Route 66: romanzo di formattazione Storia di un teologo che viveva in un gross market
3.5 La distruzione per rinascere
In Tutta la luce del mondo, Aldo Nove descrive il momento in cui al santo si manifesta, in una visione, un serafino con il volto del Signore. Questa apparizione conduce Francesco a partecipare alla passione di Cristo tramite le stimmate, che rappresentano un dono divino, simbolo di condivisione della sofferenza. Il santo è onorato di aver provato sulla propria pelle il calvario di Cristo e ha la sensazione che questa esperienza possa averlo elevato: dal dolore del proprio corpo si è compiuta una
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sorta di rinascita spirituale profonda. Francesco descrive la visione a Frate Leone dicendo:
Guardavo il cielo e allora mi è apparso come un punto lontano, luminoso […] mi sentivo pervadere di fuoco e luce. […] Era un Serafino […] Aveva sei ali di fuoco. Con due volava, mantenendosi sospeso in cielo. […] Allora ho visto il volto di nostro Signore che mi guardava. Il Serafino aveva il volto di nostro Signore […] e in quegli occhi ho visto tutto il mondo nostro, e molto di più che bruciava in un istante […] il Signore mi ha permesso che condividessi con lui la gioia della Passione, e me ne ha fatto così dono. [TLM 229 230].
In questa descrizione, Nove inserisce l’elemento del fuoco collegato alla manifestazione divina così come accade nella Bibbia. Infatti come spiega Giuseppe De Virgilio, è «possibile ricondurre la molteplicità dei significati teologici della categoria del fuoco a due aspetti fondamentali:il fuoco come elemento di distruzione e giudizio; il fuoco come elemento di manifestazione di Dio e di rinnovamento dell’uomo»89.
Ma nella Bibbia il fuoco simboleggia anche la purificazione perché libera da tutto ciò che è contaminato. Questo tema compare anche nella Vita oscena. In questo romanzo, infatti, Nove fa largo uso di termini religiosi e descrive scenari liturgici, spesso legati al sesso. Nel cap. 26 il protagonista ha una sorta di visione religiosa: egli vede la propria madre, morta alcuni anni prima, sdraiata su «un tavolaccio di legno» [VO 104], circondata da chierichetti, attorniata da molti volti di conoscenti senza corpo, fra i tanti, anche quello di Gesù Cristo. Il protagonista della Vita oscena assiste alla propria nascita: il corpo della madre si distrugge poco a poco, fino a scomparire «in un grumo liquido marrone» [VO 107], per mettere al mondo il neonato. Il rosso del sangue e del fuoco fa parte dell’intera descrizione:
Dalla sua vagina uscì un enorme fiotto di sangue, che sgocciolò a terra[…]avevo i piedi nel sangue, i quattro chierichetti iniziarono a intonare un canto gregoriano. Dalla vagina di mia madre vidi uscire la mia testa. A mano a mano che fuoriusciva si trasformava nella mia testa. Nel sangue. […]Nel rosso. Come nel rosso dell’inferno [VO 106 107].
La distruzione del corpo e la sofferenza conducono il protagonista, che ormai ha toccato il punto più basso della propria esistenza, a un risollevamento, o meglio a un
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vero e proprio rinnovamento, che è invocato nell’ultima parola del capitolo: «Rinascere» [VO 108].
Quindi, in Tutta la luce del mondo e nella Vita oscena ci sono due visioni religiose che accompagnano il protagonista a una sorta di rinascita tramite la percezione di una grande sofferenza e un grave dolore. Il rosso del fuoco è un elemento che ritorna in entrambe le visioni, che ricorda la filosofia degli stoici: la fine dell’universo è segnata da un grande incendio, ogni cosa deriva dal fuoco, così come vi ritorna alla fine del proprio ciclo evolutivo, per poi rigenerarsi.
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Conclusioni
Questa tesi ha come obiettivo quello di mostrare il percorso narrativo di Aldo Nove, il quale ha adottato, nel corso della propria carriera, differenti forme di scrittura: il racconto, il romanzo, il reportage, la favola, l’autobiografia.
Come ho detto, l’esordio di Aldo Nove avviene nel 1996 con Woobinda, un’opera con cui ha ottenuto un buon successo. Nello stesso anno viene pubblicato anche il racconto Il mondo dell’amore in Gioventù cannibale. Nove è stato uno degli autori più rappresentativi dei cannibali, componendo testi ironici e grotteschi, adottando soluzioni stilistiche e linguistiche sperimentali.
Alla fine degli anni Novanta del Novecento comincia un processo di esaurimento del postmoderno e il pulp dei cannibali a poco a poco si spegne. Con l’avvento degli anni Duemila, Aldo Nove sente la necessità di cambiare direzione: così, si dedica a una letteratura più intimista pubblicando Amore mio infinito, un romanzo in cui l’autore narra per la prima volta di vicende amorose, sperimentando un linguaggio infantile. Nonostante questi cambiamenti e l’adozione di un genere differente, Nove tuttavia è sempre ancorato alla critica del mondo dei consumi. In un’intervista condotta da Barison, Nove risponde così:
Barison: Con Amore mio infinito, invece, ti sei un po’ discostato da quanto fatto in precedenza. È come se all’interno del tuo linguaggio fosse esploso una specie di nucleo poetico. Ti sei fatto più serio, in qualche modo. Com’è avvenuto questo cambiamento? È successo davvero, oppure è solo una mia fantasia?
Aldo Nove: Mah, io cambio sempre. Con Amore mio infinito, per la prima volta, c’è stato un guardarsi dentro. C’era il tema dell’innamoramento, dell’amore, ma sempre nel contesto precedente. In Amore mio infinito, se ricordo bene, c’è una frase che dice “Due quando si amano mangiano insieme il Biancorì”. Dicevo una cosa di questo genere. Il contesto era lo stesso, ma con l’aggiunta dell’innamoramento. L’amore c’è sempre stato. C’era ai tempi di Dante, ai tempi di…90
Il registro infantile è mantenuto in due opere successive La più grande balena
morta della Lombardia (2004) e Zero il robot (2008). In questi libri, il mondo è filtrato
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attraverso gli occhi di un bambino con l’ingenuità e la meraviglia che caratterizzano l’infanzia e alla quale è contrapposta la triste età adulta, piena di responsabilità e disincanto. Aldo Nove abbandona il sarcasmo che ha caratterizzato le sue opere precedenti, tuttavia non rinuncia a denunciare la società dei consumi che aliena gli adulti rendendoli tristi, incapaci di comunicare e smarriti in balia della falsità delle notizie dei telegiornali, che lo scrittore definisce «sedute di ipnosi collettiva»91.
Successivamente, nel 2006, Nove decide di adottare un’altra forma di scrittura, ovvero il reportage, con la pubblicazione di Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno
250 euro al mese. In quest’opera l’autore abbandona l’ironia, l’immaginazione e la
finzione per far spazio alla realtà dell’inchiesta giornalistica: si denuncia esplicitamente la condizione dei giovani precari nella società italiana contemporanea. Con questo libro, Nove mette totalmente da parte il grottesco e il sarcasmo che avevano caratterizzato la produzione cannibale e accetta di guardare alla realtà senza timori con una vera e propria denuncia sociale.
Nel 2010 Aldo Nove pubblica un’autofinzione La vita oscena, in cui lo scrittore pone sé stesso come protagonista. Solo tramite interviste ed altri elementi paratestuali è possibile identificare l’autore con il protagonista. Inoltre la realtà e la finzione si mescolano e non è possibile capire che cosa nel testo sia inventato, cosa sia frutto delle allucinazioni derivate dall’assunzione di droghe e cosa, invece, sia vero.
Il filo conduttore legato alla critica del mondo mass mediatico non abbandona Nove neanche in Tutta la luce nel mondo: San Francesco si libera di ogni bene superfluo, mettendosi completamente a nudo. Lo scrittore trapianta gli effetti del capitalismo di consumo nell’epoca medievale, usando la figura del santo per farne una denuncia implicita.
In conclusione, Aldo Nove si può definire un autore poliedrico, ovvero capace di adottare, nel corso della propria carriera, molti stili e forme di scrittura. Da scrittore pulp e cannibale, passando per una letteratura più intimista fino ad approdare ad una scrittura spirituale, Nove non ha mai smesso di produrre testi. Dopotutto è l’autore stesso, in una recente intervista ad affermare: «Il mio amore è la scrittura e sono piuttosto libertino»92.
91 D’ATTIS 2004. 92 POLICASTRO 2020.
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estremo, a cura di Daniele Brolli, Torino, Einaudi, 1996
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MCR Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese, Torino, Einaudi, 2006 PPM Puerto Plata Market, Torino, 1997
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ZR Zero il robot, Milano, Bompiani, 2008
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