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Gli strumenti della finanza ad impatto sociale

3. La finanza sociale

3.5 Gli investimenti a impatto sociale

3.5.2 Gli strumenti della finanza ad impatto sociale

Come si è detto precedentemente, vi sono alcuni strumenti della finanza sociale che, per la loro struttura, costituiscono le configurazioni operative peculiari della finanza ad impatto sociale. Si tratta di:

- social impact fund; - social impact bond; - azioni sociali.

Il social impact fund è un fondo che investe «sotto forma di capitale di rischio in imprese o organizzazioni con l’obiettivo di generare un impatto sociale o ambientale misurabile insieme ad un ritorno di tipo finanziario» (Social Impact Investment Task Force 2014c:47). I destinatari dell’investimento sono tipicamente aziende non quotate che, a causa della forte innovatività dei prodotti e servizi offerti, delle tecnologie impiegate e, in generale, dell’approccio con cui affrontano il problema sociale, troverebbero difficoltà a reperire le risorse attraverso i canali della finanza tradizionale. Infatti, il finanziamento di queste iniziative innovative è particolarmente rischioso, sia per la scarsa liquidità delle quote di investimento acquistate, che per la difficile prevedibilità del rendimento (che dipende dai flussi di cassa delle aziende sostenute). Lo schema di funzionamento del social impact fund è il seguente: gli investitori sociali conferiscono i capitali in un “veicolo

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Agli attori della finanza ad impatto non si dedicherà un paragrafo specifico, dal momento che sono sostanzialmente gli stessi di quelli della finanza sociale nel suo complesso

67 intermediario”; le imprese sociali su cui investire sono individuate e valutate dalla figura del “promotore”; un “anchor investor” svolge il ruolo di agevolazione dell’operazione, impiegando la prima somma significativa e offrendo supporto organizzativo (Fondazione Sodalitas 2015:31). Il veicolo investe nell’equity di imprese sociali; l’acquisto di quote di capitale di rischio, oltre a consentire agli investitori una maggiore partecipazione alle decisioni riguardanti l’iniziativa finanziata (anche attraverso l’offerta di attività di consulenza manageriale), permette l’accesso a fonti aggiuntive attraverso altri strumenti finanziari (prestiti, obbligazioni), realizzando il “leverage” finanziario dell’impresa sociale. Nella progettazione dell’operazione, va prestata particolare cura nella composizione del portafoglio (Del Giudice 2015:39): dal momento che è molto difficile ribilanciare un fondo che investe in attività non quotate ed innovative, occorre che la dimensione sia tale da consentire una adeguata diversificazione. Il fondo può decidere di investire direttamente nelle aziende, oppure di destinare le risorse ad altri fondi, che a loro volta si occupino di acquisto di quote di capitale di rischio di imprese sociali. In questa seconda ipotesi si parla di “fondo di fondi”; è questa la strada che spesso viene scelta da enti governativi che vogliano sostenere l’imprenditoria sociale (si pensi a Big Society Capital nel Regno Unito). La valutazione degli investimenti avviene in tre fasi (Fondazione Sodalitas 2015:33):

- uno screening iniziale in cui si individua un insieme di organizzazioni potenzialmente idonee ad ottenere l’investimento. Questo esame avviene anche attraverso il confronto diretto con il management degli enti in questione;

- la presentazione di un business plan da parte delle organizzazioni che hanno superato la prima fase, e la valutazione di questo da parte del fondo;

- la proposta di investimento, comprendente il business plan e le modalità dettagliate attraverso cui l’operazione sarà realizzata (si tratta in genere di aspetti concernenti il contenimento del rischio, come: la gradualità del piano di investimento, il livello di coinvolgimento del fondo e le opzioni di uscita).

Ovviamente, affinché questo strumento risulti attraente nei confronti degli investitori (in particolare, se attenti più all’impact che al return), è cruciale l’adozione di pratiche di misurazione dell’impatto generato. Il social impact fund è molto più diffuso nei paesi anglosassoni rispetto all’Italia. Le ragioni che ne frenano l’affermazione anche nel nostro paese sono riconducibili sostanzialmente a vincoli normativi, che limitano il ricorso a strumenti di finanziamento via equity da parte dei soggetti del terzo settore, delle cooperative e delle imprese sociali. Le ultime, impossibilitate a distribuire dividendi dalla legge del 2006, potranno beneficiare di questa fonte di finanziamenti grazie alla previsione di limitata distribuibilità degli utili contenuta nella riforma del 2016. In Italia, due esempi di social impact fund sono “Oltre Venture”, attivo nell’housing sociale e nella sanità, e Human Foundation. Va detto infine che anche l’Unione Europea si è recentemente dotata di un fondo di fondi: il SIA (Social Impact Accelerator), che investe in fondi a impatto sociale, offrendo in tal modo un sostegno indiretto allo sviluppo dell’imprenditoria sociale.

Il social impact bond è forse lo strumento più adatto per l’impact investing, anche se in Italia non ha ancora trovato applicazione. A differenza di quanto potrebbe suggerire il termine “bond”, non si tratta solo di obbligazioni, ma anche di equity e di strumenti ibridi. Il social impact bond è uno strumento finanziario impiegato dalla pubblica amministrazione per attrarre capitali privati; in concreto, lo schema di funzionamento prevede cinque passaggi (Fondazione Sodalitas 2015:42):

68 - l’ente pubblico, per finanziare un progetto a carattere sociale, si rivolge a un intermediario finanziario, che emette social bonds e li colloca presso investitori privati. Il bond segue il modello del “payment by results”: vengono stabiliti ex-ante durata, regole di restituzione del capitale (che avviene solo in caso di successo del progetto) e di remunerazione (solitamente i tassi sono elevati, dato il rischio che l’investitore deve sopportare);

- le risorse raccolte vengono destinate agli operatori sociali che si sono impegnati ad eseguire il progetto. L’intermediario trattiene una quota del capitale a copertura dei costi sostenuti; - le organizzazioni adempiono alla realizzazione dell’attività e vengono pagate per la

prestazioni rese, indipendentemente dal raggiungimento o meno degli obiettivi iniziali; - un ente indipendente determina la rispondenza o meno delle attività svolte agli standard

qualitativi e agli obiettivi di impatto sociale prefissati al momento dell’emissione dei bond. Se la valutazione dà esito positivo, l’ente pubblico versa all’intermediario la somma dovuta agli investitori e una percentuale aggiuntiva, proporzionata al grado di raggiungimento dei target iniziali;

- se il progetto risponde agli standard, gli investitori ottengono la restituzione del capitale e una remunerazione a titolo di interesse. Altrimenti, rischiano di perdere anche il capitale. Come si nota, la struttura del social impact bond prevede la stipula di tre contratti (Del Giudice 2015:48):

- la pubblica amministrazione e l’intermediario concordano i flussi di pagamento basati sul raggiungimento di risultati quantificabili economicamente. È in questa fase che il soggetto pubblico, monetizzando i futuri risparmi, stabilisce l’aliquota da destinare agli altri attori coinvolti;

- l’intermediario stipula un accordo con gli investitori, in base a cui vengono previste la restituzione del capitale e la remunerazione solo in caso di raggiungimento di determinati obiettivi;

- l’intermediario e gli operatori sociali si accordano sul servizio da erogare e sul corrispettivo indipendente dai risultati conseguiti.

Le ragioni per cui un ente pubblico decide di finanziare delle iniziative attraverso l’emissione di social impact bond riguardano, da un lato, l’opportunità di avvalersi del know how delle organizzazioni della società civile in determinati settori in cui il settore pubblico non dispone delle strutture, del personale e delle competenze per intervenire (Fondazione Sodalitas 2015:43). Così facendo si evita che situazioni di rischio sociale degenerino e si risparmiano i costi per interventi ex- post, generalmente più elevati rispetto a quelli per azioni atte a prevenire il disagio. Inoltre, il soggetto pubblico beneficia dell’assenza di costi nell’ipotesi di insuccesso, dal momento che il pagamento avviene solo in caso di buon esito del progetto (l’unica incombenza a carico della pubblica amministrazione è costituita dall’accantonamento delle somme dovute se gli obiettivi prefissati dovessero essere raggiunti, per la durata prevista per l’intervento) (Fondazione Sodalitas 2015:43). I vantaggi dello schema del social impact bond sono molteplici (Del Giudice 2015:46- 47): gli operatori sociali ottengono un finanziamento stabile per tutta la durata dell’intervento; la pubblica amministrazione scarica il rischio su altri soggetti, ed eroga come remunerazione solo una quota del risparmio ottenuto; la misurazione dei risultati stimola una maggiore attenzione all’efficienza nell’utilizzo delle risorse; si finanziano progetti che, per il carattere innovativo, avrebbero incontrato difficoltà a reperire le risorse attraverso i canali tradizionali; si pone maggiore

69 attenzione agli interventi a carattere preventivo rispetto a quelli a carattere riparatorio, ottenendo significativi risparmi monetari e benefici anche di carattere immateriale (si pensi, per esempio, alla coesione sociale). Non mancano, tuttavia, le problematiche: innanzitutto il social impact bond è uno strumento complesso, e il processo di elaborazione degli accordi tra i diversi soggetti coinvolti (pubblica amministrazione, investitori, intermediario, operatore sociale e valutatore indipendente) richiede spesso strutture legali particolarmente elaborate (Fondazione Sodalitas 2015:43). Gli accordi tra i diversi partecipanti sono influenzati dalla presenza di asimmetrie informative: l’investitore, che è l’attore che rischia di più, è il meno informato circa le effettive condizioni di fattibilità. L’intermediario può essere tentato di proporre alla pubblica amministrazione progetti più facilmente realizzabili, ma dal minor impatto sociale. Il controllo ex-post sull’operato dell’organizzazione sociale da parte dell’investitore e della pubblica amministrazione è complicato dal fatto che questi due soggetti non hanno un contatto diretto con l’operatore sociale (Del Giudice 2015:50). Lo schema del social impact bond presenta poi delle criticità per la pubblica amministrazione sia in fase di negoziazione che in quella di rendicontazione: nella prima, occorre stimare i potenziali risparmi, la tempistica e liquidabilità; tuttavia, un’iniziativa promossa da uno dei comparti del settore pubblico può generare ricadute positive anche per altri comparti, richiedendo la stipula di accordi complessi che coinvolgano diversi soggetti all’interno della pubblica amministrazione (Del Giudice 2015:50). Per ciò che riguarda la rendicontazione, le difficoltà si pongono nell’isolamento dei cambiamenti prodotti grazie agli interventi posti in essere rispetto a quelli che si sarebbero comunque verificati. Gli operatori sociali idonei a farsi carico dei servizi esternalizzati sono ancora in numero limitato: occorre infatti che si tratti di organizzazioni di dimensioni consistenti, adeguatamente strutturate e che dispongano di un track record nella fornitura di servizi innovativi di almeno 3 anni (Del Giudice 2015:51). Il fatto che i soggetti che rispondano a queste caratteristiche siano ancora pochi, rischia di generare una situazione di oligopolio, con le ovvie conseguenze negative.

L’ultimo strumento dell’impact investing sono le azioni sociali. Le azioni sociali sono « titoli azionari attraverso i quali è possibile investire direttamente nel capitale sociale di imprese a elevato impatto sociale. Il vantaggio offerto dai titoli azionari è quello di fornire agli investitori interessati le informazioni necessarie per identificare e confrontare in modo trasparente le organizzazioni che offrono un valore per la società e l’ambiente» (Social Impact Investment Task Force 2014c:48). In Italia, questo strumento non è per niente diffuso, a causa dei già citati vincoli normativi che limitano l’investimento nell’equity di soggetti dell’economia sociale.

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4. Il ruolo della finanza sociale nell’evoluzione dell’impresa