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La valutazione della dirigenza

Il processo di aziendalizzazione del sistema sanitario nazionale ha evidenziato la necessità di gestire la complessità organizzativa mediante una forte responsabilizzazione dei diversi livelli dirigenziali per il raggiungimento degli obiettivi strategici.

Per ottenere un sistema di valutazione capace di integrarsi perfettamente e efficacemente con gli altri sistemi operativi aziendali occorre che la sua impostazione e la sua costruzione derivino e si evolvano con il modello organizzativo e con gli obiettivi dell’azienda. Per progettare il sistema di valutazione occorre definire con chiarezza i livelli di responsabilità all’interno dell’azienda. Questo passaggio si realizza attraverso l’individuazione della struttura organizzativa aziendale: chi valuta chi o, meglio, a quale posizione compete valutarne un’altra. “Se, infatti, nell’atto aziendale è già stato definito con chiarezza il modello organizzativo e sono state ben distinte le funzioni delle macrostrutture presenti e, al loro interno, quali siano le unità operative caratterizzate da reale autonomia gestionale, per la direzione aziendale non sarà difficile svolgere la verifica del grado di raggiungimento degli obiettivi annuali concordati con i vari centri di responsabilità27”.

Il modello aziendale deve individuare la “piramide valutativa” cioè specificare i soggetti ed il ruolo che gli stessi assumono nell’ambito del

27 Vincenzo Lorenzini, “Verifiche, troppa confusione”, Il Sole 24 Ore Sanità, 5-11 giugno 2007.

104 processo di valutazione e, più in generale, nell’articolazione complessiva dell’azienda.

Occorre tenere presente la distinzione tra valutazione dell’attività professionale dei dirigenti e la valutazione del grado di raggiungimento degli obiettivi aziendali. Per quanto riguarda il primo ambito, si tratta di valutare le attività professionali svolte e i risultati raggiunti dai dirigenti secondo un giudizio articolato fra una prima e una seconda istanza di valutazione: dalla prima istanza scaturisce una proposta di valutazione formulata dal soggetto che in azienda conosce meglio e più direttamente le attività svolte dal dirigente valutato. Dalla seconda istanza scaturisce, invece, la formalizzazione finale della valutazione da parte del Collegio tecnico, formulata sulla base della proposta di prima istanza e che si traduce alla lettera “nell’approvazione o verifica” della valutazione di prima istanza.

Per quanto riguarda il secondo ambito di verifiche, si tratta di valutare annualmente i risultati di gestione raggiunti dai responsabili di struttura complessa e di struttura semplice e i risultati raggiunti da tutti gli altri dirigenti sulla base della negoziazione degli obiettivi effettuata attraverso il processo di budget.

Oggetto della valutazione è la prestazione del dirigente. Si traduce nella definizione del livello di raggiungimento degli obiettivi assegnati e dei risultati raggiunti e nella valutazione della professionalità espressa e dei componenti manageriali.

Si individuano due ambiti di valutazione, caratterizzati da tempi diversi: 1) la valutazione periodica delle attività professionali svolte e dei risultati raggiunti; viene effettuata per tutti i dirigenti alla scadenza dell’incarico conferito, per i dirigenti di nuova assunzione al termine del primo quinquennio di servizio, per i dirigenti che raggiungono l’esperienza professionale ultraquiquennale in relazione all’indennità di esclusività. 2) la verifica annuale dei risultati raggiunti da tutti i dirigenti in relazione agli obiettivi affidati ai fini della retribuzione di risultato e dei risultati di gestione dei dirigenti di strutture e viene effettuata annualmente per verificare i risultati di gestione del dirigente di struttura complessa e di struttura semplice, i risultati raggiunti da tutti i dirigenti in relazione agli obiettivi affidati anche ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato.

105 In linea di massima, la valutazione delle attività professionali e la verifica dei risultati raggiunti sono legate alle modalità di raggiungimento degli obiettivi assegnati.

Momento essenziale della valutazione è la sua fase attuativa. Una volta individuata la fonte, stabiliti i soggetti, individuati i criteri, occorre avviare il processo e renderlo operativo. Si tratta di costruire lo strumento da utilizzare per la valutazione (normalmente la scheda di valutazione), individuare le modalità per comunicare tempi e modi del processo (istruzioni per valutatori e valutati), esplicitare in maniera chiara e oggettiva i criteri da adottare per arrivare al giudizio di valutazione, informare tutti i soggetti interessati dei risultati e delle conseguenze della valutazione (reportistica e analisi dei risultati). L’accertamento della responsabilità dirigenziale che rilevi scostamenti rispetto agli obiettivi e a compiti professionali propri dei dirigenti comporta l’assunzione di provvedimenti che devono essere commisurati sia alla posizione del dirigente nell’ambito aziendale che all’entità degli scostamenti rilevati.

Gli effetti della valutazione negativa sono diversi a seconda che si riferisca a dirigenti responsabili di struttura oppure a dirigenti con altro tipo di incarico.

Il concetto generale di responsabilità dirigenziale si “riferisce essenzialmente al legame diretto esistente tra l’attività del dirigente e il raggiungimento degli obiettivi assegnati, superando quindi il puro e semplice riferimento alla correttezza formale e alla legittimità della produzione di atti28”. Le casistiche previste dalle attuali norme legislative distinguono fra il semplice accertamento dei risultati negativi di gestione e la grave inosservanza delle direttive impartite dall’organo competente. Alle due tipologie di responsabilità sono abbinate due diverse sanzioni che vanno dalla revoca dell’incarico fino al recesso dal rapporto di lavoro.

Così definita, la responsabilità dirigenziale si distingue sostanzialmente dalla responsabilità disciplinare che trova applicazione nei confronti di tutti i dipendenti ed ha fondamento diretto nel codice civile.

28 Alberto Casella,”La responsabilità disciplinare della dirigenza del ssn: indirizzi applicativi”, in Ragiusan n. 222, pag. 402 ss.

106 “L’elemento decisivo per fondare la distinzione risiede nel carattere oggettivo della responsabilità dirigenziale che è indipendente dall’elemento intenzionale che è alla base del mancato raggiungimento degli obiettivi da parte del dirigente, nel senso che comporta una valutazione di obiettiva inidoneità alla realizzazione di determinati risultati. Al contrario, la responsabilità disciplinare è per definizione una responsabilità soggettiva, in quanto si basa necessariamente sul presupposto che un certo comportamento sia imputabile all’attore a titolo di dolo o di colpa”29

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La distinzione è importante perché consente di inquadrare nella giusta prospettiva l’applicazione della massima sanzione disciplinare applicabile nei confronti del dirigente, ossia il licenziamento.

Sinteticamente le regole che valgono per la dirigenza del ssn sono: a) la responsabilità disciplinare per tutti i dipendenti pubblici è regolata in generale dall’art. 2106 del codice civile e dall’art. 7 commi 1, 5 e 8 della legge 20 maggio 1970, n. 300; spetta però alla contrattazione collettiva stabilire la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni; b) in ogni caso, qualsiasi p.a. deve costituire un ufficio disciplinare per l’istruzione dei procedimenti disciplinari e per l’irrogazione delle sanzioni; c) ai dirigenti del ssn non possono essere comminate sanzioni disciplinari di tipo conservativo; d) il codice di comportamento, infine, generale e aziendale, definisce anche nei confronti dei dirigenti quei doveri di comportamento che possono essere disciplinarmente sanzionati.

Proprio da questo ultimo punto riparte il ragionamento su come valutare quei comportamenti ritenuti scorretti proprio sulla base del codice di comportamento, ma che non sono tali da giustificare il recesso.

In questi casi l’azienda deve intervenire con una propria regolamentazione che utilizzi efficacemente gli istituti contrattuali esistenti.

Un esempio di regolamentazione aziendale vede il protocollo che individua le procedure operative applicabili nei casi in cui il dirigente incorre in violazione dei propri doveri di comportamento non punibili con la sanzione disciplinare del recesso. Se il dirigente responsabile ha notizia di comportamenti tenuti da dirigenti da lui dipendenti, che

107 possono avere rilevanza, li fa presente direttamente al dirigente interessato nelle modalità che ritiene più opportune. Se al termine del colloquio ritiene sussistere una effettiva responsabilità del dirigente, procede ad un richiamo verbale o scritto a seconda della rilevanza dei fatti. Di questo richiamo dà notizia in forma scritta alla struttura complessa Amministrazione del Personale. Se il dirigente Responsabile ha notizia di comportamenti tenuti da dirigenti da lui dipendenti e ritiene che siano di particolare gravità, comunica i fatti e le circostanze relative alla direzione di riferimento (direzione di ospedale o di distretto). Quest’ultima svolge in proposito una dettagliata istruttoria, i cui risultati sono raccolti in una specifica relazione che è trasmessa alla direzione generale.

Gli accertamenti istruttori possono essere svolti dalle direzioni interessate anche sulla base di notizia diretta dei fatti e delle circostanze rilevanti ovvero su segnalazione della direzione generale. Per la dirigenza non sanitaria, gli accertamenti istruttori sono svolti direttamente a cura della direzione generale.

Il direttore generale, sentiti il direttore sanitario e il direttore amministrativo, decide in merito alla presunta violazione dei doveri di comportamento del dirigente sulla base dell’istruttoria. Se lo ritiene opportuno può sentire nuovamente il dirigente interessato.

Se la direzione generale ritiene effettivamente sussistente la responsabilità del dirigente, adotta uno specifico atto motivato e circostanziato per i necessari provvedimenti.

L’atto della direzione generale è trasmesso agli interessati a cura della struttura complessa Amministrazione del personale.