, alle funzioni aziendali, sanitarie ed amministrative; le attività di committenza delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie; i rapporti con i portatori di interesse e con gli utenti.

Di solito la normativa regionale prevede una particolare procedura per l’approvazione dell’atto aziendale da parte della Giunta o del Consiglio regionale, anche se non è una vera e propria approvazione tipica dei provvedimenti amministrativi, ma consiste in una più generica verifica sulla rispondenza alle disposizioni regionali in materia.

L’esame dei contenuti dell’atto aziendale rappresenta l’aspetto più rilevante nel dibattito su questo istituto. Si possono classificare i contenuti in: 1) contenuti obbligatori ex lege; 2) contenuti facoltativi. Nella prima classe vanno inserite le previsioni che il legislatore ha ritenuto dovessero entrare obbligatoriamente nell’atto aziendale, vale a dire: a) disciplina dell’organizzazione e funzionamento dell’azienda; b)

38 individuazione delle strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico professionale soggette a rendicontazione analitica; c) individuazione del distretto sulla base di criteri stabiliti dalla Regione per l’articolazione delle ASL tenendo conto delle zone montane e a bassa densità di popolazione; d) disciplina dell’organizzazione dipartimentale di tutte le Unità Operative; e) disciplina delle attribuzioni affidate al direttore amministrativo, al direttore sanitario, nonché ai direttori di presidio, di distretto, di dipartimento e ai dirigenti di struttura, dei compiti, comprese, per i dirigenti di strutture complesse, le decisioni che impegnano l’azienda verso l’esterno per l’attuazione degli obiettivi definiti nel piano programmatico e finanziario aziendale; f) individuazione dei criteri e delle modalità di affidamento della direzione delle strutture e degli uffici ai dirigenti, nel rispetto per la dirigenza sanitaria delle disposizioni previste, che subordinano il conferimento degli incarichi al rispetto delle modalità stabilite nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, alla compatibilità con le risorse finanziare disponibili e nei limiti del numero degli incarichi stabiliti nell’atto aziendale, tenendo conto delle valutazioni del Collegio tecnico.

Nella seconda classe, fermo restando che vanno rispettati i principi stabiliti dalle Regioni, possono essere assunte le determinazioni che il direttore generale ritiene più opportune per la struttura soprattutto in relazione alle opzioni strategiche, alle particolarità legate al territorio ed alla composizione della popolazione. Vi sono contenuti che, per l’assoluta rilevanza e specificità, dovranno essere previsti necessariamente, quali ad esempio la sede legale e sedi periferiche dell’azienda; il logo, lo scopo, la visione, la missione dell’azienda; la disciplina dei poteri e delle modalità per il conferimento degli incarichi di direzione di strutture semplici, di strutture complesse, di posizioni organizzative, etc; gli obiettivi strategici di medio/lungo periodo; la disciplina del decentramento dei poteri, compiti e funzioni; la dotazione patrimoniale; la possibilità di ricorrere a forme sperimentali per la gestione.

La formulazione dell’atto aziendale consente all’azienda la creazione di un assetto più funzionale alle sue necessità ed alle risorse disponibili, permanendo tuttavia inserito in un sistema regionale che definisce e verifica i limiti di tale discrezionalità.

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