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3. La finanza sociale

3.3 Gli attori della finanza sociale

Dopo avere definito le caratteristiche fondamentali degli investimenti sociali, analizziamo la domanda, l’offerta e gli intermediari che si occupano di finanza sociale.

Riguardo la domanda, come più volte accennato il destinatario privilegiato di questo tipo di investimenti è l’impresa sociale, che in Italia è presente prevalentemente nella forma della cooperativa sociale. L’imprenditoria sociale si dimostra, per le ragioni spiegate nel capitolo 2, un interlocutore particolarmente promettente nella fornitura di servizi di welfare e nella gestione dei beni comuni, ambiti in cui è in grado di portare avanti una gestione efficiente dal punto di vista imprenditoriale garantendo al contempo una governance multistakeholder. Nel caso italiano, la recente riforma della legge 155/06 sull’impresa sociale, superando alcuni limiti della legge precedente (quali l’eccessiva limitazione dei settori di attività, il divieto assoluto di distribuzione di utili ai soci, l’esclusione dal management dei soci profit-oriented) dovrebbe consentire sia un allargamento della platea di soggetti interessati ad assumere tale qualificazione giuridica, che una maggiore appetibilità delle imprese sociali per gli investitori. Accanto a questa particolare tipologia giuridica, che si colloca a cavallo tra profit e nonprofit, si trovano, quali potenziali destinatari degli investimenti sociali, le altre forme di imprese ibride. In quest’ultima categoria rientrano svariate forme di imprese for-profit che si impegnano nello statuto a raggiungere una serie di obiettivi di natura sociale o ambientale. Nel panorama italiano, si possono considerare “ibride” le benefit corporations e le start-up innovative a vocazione sociale (di cui si è già parlato nel capitolo 2); altri esempi in campo internazionale sono costituiti dalle CIC (Community Interest Companies) nel Regno Unito e le L3C (Low-profit Limited Liabilities Companies) negli Stati Uniti.

Dal lato dell’offerta, ovvero i soggetti interessati ad investire nelle imprese appena elencate, si annoverano:

- gli investitori istituzionali; - gli investitori professionali; - i fondi sociali di investimento; - le fondazioni bancarie;

- le fondazioni filantropiche;

- gli angel investors e gli investitori early stage;

- le società che svolgono attività di corporate impact venturing; - le assicurazioni;

- alcuni organismi pubblici a livello regionale, nazionale e internazionale.

Gli investitori istituzionali (tipicamente, i fondi di investimento e i fondi pensione), sono attratti dall’opportunità di diversificazione dell’ingente massa di capitali gestita, ma spesso restii ad adottare forme di investimento che perseguano obiettivi diversi dal rendimento finanziario, per di

53 più in assenza di track record. Questi enti ricercano un rendimento finanziario che sia allineato a quello di mercato, in quanto sono vincolati alla responsabilità fiduciaria nei confronti degli aderenti al fondo.

Tra gli investitori professionali rientrano gli high net worth individual e i family office. Questa categoria, dotata di importanti risorse finanziarie, si è sempre dimostrata attenta ai risultati ottenuti dalle iniziative finanziate (tendenza che si è consolidata a seguito della crisi economica del 2008). Di conseguenza, la finanza a impatto sociale costituisce lo strumento ideale attraverso cui investire (Martin 2014:28).

I fondi sociali di investimento sono fondi che nella selezione delle opportunità di investimento si basano su criteri non speculativi.

Le fondazioni bancarie sono soggetti non profit che investono gli utili realizzati in scopi di utilità sociale.

Le fondazioni filantropiche possono giocare un ruolo importante nel ridurre i costi di transazione attraverso la diffusione di best practices e competenze in materia di capacity building.

Gli angel investors e gli investitori early stage garantiscono le risorse necessarie nella fase che intercorre tra il finanziamento iniziale da parte dei fondatori e l’ipotetico interessamento successivo di un venture fund. Le funzioni svolte dagli angel investors consistono nella selezione e valutazione dei progetti, la consulenza aziendale, la definizione di un track-record per la finanza sociale, l’agevolazione dell’incontro tra imprenditori e investitori (contribuendo così a ridurre i costi di transazione), il sostegno a start up che si occupino a loro volta di sostegno finanziario e consulenza aziendale. Inoltre, gli angel investors sono attivi in una più ampia gamma di settori rispetto ai venture capitalists, e riescono perciò a finanziare innovazioni che altrimenti sarebbero trascurate (Martin 2014:28).

Le società che svolgono attività di corporate impact venturing, supportano, per motivi finanziari, commerciali e strategici, le operazioni di scissione o la costituzione di start up (Martin 2014:30). Questa forma di venture finance consente di fare a meno degli intermediari finanziari, migliorando il collegamento tra domanda e offerta di investimenti sociali.

Le assicurazioni possono essere interessate alla finanza ad impatto sociale in quanto si tratta di società che operano con obiettivi di lungo periodo4.

Alcuni organismi internazionali (quali la Fao), europei, nazionali, le amministrazioni periferiche dello Stato, mettono a disposizione risorse pubbliche a sostegno dei progetti di natura sociale. Le pubbliche amministrazioni svolgono il ruolo di regolatori del mercato, ne promuovono l’espansione (per esempio, attraverso incentivi fiscali, compartecipazione agli investimenti, forme di garanzia utili a fornire il “first-loss capital” o a catalizzare l’attenzione degli investitori privati) e contrastano il mancato rispetto dei requisiti qualitativi minimi e le pratiche discriminatorie nei confronti dei contribuenti.

La remunerazione richiesta è in genere sempre positiva; tuttavia, gli investitori differiscono in base alla priorità che danno agli obiettivi finanziari o a quelli di impatto sociale: gli impact-first investors si accontentano di un rendimento inferiore a quello di mercato, pretendendo però il raggiungimento di significativi impatti sociali, mentre i financial-first investors sono interessati prevalentemente ai proventi finanziari.

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Si noti che è proprio su questo orizzonte temporale che gli investimenti sociali si dimostrano remunerativi, anche più di quelli tradizionali, dal momento che i business sociali riescono nel tempo a costruirsi un vantaggio reputazionale e si dimostrano più solidi e meno esposti a cause legali o class actions

54 Gli intermediari svolgono le funzioni di agevolare i meccanismi di pagamento, incrementare il grado di liquidità degli strumenti finanziari, fornire assistenza nella formulazione delle transazioni e nella gestione dei fondi. La mancanza di un sistema di intermediazione adeguatamente sviluppato costituisce una delle cause degli elevati costi di transazione nel mercato della finanza sociale (Wilson, Silva, Richardson 2015:29). Gli intermediari della finanza sociale comprendono:

- le istituzioni finanziarie; - gli advisors;

- i capacity-builders;

- i broker di imprese sociali; - i portali internet di scambio; - le borse sociali.

Per quanto riguarda le istituzioni finanziarie, occorre distinguere tra istituzioni tradizionali e istituzioni specializzati nella finanza sociale. Le istituzioni finanziarie tradizionali (tra cui, nel contesto italiano, spiccano le Banche di Credito Cooperativo, che hanno dimostrato una particolare attenzione verso il terzo settore), offrono servizi di credito (spesso attraverso prodotti innovativi e mirati per le esigenze dei soggetti nonprofit) e una gamma di servizi aggiuntivi di assistenza, consulenza, locazione gratuita di locali e messa a disposizioni di spazi per materiale illustrativo e promozionale (Amatucci 2000:137). Le istituzioni finanziarie tradizionali non operano per scopi sociali e non sono sottoposte a vincoli per quanto riguarda gli impieghi; il loro obiettivo è la massimizzazione del profitto, e i servizi finanziari offerti al terzo settore costituiscono l’occasione per migliorare la propria immagine e intercettare nuove tipologie di clienti, come le organizzazioni finanziate e i risparmiatori sensibili alle tematiche sociali e ambientali. Comunque, ciò non sminuisce il ruolo svolto nel soddisfacimento delle esigenze di finanziamento delle organizzazioni nonprofit: sebbene queste ultime adempiano ai propri fabbisogni prevalentemente tramite l’autofinanziamento, il canale dell’indebitamento bancario resta quello più praticato dai soggetti dell’economia sociale rispetto all’equity e alle altre forme di debito (Social Impact Investment Task Force 2014c:77).

Fonte: Social Impact Investment Task Force 2014c:77

Le istituzioni finanziarie specializzate nel nonprofit (anche dette “innovative”) si distinguono in intermediari finanziari e intermediari creditizi (Amatucci 2000:136). Gli intermediari finanziari sono operatori che, oltre all’attività di credito ordinario, svolgono quella di investimento in quote del capitale e offrono servizi di consulenza gestionale e finanziaria. L’obiettivo è selezionare le iniziative più promettenti e consentirgli di raggiungere livelli di autofinanziamento che ne permettano la sopravvivenza autonoma. Le principali iniziative nel panorama italiano sono (Cesarini, Barbetta 2004:84-88): la Compagnia Sviluppo Imprese Sociali (COSIS spa), che sostiene progetti di sviluppo di cooperative sociali, soprattutto nel Mezzogiorno; la Fondosviluppo spa, costituita da Confcooperative, a cui spetta la gestione del Fondo mutualistico per la promozione cooperativa, alimentato dal versamento del 3% degli utili da parte delle cooperative aderenti; la Coopfond, che svolge analoga funzione per conto delle cooperative aderenti a Legacoop. Gli

55 intermediari creditizi raccolgono risparmio, remunerandolo a un tasso inferiore a quello di mercato, e svolgono attività creditizia nei confronti di soggetti del terzo settore. In Italia, rientrano in questa categoria: Banca Popolare Etica, le MAG (Mutue per l’Autogestione) e la CGM Finance. Le MAG, nate negli anni settanta, sono cooperative finanziarie che operano esclusivamente nei confronti dei soci; non sono assimilabili alle banche, in quanto non possono raccogliere risparmi presso il pubblico. L’obiettivo delle MAG è di sostenere, anche per importi contenuti, progetti di sviluppo locale portati avanti da società che svolgano attività in ambito sociale, ambientale, di inserimento lavorativo. Il Testo Unico Bancario (d.lgs. n. 285/93), stabilendo che le MAG non possono svolgere la funzione monetaria, ne ha limitato le possibilità di espansione, spingendo tra l’altro le MAG stesse a farsi promotrici della fondazione di intermediari finanziari specializzati. Banca Etica, tra i cui soci compaiono banche popolari e di credito cooperativo, cooperative finanziarie, soggetti del terzo settore e persone fisiche, si differenzia dalle banche tradizionali per le modalità con cui svolge le attività di raccolta e impiego, e per le garanzie richieste. La raccolta avviene anche attraverso strumenti che prevedano la devoluzione di una quota degli interessi maturati, che in ogni caso sono inferiori rispetto a quelli di mercato. La politica degli impieghi prevede sia un’istruttoria economica che una sociale, quest’ultima mirata a valutare l’eticità del progetto e del cliente. Banca Etica ha ampliato il bacino della clientela, rivolgendosi non più esclusivamente al nonprofit, ma anche alle fasce di popolazione in difficoltà e a imprese profit che si dimostrino particolare attenzione a tematiche sociali e ambientali. Le garanzie richieste ai soggetti finanziati riguardano innanzitutto la validità del progetto e le capacità dei proponenti, mentre le forme tipiche della finanza tradizionale (garanzia patrimoniale e fideiussione) vengono pretese solo nei casi delle operazioni più rischiose. Inoltre, si fa spesso affidamento ai Confidi (Consorzi Garanzia Fidi) e al sostegno delle reti sociali che appoggiano un determinato progetto. La CGM Finance è una cooperativa finanziaria che opera nei confronti delle cooperative sociali e dei consorzi di cooperative che ne siano soci, aderenti o meno a CGM (Consorzio Nazionale della Cooperazione Sociale Gino Mattarelli). La CGM Finance collabora con banche nazionali e istituzioni internazionali, impegnandosi a fornire ai propri soci le risorse finanziarie di cui hanno bisogno per lo svolgimento delle attività statutarie. La CGM Finance svolge anche consulenza finanziaria e locazione di immobili per fini istituzionali a cooperative sociale che non possano permettersi l’onere di acquistarli.

I capacity-builders svolgono attività di consulenza tecnica (tipicamente sugli ambiti dell’organizzazione e del management) nei confronti di soggetti dell’economia sociale. Tuttavia, ultimamente i loro sforzi si sono concentrati sul sostegno, nei confronti dei soggetti assistiti, volto al raggiungimento della sostenibilità economica e all’espansione dell’orizzonte delle attività (scalabilità). Ciò si concretizza nell’elaborazione di strategie per migliorare i risultati economici, nell’implementazione di procedure di valutazione dell’impatto sociale generato e nell’accesso a nuove fonti di finanziamento.

I broker di imprese sociali costituiscono una categoria emersa recentemente per facilitare il contatto tra domanda e offerta nel mercato della finanza sociale, che sconta elevati costi di transazione dovuti alla frammentazione degli attori e alla scarsa trasparenza (si pensi alla difficoltà di ponderare i rischi e i rendimenti nell’ambito dell’imprenditoria sociale). I broker favoriscono l’individuazione dei progetti più promettenti, aiutano gli investitori ad individuare le iniziative che più si avvicinano al rapporto rischio-rendimento desiderato, e le imprese sociali a trovare gli investimenti più allineati alle loro esigenze.

56 I portali internet di scambio agevolano il trasferimento di risorse di diverso genere (finanziarie, materie prime e servizi), offrendo il vantaggio di poter contare su banche dati estese ed aggiornate. Le borse sociali (o “social stock exchanges”) sono mercati organizzati di capitali per le imprese sociali: su di esse non vengono quotati i singoli progetti delle organizzazioni, ma le organizzazioni stesse, attraverso l’emissione di titoli azionari (se la forma giuridica lo consente) e/o obbligazionari (Bellanca, Pierri 2011:8). La quotazione delle azioni avviene attraverso il calcolo del social equity value, che tiene conto sia della componente economica che di quella sociale (Bellanca, Pierri 2011:8). Le borse sociali non si occupano della ricerca di nuove risorse finanziarie per le imprese sociali o della promozione della finanza sociale, ma si limitano ad offrire una piattaforma che garantisca agli investitori la possibilità di uscire dall’investimento in qualsiasi momento, senza costi di transazione troppo elevati (aspetto fondamentale in un mercato caratterizzato da un basso grado di liquidità come quello della finanza sociale). Per espletare tale funzione, le borse sociali devono «sviluppare disposizioni relative alle quotazioni, standard per gli obblighi di comunicazione da parte dei soggetti “quotati” e meccanismi di scambio che siano efficienti, precisi e a prova di frode» (Pasi, http://secondowelfare.it/finanza-sociale/istituzioni-e-attori-protagonisti-della-finanza- sociale.html). L’esempio più rilevante di borsa sociale è la Social Stock Exchange, con sede a Londra.

3.4 Gli strumenti della finanza sociale