• Non ci sono risultati.

L’attuazione della disciplina dell’impresa sociale a seguito dei criteri adottati dal

Nel documento I profili fiscali dell'impresa sociale (pagine 115-121)

Per la prima volta quindi, la disciplina dell’impresa sociale prendeva forma in un decreto legislativo che aveva come unico scopo, quello di istituire una nuova realtà imprenditoriale alla quale potessero partecipare le più diverse forme giuridiche

116 previste all’interno del codice civile, riuscendo a coniugare le forme imprenditoriali tipiche degli enti commerciali ed il fine prettamente sociale che caratterizza l’oggetto sociale delle imprese sociali. Nonostante il legislatore avesse stabilito un sistema di regole da applicare all’impresa sociale, rimanevano ancora alcuni dubbi sulla concreta applicabilità delle disposizioni di cui al Decreto Legislativo n.155 del 2006. A questo riguardo, si era rilevata fondamentale l’introduzione delle linee guida in merito ad alcune delle tematiche più importanti della disciplina dell’impresa sociale. Quest’ultime, era state introdotte grazie all’emanazione35 del Decreto Ministeriale del 24 Gennaio del 2008 tramite l’intervento del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero della Solidarietà Sociale. Le tematiche disciplinate dal decreto in questione riguardavano : 1) “ la definizione dei criteri quantitativi e temporali per il

computo della percentuale del settanta per cento dei ricavi complessivi dell’impresa sociale..”; 2) le linee guida per la redazione del bilancio sociale da parte delle organizzazione che esercitano l’impresa sociale ; 3) Linee Guida concernenti le modalità cui devono attenersi le organizzazioni che esercitano l’impresa sociale nel porre in le operazione di trasformazione, fusione, scissione e cessione di azienda; 4) la definizione degli atti che devono essere depositati da parte delle organizzazioni che esercitano l’impresa sociale presso il registro delle imprese, e delle relative procedure “.

Riprendendo quanto previsto dall’articolo 2 comma 3, ai fini del riconoscimento della qualifica di impresa sociale, la quale svolgeva la propria attività per il raggiungimento di un fine con risvolti sociali e culturali, il legislatore aveva previsto un rapporto percentuale da considerare, al fine di non perdere il requisito di socialità attribuito all’organizzazione. Si richiedeva pertanto, che l’attività principale dell’impresa sociale fosse rivolta alle attività indicate nel decreto legislativo n. 155 del 2006 all’articolo 2 comma 1. Evidentemente, tutto ciò che non rientrava nell’ambito operativo dalla disposizione suddetta, era da ritenersi accessorio e non diretto all’ottenimento di un fine puramente sociale. Nella disposizione di cui sopra, il legislatore si riferiva al

35L’impresa sociale, I lineamenti fondamentali e i contenuti dei nuovi decreti attuativi, Tuttocamere-L’impresa sociale- Aprile 2008, di Claudio Venturi, https://www.tuttocamere.it/files/dirsoc/Impresa_Sociale.pdf

117 settanta per cento dei ricavi prodotti dall’impresa sociale, derivante dallo svolgimento dell’attività di impresa rivolta al settore del sociale. Si concedeva quindi, la possibilità di svolgere un’attività accessoria senza però, fuoriuscire dai limiti quantitativi categoricamente previsti dal legislatore. La cosa che però risultava alquanto difficoltosa, consisteva nella corretta inclusione dei componenti positivi all’interno del rapporto previsto dal legislatore. La determinazione di un semplice rapporto che non tenesse in considerazione la diversa natura dei ricavi prodotti da parte dell’impresa sociale, rischiava di creare dubbi in merito a quale fosse l’attività principale svolta dall’organizzazione. Con il Decreto Ministeriale del 24 Gennaio del 2008, si stabilivano le modalità di attribuzione dei ricavi da considerare nel rapporto previsto dall’articolo 2 comma 3. Il decreto proponeva la risoluzione della problematica in questione, definendo i ricavi da includere nel rapporto previsto, l’esclusione di alcune componenti positive di reddito ed inoltre la disciplina dei ricavi che derivavano da attività di non facile inquadramento. Per quanto riguardava i ricavi da includere al numeratore del rapporto, il legislatore prevedeva che si dovesse fare riferimento ai ricavi provenienti36 dallo svolgimento dell’attività a carattere sociale. Tutto ciò che derivava dallo svolgimento dell’attività principale diretta al raggiungimento di un fine sociale, doveva essere considerata al numeratore del rapporto previsto dal legislatore. In questo caso quindi, si faceva espresso riferimento all’attività economica di natura gestionale ovvero all’attività caratteristica dell’impresa sociale. Se appariva al quanto chiaro come i ricavi da attività sociale fossero il frutto di ciò che derivava dall’attività caratteristica o principale dell’impresa, era alquanto evidente, come il legislatore tenesse fuori dal computo della percentuale, gli altri proventi derivanti da attività speculative, casuali o che avessero natura finanziaria. Infatti, all’interno della linea guida in commento, il legislatore scomputava dal calcolo della percentuale i proventi frutto dell’attività finanziaria o immobiliare dell’impresa, le componenti straordinarie del reddito di impresa che non rientravano nell’ambito caratteristico dell’impresa, nonché le sopravvenienze attive che non rappresentavano il prodotto dell’attività

36Impresa sociale : approvati i decreti attuativi mancanti, di Monica Poletto, https://www.tuttocamere.it/files/dirsoc/Impresa_Sociale_Poletto.pdf

118 gestionale e produttiva dell’impresa sociale. Anche i ricavi che derivavano da contratti o convenzioni stipulate non potevano essere inclusi nel rapporto previsto dall’articolo 2 comma 3. Nel caso in cui i ricavi rappresentassero il prodotto di una serie di attività e quindi risultasse difficoltoso stabilire la corretta ripartizione tra quelli derivanti dall’attività di utilità sociale e quelli derivanti dalla residua gestione ordinaria, il legislatore aveva previsto di ripartire i ricavi realizzati a seconda del numero di lavoratori impiegati nelle diverse attività.

La corretta determinazione del rapporto tra ricavi prodotti dall’attività di utilità sociale e i ricavi complessivi dell’attività di impresa, era stabilità tenendo in considerazione i principi di contabilizzazione adottati dall’organizzazione considerata ovvero per cassa o per competenza. Sempre in merito alla disciplina prevista nell’articolo 2, il legislatore aveva previsto una serie di oneri pubblicitari in capo all’impresa sociale che consistevano nella rappresentazione delle informazioni di cui ai comma 1, 2, e 3 all’interno dei documenti riportanti i dati economici e patrimoniali annuali nonché nel bilancio sociale. A conclusione della disciplina prevista per la determinazione e imputazione dei ricavi realizzati dall’attività di impresa, il legislatore prevedeva ulteriori obblighi informativi nel caso in cui venisse meno il rispetto della percentuale del settanta per cento. Infatti, l’organizzazione o l’ente era obbligato a comunicare il mancato rispetto della percentuale prevista, al Ministero della Solidarietà Sociale nonché al Registro delle Imprese entro un termine stabilito di trenta giorni dalla data di approvazione del bilancio.

Proseguendo nella trattazione delle linee guida previste dal Decreto Ministeriale 24 Gennaio del 2008, ritroviamo importanti indicazioni in merito alla redazione del bilancio sociale. Si prevedeva che quest’ultimo fosse suddiviso in sottosezioni all’interno delle quali, descrivere : 1) le informazioni generali sull’ente e sugli

amministratori 2) la struttura , governo e amministrazione dell’ente 3) obiettivi e attività 4) Esame della situazione finanziaria 5) altre informazioni opzionali 6) Pubblicità. Per un approfondimento delle tematiche in oggetto si rimanda a quanto

119 Per quanto invece riguarda le operazioni straordinarie poste in essere tra imprese sociali e altre organizzazioni che non presentavano in requisiti previsti per poter ottenere la qualifica di imprese sociali, erano state previste ulteriori linee guida per la realizzazione di operazioni come trasformazione, fusione, scissione e cessione di azienda. Come già accennato in precedenza, queste operazioni potevano comportare una distribuzione dei vantaggi conseguiti dalle imprese sociali a favore di imprese con una spiccata finalità lucrativa. All’interno dell’allegato 1 del suddetto decreto ministeriale era stata aggiunta, all’autorizzazione da richiedere ai fini della realizzazione delle operazioni previste, la documentazione ritenuta indispensabile ai fini del rispetto di quanto richiesto dal Decreto ovvero la documentazione in tema di trasformazione, fusione, scissione e cessione d’azienda. Dopo aver raccolto la documentazione, gli organi amministrativi dovevano notificare quest’ultima con atto avente data certa al Ministero della Solidarietà, il quale esaminava le informazioni ricevute e forniva un resoconto di quanto emerso dalla pratica amministrativa all’Agenzia delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale. Sempre nel termine di trenta giorni, l’agenzia doveva rilasciare “ il proprio parere avente valore consultivo”. Come già indicato nel decreto legislativo n. 155 del 2006, l’autorizzazione veniva concessa dopo 90 giorni dall’avvenuta notifica.

Non essendo stata prevista una disciplina ad hoc per l’impresa sociale nel caso di operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione d’azienda, era alquanto chiaro come il legislatore rimandasse alle disposizioni contenute all’interno del codice civile. Nelle linee guida si faceva espresso rimando alla norme codicistiche e in particolare, agli articoli che vanno dal 2498 al 2506 quater del c.c., ma soprattutto, si richiedeva di fare particolare attenzione alla natura delle organizzazioni ovvero alla forma giuridica delle organizzazioni alle quali era stata attribuita la qualifica di impresa sociale. Le informazioni che dovevano essere inviate tramite atto avente data certa al Ministero della Solidarietà Sociale, dovevano rispettare gli obblighi informativi che non riguardavano solamente la normativa prevista per le imprese sociali, ma anche ciò che veniva richiesto in base alla forma giuridica prescelta. Per quanto riguardava invece la documentazione da produrre, si prevedeva che le parti

120 delle operazioni in questione, predisponessero una situazione patrimoniale che doveva, nel caso di trasformazione, avere data non anteriore a 120 giorni rispetto al momento in cui l’assemblea straordinaria si era riunita per deliberare, o, nel caso di fusione o scissione, la situazione patrimoniale doveva avere data non anteriore a 120 giorni dal momento in cui il progetto di scissione o fusione era stato depositato presso le sedi dei rispettivi enti o società che avevano preso parte alle operazioni. Per la redazione della situazione patrimoniale, il legislatore aveva previsto appositi schemi predisposti dall’Agenzia delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, i quali erano composti dai prospetti che rappresentavano il bilancio delle società ovvero stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa. Si riportava, anche se si riteneva evidente quanto di seguito affermato, che i componenti della situazione patrimoniale ed economica dovevano indicare i componenti positivi e negativi derivanti dall’attività svolta dall’impresa sociale negli ambiti di utilità sociale previsti dal decreto legislativo e il risultato dell’attività principale svolta dall’impresa sociale. Si prevedeva inoltre la possibilità di poter sostituire la situazione patrimoniale richiesta con l’ultimo bilancio formato, sempreché quest’ultimo fosse redatto in un periodo di tempo antecedente i 6 mesi da quando era avvenuta la delibera o il deposito del progetto, a seconda che l’operazione riguardi la trasformazione, fusione o scissione di azienda. In questo caso però, il legislatore prevedeva un ulteriore onere a carico degli amministratori, i quali dovevano indicare i risultati dell’attività svolta a carattere sociale, andando così ad integrare quanto riportato nel bilancio. Si richiedeva inoltre la redazione di una relazione da parte degli amministratori tesa a dimostrare, non solo le motivazioni che avevano portato alla realizzazione di un’operazione di tal specie, bensì le prospettive future che si prevedeva di ottenere, ma soprattutto, quali erano i vantaggi che si potevano ottenere nell’ambito operativo sociale in cui opera l’ente o la società avente finalità sociale. Ma cosa ancor più importante che doveva essere descritta nella relazione degli amministratori, riguardava il modus operandi che il nuovo ente o società adottava per mantenere intatto l’elemento cardine della normativa delle impresa sociale ovvero l’assenza dello scopo di lucro. Come conclusione delle linee guida inerenti alle operazioni di fusione, scissione e trasformazione, il legislatore

121 aveva previsto la possibilità di indicare le informazioni richieste dall’allegato in commento, insieme alle informazioni di cui all’articolo 2500 sexies e 2501 quinquies. Per la cessione di azienda che aveva ad oggetto un’organizzazione la cui attività fosse diretta alla raggiungimento di un fine prettamente sociale, attraverso le linee guida del Decreto Ministeriale di cui sopra, il legislatore prevedeva una serie di obblighi informativi nei confronti dell’organo amministrativo.

Quest’ultimi hanno ad oggetto :

1) la redazione di una situazione patrimoniale secondo i dettami normativi previsti per le operazioni precedentemente descritte, la cui data non deve essere anteriore a 120 giorni dal momento in cui è avvenuta la cessione di azienda ; 2) La descrizione delle motivazioni che hanno portato alla cessione dell’azienda,

le prospettive future dell’attività a seguito della cessione di azienda ed inoltre, le possibili ricadute positive che un’operazione di questo tipo può apportare in riferimento al settore operativo dell’impresa sociale ceduta ;

3) Oltre alle informazioni di cui al punto precedente, è necessario porre indicazione delle attività che l’impresa deciderà di intraprendere per mantenere inalterato lo scopo principale dell’organizzazione che consiste nell’assenza dello scopo di lucro.

4) Si prevedeva inoltre, quanto fosse indispensabile indicare i criteri di valutazione utilizzati per la valutazione dell’azienda ceduta nonché le modalità di determinazione del prezzo;

Nel documento I profili fiscali dell'impresa sociale (pagine 115-121)