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Attraverso gli occhi di un bambino

Nel documento Aldo Nove: forme, generi e temi (pagine 51-60)

Route 66: romanzo di formattazione Storia di un teologo che viveva in un gross market

2.3 Attraverso gli occhi di un bambino

Il bambino è punto di partenza e punto di arrivo. Uno sguardo candido sul mondo che poi si perde crescendo, ma crescere davvero è lavorare per acquisire di nuovo quello sguardo. Siamo tutti arrabbiati, tutti frustrati… c’era un traffico oggi a Roma! Bisogna ritornar bambini!52

Così risponde Aldo Nove ad una domanda durante un’intervista tenuta dal giornalista Carlo di Francescantonio. Dopo la sperimentazione del linguaggio infantile in Amore mio infinito, Nove decide di continuare ad adottare questo registro in alcune opere successive. Il mondo viene filtrato attraverso gli occhi di un bambino, con ingenuità, naturalezza e incanto, perché Nove crede che la condizione infantile di fronte alle cose, sia completamente spontanea e genuina e questo candore si perda con la frustrazione e il senso di responsabilità che l’età adulta impone, trasformandosi in disincanto. Aldo Nove cerca di sfuggire ai vincoli dettati dalla società adulta e si rifugia in un mondo infantile, che attinge direttamente dalla propria esperienza. In particolar modo questo avviene per La più grande balena morta della Lombardia, una raccolta di racconti costellata da riferimenti autobiografici manipolati ed espressi come uscirebbero dalla bocca di un Aldo Nove decenne.

Viene recuperato anche il genere della favola. Nel 2008 esce, infatti, Zero il robot. Si tratta di una favola sull’origine dell’universo, accompagnata da disegni, alla quale si intrecciano fantascienza, scienza, filosofia, chimica, poesia e tanto altro. Al centro di tutta la storia c’è ancora una volta la visione infantile, genuina e spontanea, piena di

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immaginazione, che riesce a portare alla luce cose che un adulto, troppo compromesso dalla frustrazione, non riuscirebbe mai a vedere.

La più grande balena morta della Lombardia

La più grande balena morta della Lombardia è una raccolta di racconti pubblicata nel

2004 da Einaudi nella collana Stile Libero. Con questo libro,Aldo Nove riprende questa forma di scrittura, ponendo al centro il bambino. Infatti si tratta di storie in cui si parla di un mondo consumistico, nella seconda metà degli anni Settanta, proprio quando lo scrittore aveva circa dieci anni. I racconti sono tutti in prima persona e la voce è quella del bambino Antonello Satta Centanin, il vero nome di Aldo Nove. Lo scrittore, infatti, attinge dalla propria esperienza personale, costellando i racconti di riferimenti autobiografici; a partire dall’ambientazione, che è per l’appunto, la città natale Viggiù. Le citazioni autobiografiche non sono mai esplicite, ma si tratta di piccoli indizi lasciati nel testo: «mia madre ha detto che aveva sonno, mi ha detto buona notte anto vai a letto.»[GBML 15]. Viene rimodellato il vissuto personale, al quale si intrecciano la fantasia e l’immaginazione tipicamente infantili, dando vita a 51 racconti che narrano di ossessioni, paure infantili, ma anche di vita quotidiana.

Mentre Superwoobinda è un insieme di racconti ognuno dei quali ha un protagonista differente, La più grande balena morta della Lombardia è una raccolta di storie che hanno un filo conduttore rappresentato sia dal protagonista, ovvero il Nove bambino, il quale vuole essere portatore di un pensiero infantile universale, sia dalla città di Viggiù. Nove tenta di presentare un’immagine di infanzia che possa rispecchiare il sentire comune, attraverso il piccolo Anto, non solo nel suo modo di esprimersi, ma anche di pensare e comportarsi. Egli ha infatti interesse per le idee e i concetti astratti e da questi riesce a trarre delle conclusioni, inoltre sta sviluppando un senso di morale e riesce a pensare logicamente.

La lingua del piccolo Anto

Il linguaggio con cui il protagonista si esprime è colloquiale e include tutte le caratteristiche che sono legate al modo di parlare dei bambini di età preadolescenziale. La sintassi è paratattica, con frasi brevi e semplici; c’è il tentativo di stilizzare il parlato. Talvolta si incorre in qualche frase con anacoluti e ripetizioni tipicamente legate al linguaggio colloquiale, come ad esempio «Io per sentire quei dischi li mettevi sul

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giradischi, e sopra la puntina del giradischi appoggiavi una moneta da cento lire se non cadeva.» [GBML 129]. Inoltre la punteggiatura è quasi assente e si fa un largo uso dei pronomi deittici. Spesso troviamo anche delle frasi che sono sospese, non hanno un punto finale e sono messe in risalto con un a capo, come ad esempio «perché quella è stata la giornata più bella della mia vita, la pizza era buona è stato // il giorno più bello della mia vita» [GBML 98].

Così come in Amore mio infinito, anche in queste pagine è presente l’elemento poetico, che è vivo nelle parole del bambino, come accade nel capitolo La bufera, in cui abbiamo frasi brevi, ripetizioni, anafore, parallelismi fonici e di tanto in tanto qualche rima baciata, sebbene facile e grammaticale:

Dobbiamo camminare. Non continuare a parlare. […] Se parliamo ci stanchiamo. Sì.

Andiamo. [GBML 74].

Si ricorre anche alle similitudini: «E il vento come un urlo, e poi taceva. Ricominciava come un cane che sta per morire, e si lamenta»[GBML 76].

Intertestualità

Nel testo è possibile incappare in citazioni che fanno riferimento aduna grande varietà di elementi extra-letterari, come ad esempio la musica pop con la canzone Le

arti dei miscugli dei Bluvertigo, oppure la filosofia orientale come avviene all’inizio

dell’ultimo capitolo con il Canone Theravada di Budda, ma anche riferimenti al pensiero cattolico nel capitolo Le voci in cui viene riportata una parte della prima enciclica pubblicata da Paolo VI nell’agosto del 1964. In quest’ultima il papa precisa che la Chiesa ha bisogno di ritrovare e approfondire la coscienza di sé, della propria origine e della propria missione nel mondo. Per citare questo documento, Nove utilizza ancora una volta i mass media: il discorso proviene infatti da una radio, che i due protagonisti della storia accendono perché annoiati.

Una raccolta eterogenea

In questa raccolta di racconti convergono più argomenti, che vanno dalla religione, alla fantascienza, ma è presente anche l’attualità con la denuncia di argomenti

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del tempo e interventi politici. Il punto di forza della Più grande balena morta della

Lombardia si ritrova proprio nel fatto che sono presenti due registri: uno è dettato dalla

fantasia e dall’immaginazione, mentre l’altro dalla realtà, con la citazione di fatti di cronaca, o riferimenti all’attualità. Così alcuni racconti hanno una narrazione fantastica, ma sono comunque ancorati alla realtà, come ad esempio nel capitolo Cottolengo, dove si descrive una città piena di esseri bizzarri, alcuni dei quali deformati e con due teste, altri con la testa a patata, ma sono semplicemente il riflesso del presente dato questo istituto fondato a Torino, che ospita disabili psichici e fisici. Ci sono anche delle storie che sono collegate a fatti di cronaca come nel capitolo Re Cecconi, il calciatore che, simulando una rapina in una gioielleria, venne ucciso nel 1977 dal proprietario del negozio. Questa tragedia viene narrata portandola su un piano d’ingenuità infantile: il piccolo Anto decide di fare uno scherzo assieme alla cugina e così rompe la finestra di casa della nonna con un enorme gavettone. Questo scherzo infantile viene paragonato ad una finta rapina, tanto che il ragazzino dice che per fortuna la nonna «non aveva con sé la pistola e lo scherzo non ci è costato la vita» [GBML 99].

Emblematico è poi il racconto Il gatto orrendo, nel quale vengono affrontati fatti del passato e del presente che hanno avuto un grande rilievo nella storia mondiale. Il protagonista nota, sul tetto dell’abitazione dei vicini di casa, un gatto davvero brutto, malnutrito e spelacchiato, a tal punto che «Se era una trasmissione lo toglievano. Se era una macchina lo rottamavano. Se era un amico lo scacciavano dall’oratorio.» [GBML 52 53]. Nove, prendendo ironicamente come paragone questo gatto orrendo, denuncia alcune grandi questioni a cui l’umanità è andata incontro nel Novecento, in particolare, il Terzo mondo e l’Olocausto. L’animale spelacchiato riporta alla mente di Anto le trasmissioni televisive che mostrano il Biafra, con bambini malnutriti, pieni di mosche e poi successivamente un documentario sull’Olocausto, nel quale si vedono persone scheletriche che camminano nude, pronte per la fucilazione. Successivamente viene introdotta una grande donna del XX secolo, Madre Teresa di Calcutta, che Anto, avendola vista in un documentario, decide di imitare facendosi missionario della salvezza del gatto orrendo. L’intento, con cui Nove costruisce un ponte fra l’immagine di questo animale e alcune grandi questioni del Novecento, è parodico, enfatizzato dal linguaggio infantile del piccolo Anto, ingenuo e influenzato dai mass media.

Accanto ad argomenti che coinvolgono l’umanità e sono di carattere collettivo, si sviluppano anche dei racconti che affrontano l’intimità, come quelli dedicati alla

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formazione sessuale. In particolare un capitolo, il cui titolo è Ciascuno deve pensare a

Cicciolina per sé, tratta dell’avvio alla pubertà con la consapevolezza del cambiamento

del proprio corpo e viene descritta la prima esperienza di masturbazione che si conclude ironicamente con la sensazione di essere finalmente diventati adulti.

È interessante il capitolo il cui lungo titolo, Tetsujin 28-GO e gli altri 22 robot

scappati dal negozio di giocattoli della Battagliola per prendere il potere del Comune di Viggiù e poi della Terra, preannuncia un tema molto caro a Nove che è quello della

tecnologia e del mondo della robotica. Il testo è scandito dal ritmo di un elenco numerato, nel quale vengono catalogati tutti i robot rivoluzionari che hanno preso vita e sono scappati dal negozio della Battagliola per conquistare Viggiù. Ognuno viene descritto nei dettagli e per farlo Nove mette in campo tutta l’immaginazione e la fantasia che caratterizza i bambini: c’è un modello di robot che ha «le gambe a forma di aspirapolvere e un tachimetro sulla pancia» [GBML 115], un altro ha «le gambe da rana di plastica verde a molla e la faccia da pagliaccio femmina» [GBML 120]. Naturalmente, a questi robot non mancano caratteristiche legate ai marchi dei prodotti: uno ha «le gambe uguali a quelle dell’omino Michelin ma colorate di nero»[GBML 119], un altro ha «la tuta da ginnastica adidas rossa di metallo lunare»[GBML 115], un altro ancora ha «la forma scatola di Simmenthal» [GBML 115]. Alcuni sono connessi al mondo televisivo, come il robot OhgonBat che ha il corpo di Bud Spencer elettronico oppure U-5 Robot che ha un disco dello Zecchino d’oro al posto della gola. Dopo il lungo elenco descrittivo di questi robot, il testo assume una forma circolare, poiché vengono recuperate le prime righe del capitolo e così la storia ricomincia da capo. L’unica differenza è di tipo tipografica in quanto man mano che si legge il testo, questo assume un carattere sempre più piccolo. Le ultime righe del racconto, che continuando in circolarità, sono ancora una volta le prime parole del capitolo, sono interrotte con un troncamento della parola finale, esattamente come accadeva nelle storie di Woobinda. Questo capitolo è un’anticipazione del libro Zero il robot, che uscirà quattro anni dopo, nel 2008, non solo per il tema della tecnologia e della robotica, ma anche per la struttura narrativa circolare.

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Zero il robot

La favola degli adulti

Nei tempi antichi le favole avevano una struttura ben definita, la quale consisteva nel dialogo fra due personaggi, un protagonista e un rivale, che si concludeva con il prevalere di uno sull’altro e l’esposizione di una morale esplicita. Come hanno spiegato Carla Boroni e Marta Mai53, nel Novecento il personaggio principale non ha uno specifico antagonista, se non la società in cui vive. La favola, a differenza di quel che comunemente si crede, non è mai stato un genere per i più piccoli. Le favole contemporanee hanno abbandonato l’idea di trasmettere dei valori universali, preferendo raccontare le problematiche della società di oggi. Inoltre la favolistica di oggi privilegia una morale implicita, adatta a diverse interpretazioni. Aldo Nove sceglie di adottare questo genere per scrivere Zero il robot. Apparentemente può sembrare che questo libro abbia come destinatari di lettura i bambini, in realtà i lettori a cui l’opera si rivolge sono principalmente gli adulti. In Zero il robot si analizza la società contemporanea colpita da un’alienazione che ha condotto l’uomo di oggi a vivere oppresso in un mondo merceologico e consumistico. Gli adulti sono logorati dal senso di responsabilità e sono imprigionati nella precarietà lavorativa, incapaci di ritrovare il senso di meraviglia e l’incanto che caratterizzano l’infanzia. Solo i bambini e le persone anziane che riescono a lasciarsi andare rispetto ai propri obblighi vedono il mondo fantastico e magico dei robot. La morale nella favola di Nove è implicita: è necessario rimanere un po’ bambini per poter vivere felici e non farsi soggiogare dal senso di responsabilità.

Un’opera con molte sfaccettature

Fra tutti i libri di Aldo Nove, uno dei più originali è senza dubbio Zero il robot, pubblicato nel 2008 presso la casa editrice Bompiani. Si tratta di un’opera a quattro mani, poiché Maria Francesca Tassi ha collaborato alla realizzazione delle illustrazioni. Quello che più colpisce di questo libro è l’accordo fra testo e immagini: infatti, la scrittura è corredata da disegni colorati che ricordano quelli dei libri per bambini. La storia è incentrata su Zero, il primo robot comparso nell’universo, ma non si tratta solo di questo, perché si tenta di tracciare un’origine del mondo. Si intrecciano la fantasia, la

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scienza, la fisica, la chimica, la filosofia, la tecnologia e la poesia. Il risultato è una favola dell’universo che allo stesso tempo contiene in sé il saggio scientifico e tecnologico, così come alcuni elementi filosofici, che rendono il testo adatto alla riflessione. Tutte queste caratteristiche, che danno all’opera molte sfaccettature, fanno in modo che si abbiano diversi piani di lettura. I misteri dell’universo rispondono a leggi matematiche e fisiche, ma per rispondere ad alcune domande occorre la poesia. Una sfida che questo libro si pone, e che è stata decisamente vinta, è quella di creare un’unità fra scienza e poesia, fra testo e immagini.

Maria F. Tassi racconta in un’intervista di aver incontrato Aldo Nove ad un’asta di beneficienza ed è proprio in quell’occasione che fra i due ha preso forma questo progetto. Come ho già detto, lo spunto per realizzare questo libro è stato preso dal capitolo sui robot rivoluzionari della Più grande balena morta della Lombardia. Il contributo di Maria Tassi è molto importante, perché permette al lettore di amplificare la propria immaginazione, grazie alle illustrazioni che rappresentano ciò che si sta raccontando nel testo. I ritratti dei robot rivoluzionari su cui Nove aveva fantasticato anche qualche anno prima prendono vita con colori e linee, disegni semplici e infantili.

La struttura

Il testo non è diviso in capitoli: in una prima parte si narra del mondo dei robot e successivamente si racconta la favola del robot Zero, preceduta da un tentativo di spiegazione dell’origine dell’universo. La narrazione ha un andamento ciclico: infatti, non appena il testo termina, iniziano una serie di immagini che sono esattamente la fotografia delle pagine del libro stesso, conferendo un senso di infinità che ricorda, appunto, l’universo.

Il mondo dei robot è descritto da Nove nella prima parte del libro tramite un filtro puerile. La punteggiatura è scarsa sia nei lunghi che nei brevi periodi:

Dal punto di vista del rumore ce n’era moltissimo e ancora adesso due scienziati che stavano studiando una specie di sistema per comunicazione di satelliti artificiali nel 1965 hanno visto che una interferenza radio nella gamma delle microonde era prodotta da una cosa che non riuscivano a capire [ZR 50].

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Per riprodurre le movenze di un parlato talvolta si nota l’abolizione delle congiunzioni eufoniche: «Zero era il primo robot di tutti e era trasparente, e sempre arrabbiato» [ZR 54].

Nove continua la strada della scrittura infantile e per imitare il linguaggio dei bambini introduce errori grammaticali e sintattici.

Il testo ha una buona dose di incanto ed’ingenuità. Si conserva un tono poetico, lo stesso che caratterizzava La più grande balena morta della Lombardia, con ripetizioni, anafore, similitudini, allitterazioni e frasi brevi che ricordano i versi della poesia:

Tutte le cellule sono diverse. Sono come salsicce che nuotano. Sono come degli elicotteri preistorici.

Sono come cartoline di vita piccolissime, che si trovano nel mare. Sono come dei cassettoni dell’immondizia subacquei.

Sono come dei cucchiaini con la febbre. Sono come portiere della macchina viventi. Sono come fazzoletti con i tentacoli. Sono lattine di DNA.

Sono monetine chimiche veloci.

Sono dinosauri di un milionesimo di millimetro [ZR 37].

Il mondo robotico, «fatto di scatole di cartone nascoste in solaio che contengono giocattoli di latta»[ZR 8], può essere visto solo dai bambini oppure dalle persone anziane che riescono ad abbandonarsi totalmente all’immaginazione. Nove spiega che questo mondo esiste, ma che nessun adulto è riuscito a dimostrarlo e che la poesia è l’unica che può aiutare nella conoscenza. Ci sono poi due donne che possono trovare il modo per raggiungere il mondo dei robot: Rita Levi Montalcini e Margherita Hack. Come accade nella Più grande balena morta della Lombardia, anche in Zero il robot accanto al mondo immaginario, onirico e incantato, c’è la realtà contemporanea rappresentata da queste due illustri donne.

59 I robot

Nella narrazione della seconda parte, che riguarda la favola di Zero, vengono eseguiti i ritratti dei robot, ognuno dei quali è descritto con immaginazione e fantasia, ma certamente includendo degli elementi reali ancorati alla contemporaneità. Nove pone a questi robot nomi parlanti che suggeriscono delle specifiche caratteristiche: Radar Robot, Television Robot, Robot Uomo Ragno, Dalai Lama Robot, Poeta Robot. Per descrivere questi personaggi si utilizza un elenco di caratteristiche ed ogni descrizione è correlata dal ritratto grafico del robot, che si trova subito dopo il testo, così che il lettore possa avere un’idea precisa e immediata di quello che viene descritto. Il personaggio Poeta Robot è uno dei più significativi perché rispecchia uno degli intenti del libro, ovvero quello di unire la scienza alla poesia. Infatti Poeta Robot è un congegno con radio, progettato dalla Volkswagen, il quale ha sulla pancia l’immagine di un simbolo scientifico, un atomo, ma possiede anche una stampante incorporata da cui, ogni due ore, esce una poesia di Friedrich Hölderlin. Per mostrare questa poesia al lettore, Nove inserisce il testo lirico all’interno del disegno di Maria Tassi, così da creare una commistione armonica fra figura e testo. La lirica che Poeta Robot sputa fuori ogni due ore è la poesia Canto del tedesco; ne vengono riportate tre strofe che sono un inno alla patria, ma prendono le distanze dagli abitanti tedeschi perché sono poco capaci di trarre il meglio dalla loro terra. Sempre con questo esempio è possibile notare anche i due piani di lettura dell’opera: è un testo adatto agli adulti che riconoscono i riferimenti colti, ma nello stesso tempo è anche di facile comprensione per un bambino che legge la favola e recepisce questo personaggio semplicemente come una macchina che sputa poesie e ha la testa verde.

Interessante è anche il personaggio Dalai Lama Robot, il quale ha nel testo la funzione di guida spirituale ed è colui che spinge Zero a far stampare dal Poeta Robot la storia infinita che il lettore legge nel testo. Il Dalai Lama Robot è un grande ascoltatore ed è il più saggio dei robot, inoltre è colui che spiega a Zero il senso della vita. In questo modo nel libro viene inclusa anche la spiritualità; questo personaggio è l’unico robot con caratteristiche molto simili a quelle umane.

Con Zero il robot, Nove riesce a realizzare un libro caleidoscopico, pieno di colore, che coniuga al proprio interno discipline umanistiche, come poesia, arte, filosofia con discipline scientifiche come la scienza, la fisica, la chimica e la tecnologia.

Nel documento Aldo Nove: forme, generi e temi (pagine 51-60)