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Il codice del Terzo Settore

Nel documento I profili fiscali dell'impresa sociale (pagine 140-150)

Prima di individuare i soggetti a cui sono dirette le disposizioni di cui al suddetto Decreto Legislativo, il legislatore descrive le ragioni che hanno portato all’attuazione della Legge Delega n. 106 del 2016. Anche se è possibile ritenere che la disciplina introdotta abbia come obiettivo precipuo quello di conferire un struttura organica all’insieme di norme che per anni sono state dislocate all’interno delle diverse normative speciali, il legislatore fa espresso riferimento alle motivazioni che sottostanno alla ricerca di una regolazione unitaria e sistematica. Infatti, all’interno dell’articolo 1 si riporta l’importante funzione sociale che ritroviamo all’interno dell’attività svolta dagli Enti del Terzo Settore, in risposta alle richieste mosse dall’autonomia privata, al fine di poter raggiungere gli obiettivi sociali già enunciati nelle precedenti legislazioni, come il perseguimento “ 45del bene comune, ad elevare i

livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa …”. Quanto previsto all’interno del

Decreto Legislativo è diretto a promuovere lo sviluppo delle attività sopra indicate, permettendo cosi che il settore privato possa raggiungere gli obiettivi sociali previsti, attraverso un aiuto concreto da parte della pubblica amministrazione. Potremo definire questo come la base sulla quale poggia la regolamentazione del Terzo Settore, a cui devono sottostare non solo gli enti privati ai quali comunque viene concessa libertà di forma e di impresa nello svolgimento della propria attività, ma anche per quanto riguarda il ruolo svolto dalla Pubblica Amministrazione, che può dimostrarsi un

141 elemento importante per lo sviluppo degli enti e instaurando con gli stessi una legame di collaborazione46.

Ai fini della nostra trattazione, è importante ricordare la funzione normativa del Codice del Terzo Settore nei confronti degli enti ai quali il legislatore ha già previsto una disciplina ad hoc come per quanto concerne l’impresa sociale. La ragione per cui iniziamo dalla descrizione della disciplina generale per poi passare alla normativa specifica della fattispecie oggetto della nostra trattazione, risiede proprio nella possibilità di prevedere l’applicazione delle disposizioni riguardanti la disciplina del codice del terzo settore, se e solo se quest’ultima non sia stata oggetto di una precedente deroga da parte della legislazione speciale oppure si dimostri compatibile con la fattispecie disciplinata, che nel nostro caso è rappresentata dall’impresa sociale di cui al Decreto Legislativo 3 Luglio n. 112. Nel caso in cui quanto previsto dalla disciplina del Codice del Terzo Settore e dalla legislazione speciale non sia sufficiente a regolare una particolare fattispecie che riguarda gli enti del Terzo Settore, il decreto rimanda a quanto previsto all’interno del Codice Civile, presumendo sempre che quanto previsto dalla normativa civile sia compatibile rispetto alla disciplina che regolamenta ogni ente facente del terzo settore. Dopo questa breve disanima della parte introduttiva del Decreto Legislativo 3 Luglio n .117, passiamo adesso all’individuazione dei soggetti che possono rientrare tra gli Enti del Terzo Settore. Nell’articolo 4 rubricato “ Enti del Terzo Settore “ troviamo le organizzazioni di

volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi”. Anche le imprese sociali che trovano una propria

legislazione nel Decreto Legislativo n. 117, rappresentano enti del Terzo settore, e

142 quindi naturalmente sottostanti alle disposizioni del Codice del Terzo Settore ove possibile secondo quanto già detto in precedenza. Ma cosa ancor più importante, nonché necessaria ai fini della qualifica di ente del terzo settore, la ritroviamo alla fine del comma 1 dell’articolo, dove il legislatore afferma come gli enti debbano essere “

iscritti nel registro unico nazionale del Terzo Settore “. Si comprende come la

qualifica di Ente facente parte del Terzo Settore, e di come quest’ultimo possa accedere agli eventuali benefici e agevolazioni fiscali previste all’interno del Codice del Terzo Settore, dipenda inevitabilmente dall’iscrizione all’interno del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore che, come abbiamo già detto nell’introduzione del capitolo, ha sostituito gli altri registri esistenti prima della riforma. Sempre come previsto dalla precedente disciplina, rimangono estranei all’applicazione delle disposizioni del Codice del Terzo Settore, “ le amministrazioni pubbliche di cui

all’articolo 1 comma 2, del decreto legislativo 30 Marzo del 2001 n. 165, le fondazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento controllati dai suddetti enti”. Anche gli

enti religiosi entrano a far parte del Terzo Settore quando l’attività svolta rientra nell’ambito operativo delle attività elencate dall’articolo 5 rubricato “ Attività di

interesse generale “. All’interno di questo articolo ritroviamo il requisito oggettivo

affinché un ente possa essere incluso all’interno del Terzo Settore, prevedendo che l’attività svolta abbia carattere principale o esclusivo, sia diretta all’esercizio delle attività elencate all’interno dell’articolo in commento, ma cosa ancor più rilevante, che il tipo di scopo a cui si prefigge l’ente non sia diretto all’ottenimento di un lucro, bensì al raggiungimento di un fine civico, solidaristico e di utilità sociale47.

Nonostante l’applicazione della disciplina del Codice sia strettamente legata al rispetto del disposto normativo di cui all’articolo 5, all’interno dello stesso ritroviamo un’eccezione che si riferisce ad una tipologia di ente che trova la sua propria disciplina all’interno di un altro dettame normativo ovvero l’impresa a carattere sociale. Si

143 esclude pertanto l’impresa sociale dall’applicazione del Codice del Terzo Settore, per quanto concerne il tipo di attività elencate all’interno dell’articolo 5. Niente vieta comunque, che le imprese sociali, nonché le cooperative sociali, possano esercitare in maniera non esclusiva o principale le attività di interesse generale previste all’interno dell’articolo in commento. La ragione di questa esclusione può essere dovuta all’applicazione di una particolare disciplina in merito alle possibili attività che possono essere esercitate da parte delle imprese sociali, al fine di distinguere quanto previsto per la maggior parte degli Enti del Terzo Settore e quanto invece disciplinato a favore di una categoria speciale, nel nostro caso individuata dall’impresa sociale. Proseguendo nella trattazione degli articoli presenti all’interno del Codice del Terzo Settore, come già previsto nelle precedenti discipline, il legislatore non si è dimenticato di regolare la destinazione dei proventi, nelle loro diverse forme, realizzati dagli enti del Terzo Settore. Si prevede infatti che quest’ultimi siano diretti in modo particolare alla costituzione di risorse per il finanziamento dell’attività statutaria, rivolta al raggiungimento di un fine solidaristico, civico e di utilità sociale48. Come nelle precedenti discipline, il legislatore ricalca il medesimo percorso, ritenuto essenziale per garantire la sopravvivenza degli Enti del Terzo Settore, che consiste nel prevedere che l’attività svolta non possa essere diretta all’ottenimento di un lucro da parte dei membri, soci, amministratori o lavoratori dell’ente. Infatti, all’interno del Codice si rimanda alla medesima previsione già adottata in tema di imprese sociali e di organizzazioni senza scopo di lucro con finalità sociali che riguarda il divieto di distribuire gli “utili e avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate49” in

forma diretta o indiretta. Il divieto di distribuzione diretta o indiretta degli utili o avanzi di gestione si estende inoltre ai casi di “ recesso o di ogni altra ipotesi di

scioglimento individuale del rapporto associativo ”. Sempre per quanto concerne il

divieto di cui sopra, il legislatore adotta una locuzione già adottata tempo fa all’interno del Decreto Legislativo n. 460 del 1997, ovvero, oltre alla previsione generale prevista

48 Articolo 8 Decreto Legislativo 3 Luglio 2017 n. 117. 49Art 8 Decreto Legislativo 3 Luglio 2017 n. 117

144 all’interno dei commi 1 e 2 dell’articolo 8, nel comma 3 si prevedono ulteriori casi in cui la distribuzione indiretta degli utili avviene “in ogni caso”.

La possibilità di individuare le fattispecie di distribuzione indiretta degli utili dipende dalla presenza di alcuni elementi che caratterizzano le corresponsioni dei soggetti che operano all’interno dell’ente nelle loro diverse funzioni ricoperte. La distribuzione indiretta degli utili e degli avanzi di gestione viene suddivisa in funzione dei diversi soggetti che operano all’interno dell’ente: per chi ricopre delle cariche sociali svolgendo delle mansioni a carattere strettamente personale diventa rilevante, ai fini dell’applicazione del divieto, la proporzionalità tra il contributo apportato all’ente attraverso la propria mansione e la corresponsione per il proprio incarico. Oltre alla proporzionalità, la responsabilità dovuta allo svolgimento della propria mansione e le competenze specifiche richieste rappresentano altri due utili indicatori per individuare un caso di distribuzione indiretta. I criteri individuati dal legislatore dipendono quindi dal tipo di soggetto che opera nell’ente, perché, se prendiamo come riferimento i lavoratori dell’ente, il criterio da utilizzare sarà quello di verificare se i compensi corrisposti o le retribuzioni risultano superiori al quaranta per cento dei compensi stabiliti dai contratti collettivi, prevedendo eventualmente un’eccezione quando sia richiesto lo svolgimento di particolari mansioni. Per quanto riguarda invece l’acquisito di beni e servizi, ritroviamo quanto riportato nell’ormai abrogato articolo 10 comma 6 lettera b), il quale prevedeva come i corrispettivi derivanti dalla cessione, confermassero una situazione di distribuzione indiretta degli utili quando il valore sia superiore rispetto a quanto percepito, se si fosse preso come riferimento il valore normale del bene o dei servizi, a meno che non sussistano delle valide ragioni economiche sottostanti alla cessione. Sempre per quanto riguarda il divieto di distribuzione indiretta degli utili e degli avanzi di gestione, anche la cessione di beni e di servizi, per valori questa volta inferiori rispetto a quanto stabilito dal mercato, possono rappresentare fattispecie alle quali si deve applicare il divieto previsto, a meno che l’attività di cessione ai suddetti valori non rientri nell’oggetto sociale dell’ente, ma soprattutto che rappresenti una delle attività elencate dall’articolo 5, e

145 quindi definita di interesse generale. Un’altra fattispecie di distribuzione indiretta degli utili o degli avanzi di gestione riguarda il pagamento di interessi passivi derivanti da finanziamenti effettuati a favore dell’ente, quando il tasso di interesse applicato risulta maggiore di quattro punti percentuali rispetto al “ tasso annuo di riferimento “, il quale può subire delle modifiche attraverso il “ decreto del Ministero del lavoro e delle

politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. “

Un importante novità introdotta con il Decreto Legislativo 3 Luglio n. 117 riguarda l’introduzione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, disciplinato all’articolo 11 del Codice. Attraverso l’istituzione di un Registro Unico Nazionale degli Enti del Terzo Settore, si è cercato di riunire le numerose organizzazioni all’interno di un unico registro che avesse lo scopo di eliminare i precedenti registri presenti a livello nazionale, regionale e provinciale. Si ritiene peraltro, che l’istituzione del Registro Unico sia dipesa dalle richieste mosse dai cittadini e dagli enti del Terzo Settore50. Per quanto riguarda gli enti, l’istituzione del registro ha portato alla previsione di alcune modalità per poter entrare a far parte del mondo del Terzo Settore, che siano uguali per tutti i soggetti che abbiano il desiderio di voler acquisire la qualifica di Enti del Terzo Settore, equiparando pertanto le associazioni, le organizzazioni senza fine di lucro, le fondazioni e tutti gli altri Enti che decidono di svolgere la propria attività per il raggiungimento di un fine a carattere sociale, solidaristico e civile.

Ma un’altra importante novità che troviamo in seguito all’istituzione del Registro Unico Nazionale consiste nella possibilità di prendere visione del Registro attraverso procedure di natura telematica. In questo modo, ogni singolo cittadino potrà accedere telematicamente al Registro Unico Nazionale per poter verificare quanto comunicato dagli enti agli uffici istituiti dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Il Legislatore ha previsto che il Registro Unico Nazionale non dovrà prevedere più di sette sezioni all’interno delle quali ogni ente verrà iscritto, prevedendo la possibilità per ogni Ente di poter essere iscritto in una sola sezione. Mentre per quanto concerne le reti associative questo divieto non è previsto. L’iscrizione nel Registro Unico

146 avviene trascorsi sessanta giorni da quando l’ente ha predisposto e inviato la domanda agli uffici competenti, i quali, se non avanzassero alcun tipo di pretesa in merito alla richiesta di eventuale documentazione o nel caso in cui non esprimessero il proprio dissenso, per il verificarsi del silenzio-assenso si riterrà avvenuta l’iscrizione nel Registro Unico. A differenza di quanto previsto in passato, dove si richiedeva la sola comunicazione delle informazioni che riguardavano le caratteristiche costitutive dell’ente o dell’organizzazione, con l’introduzione del Codice del Terzo Settore sarà possibile avere ulteriori informazioni di carattere economico, patrimoniale e in merito all’amministrazione e rappresentanza della società. Si disciplina inoltre l’obbligo di comunicare al Registro Unico le modifiche intervenute nei confronti dell’ente, in un termine non superiore a trenta giorni da quando è avvenuta la modifica, nonché il deposito dei bilanci e dei rendiconti presso il Registro entro il 30 Giugno. Nonostante rappresenti un elemento qualificante e innovativo della Riforma del Terzo Settore, il Registro Unico non sarà immediatamente operativo al momento dell’emanazione del Decreto Legislativo 3 Luglio n. 117, a seguito della concessione di un anno di tempo a favore del Ministero, per regolamentare attraverso decreto le modalità di iscrizione degli enti al Registro Unico Nazionale. Anche le Regioni e le province avranno un ruolo importante ai fini dell’operatività del Registro Unico Nazionale, le quali infatti dovranno avviare un iter procedurale che sarà diretto alla regolamentazione degli accorgimenti necessari per l’iscrizione e la cancellazione degli enti. Ma cosa ancor più importante, senza la quale il Registro non potrà esternare il proprio funzionamento, riguarda la costituzione dell’impianto informatico sulla quale si poggia l’intero Registro Unico Nazionale. Come abbiamo già detto poc’anzi, attraverso la piattaforma informatica prevista dal Nuovo Codice del Terzo Settore, sarà possibile venire a conoscenza delle informazioni più importanti in merito agli Enti e alle Organizzazioni che fanno parte del Terzo Settore. Pertanto, la mancata realizzazione della piattaforma informatica non permetterebbe al Registro Unico di esprimere la propria operatività, efficacia ed efficienza nei confronti degli Enti, ma soprattutto nei confronti di coloro che vedono nel Registro Unico un ottimo strumento per la raccolta delle informazioni sulle attività svolte e sugli obiettivi raggiunti dagli Enti. Nel momento in cui verrà

147 realizzata la piattaforma informatica, le Regioni e le Province potranno rendere operativo il Registro.

Passando alla trattazione di quanto previsto dall’articolo 11 del Decreto Legislativo 3 Luglio 2017 n. 117, nel momento in cui gli Enti si iscriveranno nel Registro Unico Nazionale dovranno indicare51, “ gli estremi dell’iscrizione negli atti, nella

corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.” Ma la registrazione all’interno del

Registro Unico Nazionale non rappresenta l’unico obbligo a cui devono adempiere gli enti facenti parte del Terzo Settore, prevedendo infatti all’interno del comma 2 dell’articolo 8 l’ulteriore obbligo di iscrizione nel Registro delle Imprese quando l’ente decide di svolgere la propria attività in modo esclusivo52 o principale attraverso l’adozione di una forma giuridica di natura commerciale. Ai fini della nostra trattazione, è importante considerare quanto riportato all’interno del comma 3 del medesimo articolo, dove troviamo un’eccezione rispetto a quanto previsto nei commi precedenti. Infatti, si prevede una disciplina particolare per quanto riguarda l’iscrizione delle imprese sociali. Per queste, il legislatore ha previsto che l’iscrizione delle stesse all’interno del Registro delle Imprese sostituisce l’iscrizione nel Registro Unico Nazionale. Potremmo interpretare tale disposizione come la volontà di includere l’impresa sociale all’interno del Terzo Settore prevedendo allo stesso tempo, l’applicazione di una disciplina particolare a causa della natura dell’attività svolta, che le accomuna maggiormente alle imprese commerciali rispetto agli enti e alle organizzazioni del Terzo Settore.

Con l’introduzione del Codice del Terzo Settore, si è previsto per gli Enti del Terzo Settore l’adozione di un nuovo appellativo, per contraddistinguerli da tutte le altre organizzazioni o imprese che non presentano i requisiti previsti da legislatore per poter essere iscritti all’interno del Registro Unico, ovvero, tutti gli enti previsti all’articolo 4 del Decreto Legislativo dovranno essere seguiti dalla sigla ETS, la quale dovrà comparire all’interno di tutti i documenti e comunicazioni che riguardano l’ente stesso.

51 Art 11 Decreto Legislativo 3 Luglio 2017 n. 117 comma 1 52 Art 11 Decreto Legislativo 3 Luglio 2017 n. 117 comma 2

148 Per quanto invece concerne la costituzione dei soggetti di cui all’articolo 4, che ricomprende il soggetto a cui la presente trattazione è rivolta, ovvero l’impresa sociale, si prevede che all’interno dell’atto costitutivo debba essere indicata la ragione sociale dell’ente o dell’organizzazione, ricordando di indicare la qualifica di ETS, nonché l’espressa indicazione che l’attività svolta non preveda in alcun modo l’ottenimento di un lucro soggettivo. È altresì fondamentale riportare all’interno dell’atto costitutivo l’esatto luogo in cui si trova la sede principale degli affari dell’ente o dell’organizzazione, l’esatto ammontare del patrimonio necessario ai fini dell’attribuzione della qualifica giuridica scelta dall’ente, l’indicazione delle regole di governance dell’ente o organizzazione, 53 i diritti e gli obblighi degli associati, i

requisiti per l’ammissione di nuovi associati e la relativa procedura, la durata dell’ente ( se prevista ), la nomina dei primi componenti degli organi sociali e del soggetto eventualmente incaricato della revisione legale dei conti, le norme sulla devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento e di estinzione.

Come già previsto nelle legislazioni precedenti, con l’introduzione del nuovo Codice del Terzo Settore, anche per gli enti del Terzo Settore si disciplina la rendicontazione delle operazioni poste in essere attraverso gli adempimenti contabili e la redazione dei documenti finali riepilogativi delle situazione economica, patrimoniale e finanziaria. Nell’articolo 13 del Decreto Legislativo 3 Luglio n. 117, infatti, il legislatore disciplina la redazione del bilancio di esercizio prevedendo che lo stesso sia formato da una situazione patrimoniale, da un rendiconto finanziario, il quale deve illustrare i ricavi e i costi, e prevede inoltre una novità che non era presente nelle precedenti legislazioni, ovvero la redazione di una “54Relazione di missione che illustra le poste

di bilancio, l’andamento economico e finanziario dell’ente e le modalità di perseguimento delle finalità statutarie”. Nel comma successivo il legislatore indica un

limite quantitativo di 220.000,00 Euro al di sotto del quale, il bilancio può essere formato soltanto da un rendiconto finanziario per cassa. Si prevede inoltre una specifica modulistica da osservare per la redazione dei bilanci suddetti, la quale dovrà

53 Focus del sole 24 ore mercoledì 12 Luglio 2017 pagina 4 54 Articolo 13 Decreto Legislativo 3 Luglio n. 117 comma 1

149 essere prevista attraverso un decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, considerando il parere del Consiglio Nazionale del Terzo Settore. Nel caso in cui l’attività svolta rispecchi i requisiti previsti per le imprese di natura commerciale, e che sia svolta in modo esclusivo o principale, il legislatore prevede che gli Enti del Terzo Settore siano chiamati ad adempiere agli obblighi contabili di cui all’articolo 2214 del Codice Civile. Nel riferimento all’impresa di natura commerciale, il legislatore non rimanda ad alcun riferimento giuridico o fiscale che possa chiarire il significato di

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