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Le disposizioni giuridiche-tributarie che regolano la fattispecie delle erogazion

Nel documento I profili fiscali dell'impresa sociale (pagine 57-86)

Come già descritto in precedenza18, le erogazioni liberali da parte dei soggetti privati a favore delle organizzazioni no profit, sono disciplinate dall’articolo 100 comma 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. L’articolo in commento, è stato oggetto di una prima modifica a seguito della riforma del diritto societario adottata nel 2003 e da un’altra serie di modifiche avvenute nel 2005 e nel 2007. La disciplina delle erogazioni liberali non è stata prevista a seguito dell’istituzione del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, bensì, anteriormente a quest’ultimo, era già stata percepita dal nostro legislatore, l’urgenza di regolare le risorse trasferite da soggetti privati a favore di terzi che volessero svolgere un’attività con un fine a carattere sociale. Infatti, già durante gli Anni Settanta, il legislatore si ero occupato di istituire una diversa regolamentazione in base ai diversi soggetti giuridici. Una breve disanima delle disciplina precedente all’istituzione del Testo Unico delle Imposte sui Redditi sarà di nostro ausilio per una compiuta descrizione dello sviluppo della normativa in esame.

58 Secondo il disposto dell’articolo 6 del D.P.R. 29 Settembre 1973 n. 598 :

2) “Le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni, di associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico, effettuate per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell'art. 1 della L. 1° giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni, e nel D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l'organizzazione di mostre e di esposizioni, che siano di rilevante interesse scientifico culturale, delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari. Le mostre e le esposizioni, gli studi e le ricerche devono essere autorizzati, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali, dal Ministero per i beni culturali e ambientali che dovrà approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo ;

3) le erogazioni liberali in denaro, nella misura che non ecceda il 2% del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni, di associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgano esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo.”

Secondo quanto previsto dall’articolo anzidetto, si permetteva dunque alle società assoggettate ad Irpeg, di beneficiare della deduzione dal reddito imponibile o della detrazione dall’imposta, se le risorse fossero state destinate ad enti giuridici quali fondazioni ed associazioni riconosciute, che svolgessero un’attività a spiccato carattere sociale o quantomeno priva di lucro.

59 Per quanto riguarda invece le agevolazioni riconosciute ai soggetti sottoposti a tassazione Irpef, queste venivano disciplinate tramite l’articolo 60 D.P.R. 29 Settembre 1973 n. 597, il quale riporta :

”Le erogazioni liberali fatte a favore dei dipendenti per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, beneficenza, culto o assistenza sociale sono deducibili per un ammontare complessivamente non superiore al cinque per mille dell'ammontare delle retribuzioni per lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione annuale. Sono inoltre deducibili: a) le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità comprese fra quelle indicate nel precedente comma o finalità di ricerca scientifica, per un ammontare complessivamente non superiore al due per cento del reddito d'impresa dichiarato; b) le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche aventi sede nel Mezzogiorno che perseguono esclusivamente finalità di ricerca scientifica, per un ammontare complessivamente non superiore al due per cento del reddito d'impresa dichiarato; c) le erogazioni liberali fatte a favore di università e di istituti di istruzione universitaria, per un ammontare complessivamente non superiore al due per cento del reddito d'impresa dichiarato. Le erogazioni a titolo di liberalità diverse da quelle considerate dai commi precedenti non sono ammesse in deduzione.”

A seguito dell’introduzione del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, gli articoli dedicati alla regolamentazione delle agevolazioni fiscali e delle erogazioni effettuate a favore degli Enti no Profit, sono stati successivamente sostituiti dall’articolo 65 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Nel nuovo disposto normativo, si prevedeva la deduzione, da parte delle persone giuridiche, delle erogazioni effettuate dal reddito di impresa, a favore di organizzazioni che svolgevano la propria attività in particolari settori, quali per esempio la cultura, la sanità e la promozione sociale.

La deducibilità delle erogazioni liberali è stata oggetto di esame da parte dell’Amministrazione Finanziaria, a seguito dell’Interpello proposto da una Società

60 per Azioni. Il quesito proposto si riferiva all’eventuale possibilità di dedurre dal reddito di impresa, le erogazioni liberali a favore di un Ente no Profit, nel caso in cui si riferiscano a beni e non a somme in denaro. In sostanza, il quesito cercava di chiarire se la deducibilità fosse riferibile alle somme in denaro o a tutti i valori destinati agli Enti no Profit. Il caso proposto all’interno del quesito si riferisce alla donazione di un bene immobile a favore di un Istituto di Pubblica Assistenza e Beneficienza. Svolgendo l’ente un’attività di pubblica assistenza e di beneficienza, risultava alquanto evidente come tale organizzazione rientrasse tra le figure appartenenti al Terzo Settore. La problematica indicata all’interno dell’interpello faceva riferimento alla notevole differenza tra il valore riportato in bilancio e il valore attuale economico del bene immobile. Nonostante ci fossero già state delle risposte da parte dell’Amministrazione Finanziaria19, la cessione di beni senza la richiesta di alcun corrispettivo, nel caso di trasferimento a favore di enti no profit, era intesa come destinazione di risorse non rientranti nell’ambito dell’attività commerciale svolta dall’impresa. La componente positiva formatasi a seguito di tale cessione, porta alla realizzazione di una plusvalenza che dovrà essere indicata nel Conto Economico di esercizio. La plusvalenza, che concorrerà alla formazione dell’utile di esercizio, scaturisce dalla differenza tra il valore normale del bene e quanto indicato in contabilità. Tale componente di reddito viene disciplinata nell’articolo 54 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

In conclusione, il quesito proposto dall’interpellante, si riferiva alla possibilità di usufruire delle agevolazioni previste in tema di erogazioni liberali a favore di Enti no Profit, nel caso in cui i valori erogati provengano dalla cessione di beni a titolo gratuito.

In risposta all’interpello suddetto, nella Risoluzione n. 234/E del 17 Luglio 200220 l’amministrazione finanziaria riconsiderava, ai fini di una corretta valutazione delle fattispecie in esame, quanto disciplinato dall’articolo 65 comma 2, lettera a), il quale

19Risoluzione 16 Dicembre 194 n. 25/E Agenzia delle Entrate Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, http://www.vita.it/it/article/2002/07/22/erogazioni-liberali-chiarimenti-dallagenzia-entrate/14973/

20Risoluzione N. 234/E, Agenzia delle Entrate Direzione Centrale Normativa e Contenzioso,

http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Documentazione/Normativa+e+Prassi/Risoluzioni/Archivio+risoluzioni/Risoluzioni +2007/Agosto+2007/

61 prevedeva la deduzione dal reddito di impresa delle spese effettuate da persone giuridiche nei confronti di Enti senza alcuna finalità di lucro. All’interno di questo articolo si dichiaravano inoltre deducibili dal reddito di impresa, le somme erogate a titolo di donazione indicate dall’articolo 10 lettera g) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. In questa norma si riportava come l’interesse al raggiungimento di un fine puramente sociale e altruistico, rappresenti l’elemento principale per poter usufruire delle deducibilità dal reddito di impresa. Ma il requisito della socialità dei fini è accompagnato dall’esigenza che i soggetti beneficiari dei beni devoluti siano rappresentati da persone giuridiche, escludendo in modo implicito, le persone fisiche. Il riconoscimento della deduzione dal reddito di impresa non rappresenta altro che la volontà del legislatore di favorire “l’investimento fiscale”, a favore di organizzazioni che esercitino un’attività a carattere sociale che obbligatoriamente rientri tra quelle specificatamente individuate dal legislatore. È comunque previsto un limite alla deducibilità dal reddito di impresa, per un ammontare che non sia superiore al 2 % del reddito dichiarato. Se poniamo particolare attenzione a quanto riportato nell’articolo 65, notiamo come le erogazioni liberali rientrassero all’interno di un ambito operativo che non interessava solamente le somme erogate a titolo gratuito. Si includevano nel novero delle erogazioni previste, anche quelle che si riferivano ai beni che le imprese commerciali decidevano di estromettere dal proprio sistema produttivo o che non prevedevano di reimmettere all’interno del mercato. Tale osservazione risiedeva nella mancanza di alcuna specifica in merito alla natura delle erogazioni liberali previste dall’articolo 65 comma 2. Infatti, l’amministrazione riportava come le erogazioni liberali previste dalla disposizione, dovessero tradursi in modo inevitabile in somme di denaro, vista l’operatività dell’organizzazione o dell’ente. Ciò era frutto dell’irrilevanza della natura dei beni devoluti, nel caso in cui quest’ultimi non rappresentassero fattori produttivi funzionali all’esercizio dell’attività di impresa, sostituendo dunque tali risorse a erogazioni in denaro che potessero invece dimostrarsi indispensabili per il raggiungimento dell’oggetto sociale. Per quanto concerne il caso in questione, per gli Istituti di Pubblica Assistenza e Beneficienza, si riteneva alquanto irrilevante la natura delle erogazioni liberali, in quanto, sia i beni devoluti che le

62 somme di denaro a titolo gratuito, potevano dimostrarsi funzionali al raggiungimento delle finalità a carattere sociale. L’amministrazione finanziaria affermava inoltre, come la deducibilità dal reddito di impresa fissata nel limite del 2 %, potesse attribuirsi alle sole somme in denaro, nel caso in cui si prendesse come riferimento i redditi delle persone fisiche, e ciò era dovuto all’esatto riconoscimento del valore del bene devoluto. Nessun problema si presentava nel caso di devoluzioni effettuate da soggetti sottoposti al regime del reddito di impresa, in quanto, attraverso le disposizioni che direttamente regolano quest’ultimo, è possibile quantificare in maniera quanto meno esatta, il valore reale dei beni destinati agli Enti no Profit.

Nonostante il riconoscimento dei criteri previsti dal legislatore, come per esempio il fatto che l’organizzazione svolgesse un’attività dedita al raggiungimento di un fine sociale e che fosse dotata allo stesso tempo di personalità giuridica, l’amministrazione finanziaria riteneva opportuno concludere la propria risoluzione con un ulteriore precisazione, riferita alla disciplina fiscale delle erogazioni liberali. Ovvero, si riteneva che il trattamento fiscale dovesse essere scisso nel caso di somme di denaro o di cessione gratuita di beni. Infatti, se andiamo a esaminare dal punto di vista economico le erogazioni liberali deducibili dal reddito di impresa, queste non rappresentano spese correnti funzionali alla realizzazione dell’utile fiscale, bensì, risorse economiche provenienti dal reddito realizzato nell’esercizio. In questo caso quindi, era previsto che la deducibilità fosse concessa nel momento in cui le somme venissero destinate ad attività con finalità a carattere sociale. La problematica emersa a seguito dell’interpello proposto si riferiva al differente trattamento fiscale in base alla diversa natura delle erogazioni liberali. Se prendiamo in considerazione la devoluzione di somme di denaro a titolo gratuito, risulta alquanto evidente come il valore fiscale da attribuire a quest’ultime, non differisca in alcun modo con riferimento a chi decide di investire e a chi invece beneficia delle somme devolute. Se altresì spostiamo l’attenzione sulle erogazioni liberali che hanno ad oggetto beni o merci, l’Amministrazione finanziaria riteneva che, anche per questi valori, si verificasse una corrispondenza nei confronti del donante e del soggetto beneficiario. Tale considerazione emergeva dalla possibilità di una differenza, positiva o negativa, realizzata a seguito del processo di scambio. Il

63 valore che comunque si riteneva opportuno adoperare ai fini della possibile deducibilità dal reddito di impresa, era identificabile nel valore di mercato dei beni o delle merci devolute a titolo gratuito. Infatti, secondo quanto riportato dall’amministrazione finanziaria, il valore fiscale da considerare ai fini del calcolo, corrispondeva a quanto disciplinato dall’articolo 53 comma 2 e 54 comma 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. In questi articoli si disciplina come i beni destinati ad uno scopo diverso rispetto a quello previsto dalla tipica attività d’impresa, debbano essere sottoposti a tassazione per il residuo della differenza tra i valori fiscali e quelli effettivi di mercato. A seconda del bene scambiato, come previsto dalle disposizioni del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, emergerà un ricavo o eventualmente una plusvalenza.

L’interesse del legislatore consiste nella tassazione dei valori che escono da un regime particolare, come quello che riguarda i redditi di impresa, ovvero, si cerca di evitare, che i valori latenti non ancora espressi, fuoriescano dal regime di impresa per approdare ad altri regimi fiscali senza che prima, ci sia stata una tassazione della materia imponibile. Nel caso in esame, non sussisteva alcun passaggio di denaro tra donante e beneficiario, e quindi, la materia imponibile corrispondeva al valore di mercato del bene.

È importante fare presente, che la disciplina prevista dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi, sia dotata di un contenuto normativo rivolto alla generalità delle fattispecie. Con riferimento al caso anzidetto, potremmo affermare come la disciplina fiscale prevista per le Organizzazioni no Profit possa assumere un carattere di specialità rispetto a quanto previsto dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi. L’amministrazione finanziaria, nella risposta all’interpello proposto dal contribuente, riportava come il legislatore potesse prevedere una deroga rispetto a quanto riportato dalla legge di natura generale, nel caso in cui la fattispecie lo richieda, prevedendo come valore di riferimento ai fini della tassazione della materia imponibile, il valore contabile del bene e non il valore effettivo di mercato. A dimostrazione di tale dichiarazione, l’amministrazione finanziaria riportava quanto previsto in tema di ONLUS dall’articolo 13 del Decreto Legislativo 4 Dicembre 1997 n. 460. In tale

64 disposto normativo, veniva disciplinata la tassazione di beni o merci utilizzati per l’esercizio dell’attività di impresa, prevedendo la mancata produzione di materia imponibile a seguito della cessione gratuita degli stessi. Tale agevolazione viene riconosciuta solamente nel caso in cui i beni o le merci siano devolute ad Organizzazioni Senza Scopo di Lucro. La presenza di una tale disposizione, dimostrava come il legislatore abbia avuto particolare interesse nel favorire le Organizzazioni Senza Scopo di Lucro, prevedendo per quest’ultime un’agevolazione di natura fiscale che non ritroviamo in merito alle imprese di natura commerciale. Per la fattispecie in esame, la cessione di beni o merci non genera alcun tipo di plusvalenza o di ricavi, per il semplice motivo che, il valore di carico e quindi il valore fiscale, verrà utilizzato anche nei confronti del beneficiario. In questo modo, l’erogazione liberale a favore di enti non lucrativi non produrrà materia imponibile da assoggettare a tassazione. L’agevolazione adottata riguardava unicamente le cessioni di beni o merci gratuite con un valore non eccedente i 2 Milioni di Lire. Nei casi diversi da quelli previsti dalla norma, il valore da considerare ai fini fiscali sarà rappresentato dal valore di mercato.

La medesima trattazione fiscale delle erogazioni liberali che differiscono per natura, dipende dalla possibilità che si presenti una certa equipollenza dal punto di vista economico, delle diverse erogazioni. Infatti, era possibile trattare in modo analogo le prestazioni in natura rispetto a quelle in denaro, sempreché, sussista sostanzialmente una fattispecie economica che le accomuni.

Nella risposta all’interpello, l’amministrazione finanziaria descriveva le modalità operative in merito all’imputazione dell’erogazione liberale ai fini della dichiarazione dei redditi; nella dichiarazione doveva essere indicato il valore normale del bene formato dalle minusvalenze e dai valori emersi a seguito della cessione. Dopo l’indicazione dei valori in dichiarazione, nessun’altra operazione in aumento doveva essere indicata. Ai fini del calcolo della minusvalenza, era necessario porre un attenta valutazione in merito alla diversa natura dei beni. Nel caso di beni strumentali, il calcolo della minusvalenza era effettuato considerando il costo residuo del bene, mentre, nel caso di beni merci, era opportuno considerare la variazione negativa delle

65 rimanenze. Dopo aver calcolato il valore del bene donato, era possibile applicare la deduzione del reddito di impresa secondo quanto disciplinato dall’articolo 65 comma 2 lett. a) del Tuir.

Per concludere, l’amministrazione finanziaria dichiarava che la deducibilità delle erogazioni liberali poteva avvenire anche quando il valore del bene donato fosse stato negativo.

L’impianto agevolativo presente all’interno del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, non trovava spazio solamente nell’articolo 65 comma 2 o in altre disposizioni riguardanti in modo specifico la disciplina delle organizzazioni no profit, bensì, erano presenti all’interno dell’ordinamento, ulteriori norme che disciplinavano l’erogazione delle risorse liberali da parte di soggetti diversi dalle persone giuridiche e che non svolgono attività di impresa. Infatti, il legislatore prevedeva che “ il finanziamento

fiscale” possa essere erogato anche da soggetti persone fisiche o enti che non svolgono

un’attività commerciale, secondo quanto previsto dall’articolo 2082 del codice civile. Era chiaro, come la disciplina fiscale delle erogazioni liberali, non fosse rappresentata da una regolamentazione generale della fattispecie, quanto invece, da un insieme di norme che disciplinavano ogni singolo caso particolare, prendendo considerazione, non solo gli aspetti oggettivi quanto quelli di natura soggettiva. Inoltre, le norme erano particolarmente attente a disciplinare una serie di attività per la verifica dell’effettiva destinazione delle risorse nei confronti delle realtà meritevoli. Purtroppo, il legislatore non era stato in grado di concepire un sistema normativo per la disciplina delle agevolazioni fiscali che prevedesse un insieme di norme a favore di terzi privati finanziatori degli enti no profit. Come per qualsiasi tipo di fattispecie giuridica di natura premiale, per la quale è consueto prevedere da parte del legislatore una regolamentazione analitica e preventiva dei possibili effetti che si potrebbero produrre a seguito dell’applicazione della disciplina ad essa riferita, in merito all’universo delle agevolazioni fiscali riconosciute a seguito di erogazioni liberali elargite da parte di soggetti terzi privati, sorgeva spontaneo chiedersi se un medesimo approccio dovesse essere utilizzato anche in merito a questa fattispecie giuridica di natura premiale.

66 Per le agevolazioni fiscali riconosciute a seguito di erogazioni liberali, il legislatore aveva posto in essere una serie di verifiche al fine di garantire quanto previsto e concesso dalla disciplina. L’adozione di una serie di controlli diversi in base al tipo di erogazione e in funzione dei soggetti beneficiari e erogatori, era dipeso dall’evidente volontà di costruire un sistema erogativo-agevolativo in cui il privato cittadino o l’organizzazione esercitante un’attività di impresa, potessero destinare le proprie risorse, a seconda dei reali vantaggi prodotti dai beni e dai servizi realizzati dagli Enti no Profit. Una mancata verifica dei reali vantaggi apportati dai beni e dai servizi prodotti, non avrebbe reso possibile l’adozione di un regime premiale a favore degli Enti no Profit. Il sistema di controllo messo in atto dal Legislatore aveva come caratteristica particolare, quella riuscire a comprendere quali fossero effettivamente le organizzazioni del Terzo Settore che meritassero le risorse destinate al loro sviluppo. Purtroppo, la presenza di un insieme di norme agevolative non circoscritte all’interno di un sistema in grado di disciplinare il fenomeno in maniera unitaria, avrebbe comportato in maniera inevitabile la nascita di una serie di problematiche. Per esempio, poteva accadere che l’erogazione delle risorse da parte dei soggetti privati nei confronti delle organizzazioni non profit, fosse diretta al solo fine di ottenere una mera convenienza di natura fiscale, e non per usufruire della qualità e della funzione sociale svolta dai beni e dai servizi realizzati dall’impresa sociale. L’agevolazione fiscale sarebbe diventata in tal modo, uno strumento di politica fiscale per ottenere un indebito vantaggio senza un reale riscontro in termini di socialità dei beni e dei servizi offerti al mercato.

Dopo questa breve disanima sulle problematiche che interessano il sistema di

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