4) Sviluppo di un piano operativo
4.2.3 I finanziamenti a sostegno dell’innovazione sociale
Come si è accennato nel paragrafo precedente, esistono delle buone ragioni per dubitare che le imprese sociali continueranno ad essere organizzazioni labour intensive, e che quindi non necessiteranno di nuove fonti di finanziamento. Tali ragioni sono riconducibili ai cambiamenti che investono l’impresa sociale, sia di tipo esogeno che endogeno. Della prima categoria fanno parte le trasformazioni agevolate da due fenomeni: l’accessibilità di nuove tecnologie che migliorano la capacità di rilevamento delle esigenze sociali e consentono modalità innovative di produzione dei servizi; la transizione verso modelli di welfare preventivo (consentita, tra le altre cose, proprio dalla rimodulazione della risposta ai bisogni permessa dall’innovazione tecnologica) (Calderini, Chiodo 2015). Nella seconda categoria rientrano invece i cambiamenti nella natura e nella regolamentazione dell’impresa sociale. La diffusione su larga scala (e conseguente maggior accessibilità) di alcune tecnologie nell’ambito delle scienze della vita ed in quello dell’innovazione digitale, aprono nuove strade di risposta ai bisogni sociali: si pensi, da un lato, «alle nuove tecnologie per l’assistenza, la cura, l’educazione, l’inclusione, i trasporti e la tutela dell’ambiente, dall’altro nella stessa capacità di rilevazione di nuovi bisogni, ad esempio attraverso i big data» (Calderini, Chiodo 2015). L’approccio preventivo al soddisfacimento delle esigenze sociali è ovviamente rivolto ad un insieme più numeroso di destinatari rispetto agli interventi ex post; inoltre, presuppone l’impiego di nuove tecnologie e l’acquisizione delle competenze necessarie. Entrambi i cambiamenti di origine esogena implicano lo scaling-up (sia dal punto di vista delle dimensioni che da quello delle conoscenze) delle imprese sociali che operino negli ambiti coinvolti, e la conseguente necessità di più consistenti risorse finanziarie (Calderini, Chiodo 2015). L’innovazione di ogni genere, e quindi anche quella sociale, comporta costi significativi nelle fasi di sviluppo dell’idea iniziale, di sperimentazione (che implica diversi tentativi e correzioni) e di crescita dimensionale delle singole organizzazioni. Nell’ambito delle imprese tradizionali, l’innovazione viene finanziata attraverso un mix di risorse: oltre ai fondi propri, vi sono i contributi dal settore pubblico (sotto forma di donazioni, sussidi e agevolazioni fiscali per la ricerca e sviluppo), e gli investimenti nel capitale delle imprese da parte di terzi (diretti o tramite banche o fondi di venture capital specializzati) (Mulgan et alii 2006:48). Analogamente, l’innovazione sociale deve essere anch’essa finanziata attraverso un mix di risorse: lo Stato deve mantenere il ruolo di investitore delle fasi iniziali di sviluppo, in cui il rischio è più elevato in quanto l’organizzazione deve ancora individuare un modello produttivo scalabile e replicabile (Caroli 2015:132,137); la quota maggioritaria delle risorse verosimilmente proverrà tuttavia dalle fondazioni, che sono i soggetti privati meno avversi al rischio e più liberi di sperimentare. Altri attori interessati ad investire in iniziative di social innovation sono le banche sociali o etiche (specializzate nel sostegno all’economia sociale), i fondi di investimento sociale e la venture philanthropy (che privilegiano i
103 ritorni di natura sociale rispetto al rendimento finanziario), ma anche i fondi di investimento e di venture capital tradizionali (che forniscono capitale di debito, quasi-equity ed assistenza in merito al capacity building), ed i fondi pubblici esplicitamente destinati al sostegno dell’innovazione (O’ Sullivan et alii 2012:26).
Passando ai cambiamenti di origine endogena, si può affermare che questi rappresentano le modalità di risposta che il sistema delle imprese sociali ed il legislatore avanzano all’avvento delle nuove tecnologie e all’evoluzione dei sistemi di welfare. L’interazione tra cambiamenti esogeni ed endogeni determinerà l’entità della domanda della finanza ad impatto sociale da parte delle imprese sociali (Calderini, Chiodo 2015). Concentrando l’attenzione sul caso italiano va detto che, allo scopo di promuovere l’innovazione sociale, è opportuno intervenire sulla domanda di capitali, più che sull’offerta. Infatti, come già esposto nel capitolo 3, le imprese sociali italiane sono caratterizzate da una propensione all’investimento molto ridotta, e fanno fronte alla necessità di fondi prevalentemente attraverso l’autofinanziamento e affidandosi al settore pubblico, oppure rivolgendosi al sistema bancario tradizionale. La via più promettente per promuovere la domanda di capitali da parte delle imprese sociali è quella di sostenere politicamente l’evoluzione dei servizi di welfare in senso preventivo ed inclusivo e, parallelamente, quella delle imprese sociali in un’ottica di scalabilità dal punto di vista delle dimensioni e delle competenze. Ciò consentirebbe loro di gestire i processi di innovazione sociale, e di porsi come interlocutori in grado di collaborare con il settore pubblico nella trasformazione del modello di gestione dei servizi pubblici. Si genererebbe dunque una maggiore propensione all’investimento da parte dell’imprenditoria sociale, al cui finanziamento potrebbero contribuire gli investimenti ad impatto sociale; l’impact investing costituisce infatti lo strumento ideale per l’affidamento da parte dello Stato della gestione di servizi pubblici a soggetti privati, dal momento che l’erogazione è condizionata alla dimostrazione e rendicontazione dei risultati ottenuti. Dal lato dell’offerta di capitali, si nota che ciò che principalmente limita la capacità innovativa delle imprese sociali è proprio la loro dipendenza nei confronti dei soggetti, pubblici o privati10, che erogano i finanziamenti; questi, infatti, sono restii a concedere risorse a progetti innovativi, a causa della elevata rischiosità di tali iniziative. Gli interventi necessari a superare questa limitazione devono tenere conto delle differenti necessità finanziarie che gli innovatori sociali esprimono nei diversi stadi di sviluppo dell’innovazione stessa. Infatti, mentre nelle fasi iniziali necessitano di somme contenute, sotto forma di donazioni o comunque di finanziamenti a condizioni agevolate (allo scopo di consentire la sperimentazione dell’idea innovativa), in quelle successive (in cui si implementano i progetti che si dimostrano efficaci) hanno bisogno del mix di risorse di cui si è già detto in precedenza (Hubert et alii 2011:128).
I provvedimenti funzionali a rendere più fluido il mercato dei capitali a sostegno dell’innovazione sociale devono affrontare il problema dei costi di transazione elevati (dovuti alla complessità delle strutture contrattuali, al rischio elevato ed alle dimensioni ridotte dei soggetti che richiedono i finanziamenti), la scarsità di opportunità di investimento, la mancanza di un’approfondita comprensione dei nuovi fenomeni innovativi di risposta ai bisogni sociali, l’assenza di standard condivisi per la misurazione dell’impatto sociale, la limitata visibilità delle iniziative di social innovation (O’ Sullivan et alii 2012:26,48). Le direttive lungo cui si devono muovere le azioni di stimolo all’investimento nell’innovazione sociale sono le seguenti (O’ Sullivan et alii 2012:51):
104 - il finanziamento (pubblico e da parte delle fondazioni) della ricerca e sviluppo in settori ad elevato rischio. Ciò richiederà, da parte dei fondi di venture capital e degli angel investors, uno sforzo di comprensione approfondita delle dinamiche riguardanti l’investimento in progetti socialmente innovativi, più rischiosi ma potenzialmente anche più remunerativi; - l’individuazione delle possibilità che si aprono per interventi socialmente innovativi,
avvalendosi della collaborazione di laboratori specializzati nello studio dell’impiego della tecnologia in risposta a bisogni sociali, ed il sostegno a lungo termine alle idee promettenti, anche attraverso i programmi europei ed i fondi strutturali;
- il finanziamento per la sperimentazione e per la valutazione degli esiti; - il supporto alla diffusione dei modelli di successo;
- il finanziamento per lo scaling up, e la creazione di piattaforme che agevolino l’intensificazione delle competenze e la replicabilità dei servizi e dei modelli operativi. Tali provvedimenti necessitano a loro volta di un insieme di interventi, volti a creare le condizioni affinché le misure appena elencate possano funzionare efficacemente. Tali interventi riguardano:
- la revisione della normativa sull’impresa sociale, per consentire di svolgere un più ampio ventaglio di attività, soprattutto in considerazione delle sfide poste dalle nuove tecnologie e dall’evoluzione del welfare in senso preventivo (ovviamente, senza snaturare i tratti distintivi di questa forma giuridica);
- l’incremento della domanda pubblica di beni e servizi prodotti da innovatori sociali, che può essere agevolato dall’adattamento delle regole sulla committenza pubblica, volto ad includere nei contratti di procurement clausole che riconoscano le peculiarità delle organizzazioni del terzo settore e stimolino la ricerca di nuove soluzioni alle esigenze sociali;
- lo sviluppo di mercati più concorrenziali per i servizi di natura sociale, e la promozione degli strumenti PBR (payment by results), di cui l’esempio più noto è costituito dai già citati social impact bonds.
L’investimento in innovazioni sociali è, per la natura stessa dei progetti sostenuti, caratterizzato dalla presenza di un rischio più elevato rispetto alla media di mercato. Tuttavia, è evidente che la transizione al welfare preventivo ed inclusivo comporterà l’adozione sempre più frequente di modalità inedite di risposta alle esigenze sociali. Il sostegno alla social innovation deve necessariamente prevedere misure che consentano un più intenso afflusso di risorse finanziarie, soprattutto di origine privata, dal momento che le società avanzate devono fare fronte ad una riduzione dei bilanci pubblici (soprattutto a seguito della recente crisi dei debiti sovrani europei). Come si nota, le misure sopra elencate mirano non solo a favorire l’incontro tra domanda ed offerta di finanziamenti per l’innovazione sociale, ma a creare un ambiente in cui le iniziative finanziate riescano a svilupparsi ed a prosperare. In tal modo, si genera un circolo virtuoso, in quanto i progetti di successo si espandono e diventano un modello per altre iniziative, provocando un incremento della richiesta di fondi.
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