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La nuova normativa fiscale dell’impresa sociale dopo la riforma

Nel documento I profili fiscali dell'impresa sociale (pagine 170-189)

Per anni si è discusso dell’importanza di una disciplina fiscale rivolta specificatamente a questa nuova tipologia di impresa. Si è infatti pensato come il mancato sviluppo di queste nuove imprese a carattere sociale, sia dipeso in modo particolare dalla mancanza di una disciplina che prevedesse una serie di norme agevolative di natura fiscale, che avrebbero per lo meno favorito la nascita di tali imprese. Infatti, niente era previsto in ambito fiscale nell’ormai abrogato Decreto Legislativo n. 155 del 2006, il quale sembrava disciplinare il fenomeno dell’impresa sociale in modo alquanto sommario. Dal momento dell’emanazione del vecchio decreto, fino ai giorni nostri, l’impresa sociale non è riuscita a rivestire un ruolo importante nello sviluppo del Terzo Settore, il quale rimaneva sempre più appannaggio delle cooperative sociali e delle associazioni. Secondo un rapporto di Iris Network sull’impresa sociale92, nel 2013 si contavano solamente 774 imprese sociali iscritte nel Registro Nazionale, passate successivamente a 1300 nel 2017. Il mancato sviluppo delle imprese sociali, non ha comunque frenato la crescita del settore del no profit rivolto alla realizzazione di beni e servizi a carattere sociale, che in questi anni è stato rappresentato dalle numerose cooperative sociali che si sono dimostrate all’altezza di garantire lo sviluppo del Settore e la soddisfazione dei bisogni della società. 93Visto comunque il ruolo ricoperto in questi anni da parte delle cooperative sociali, disciplinate dalla Legge n. 381 del 1991, è stato importante prevedere una disciplina ad hoc per le imprese sociali,

92 I focus del Sole 24 ore Mercoledì 12 Luglio 2017 n. 21 93 Il Sole 24 ore, 24 Luglio 2017

171 permettendo quindi a quest’ultime di trovare il proprio spazio operativo all’interno del Terzo Settore per la produzione di beni e servizi di natura sociale. Attraverso il nuovo decreto sull’impresa sociale, il legislatore ha cercato di istituire una nuova disciplina fiscale, per garantire lo sviluppo di queste nuove forme imprenditoriali e per conferire nuova linfa vitale ad una realtà che non aveva trovato il proprio impeto attraverso l’emanazione del Decreto Legislativo n. 155 del 2006.

Dopo questa breve disanima delle principali motivazioni che hanno portato all’emanazione della riforma dell’impresa sociale, concludiamo la trattazione del Decreto Legislativo n. 112 3 Agosto 2017, descrivendo quanto viene riportato all’articolo 18 rubricato “ Misure fiscali e di sostegno economico “.

Questa disposizione rappresenta una delle più importanti novità previste dalla Riforma sull’impresa sociale. Per la prima volta, il legislatore disciplina le agevolazioni fiscali a favore dell’impresa e l’impatto che i componenti di reddito possono avere sulla determinazione dell’imposizione diretta. Secondo quanto disciplinato dall’articolo 18 comma 1, si prevede la neutralità fiscale dei componenti positivi di reddito, ovvero degli utili e degli avanzi di gestione, nel rispetto di particolari condizioni. In prima battuta, si prevede che quanto realizzato dall’impresa durante il periodo di esercizio debba essere destinato a riserva indivisibile in sospensione di imposta. In questo modo, gli utili e gli avanzi di gestione non concorreranno alla determinazione del reddito imponibile. La sola destinazione ad una riserva indivisibile94 non rappresenta l’unica condizione ai fini della detassazione, bensì si prevede, che i componenti positivi siano successivamente impiegati nell’esercizio dell’attività statutaria, ad incremento del patrimonio dell’impresa sociale o al versamento del contributo per l’attività ispettiva di cui all’articolo 15, entro e non oltre un intervallo di tempo fissato nei successivi due periodi di imposta rispetto a quando si sono realizzati i componenti positivi. La possibilità di usufruire dell’agevolazione prevista all’articolo 18 comma 1, è

94 Art. 2545 Ter : “ Sono indivisibili le riserve che per disposizione di legge o dello statuto non possono essere ripartite tra i soci, neppure in caso di scioglimento della società.” “Le riserve indivisibili possono essere utilizzate per la copertura di perdite solo dopo che sono esaurite le riserve che la società aveva destinato ad operazioni di aumento di capitale e quelle che possono essere ripartite tra i soci in caso di

172 comunque legata all’obbligo di indicare la destinazione dei componenti positivi suddetti a riserva indivisibile, attraverso la tenuta delle scritture contabili di cui all’articolo 9 del medesimo decreto. L’unica eccezione prevista dal legislatore la ritroviamo in merito alle fattispecie descritte nell’articolo 3 comma 1 lettera a) e b), sempre che non sia previsto diversamente dal comma 2 dell’articolo 18. Le fattispecie indicate si riferiscono ai compensi corrisposti nei confronti degli amministratori, sindaci, o di qualsiasi altro soggetto che ricopra una carica all’interno della società, e nei confronti di lavoratori subordinati o autonomi. La disciplina agevolativa prevista per le nuove imprese sociali, sembrerebbe riportare a quanto già adottato in tema di cooperative95 all’articolo 12, rubricato “ Riserve indivisibili “ della Legge n. 904 del 1977. Anche in questa disposizione si prevedeva l’irrilevanza fiscale di quanto destinato a riserva indivisibile, sempreché le relative risorse non fossero successivamente suddivise tra i soci in qualsiasi modo, sia durante la vita sociale che al momento dello scioglimento della società.96 Si ritiene che l’agevolazione fiscale, a suo tempo disciplinata a favore delle cooperative e dei loro consorzi,97fosse stata prevista dal nostro Legislatore per sopperire alla scarsa capitalizzazione che rappresentava una caratteristica intrinseca di tali forme di impresa. Infatti, considerando l’irrilevanza degli utili prodotti alla formazione del reddito imponibile della società cooperative e dei loro consorzi, si cercava quantomeno di indirizzare le risorse accantonate a riserva, al fine di procurare alle società cooperative il capitale da poter investire nella propria attività o da porre a riserva per incrementare il proprio patrimonio. All’interno della disposizione in commento si fa espresso riferimento alle società cooperative e ai loro consorzi, ma si ritiene comunque che la disciplina sia applicabile anche alle società cooperative sociali. L’unica differenza che possiamo rilevare dalla lettura della disposizione, riguarda il mancato riferimento alla quota di

95I focus del Sole 24 ore Mercoledì 12 Luglio 2017 n. 21 96Art 12 comma Legge n. 904 del 1977

97La disciplina fiscale agevolata delle cooperative sociali, Visconti Gianfranco 8 Dicembre 2011 https://www.diritto.it/la-disciplina-fiscale-agevolata-delle-cooperative-sociali/

173 utili da dover imputare a riserva indivisibile, mentre nella nuova disciplina sull’impresa sociale si prevede una destinazione a riserva non superiore al 50%. Con riferimento a quanto previsto per le cooperative, ma soprattutto per le cooperative sociali, notiamo ancora da parte del legislatore una certa difficoltà nell’adozione di forme agevolative che siano effettivamente in grado di garantire lo sviluppo delle imprese sociali. Sarà infatti importante verificare i risultati operativi che la nuova disciplina sarà in grado di produrre, visti anche i cambiamenti avvenuti a seguito dell’emanazione del nuovo Codice del Terzo Settore, che ha introdotto una serie di abrogazioni a diverse discipline che riguardano il mondo del no profit. In particolare, potrà essere interessante scoprire quali saranno le conseguenze dell’abrogazione degli articoli previsti all’interno del Decreto Legislativo n. 460 del 199998 che vanno dal numero 10 al 29, e, in modo specifico, ciò che si manifesterà a seguito dell’abrogazione del disposto normativo di cui all’articolo 12, rubricato “ Agevolazioni ai fini delle imposte sui redditi “. All’interno di tale articolo, il legislatore aveva previsto come l’attività istituzionale esercitata per il raggiungimento di un obiettivo a carattere sociale da parte di Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale, che non fossero rappresentate da società cooperative, non fosse qualificabile come attività di natura commerciale. In questo modo si evitavano le eventuali problematiche dovute all’applicazione delle disposizioni fiscali inerenti allo svolgimento di un’attività di natura commerciale nei confronti di un ente il cui scopo non era rappresentato dall’ottenimento di un lucro. Ecco quindi, come l’abrogazione dell’articolo 12 potrebbe rappresentare un elemento importante per lo sviluppo delle imprese sociali, vista la possibilità per le diverse organizzazioni che operano nel mondo del sociale, di utilizzare questo nuovo strumento riformato dal legislatore. Al comma 2 dell’articolo 18 ritroviamo un ulteriore agevolazione prevista per le imprese sociali, nel caso in cui si decidesse di destinare ad aumento gratuito del capitale sociale, una quota parte inferiore al 50% degli utili e degli avanzi di gestione prodotti, dedotte le eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti. In questo caso,

174 non ci sarebbe alcuna rilevanza fiscale dei componenti positivi sul reddito di impresa, quando quest’ultimi fossero destinati all’aumento del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci così come disciplinato dall’articolo 3 comma 3 lettera a), “ nei limiti

delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti “. La stessa agevolazione non viene prevista nel caso in

cui gli utili e gli avanzi di gestione siano destinati a forme di erogazione liberale nei confronti di Enti del Terzo Settore non rappresentati da imprese sociali, come descritto nella lettera b) dell’articolo 3 comma 3.

Dopo aver descritto le agevolazioni fiscali previste al comma 1 e 2 dell’articolo 18, che si occupano prevalentemente di disciplinare la rilevanza fiscale delle componenti positive di reddito, quali l’utile e gli avanzi prodotti durante l’esercizio, passiamo adesso alla disciplina fiscale delle forme di investimento a favore dell’impresa sociale. Se le prime norme erano dirette a patrimonializzare l’impresa attraverso la capitalizzazione del reddito prodotto, questa volta il legislatore ha previsto una serie di misure per incentivare gli investimenti da parte di terzi. Attraverso il riconoscimento di agevolazioni fiscali a favore di soggetti terzi, il legislatore ha cercato di rimediare alla problematica che da sempre ha caratterizzato l’attività di impresa sociale ovvero la mancanza di capitali provenienti da soggetti terzi. Infatti, a differenza delle altre imprese, dove è possibile prevedere una remunerazione del capitale investito che non è mai stato soggetto ad alcun tipo di vincolo di natura quantitativa, come per esempio nel caso delle società di natura lucrativa, attraverso questa ulteriore forma di agevolazione fiscale, si è cercato di avvicinare i terzi investitori a questa nuova forma di imprenditoria sociale99.

175 Dopo questa breve disanima in merito alla ragioni che hanno portato alla disciplina delle agevolazioni fiscali a favore dell’impresa sociale, passiamo adesso alla descrizione del disposto normativo di cui al comma 3 dell’articolo 18.

In questa disposizione, il legislatore ha previsto la possibilità, per chi decide di investire nel capitale sociale di una o più società, includendo nel novero dei possibili soggetti giuridici anche le società cooperative, di detrarre dall’imposta lorda calcolata sul reddito delle persone fisiche, una percentuale non superiore al trenta per cento di quanto investito nella società. La possibilità di poter usufruire dell’agevolazione fiscale a seguito dell’investimento effettuato a favore della società, è legato al riconoscimento nei confronti di quest’ultima della qualifica di impresa sociale secondo i dettami normativi previsti nel Decreto Legislativo n. 112 del 3 Agosto del 2017. Secondo quanto disposto dal comma 3, l’agevolazione fiscale riguarda gli investimenti effettuati nei confronti delle nuove imprese sociali, escludendo tutti gli altri soggetti che si sono costituiti antecedentemente all’emanazione del suddetto Decreto Legislativo; inoltre, si riporta come la possibilità di usufruire dell’agevolazione sia legata alla data di costituzione dell’impresa sociale, che non deve essere successiva a tre anni dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 112 del 2017. Si prevede che una quota, o il totale della percentuale dell’investimento effettuato non detratta dall’imposta lorda del reddito delle persone fisiche, possa essere portata in detrazione nei periodi di imposta successivi, ma non oltre il terzo. Oltre a prevedere una percentuale di detraibilità dall’imposta lorda sul reddito delle persone, il legislatore fissa inoltre un limite quantitativo nell’importo massimo detraibile per ogni periodo di imposta, ovvero nell’importo massimo di un milione di Euro detraibile per ogni esercizio a partire dal momento in cui l’investimento è stato effettuato. L’eccedenza dovrà necessariamente essere riportata negli esercizi successivi e non oltre i tre periodi di imposta. Ma la disciplina sulla detraibilità degli investimenti effettuati a favore delle imprese sociali, prevede un ulteriore obbligo da rispettare affinché la nuova misura agevolativa possa veramente apportare un significativo vantaggio per l’impresa sociale. Infatti, il legislatore ha previsto che l’investimento effettuato nei confronti

176 della società debba rimanere all’interno della stessa per un periodo non inferiore ai tre anni. Il mancato rispetto dell’obbligo previsto da parte del soggetto investitore, anche se la cessione non avvenisse in toto, ma altresì solo in misura parziale, porterebbe alla perdita dell’agevolazione nei confronti del soggetto terzo, il quale sarebbe successivamente costretto a ripetere quanto indebitamente ottenuto dall’agevolazione, con l’aggiunta degli eventuali interessi legali maturati nel frattempo.

Se al comma 3 dell’articolo 18 si prevede quindi la possibilità di detrarre gli investimenti effettuati dall’imposta lorda calcolata sul reddito delle persone fisiche, al successivo comma il legislatore ha voluto altresì prevedere un’ulteriore agevolazione nel caso in cui l’investimento provenga da soggetti terzi, assoggettati all’imposta sul reddito delle società. In questo caso, a differenza di quanto invece previsto nel comma precedente, dove si fa riferimento alla detraibilità dell’imposta lorda, si prevede che l’investimento effettuato da parte della società non possa contribuire alla formazione del reddito imponibile della società. Quanto previsto nel caso precedente lo ritroviamo anche per quanto riguarda questa fattispecie giuridica, se non che il legislatore ha modificato il limite all’importo massimo dell’investimento che può essere dedotto dalla società. Infatti, in questo caso, la cifra massima da dedurre non corrisponderà più ad un milione di Euro, bensì a un milione e ottocentomila Euro. Ma la possibilità di usufruire delle agevolazioni fiscali di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 18 del Decreto Legislativo n. 112 del 2017, non deriva solamente dal compimento di investimenti nei confronti delle società che si qualificano come imprese sociali, bensì può derivare anche da atti di dotazione e versamenti di contributi di qualsiasi natura, nei confronti di fondazioni che si qualificano come imprese sociali. Tale possibilità deve comunque rispettare i dettami normativi previsti ai commi 3 e 4 dell’articolo 18. Per concludere la trattazione dell’articolo in commento, riportiamo un’altra importante novità introdotta dal Decreto Legislativo n. 112 del 2017, ovvero il fatto che anche l’impresa sociale possa rientrare tra i soggetti che possono usufruire del canale telematico previsto dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, al fine di poter reperire il capitale per il proprio sviluppo.

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CONCLUSIONI

Attraverso l’introduzione del Decreto Legislativo 3 Agosto n.112 del 2017, che ha apportato una serie di modifiche alla preesistente disciplina regolatrice dell’impresa sociale, si è cercato di inserire nuove disposizioni al fine di dare un nuovo volto a questa figura imprenditoriale a carattere sociale. Nel corso degli anni, dopo l’introduzione del Decreto Legislativo n. 155 del 2006, l’impresa sociale non è riuscita a competere con le diverse forme organizzative presenti nel mondo del no profit, che, a differenza di quest’ultima, presentavano un impianto normativo incentivante per la realizzazione delle diverse attività che riguardano il Terzo Settore. Durante questi anni infatti, è aumentato il numero delle associazioni e delle cooperative sociali che hanno rivestito un ruolo preponderante nel mondo del no profit rivolto all’assistenza e impegnato quindi nella redistribuzione del reddito tra le fasce di popolazioni meno abbienti e per quella parte dedicata alla realizzazione di beni e servizi per la soddisfazione dei bisogni sociali e quindi caratterizzata da un’organizzazione di natura imprenditoriale.

Il Decreto Legislativo n. 112 del 2017 ha ridefinito i soggetti che possono acquisire la qualifica di impresa sociale ed ha introdotto una nuova nozione con riferimento all’attività imprenditoriale di natura sociale, prevedendo questa volta, a differenza di quanto invece previsto nella precedente disciplina, che l’attività svolta rientri in un ambito operativo di interesse generale. Se da una parte il legislatore ha riformato la precedente disciplina ampliando gli ambiti operativi in cui l’impresa sociale può rappresentare una protagonista importante nel mondo del no profit a carattere imprenditoriale, ha altresì previsto una serie di disposizioni tese a regolamentare in modo compiuto l’esercizio dell’attività e l’organizzazione della stessa. Infatti, numerosi sono gli obblighi previsti in tema di amministrazione e controllo a cui deve soggiacere l’impresa sociale, al fine di garantire sempre di più, il rispetto delle disposizioni previste dal nuovo Decreto Legislativo n.112 del 2017. Gli obblighi

178 previsti all’interno della decreto sull’impresa sociale sono diretti a fornire chiarezza in merito all’attività svolta dall’impresa sociale, al fine di verificare che la stessa non si discosti dagli obiettivi previsti dalla normativa, pena la perdita delle nuove agevolazioni fiscali. Se quindi il legislatore ha ampliato il novero dei soggetti che possono acquisire la qualifica di impresa sociale e le attività di governance da porre in essere, ha inoltre previsto un ulteriore ampliamento delle attività che l’impresa sociale può svolgere tra cui : la radiodiffusione sonora a carattere comunitario, l’organizzazione e la gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso, attività di cooperazione allo sviluppo, attività commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, l’alloggio sociale, accoglienza comunitaria e integrazione sociale dei migranti, micro credito, agricoltura sociale, organizzazione e gestione di attività sportive e dilettantistiche, riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata. Attraverso la riforma del Terzo Settore e dell’Impresa Sociale, il legislatore ha voluto apportare una modifica al disposto normativo di cui all’articolo 1 della legge 381 del 1991, che disciplina l’ambito operativo delle cooperative sociali. Nel prevedere questa nuova correzione purtroppo, a detta di alcuni autori100, si è voluto creare un distinguo tra i settori in cui opera la cooperativa sociale e l’impresa sociale. Le attività rivolte al welfare, all’educazione e alla formazione sono riservate alle società cooperative, mentre, per quanto riguarda i settori che comportano un maggiore impatto a livello locale, questi vengono affidati alle imprese sociali. Tuttavia, non è sembrato corretto prevedere una distribuzione delle attività tra i soggetti suddetti, anche perché, come dimostrato in base a quanto rilevato negli anni passati, la capacità delle imprese sociali e delle cooperative di ricoprire un ruolo importante nella ricerca e nella soddisfazione dei bisogni sociali, dipende in modo particolare dalla capacità di riuscire a combinare le diverse attività che ritroviamo all’interno del Terzo Settore. E’ inoltre importante rilevare un’ulteriore mancanza, che possiamo osservare analizzando quanto descritto

100 La riforma miope dell’impresa sociale di Andrea Bernardoni 28 Luglio 2017, https://welforum.it/punto-di-vista/la-riforma-miope- dellimpresa-sociale/

179 nei decreti riformatori dell’impresa sociale e del Terzo Settore, ovvero il fatto di non prevedere la possibilità di svolgere un’attività in ambiti settoriali, dove in questi ultimi anni le cooperative sociali hanno dimostrato di saper gestire le diverse problematiche in modo efficace, come per esempio per quanto riguarda il recupero dei beni confiscati alle mafie. Attraverso la riforma del Terzo Settore e dell’impresa sociale, l’intenzione del legislatore aveva ad oggetto l’introduzione di nuove modifiche dirette al soddisfacimento dei bisogni a carattere sociale, in modo particolare nei confronti delle imprese sociali. Purtroppo, risulta evidente come le cooperative sociali non abbiano ricevuto lo stesso trattamento rispetto alle imprese sociali, per quanto riguarda le attività che esse possono svolgere. Anche in questo caso, il legislatore avrebbe dovuto tenere in considerazione la rilevanza economica e produttiva delle cooperative sociali all’interno del Terzo Settore, visto infatti come le stesse rappresentino il 90% degli Enti che svolgono un’attività di impresa in ambito sociale. Il non avere previsto una serie di disposizioni a favore di un ente che in questi ultimi anni era riuscito a

Nel documento I profili fiscali dell'impresa sociale (pagine 170-189)