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La disciplina fiscale delle cooperative sociali

Nel documento I profili fiscali dell'impresa sociale (pagine 40-50)

In merito alle agevolazioni riconosciute alle cooperative sociali, è importante asserire, come il regime di favore conferito a tali tipologie di imprese, dipendesse dall’attribuzione della qualifica di cooperative sociali a mutualità prevalente, la quale permetteva l’applicazione delle agevolazioni secondo quanto previsto dall’articolo 223 duodecies comma 615, presente all’interno delle disposizioni attuative del D.l.g.s. n. 6 del 2003.

Nonostante la qualifica sociale, che caratterizzava tali tipologie di imprese, non era possibile esimersi dall’applicazione delle disposizioni del D.P.R. n. 601 del 197316. All’interno dello stesso decreto, sono previste le diverse agevolazioni fiscali per quanto riguarda l’applicazione delle imposte dirette e indirette, che possono essere

15La disciplina fiscale agevolata delle cooperative sociali, Visconti Gianfranco, https://www.diritto.it/la-disciplina-fiscale-agevolata-delle- cooperative-sociali/

16Le cooperative sociali : aspetti civilistici e fiscali, Dott. Luca Tirelli, Dott. Francesca Bresolin http://info.comune.triggiano.ba.it/informagiovani/allegati/le_cooperative_sociali.pdf

41 applicate alle società cooperative sociali, anche se, è doveroso riportare, come nel corso del tempo si siano succedute alcune modifiche dagli articoli 10 a 14 del D.P.R. n. 601 del 1973. Tra gli articoli enunciati, assumeva particolare rilievo il contenuto precettivo dell’articolo 11, all’interno del quale, si prevedeva l’esenzione dei redditi prodotti per le cooperative di lavoro e di produzione, “ se l'ammontare delle

retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità, comprese le somme di cui all'ultimo comma, non è inferiore al cinquanta per cento dell'ammontare complessivo di tutti gli altri costi tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie. Se l'ammontare delle retribuzioni è inferiore al cinquanta per cento ma non al venticinque per cento dell'ammontare complessivo degli altri costi l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e l'imposta locale sui redditi sono ridotte alla metà ”.

Con tale disposizione, il legislatore cercava di indicare un limite quantitativo al di là del quale, non fosse possibile usufruire delle agevolazioni riconosciute a tali organizzazioni. La retribuzione effettivamente pagata ai soci, rappresentava un parametro quantitativo e conseguentemente indicativo, della quantità delle somme investite dalle cooperative sociali per reintrodurre le persone con serie difficoltà lavorative all’interno del mondo del lavoro.

Ma, a seguito della riforma del diritto societario, è venuto meno il rispetto dei requisiti di prevalenza del lavoro rispetto al totale dei costi sostenuti, che ritroviamo disciplinato all’articolo 2513 comma 1 lett.b) il quale prevede “ il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B9; computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico.” Con l’emanazione delle disposizioni attuative alla riforma del

diritto societario, la soglia quantitativa del 50%, prevista per l’attribuzione della qualifica di società cooperativa a mutualità prevalente, perde di significato, venendo sostituita dal rispetto delle specifiche previste all’interno della legge 8 Novembre 1991 n. 381. È importante puntualizzare, come il costo delle materie prime nonché sussidiare, fosse escluso ai fini del computo del valore totale dei costi, ritenendo in

42 modo alquanto evidente, come le stesse rappresentassero dei costi pressoché inevitabili per la realizzazione dei prodotti o dei servizi prodotti dalla cooperativa sociale. Inoltre, sempre all’interno dell’articolo 11 comma 3, si riporta che “ Nella determinazione del

reddito delle società cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi sono ammesse in deduzione le somme erogate ai soci lavoratori a titolo di integrazione delle retribuzioni fino al limite dei salari correnti aumentati del venti per cento”. Attraverso

tale disposizione, emerge l’importanza di come la retribuzione integrativa a favore dei soci che prestano la propria attività lavorativa all’interno della cooperativa sociale, rappresenti una circostanza qualificante del ruolo svolto dalla stessa organizzazione, vista la possibilità di poter dedurre la retribuzione integrativa dal reddito di impresa. In modo particolare, è stato dato risalto alla funzione sociale svolta dalle cooperative sociali, che risiede nella capacità di aiutare quelle persone che si trovano estromesse dal mercato del lavoro. L’attività di impresa esercitata da questo tipo di organizzazioni, viene promossa attraverso la concessione di agevolazioni fiscali, che vanno a incidere sulla determinazione della base imponibile. Tali facilitazioni erano inoltre previste nell’articolo 12, il quale riportava “ Per le società cooperative e loro

consorzi sono ammesse in deduzione dal reddito le somme ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati. Le predette somme possono essere imputate ad incremento delle quote sociali.” Le agevolazioni erano inoltre previste nel caso di

finanziamenti effettuati dai soci nei confronti della cooperativa sociale. Infatti, nell’articolo 13 veniva così descritto “Sono esenti dall'imposta locale sui redditi gli

interessi sulle somme che, oltre alle quote di capitale sociale, i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi o che questi trattengono ai soci stessi, a condizione: a) che i versamenti e le trattenute siano effettuate esclusivamente per il conseguimento dell'oggetto sociale e non superino, per ciascun socio, la somma di lire quaranta milioni. Tale limite è elevato a lire ottanta milioni per le cooperative di conservazione, lavorazione, trasformazione ed alienazione di prodotti agricoli e per le cooperative di produzione e lavoro ; b) che gli interessi corrisposti sulle predette somme non superino la misura massima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni

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postali fruttiferi . A norma dell'art. 1, commi 465, L. 30 dicembre 2004, n. 311, gli interessi sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi alle condizioni previste dal presente articolo, sono indeducibili per la parte che supera l'ammontare calcolato con riferimento alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90 per cento, a

decorrere dai periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003.” Le

agevolazioni riguardavano i finanziamenti eseguiti dai soci, sempreché le somme fossero dirette al soddisfacimento delle causa sociale e quindi non avessero alcun fine di natura lucrativa. Erano inoltre previste altre agevolazioni per le cooperative sociali, per quanto riguardava i redditi percepiti attraverso “ l'allevamento di animali con

mangimi ottenuti per almeno un quarto dai terreni dei soci nonché mediante la manipolazione, conservazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente dai soci “ . Anche

i redditi prodotti dalle cooperative dedite alla pesca nonché i consorzi formati dalle stesse, risultavano esenti dal reddito delle persone giuridiche.

Per aver accesso alle agevolazioni fiscali previste dal legislatore, le cooperative sociali devono rispettare il contenuto precettivo di cui all’articolo 2514 del codice civile, il quale prevede:

a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei

buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamenteversato;

b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

c)il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

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Le cooperative deliberano l'introduzione e la soppressione delle clausole di cui al comma precedente con le maggioranze previste per l'assemblea straordinaria.” .

All’interno del disposto normativo, si esprime l’interesse da parte del legislatore, di porre un divieto alla distribuzione dei dividendi, nel momento in cui fossero superate le soglie quantitative in merito alla remunerazione degli strumenti finanziari offerti ai soci cooperatori e alla distribuzione delle riserve. Inoltre, assume particolare rilievo, la distribuzione del patrimonio prodotto dalla gestione economica dell’impresa sociale a seguito dello scioglimento della società cooperativa. Si prevede, che il residuo formato dalla deduzione del capitale conferito e dei dividendi maturati, sia destinato a favore di fondi la cui attività sia diretta principalmente alla promozione e allo sviluppo della cooperazione. Tale disposizione descriveva come la realizzazione delle risorse economiche e finanziarie prodotte dalle cooperative sociali, grazie alla concessione di agevolazioni fiscali, continuassero a sottostare allo stesso regime premiale solo e soltanto se, fossero state dirette a finanziare realtà economiche e giuridiche che si prefiggevano di raggiungere i medesimi risultati in ambito di promozione sociale, assistenziale e culturale; ciò dimostrando, come la ricchezza creata dall’attività di impresa, dovesse rimanere vincolata al mondo delle cooperative. Oltre ai requisiti richiesti dall’articolo 2514 del codice civile, era altresì previsto, che le cooperative sociali fossero iscritte all’Albo delle Cooperative a Mutualità Prevalente presso il Ministero delle Attività Produttive.

Attraverso l’articolo 12 della Legge n. 904 del 1977, si prevedeva un’ulteriore disciplina a favore delle società cooperative, che consisteva nella deduzione delle risorse destinate a riserva indivisibile. La possibilità di usufruire di tale agevolazione, consisteva nel rispetto di un requisito essenziale, ovvero, era richiesto in via obbligatoria che lo statuto o l’atto costitutivo disciplinassero il divieto di distribuzione degli utili diretti alla costituzione della riserva indivisibile. Si prevedeva inoltre, la possibilità di dedurre dal reddito delle società cooperative, le somme destinate a riserva legale. Tale disposizione trovò applicazione fino al 2011, per poi essere sostituita dall’articolo 36 ter dell’art. 2 della Legge n. 148 del 2011 che prevedeva una

45 riduzione della deduzione dal reddito imponibile fino al 10 % delle somme destinate a riserva legale. Tale disposizione trovava applicazione anche per le cooperative sociali, le quali erano gravate da un imposta del 10 % sugli utili che risultavano alla fine dell’anno.

In base all’art. 7 della legge n. 59 del 1992, veniva concesso alle società cooperative di distribuire gli utili prodotti durante l’esercizio, attraverso un aumento gratuito del capitale sociale. Questa forma di attribuzione degli utili ai soci, che rappresentava sicuramente una distribuzione di natura indiretta, rappresentava un modo di portare in deduzione dal reddito prodotto dalla società cooperativa, un componente positivo quale l’utile realizzato, andando cosi a diminuire la base imponibile ai fini Ires. La deduzione delle somme utilizzate per l’aumento gratuito del capitale sociale, erano successivamente soggette a imposizione nei confronti dei soci al momento della restituzione del capitale. Il valore imponibile di riferimento era costituito dalla differenza tra il valore fiscale e il valore nominale delle quote determinato a seguito dell’aumento gratuito di capitale sociale. Oltre alle agevolazioni che riguardavano l’Imposta sul Reddito delle Società, era prevista inoltre, un’ulteriore esenzione che aveva ad oggetto l’imposta di registro e di bollo secondo quanto previsto dall’articolo 29 D.Lgs.Cps N° 1577 del 1947.

Nonostante il legislatore prevedesse specifiche agevolazioni per tali tipologie di imprese, le cooperative sociali potevano godere inoltre di una disciplina tributaria di favore, che non riguardava specificatamente il mondo della cooperazione, quanto quello delle Organizzazioni non Lucrative di Utilità Sociale. La possibilità di usufruire di un ulteriore regime agevolativo, dipendeva dalla qualifica di ONLUS attribuita alle Cooperative Sociali. Precisamente, secondo quanto previsto dall’articolo 10 del D.l.g.s. n. 460 del 1997, la disciplina delle ONLUS non era diretta a instituire una nuova forma giuridica bensì alla costituzione di una disciplina tributaria a favore delle organizzazioni che esercitavano un’attività volta al raggiungimento di un fine precipuamente sociale. La qualifica di ONLUS riconosciuta alla cooperative sociali, era disciplinata all’articolo 10 comma 8, il quale prevedeva che la qualifica potesse

46 riconoscersi anche alle organizzazioni disciplinate dalla Legge n. 381 del 1991. Ma l’applicazione della disciplina di favore trovava un’eccezione, nel caso in cui la legge speciale, ovvero quella riguardante le cooperative sociali, prevedesse un regime agevolativo preferibile rispetto a quello previsto dal Decreto Onlus.

In merito all’applicazione dell’Imposta sul valore aggiunto, la legge n. 381 del 1991 aveva introdotto, all’interno del Decreto n. 633 del 1972, una nuova serie di attività per le quali era possibile applicare l’aliquota dell’Iva al 4%. Nell’articolo 41 bis del D.p.r. n. 633 del 1972 ritroviamo l’elenco delle attività per le quali è possibile usufruire dell’Iva agevolata, vale a dire: “prestazioni socio-sanitarie, educative,

comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale” . E’ importante

notare, che in conclusione dell’articolo suddetto, troviamo una deroga rispetto a quanto invece previsto dall’articolo 5 della Legge n. 381 del 1991. Si intravede la possibilità, da parte degli Enti Pubblici Economici o da parte di società partecipate dalla pubblica amministrazione, di poter stipulare convenzioni con le società cooperative produttive, derogando eventualmente alle norme in tema di contratti della pubblica amministrazione. Ma secondo quanto previsto dall’articolo 41 bis, era possibile stipulare ulteriori convenzioni, in cui la parte contrattuale non dovesse essere necessariamente rappresentata dalla pubblica amministrazione. Tale circostanza rappresentava un’indubbia novità per quanto riguardava l’ambito operativo delle Cooperative Sociali.

L’applicazione dell’Iva agevolata riguardava inoltre, a seguito della previsione adottata dalla Legge Finanziaria Anno 2007, le prestazioni descritte all’articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972 al numero 18: “ le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e

riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell'articolo 99 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie, approvato

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con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze” ,nonché, quanto previsto inoltre dal numero 21 del medesimo articolo ovvero

“le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e

simili, delle colonie marine, montane e campestri e degli alberghi e ostelli per la gioventù di cui alla legge 21 marzo 1958, n. 326, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie”.

Per tali tipologie di prestazioni, vale quanto già detto in precedenza in merito alla disciplina prevista al numero 41 bis del D.p.r. n. 633 del 1972.

Oltre alle agevolazioni viste precedentemente, il Decreto Legislativo n. 460 del 1997 ha inoltre modificato alcuni dei numeri presenti all’interno dell’articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, attraverso l’articolo 14 comma 1 lettera b . Con questa ulteriore modifica, sono state rese esenti dall’applicazione dell’Iva :

1) “le prestazioni di trasporto di malati o feriti con veicoli all'uopo equipaggiati,

effettuate da imprese autorizzate e da ONLUS”, “le prestazioni di ricovero e cura rese da enti ospedalieri o da cliniche e case di cura convenzionate nonché da società di mutuo soccorso con personalità giuridica e da ONLUS, compresa la somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto, nonché le prestazioni di cura rese da stabilimenti termali”;

2) “le prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù' e quelle didattiche di

ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da ONLUS, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonché' le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale”

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3) le prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo, rese da organismi di diritto pubblico, da istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica, previste dall'articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, o da enti aventi finalità di assistenza sociale e da ONLUS;

Per quanto riguarda le operazioni di ausilio alle professioni sanitarie, come nel caso di infermieri, ostetrici, odontotecnici etc.., si prevede l’applicazione dell’Iva in misura ridotta del 4%. Un’importante rilevanza ai fini Iva, viene inoltre assunta dalle operazioni di pubblicità dirette alla promozione delle attività svolte dalla ONLUS e, secondo quanto era previsto dall’articolo 10 comma 8, dalle società cooperative sociali, le quali non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

Le agevolazioni previste dal legislatore per le ONLUS e per le cooperative sociali, non si esaurivano nel semplice riconoscimento di riduzioni o esenzioni nell’applicazione delle imposte dirette o indirette, bensì, il legislatore aveva inoltre previsto, la possibilità di detrarre dal Reddito delle Persone Fisiche, in una percentuale pari al 19 % e secondo un tetto massimo riconosciuto nell’importo di Euro 2066,00, le erogazioni liberali provenienti da persone fisiche o da enti non qualificati come commerciali dal codice tributario. Le agevolazioni fiscali concesse a seguito di eventuali erogazioni nei confronti delle ONLUS e quindi nei confronti delle società cooperative sociali, erano riconosciute altresì all’organizzazioni che avevano come scopo principale, l’esercizio di un’attività di natura commerciale. A tali soggetti era riconosciuta la possibilità di dedurre dal reddito imponibile, il maggiore tra l’importo di 2066,00 Euro e una percentuale pari al 2 % del reddito di impresa. Le erogazioni liberali effettuate nei confronti delle ONLUS o delle Società Cooperative Sociali, non riguardavano soltanto l’erogazione di somme a favore di quest’ultime, bensì, era

49 prevista la possibilità, che le imprese svolgenti un’attività diretta alla produzione di beni o alla vendita degli stessi, potessero cedere quest’ultimi in modo gratuito alle imprese no profit.

Sempre considerando il Decreto Legislativo n.460 de 1997, si evidenzia, come fosse possibile destinare a favore delle imprese no profit, in alcuni ambiti imprenditoriali come per esempio in quello alimentare o farmaceutico, i prodotti ritenuti non più vendibili sul mercato. In questo caso, poteva sorgere un problema, in merito al fatto che i beni destinati ad un utilizzo che non rientrava all’interno dell’attività tipica svolta dall’impresa, potessero essere assoggettati a tassazione secondo quanto disciplinato dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Infatti, secondo quanto disciplinato dall’articolo 85 comma 2 “ Si comprende inoltre tra i ricavi il valore normale dei beni

di cui al comma 1 assegnati ai soci o destinati a finalita' estranee all'esercizio dell'impresa. “. Ma le cessioni gratuite che avevano ad oggetto i beni destinati a favore

di ONLUS o di cooperative sociali, non trovavano disciplina nelle previsioni descritte all’interno del Tuir, bensì, la loro regolamentazione trovava spazio nell’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 460 del 1997, il quale prevedeva che tale cessione non rappresentasse un’operazione tale da contribuire alla formazione del reddito di impresa.

La stessa disciplina veniva applicata ai beni non di lusso che “ presentino imperfezioni,

alterazioni, danni o vizi che pur non modificandone l'idoneità' di utilizzo non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessaria l'esclusione dal mercato o la distruzione..”. Ai fini Iva , tali beni erano considerati distrutti,

evitando in tal modo, di poter essere assoggettati alla disciplina tributaria. L’agevolazione era prevista fino ad un massimo di importo calcolato nella percentuale del 5 % del reddito di impresa. Il valore dei beni ceduti era calcolato considerando i costi necessari ai fini della propria produzione, senza considerare i costi di natura indiretta, oppure, nel caso in cui il bene non sia stato prodotto dall’impresa, il costo di acquisto del bene. Per poter usufruire delle agevolazioni previste in tema di cessione gratuita di beni a favore di ONLUS o di società cooperative sociali, erano previste

50 alcune formalità a carico del cessionario e del cedente, senza le quali non era possibile riconoscere le agevolazioni di cui all’articolo 13 comma 2 e 3. Per quanto riguarda il cedente, questo era obbligato a comunicare all’Agenzia delle Entrate, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, le cessioni effettuate a favore del cessionario. La comunicazione si dimostrava irrilevante, nel caso di cessione di beni degradabili o che presentavano un valore alquanto basso. Inoltre, sempre in merito agli obblighi in capo al soggetto cedente, era previsto che lo stesso annotasse nel Registro Iva o in un altro registro che lo sostituisse nell’espletamento delle sue funzioni, le operazioni che

Nel documento I profili fiscali dell'impresa sociale (pagine 40-50)