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Le principali sfide per l’impresa sociale

2. L’impresa sociale

2.2 Le principali sfide per l’impresa sociale

A livello europeo le imprese sociali, sebbene presenti in tutti i paesi anche se in forme diverse, hanno un peso ancora contenuto negli ambiti in cui operano, ovvero i servizi sociali e il reinserimento dei lavoratori svantaggiati. Perciò è utile esaminare i punti di forza e di debolezza del sistema dell’imprenditoria sociale, allo scopo di individuare le azioni utili a promuoverne lo sviluppo.

I risultati più evidenti raggiunti dalle imprese sociali sono stati (Borzaga, Defourny in Borzaga, Defourny 2001:330-338):

- il miglioramento dei sistemi di welfare. I tentativi di esternalizzare al privato for profit l’offerta di servizi sociali hanno avuto esiti contrastanti, dal momento che i risparmi attesi sono stati in parte vanificati dall’aumento dei costi di contratto e di transazione, e in alcuni casi si sono verificati peggioramenti nella qualità dei servizi e nelle condizioni di lavoro. L’impresa sociale contribuisce all’evoluzione dell’offerta dei servizi pubblici nei seguenti modi:

o innanzitutto, rivolgendosi a soggetti le cui necessità non sono soddisfatte in maniera esaustiva dall’intervento pubblico, svolge un’azione redistributiva che non può essere realizzata né dal settore pubblico né da quello for profit3. Infatti, questi ultimi non riescono ad accedere al mix di risorse gratuite o a basso costo (donazioni, volontariato, forza lavoro motivata) su cui invece l’impresa sociale riesce a fare leva. Inoltre, dimostrando che è possibile produrre servizi in campi in cui gli stanziamenti pubblici sono insufficienti a coprire integralmente la domanda, le imprese sociali possono indurre i policy makers a rimodulare l’offerta, passando dai trasferimenti monetari alla fornitura di servizi (magari affidata proprio all’imprenditoria sociale); o le attività delle imprese sociali ampliano l’offerta di servizi, sia rispondendo a nuove

esigenze che proponendo nuove forme di coinvolgimento degli stakeholders nelle fasi di progettazione e produzione;

o la presenza dell’imprenditoria sociale contribuisce ad aumentare la competitività nel settore dei servizi di welfare, con gli immaginabili benefici per gli utenti;

o la natura sociale degli scopi perseguiti e le relazioni contrattuali fondate sulla fiducia agevolano i processi di negoziazione con l’ente pubblico;

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Un esempio illuminante di ambito lasciato scoperto sia dallo Stato che dal mercato è quello dei servizi abitativi rivolti a soggetti che non rientrino nei requisiti per l’assegnazione delle case popolari, ma che al contempo si trovino in una situazione di difficoltà economica tale da rendere eccessivamente gravosa la spesa per l’affitto dell’abitazione

31 o le imprese sociali si differenziano dal nonprofit tradizionale per la vocazione imprenditoriale, la capacità di attivare un insieme più variegato di risorse, l’innovatività nell’adozione di nuove modalità organizzative e nella produzione di nuovi servizi, la maggior propensione al rischio. Dando l’esempio di come la società civile possa affrontare autonomamente alcuni dei suoi problemi, le imprese sociali contribuiscono a far adottare comportamenti imprenditoriali anche a parte del terzo settore tradizionale, contribuendo così ad accrescere ulteriormente l’offerta e la competizione nell’ambito dei servizi pubblici;

- i contributi allo sviluppo del territorio di riferimento:

o la globalizzazione e l’innovazione tecnologica hanno allentato i legami tra produzione e sviluppo locale: un eventuale incremento della domanda di un determinato bene o servizio non necessariamente si riflette in un aumento dell’occupazione nell’area in cui tale domanda si è generata. La fornitura di servizi alla persona e alla comunità affidata all’impresa sociale richiede la prossimità tra domanda e offerta e, in generale, un legame stretto con il territorio: di conseguenza si genera un’occupazione più stabile e continua;

o una delle cause della disoccupazione elevata nelle società europee è la rigidità nel mercato dei servizi. Per quanto riguarda i servizi alla persona, soprattutto nei paesi con sistemi di welfare basati prevalentemente su trasferimenti monetari, si riscontra un tasso di occupazione molto basso. Le imprese sociali, proponendosi come interlocutori in grado di produrre servizi pubblici in condizioni di equilibrio economico e al contempo offrire standard rispondenti alle richieste degli utenti, costituiscono un’opzione per modificare la composizione della spesa pubblica, riducendo le erogazioni monetarie e incrementando la spesa per servizi. Non si può dire altrettanto delle imprese for profit: rispetto a queste, le imprese sociali riescono ad operare a costi inferiori (grazie ai proventi delle donazioni e al volontariato, nonché alla disponibilità dei lavoratori a ricevere retribuzioni più basse della media). Di conseguenza, le imprese sociali accettano di svolgere anche attività che generino utili modesti, non dovendo tra l’altro rincorrere la massimizzazione del profitto. Nemmeno il nonprofit tradizionale si riesce a proporre come alternativa in grado di sobbarcarsi per intero l’insieme dei servizi che lo Stato intende affidare ai privati, dal momento che si compone di organizzazioni non a vocazione imprenditoriale. In conclusione, l’affermazione delle imprese sociali genera nuovi posti di lavoro nel settore dei servizi alla persona e alla comunità, dal momento che viene privatizzata (o meglio “socializzata”) la fornitura di servizi di welfare precedentemente prodotti dallo Stato;

- l’intensificazione della coesione sociale. Nelle società moderne le tipologie di esclusione sociale sono sempre più multiformi: non è quindi possibile farvi fronte né attraverso trasferimenti monetari, né tramite l’erogazione di servizi standardizzati. Le imprese sociali, grazie alla capacità di individuare i bisogni in rapida evoluzione (anche di sacche minoritarie della cittadinanza, che non hanno il peso politico necessario per vederli riconosciuti da parte dello Stato) e di offrire una risposta, contribuiscono al benessere della comunità. Inoltre, promuovendo la partecipazione degli utenti e la costruzione di relazioni di fiducia, favoriscono la creazione di capitale sociale.

32 Per quanto riguarda i punti deboli dell’imprenditoria sociale, si può distinguere tra fattori interni ed esterni. Tra i primi vi sono (Borzaga, Defourny in Borzaga, Defourny 2001:338-340; Borzaga, Solari in Borzaga, Defourny 2001:308-315):

- la fragilità del modello organizzativo: data la relativa novità del riconoscimento legislativo della forma giuridica dell’impresa sociale e l’assenza di schemi manageriali consolidati, le imprese sociali si presentano in genere come organizzazioni basate su poche regole definite e fondate piuttosto su un’estesa condivisione dei valori e sulla fiducia tra i partecipanti; - la scarsa consapevolezza della propria specificità, che consiste nel riuscire a combinare

finalità sociali con vincoli economici. Tale particolarità richiede modelli di management adeguati, che consentano di gestire attività commerciali facendo leva anche su risorse gratuite. Inoltre, svolgendo attività produttive, va rivolta un’attenzione maggiore rispetto alle organizzazioni tradizionali del terzo settore ad aspetti quali l’efficienza operativa, la gestione della qualità, la soddisfazione degli utenti;

- il rischio dell’isomorfismo, ovvero della scelta di forme giuridiche meglio definite e tutelate e socialmente più riconosciute rispetto all’impresa sociale (ad esempio la cooperativa di lavoratori, in cui viene perseguito esclusivamente l’interesse degli occupati);

- gli elevati costi di governance, dovuta alla natura di organizzazione che si rivolge a una pluralità di stakeholder (lavoratori, clienti, enti pubblici). La partecipazione alle decisioni di soggetti o di gruppi portatori di interessi diversi è indispensabile per tenere fede alla mission e captare i nuovi bisogni della comunità, ma in caso di conflittualità tra interessi contrastanti l’impresa sociale rischia di non riuscire a reagire con la dovuta prontezza alle mutazioni del contesto in cui opera;

- la complessità della gestione finanziaria, dovuta essenzialmente a (Gasparre, Giorgetti in Borzaga, Fazzi 2008:318-319):

o la dipendenza dalle scelte allocative pubbliche, determinata soprattutto dalla forte prevalenza dei trasferimenti monetari nel welfare italiano. In una fase di contrazione della spesa sociale, ciò si traduce in una notevole riduzione dell’autonomia delle imprese sociali;

o la bassa prevedibilità delle entrate finanziarie. Le imprese sociali sono spesso costrette all’indebitamento per riuscire a far fronte alle necessità di liquidità, in quanto le entrate finanziarie hanno carattere discontinuo: i pagamenti da parte della pubblica amministrazione avvengono spesso in ritardo, le donazioni e le sponsorizzazioni non sono accuratamente preventivabili né per quanto riguarda l’ammontare né la tempistica, ecc. Questo pregiudica la capacità di investire e di partecipare a gare che pongano requisiti economico-finanziari;

o la scarsa cultura finanziaria, che porta specialmente le organizzazioni di recente costituzione a rivolgersi a soggetti pubblici per ottenere le risorse di cui hanno bisogno, trascurando le opportunità presenti sui mercati finanziari;

o le caratteristiche della domanda di servizi sociali, contraddistinta dalla carenza strutturale di una massa critica di utenti in grado di sostenere per intero il costo dei servizi (basti pensare alle persone prive di reddito o con un reddito minimo);

- anche le dimensioni contenute delle singole imprese possono costituire uno svantaggio ma, nei paesi in cui sono più diffuse, le imprese sociali hanno dimostrato di saper fare rete e riuscire in tal modo a beneficiare di alcune economie di scala;

33 - la complessità della gestione delle risorse umane. Le imprese sociali sono organizzazioni ad alta intensità di lavoro; ciò significa che la gestione delle risorse umane è un fattore cruciale per il successo delle attività svolte e può risultare piuttosto complicata. I lavoratori dell’impresa sociale sono attratti da un mix di incentivi, sia estrinseci (per esempio il livello del salario) che intrinseci (come il perseguimento di finalità ideali, il coinvolgimento nelle decisioni, la crescita professionale ecc.). Il perseguimento dell’equità distributiva, che costituisce uno degli elementi che generano il senso di appartenenza nella forza lavoro, potrebbe però risultare controproducente nel momento in cui i lavoratori più qualificati si guardino attorno alla ricerca di posizioni meglio retribuite nel pubblico o nel privato for profit. Il miglioramento nelle tecniche di gestione del personale nelle imprese tradizionali, consentito dall’adozione di modalità fondate sulla partecipazione dei lavoratori e sull’identificazione con la mission, può inoltre ridurre il divario in quest’ambito del for profit rispetto all’impresa sociale. Per mantenere il vantaggio competitivo nella gestione delle risorse umane le imprese sociali devono:

o aumentare gli investimenti nella formazione e nella crescita professionale;

o dare maggiore visibilità alla mission sociale dell’impresa, avvalendosi dei mezzi di comunicazione interna, dei corsi di formazione ecc.

o identificare percorsi di carriera costruiti sulle abilità dei lavoratori e riconoscere più spazio alle gratificazioni di tipo estrinseco;

o migliorare le tecniche di reclutamento, dal momento che lo sviluppo delle imprese sociali richiede la disponibilità di figure con capacità professionali elevate;

o favorire la maturazione professionale dei lavoratori attraverso programmi di formazione e la creazione di un ambiente lavorativo ricco di sfide.

Gli ostacoli esterni sono invece (Borzaga, Defourny in Borzaga, Defourny 2001:340-342; Borzaga, Solari in Borzaga, Defourny 2001:305-308):

- la sottovalutazione del ruolo delle imprese sociali. Spesso infatti l’impresa for profit è considerata l’unica forma giuridica realmente adatta a svolgere attività produttiva, mentre le imprese sociali non sono ritenute delle vere e proprie imprese quanto piuttosto, in linea con quanto avviene per il terzo settore, delle “transitional organizations”, destinate a scomparire una volta che il problema che si propongono di affrontare sia stato arginato. Inoltre, l’affidamento alle imprese sociali di servizi di welfare viene di frequente vista dall’opinione pubblica come uno smantellamento del sistema di protezione sociale costruito nel secondo dopoguerra o come una sorta di “concorrenza sleale” al nonprofit tradizionale. Per porre rimedio a tale situazione occorre un impegno per legittimare l’impresa sociale nei confronti:

o della società, attraverso gli strumenti della comunicazione esterna (tra cui il bilancio sociale) e il monitoraggio continuo dell’evoluzione dei bisogni, in modo da offrire risposte soddisfacenti ai destinatari dei servizi;

o del settore pubblico. Le imprese sociali devono essere in grado di offrirgli progetti innovativi per quanto riguarda le modalità di produzione, i prodotti stessi e i mercati serviti; devono al contempo dimostrare la propria autonomia ed indipendenza rispetto ai soggetti pubblici, per garantirsi un ruolo non marginale o di mera esecuzione di decisioni pubbliche;

34 o delle forze sociali, per provare che gestire in modo imprenditoriale la produzione di

servizi pubblici non pregiudica il perseguimento di finalità sociali.

- le modalità di esternalizzazione dei servizi sociali da parte della pubblica amministrazione, che privilegiano le imprese di grandi dimensioni. Queste imprese, che non hanno un legame stretto con la comunità, possono approfittare dei casi di fallimento del mercato per ridurre la qualità dei servizi e peggiorare le condizioni di lavoro. Inoltre, nella fornitura di un servizio per conto di un ente locale, se i termini del contratto non tengono conto del benessere dei destinatari vengono avvantaggiate le imprese for profit: queste possono decidere di internalizzare le esternalità positive dei beni che producono senza perseguire alcun fine sociale e di conseguenza erogare il medesimo servizio a prezzi inferiori, tagliando fuori dalla competizione le imprese sociali;

- le rigidità delle politiche del lavoro, che complicando la trasformazione dei sussidi all’occupazione in misure di sostegno all’impiego, costituiscono un impedimento allo sviluppo delle imprese sociali che si occupano di integrazione lavorativa;

- le carenze legislative, che per esempio limitano la possibilità per le imprese sociali di partecipare a gare d’appalto o di raccogliere un ammontare adeguato di risorse finanziarie; - la difficoltà di accedere a misure finanziarie di sostegno alla nuova imprenditorialità o ai

contributi per lo sviluppo di servizi innovativi (che si spiega con il fatto che in molti paesi non sono considerate imprese quelle che non perseguano l’interesse esclusivo dei proprietari).

Per quanto riguarda le azioni che è auspicabile intraprendere per promuovere l’imprenditorialità sociale e superare gli ostacoli che ne limitano lo sviluppo, si può distinguere tra quelle che competono alle imprese sociali stesse e le politiche pubbliche. Le prime consistono nel (Borzaga, Solari in Borzaga, Defourny 2001:298-301):

- garantire una qualità elevata e costante dei servizi prodotti, che richiede un livello considerevole di investimenti;

- predisporre adeguati percorsi formativi per le risorse umane, anche sponsorizzando l’istituzione di corsi di laurea e master;

- dotarsi di un management professionalmente qualificato;

- sviluppare forme di collaborazione a rete attraverso la creazione di organismi di secondo e terzo livello;

- dotarsi di strutture di governance adeguate alla compresenza di stakeholder con interessi diversi.

Gli interventi a livello politico si fondano sul (Borzaga, Defourny in Borzaga, Defourny 2001:343- 347; Borzaga, Solari in Borzaga, Defourny 2001:298-301):

- procedere al pieno riconoscimento giuridico delle imprese sociali, individuando una regolamentazione adeguata e prevedendo un esplicito regime di sostegno: ciò vuol dire andare oltre la previsione di interventi specifici e marginali, come la concessione di alcune agevolazioni fiscali o condizioni favorevoli negli appalti, per giungere a una visione più coerente e sistematica, che riesca a valorizzare i punti i forza di questi soggetti negli ambiti dei servizi sociali. Lo scopo dovrebbe essere quello di consentire la competizione, interazione e collaborazione con il settore pubblico, le imprese for profit e il nonprofit,

35 attraverso modalità che valorizzino le peculiarità e i vantaggi di ciascuna forma organizzativa;

- promuovere lo sviluppo di istituzioni finanziarie finalizzate a sostenere le imprese sociali nelle fasi iniziali. Infatti, nello stadio dell’avviamento la carenza di risorse finanziarie rappresenta un ostacolo considerevole. Inoltre, essendo quello dell’imprenditoria sociale un fenomeno relativamente recente, si riscontra ancora una certa difficoltà di inquadramento e di comprensione delle potenzialità da parte delle istituzioni finanziarie tradizionali;

- ripensare le politiche fiscali, passando dagli sgravi fiscali alle organizzazioni che possiedano specifiche caratteristiche organizzative, all’incentivazione della domanda privata di servizi sociali e alla persona. Alcuni possibili interventi possono riguardare: la riduzione della spesa per trasferimenti monetari a favore dell’aumento dei finanziamenti all’erogazione di servizi, le esenzioni fiscali a beneficio dei consumatori, la riduzione della tassazione sui redditi; - delimitare i confini della concorrenza nell’ambito dei servizi esternalizzati dalla pubblica

amministrazione, allo scopo di tutelare le reti fiduciarie e il radicamento territoriale;

- modificare la logica del funzionamento dei sussidi all’occupazione a favore dei disoccupati di lungo periodo, non facendo più dipendere l’assegnazione dal tipo di attività produttiva svolta dall’impresa sociale interessata, e garantire una maggiore flessibilità dei contributi per i lavoratori svantaggiati. Gli enti pubblici locali potrebbero inoltre farsi carico almeno in parte della domanda di beni e servizi erogati dalle imprese sociali di inserimento lavorativo, rendendo così il flusso di entrate finanziarie più continuo e prevedibile e consentendo di intervenire con più incisività a beneficio dei lavoratori svantaggiati;

- dal lato dell’offerta, promuovere la creazione di nuovi soggetti (finanziando lo start up e incentivando la naturale propensione allo spin off), consolidare le competenze manageriali e incoraggiare la creazione di organizzazioni di secondo e di terzo livello.