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Il ruolo della finanza sociale nell’evoluzione dell’impresa sociale

4.1

Stato dell’arte e prospettive degli investimenti a impatto sociale

Il mercato della finanza ad impatto sociale è afflitto dalla presenza di diverse cause di fallimento, che rientrano nei casi di asimmetrie informative, concorrenza imperfetta, esternalità ed esistenza di beni pubblici.

- Asimmetrie informative

Esse possono consistere nella limitata informazione sulle politiche pubbliche e sulle opportunità di investimento, nonché in generale nella ancora modesta diffusione culturale dell’“impact investing” tra gli investitori e le organizzazioni sociali, che genera anche confusione terminologica (Wilson 2014:31). La conoscenza del mercato della finanza ad impatto sociale è infatti solitamente approssimativa, basata su falsi miti e su un’eccessiva confidenza riguardo alle realizzazioni conseguibili. Le aspettative sulla redditività delle imprese sociali, sia da parte dei finanziatori che dei fondatori, sono spesso esageratamente ottimistiche. Gli ambiti in cui tali organizzazioni operano vengono lasciati ai margini dell’economia tradizionale, e costituiscono dunque dei fallimenti del mercato: nonostante ciò, spesso gli investitori si aspettano rendimenti positivi da subito, in quanto si illudono di poter risolvere, attraverso modelli di business tradizionali, problemi a cui le forme consuete di intervento non hanno ancora saputo fare fronte. La realtà è che non di rado, specie nei paesi in via di sviluppo, il finanziamento di iniziative in risposta ai bisogni fondamentali delle persone non comporta nemmeno la restituzione dell’intero capitale. Più spesso, il rendimento ottenuto è positivo, ma solo dopo un lungo periodo in cui lo sviluppo del business, la sperimentazione degli interventi e la creazione di un mercato sono sostenuti anche attraverso donazioni e finanziamenti a condizioni agevolate. Un recente studio sul mercato più evoluto per la finanza ad impatto sociale, quello anglosassone, condotto da Engaged X (Engaged X 2015:7), ha quantificato il ritorno finanziario complessivo per le operazioni di impact investing in un -9,2%, e il tasso di conservazione del capitale al 72%. Tali valori possono apparire deludenti; tuttavia occorre considerare che altri comparti dell’economia considerati a rischio elevato, quali le PMI o gli ambiti “unbankable”, presentano percentuali allineate a queste. Oltre a ciò, va tenuto conto del fatto che gli esiti sono stati ottenuti in una fase di crisi finanziaria, da operatori non dotati di un track record sufficientemente strutturato. In ogni caso, poi, i risultati finanziari, che verosimilmente miglioreranno con l’accumulazione di informazioni da parte degli intermediari e degli operatori sociali, sono ovviamente migliori rispetto a quelli ottenuti nell’ipotesi della donazione. Nel momento in cui ci si avvicina alla finanza ad impatto sociale, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta, è dunque fondamentale avere una conoscenza chiara delle sue caratteristiche e del suo funzionamento; in base a queste informazioni, è possibile decidere se agire come investitore tradizionale che opera in mercati emergenti o come investitore sociale (Hattendorf 2012). A seconda della scelta, verranno adottate decisioni di investimento e azioni di supporto a favore delle organizzazioni finanziate di natura sostanzialmente diversa. Nel caso dell’investimento sociale, si punterà a

71 massimizzare gli impatti sulla comunità destinataria dell’intervento, avendo presente che ciò non sempre può accompagnarsi all’ottenimento di un rendimento finanziario positivo, ed a volte nemmeno alla restituzione integrale del capitale concesso. Di conseguenza, l’efficienza delle organizzazioni sostenute andrà valutata in base alla capacità di generare il livello di entrate più elevato possibile, sotto il vincolo del conseguimento del massimo impatto (per esempio, servendo anche gli utenti che abbiano difficoltà a pagare per le prestazioni) (Starr 2012).

- Concorrenza imperfetta

Essa è dovuta all’inefficienza ed al grado di sviluppo ancora embrionale dei mercati della finanza ad impatto sociale. L’inefficienza si deve principalmente alla scarsa trasparenza, causata dall’assenza di standard condivisi per misurare il rendimento degli investimenti, che comporta elevati costi di transazione e di due diligence. L’incertezza è accresciuta dalla limitatezza dei dati disponibili riguardo i risultati sociali e finanziari della media del mercato dell’impact investing, nonché dalla già citata carente comprensione del modello di gestione delle iniziative in campo sociale. L’inefficienza porta a non indirizzare i capitali verso i progetti più meritevoli; questo avviene anche in quanto i finanziatori non mostrano sufficiente attenzione alla misurazione dell’impatto. Sarebbe utile, per esempio, che le aspettative di carriera e la remunerazione delle persone che, all’interno degli operatori finanziari o delle fondazioni, sono preposte a gestire le risorse indirizzate al sociale, fossero legate a risultati dimostrabili in termini di impatto sociale realizzato (Starr 2011). È prevedibile che, col passare del tempo e l’accumularsi dei dati e delle conoscenze in materia di impact investing, sarà possibile offrire prodotti mirati alle esigenze di ognuno dei segmenti di rischio della domanda; in questo processo, gli intermediari assumeranno un ruolo attivo nella riduzione delle asimmetrie informative e nel pricing (Pasi 2015). La segmentazione del mercato lo renderà più comprensibile in termini di rapporto rischio/rendimento (sia sociale che finanziario), e di conseguenza più attrattivo per gli investitori. Uno dei passi necessari per giungere a tale situazione consiste nella voluntary disclosure: il miglioramento delle pratiche di raccolta dei dati e la loro condivisione da parte degli intermediari specializzati può contribuire a rendere il mercato più trasparente, in modo tale da chiarire alle diverse categorie di investitori il trade-off esistente in ogni situazione tra rendimento finanziario e ritorno sociale (Engaged X 2015:16). Ciò detto, nel contesto italiano le questioni più importanti riguardano il lato della domanda, più che quello dell’offerta. Da questo punto di vista, occorre un maggior coinvolgimento delle organizzazioni del terzo settore nella fornitura dei servizi di welfare, oltre ovviamente ad un insieme articolato di misure di sostegno politico ed economico.

- Esternalità

Le esternalità sono connaturate al concetto stesso di investimento sociale, dal momento che questa categoria di operazioni finanzia servizi che spesso generano ricadute positive nei confronti di gruppi più vasti rispetto ai destinatari dell’intervento, quando non dell’intera collettività. Il mercato degli investimenti a impatto sociale, essendo non perfettamente efficiente, non è in grado di monetizzare il valore complessivo delle esternalità generate e di incorporarlo nel computo dei costi e dei benefici relativi all’intervento.

72 - Beni pubblici

Con riguardo a quest’ultima ipotesi, si osserva che la spinta alla produzione da parte di operatori privati di questo tipo di beni, esercitata dalla finanza sociale, non si dimostra sufficiente a garantirne la fornitura ai livelli desiderati, ed occorrono dunque misure complementari di sostegno.

Tra le azioni per rendere più efficiente il mercato dell’impact investing, quella su cui è necessario compiere i maggiori sforzi è lo sviluppo di metriche in grado di quantificare efficacemente l’impatto sociale realizzato, riuscendo in tal modo a ridurre l’asimmetria informativa tra domanda ed offerta di finanziamenti, ed a premiare le iniziative che abbiano conseguito i migliori risultati.

4.1.1 La misurazione dell’impatto sociale

Il processo della misurazione dell’impatto sociale è schematizzabile in 7 passaggi: 1) la comprensione del problema e del contesto di riferimento;

2) la pianificazione;

3) la definizione degli indicatori e delle misure; 4) la misurazione vera e propria;

5) la convalida delle misurazioni; 6) l’analisi delle informazioni ottenute; 7) l’elaborazione di report e l’apprendimento.