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La disciplina emananda ai sensi della l 124/

La figura del top manager nelle Asl, ossia il direttore generale, è sicuramente molto articolata e complessa, oggetto di continue modifiche e cambiamenti. La legge 7 agosto 2015, n. 124, recante delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, all’art. 11, comma 1, lett. p) ha previsto la possibile emanazione di decreti legislativi seguendo principi e criteri direttivi e fondamentali ai sensi dell’art. 117 Cost., quali: a) la selezione unica per titoli, previo avviso pubblico, dei direttori generali in possesso di specifici titoli formativi e professionali e di comprovata esperienza dirigenziale, effettuata da parte di una commissione nazionale composta pariteticamente da rappresentanti dello Stato e delle Regioni, per l'inserimento in un elenco nazionale degli idonei, istituito presso il

110 Ministero della salute, aggiornato con cadenza biennale, da cui le Regioni e le province autonome devono attingere per il conferimento dei relativi incarichi da effettuare nell'ambito di una rosa di candidati costituita da coloro che, iscritti nell'elenco nazionale, manifestano l'interesse all'incarico da ricoprire, previo avviso della singola Regione o provincia autonoma che procede secondo le modalità del citato articolo 3bis del d.lgs. 502/1992 e successive modificazioni; b) sistema di verifica e di valutazione dell'attività dei direttori generali che tenga conto del raggiungimento degli obiettivi sanitari e dell'equilibrio economico dell'azienda, anche in relazione alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza e dei risultati del programma nazionale valutazione esiti dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali; c) decadenza dall'incarico e possibilità di reinserimento soltanto all'esito di una nuova selezione nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, accertata, decorsi ventiquattro mesi dalla nomina, o nel caso di gravi o comprovati motivi, di grave disavanzo o di manifesta violazione di leggi, regolamenti o del principio di buon andamento e imparzialità; d) selezione per titoli e colloquio, previo avviso pubblico, dei direttori amministrativi e dei direttori sanitari, nonché, ove previsti dalla legislazione regionale, dei direttori dei servizi socio-sanitari, in possesso di specifici titoli professionali, scientifici e di carriera, effettuata da parte di commissioni regionali, composte da esperti di qualificate istituzioni scientifiche, per l'inserimento in appositi elenchi regionali degli idonei, aggiornati con cadenza biennale, da cui i direttori generali devono obbligatoriamente attingere per le relative nomine; decadenza dall'incarico nel caso di manifesta violazione di leggi, regolamenti o del principio di buon andamento e imparzialità. In previsione di quanto stabilito dalla legge n. 124/2015, in data 20 gennaio 201630 il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di una serie di decreti legislativi attuativi della legge stessa, tra questi anche quello previsto dall’art. 11 che disciplina il conferimento degli incarichi per i direttori generali, direttori sanitari, direttori amministrativi e socio-sanitari di Asl e Aziende ospedaliere e universitarie.

L’articolo 1 disciplina l’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale. L’elenco, istituito presso il Ministero della Salute, dovrà essere

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Tratto dal sito: http://www.governo.it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio- dei-ministri-n-101/4006; ed in aggiunta cfr. il sito:

111 aggiornato con cadenza biennale. Sempre ogni due anni, per la formazione dell’elenco nazionale dei soggetti idonei, sarà nominata una Commissione composta da cinque esperti di comprovata competenza ed esperienza, in particolare in materia di organizzazione e gestione aziendale, di cui due designati dal Ministro della salute, uno con funzioni di Presidente scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili e avvocati dello Stato, uno designato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, e due designati dalla Conferenza Stato Regioni. I componenti della Commissione possono essere nominati una sola volta e restano in carica per il tempo necessario alla formazione dell’elenco. La commissione dovrà procedere alla formazione dell’elenco nazionale entro 120 giorni dalla data di insediamento. Alla selezione sono ammessi i candidati che non abbiano compiuto 65 anni di età in possesso di: diploma di laurea; comprovata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel settore sanitario o settennale in altri settori; attestato rilasciato all’esito del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria. Questi corsi sono organizzati dalle Regioni, anche in ambito interregionale, avvalendosi anche dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, e in collaborazione con le università o altri soggetti pubblici.

Tali requisiti devono essere presenti entro la data di scadenza del termine stabilito per la presentazione della domanda di ammissione. Alle domande devono essere allegati il curriculum formativo e professionale e l’elenco dei titoli valutabili.

Il punteggio massimo complessivamente attribuibile dalla Commissione a ciascun candidato è di 100 punti e possono essere inseriti nell’elenco nazionale i candidati che abbiano conseguito un punteggio minimo non inferiore a 75 punti.

La Commissione procede alla valutazione dei titoli formativi e professionali e della comprovata esperienza dirigenziale assegnando un punteggio secondo criteri specifici predefiniti nell’avviso pubblico, considerando: a) relativamente alla comprovata esperienza dirigenziale, la tipologia e dimensione delle strutture nelle quali è stata maturata, anche in termini di risorse umane e finanziarie gestite, la posizione di coordinamento e responsabilità di strutture con incarichi di durata non inferiore a un anno, nonché eventuali provvedimenti di decadenza o provvedimenti assimilabili; b) relativamente ai titoli formativi e professionali, l’attività di docenza svolta in corsi universitari e post universitari presso istituzioni pubbliche e private di riconosciuta rilevanza, delle pubblicazioni e delle produzioni

112 scientifiche degli ultimi cinque anni, il possesso di diplomi di specializzazione, dottorati di ricerca, master, abilitazioni professionali. Non possono essere reinseriti nell’elenco nazionale coloro che siano stati dichiarati decaduti dal precedente incarico di direttore generale per violazione degli obblighi di trasparenza.

L’articolo 2 riguarda le disposizioni relative al conferimento degli incarichi di direttore generale. In tale sede, viene innanzitutto precisato che le Regioni potranno procedere a nominare direttori generali esclusivamente gli iscritti all’elenco nazionale. Una commissione regionale composta da esperti, indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, ed uno designato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, procederà di seguito ad una valutazione per titoli e colloquio dei candidati, tenendo conto anche di eventuali provvedimenti di accertamento della violazione degli obblighi in materia di trasparenza. A quel punto, sarà proposta al Presidente della regione una terna di candidati nell’ambito dei quali verrà scelto quello che presenta i requisiti maggiormente coerenti con le caratteristiche dell’incarico da attribuire.

Nello schema di decreto legislativo è inoltre specificato che, nella terna proposta, non potranno essere inseriti coloro che abbiano ricoperto l’incarico di direttore generale, per due volte, presso la stessa azienda sanitaria locale, azienda ospedaliera o ente del Servizio sanitario nazionale.

Il provvedimento di nomina, di conferma o di revoca del direttore generale è motivato e pubblicato sul sito internet della Regione o provincia autonoma e delle aziende o degli enti interessati.

All’atto della nomina di ciascun direttore generale, le Regioni dovranno definire e assegnare, aggiornandoli periodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi con riferimento alle relative risorse, gli obiettivi di trasparenza, finalizzati a rendere i dati pubblicati di immediata comprensione e consultazione per il cittadino. La durata dell’incarico di direttore generale non potrà essere inferiore a tre anni e superiore a cinque. Alla scadenza dell’incarico, ovvero, nelle ipotesi di decadenza e di mancata conferma dell’incarico, le Regioni procedono alla nuova nomina, previo espletamento delle procedure. In caso di commissariamento delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, il commissario sarà scelto tra i soggetti inseriti nell’elenco nazionale. Per assicurare l’omogeneità nella valutazione dell’attività dei direttori generali, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto,

113 saranno definiti i criteri e le procedure per valutare e verificare tale attività.

Trascorsi 24 mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la Regione, entro sessanta giorni, dovrà verificare i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi e, in caso di esito negativo, dichiarare la decadenza immediata dall’incarico con risoluzione del relativo contratto. L’immediata decadenza del direttore generale potrà avvenire, inoltre, in caso di gravi e comprovati motivi o nel caso in cui la gestione dovesse presentare una situazione di grave disavanzo o ancora in caso di manifesta violazione di legge o regolamenti o dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, nonché per violazione degli obblighi in materia di trasparenza. I provvedimenti di decadenza dovranno essere comunicati al Ministero della salute per la cancellazione dall’elenco nazionale del soggetto decaduto dall’incarico.

L’articolo 3 specifica che quanto previsto agli articoli 1 e 2 si applica anche alle aziende ospedaliere universitarie, ferma restando per la nomina del direttore generale l’intesa del Presidente della Regione con il Rettore. Si passa poi all’articolo 4 che disciplina le disposizioni per il conferimento dell’incarico di direttore sanitario, direttore amministrativo e di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale. Per la scelta la commissione dovrà valutare i titoli formativi e professionali, scientifici e di carriera presentati dai candidati, secondo specifici criteri indicati nell’avviso pubblico, definiti, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del presente decreto. Anche in questo caso l’elenco regionale sarà aggiornato con cadenza biennale, e gli incarichi di direttore amministrativo, di direttore sanitario e di direttore dei servizi socio-sanitari non potranno avere durata inferiore a tre anni e superiore a cinque anni.

In caso di manifesta violazione di leggi o regolamenti e dei principi di buon andamento e di imparzialità della amministrazione, il direttore generale, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, risolve il contratto, dichiarando la decadenza del direttore amministrativo e del direttore sanitario, e, ove previsto dalle leggi regionali, di direttore dei servizi socio-sanitari, con provvedimento motivato e provvede alla sua sostituzione con le procedure previste.

L’articolo 5 sottolinea come il conferimento di questi incarichi sia incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente

114 o autonomo, secondo le disposizioni presenti nel d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39 e il d.lgs. 502/1992.

Fino all’istituzione dell’elenco nazionale e degli elenchi regionali, come spiegato dalle disposizioni transitorie contenute nell’articolo 6, si continueranno ad applicare le misure tutt’ora vigenti. All’articolo 7 si precisa che le disposizioni contenute nel decreto si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome secondo le procedure previste dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.

L’articolo 8 spiega che la partecipazione alla Commissione nazionale e alle Commissioni regionali saranno a titolo gratuito.

Sono esplicitate, infine, all'articolo 9, le abrogazioni normative previste dopo l’entrata in vigore delle norme contenute nello schema di decreto. Sono, dunque, abrogate le disposizioni normative del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, di cui all’articolo 3bis, comma 1, commi da 3 a 7, comma 10 e comma 15. Tutti i riferimenti normativi ai commi abrogati dell’articolo 3bis devono, conseguentemente, intendersi come riferimenti alle disposizioni del presente decreto. Restano altresì ferme, in ogni caso, le disposizioni recate dai commi 2, 7bis, 8, 9 e da 11 a 14 dell’articolo 3bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, non abrogate dal presente decreto.

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Conclusioni

In base a quanto detto fino a questo punto, si può affermare che il management è l’arte del gestire e che il manager è colui che gestisce. Con il termine gestione si intende sia la gestione strategica che la gestione operativa.

In primo luogo, l’azienda deve determinare gli obiettivi, tenendo conto dei limiti esterni ed interni (per esempio quanti sono i componenti dell’azienda). Sapendo che un obiettivo è tale solo se è quantificabile, qualificabile e misurabile, la determinazione degli obiettivi rientra nella fase strategica, dove si mira al miglioramento continuo. Dopo c’è la pianificazione delle attività in diverse fasi che tengono conto dell’organizzazione, della comunicazione e dell’azione; vi rientra anche la misurazione, elemento fondamentale che permette il controllo e anche l’eventuale ripianificazione di ciò che non va bene. Un esempio: se si decide di voler far la vaccinazione ai bambini tra i 12 e i 14 anni, si esprime una speranza; se, invece, si decide che l’80% della popolazione compresa in quella fascia di età deve essere vaccinata nel primo anno e tutti nel secondo, questo è un obiettivo ben quantificato, strumentale ad un obiettivo strategico.

Non si può avere un controllo senza una misurazione; purtuttavia, il controllo di gestione è il “controllo” delle attività, volto alla gestione dei processi, guardando al miglioramento e non solo a esprimere un giudizio; controllo di gestione significa, in sintesi, governo dei processi.

Alla fine degli anni settanta i principali paesi industrializzati, ma anche quelli in via di sviluppo, hanno messo mano, per ragioni diverse, alle aziende della p.a., recuperando margini di produttività e contenendo i costi31; nacque il New Public Management, che successivamente fu integrato, almeno all’estero, nel Public Government, cioè governo della cosa pubblica. In Italia, questo passaggio non ci fu immediatamente; si è acquisito il tutto intorno agli anni novanta, creando la locuzione di “processo di aziendalizzazione” che inglobava

31 In Italia, con l’intuizione del prof. Massimo Saverio Giannini, messa in pratica dopo vent’anni del prof. Sabino Cassese.

116 i due passaggi e comportava che le aziende pubbliche potessero adottare strumenti e stili tipici del settore privato.

Le varie leve di manovra32 si vedevano nel “vecchio” New Public Management: il decentramento, la competizione del settore pubblico, i meccanismi tipo mercato (MTM), le privatizzazioni, la valutazione di risultati e della performance, i limiti di cassa e la gestione delle risorse umane.

Il nuovo corso, invece, che porta verso il nuovo Public Government, vede il problema dell’etica, come l’etica del comportamento, dove viene scoperta una intrinseca eticità dell’efficienza: si vedono i contratti interni della performance e di risultato (contratti di piano, accordi di performance), si vede il miglioramento della regolamentazione (migliorare la qualità e le capacità di regolamentazione, il ruolo delle authorities), si vede la gestione del cambiamento, che va gestito con riforme di accompagnamento33, si vedono le tecnologie di informazione e comunicazione fondamentali nella partnership tra pubblico e privato, che coinvolgono non solo i soggetti pubblici ma anche il privato e il no profit, e infine le relazioni tra p.a. e cittadini, con una p.a. che mette al centro il cliente, cioè il cittadino.

L’informazione ha seguito una importante evoluzione passando dall’informazione unidirezionale nella quale si produce e si fornisce solo informazioni per il cliente, alle consultazioni in una relazione bidirezionale nella quale i clienti offrono un ritorno di informazione; si è arrivati, infine, alla partecipazione, cioè ad una relazione basata sul partenariato.

Intorno agli inizi degli anni novanta ci si trova nel pieno del New Public Management, con lo sviluppo delle tre E, poi diventate quattro: Economicità, Efficienza, Efficacia, Equità. Si ha un periodo di confusione, dovuto anche a diversità di culture; si incomincia a parlare

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MANEGUZZO, M, Managerialità, Innovazione e Governance. La Pubblica Amministrazione verso il 2000. Aracne, Roma.

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Unico esempio fu la Civit che però in parte fallì perché la norma fu non del tutto ben interpretata; la Civit è stata interpretata, infatti, come una Commissione preposta ad un ruolo di controllo funzionale a evidenziare le inefficienze, piuttosto che di un’allenatore che deve bene indirizzare la squadra delle p.a.

117 di indicatori, si chiede di introdurre il controllo di gestione con le riforme Bassanini34, etc.

Si arriva, così, alla cd riforma Brunetta, che pone l’accento sulla performance: la contribuzione a un risultato, il come si è raggiunto il risultato, ma non solo fine a se stesso; il focus della performance è inteso a capire a cosa serve una determinata azienda. La performance è il contributo (risultato e modalità di raggiungimento del risultato) che una entità (individuo, gruppo di individui, unità organizzativa, organizzazione, programma o politica pubblica) apporta attraverso la propria azione al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi ed, in ultima istanza, alla soddisfazione dei bisogni per i quali l’organizzazione è stata costituita35.

Il modello emergente vede quattro aree importanti: fattori abilitanti, ad esempio sistemi di bilancio, sistemi di programmazione e controllo, sistemi di qualità; leve del cambiamento, fattori propulsivi, ad esempio la rendicontazione della performance (se non si misura, non si può dire cosa è giusto e cosa no), e al centro si ha la valutazione dei risultati. Il ciclo di gestione della performance vede la definizione e l’assegnazione degli obiettivi che si intendono raggiungere, dei valori attesi di risultato e dei rispettivi indicatori; il collegamento tra gli obiettivi e l'allocazione delle risorse; il monitoraggio in corso di esercizio e attivazione di eventuali interventi correttivi; la misurazione e valutazione della performance, organizzativa e individuale; l’utilizzo dei sistemi premianti, secondo criteri di valorizzazione del merito; la rendicontazione dei risultati agli organi di indirizzo politico- amministrativo, ai vertici delle amministrazioni, nonché ai competenti organi esterni, ai cittadini, ai soggetti interessati, agli utenti e ai destinatari dei servizi (i cd stakeholder).

Gli strumenti per gestire la performance sono diversi, quali: i sistemi di pianificazione (il piano della performance), i sistemi di misurazione (multidimensionale), i sistemi di valutazione (performance organizzative e individuale).

34 Istituzione del controllo: amministrativo e contabile, gestione, strategico, di valutazione del personale; integrazione delle diverse tipologie di controllo; distinzione degli organi che rispondono a livello politico, amministrativo e alla dirigenza; responsabilizzazione e valutazione della dirigenza; qualità dei servizi. 35 Cit. Monteduro, Fabio.

118 Con i sistemi di pianificazione, si osserva come e quando il top manager prende una decisione, si guarda al complesso della struttura: l’Asl del resto è una struttura complessa, conseguentemente, i piani diventano accordi di uno spartito dove suonano più note. Il sistema di misurazione è multidimensionale nelle Asl e si deve mediare tra i vari elementi da gestire. Con i sistemi di valutazione si osservano gli effetti della valutazione sulla gestione, ai fini della premialità, non solo economica.

Collegato a tutto ciò, vi sono i concetti d trasparenza e accountability, legati a doppio filo tra loro. Per accauntability si intende colui che rendiconta, colui che è capace di raccontare i risultati in maniera trasparente. Il cittadino deve avere la possibilità di capire, di rendersi conto del processo che si sta seguendo. Un concetto, questo, che con la riforma Brunetta n. 150/2009 ha avuto molti riscontri.

Per quanto riguarda la trasparenza, che è anche oggetto di performance, si sono avute diverse metamorfosi per via dell’effetto combinato tra diversi fattori, tra cui le tecnologie, che hanno consentito di aumentare il concetto di trasparenza: internet, infatti, ha abituato a chiedere e ottenere informazioni, determinando un aumento delle domande e delle offerte di trasparenza da parte dei cittadini; già forte nel privato, la richiesta di notizie è sempre maggiore nel pubblico, anche grazie a un giornalismo d’attacco; l’offerta è cambiata e sta cambiando grazie alla navigazione nei siti internet; in tale contesto, anche l’evoluzione delle norme ha il suo rilievo. Si osserva che con la legge 7 agosto 1990, n. 241 e smi (art. 22 e segu.), è stato disciplinato il diritto di accesso agli atti amministrativi, riservandolo a coloro che sono portatori di una posizione giuridica qualificata (interessati o controinteressati all’atto). Con il decreto legislativo 14 marzo 2013, n, 33, recante “riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, si delinea il concetto di accesso civico limitatamente ad un corposo insieme di informazioni e atti (cfr., in proposito, le sezioni “Amministrazione Trasparente delle p.a.), consentendo a tutti i cittadini e, quindi, a quisque de populo, una accessibilità totale che guarda al risultato, ai fatti, pur circoscritta ad un ben determinato insieme di informazioni. Si trasforma quello che fino ad allora era un interesse in un diritto. In varie altre disposizioni normative, si arriva a prevedere che se un atto amministrativo (es. un contratto di consulenza) non è pubblicato sul sito istituzionale, non si perfeziona, e, quindi, si deve considerare nullo.

119 In conclusione, la disciplina della dirigenza è stata oggetto di numerosi interventi di riforma nel corso degli ultimi decenni e il processo non pare essersi interrotto anche con l’attuale governo in carica. Dal concetto di casa di vetro tanto caro a Massimo Saverio Giannini, la p.a. ha visto riforme significative che hanno preso il nome dei vari ministri